EDITORIALE

I “SAGRIN” DEL BEATO G. ALLAMANO

Il beato Allamano usava sovente questo termine dialettale piemontese per esprimere le sue quotidiane e continue preoccupazioni, angustie e apprensioni. Erano la sua croce, portata sempre con dignità e riservatezza, che solo raramente lasciava trasparire nelle sue parole o nei suoi gesti.

Le biografie del nostro Beato li ricordano e spiegano come tutta la sua esistenza sia stata contrassegnata da sofferenze e da preoccupazioni continue.Ecco alcuni esempi:
Una salute gracile, marcata da frequenti attacchi di emicrania, l’accompagna per tutti gli anni giovanili. Il sogno di spendere il suo sacerdozio in missione non può essere coronato, con suo disappunto, proprio perché non era dotato di sufficienti forze fisiche.

Nella riflessione e nella preghiera giunge a comprendere che il Signore vuole che realizzi la fondazione di un Istituto Missionario per aiutare sacerdoti e laici a spendere la loro vita per l’evangelizzazione dell’Africa. Dieci lunghi anni dura il discernimento prima che i suoi Superiori diano luce verde alla realizzazione del progetto. Questa lunga attesa viene vissuta nella fede, nella preghiera e nelle sofferenze che accompagnano regolarmente ogni opera di Dio.

Il nuovo Istituto nasce nel 1901 e per lui inizia un nuovo calvario: la formazione dei candidati alla missione, la partenza dei missionari per l’Africa, il contrasto di alcuni settori della Chiesa, la preoccupazione per i figli lontani, la ricerca dei mezzi materiali che non bastano mai…

Siamo alla prima guerra mondiale: un folto gruppo di giovani missionari viene chiamato alle armi. È facile immaginare l’ansia del Padre per i pericoli che incombono su di loro, il timore per la loro salute e incolumità, l’intensa e fitta corrispondenza che deve mettere in atto per sostenerli e incoraggiarli. Allo stesso tempo le malattie incombono anche sui giovani rimasti a casa a causa della scarsità di cibo e di medicinali.

Il beato Allamano invecchia e le sue forze, giorno dopo giorno, si fanno impari al compito di direzione del crescente Istituto. L’Allamano allora si circonda di collaboratori che però non si sintonizzano sempre con il suo spirito e il suo stile. In quest’ultima fase della sua vita, la croce si fa sentire più pesante che mai. La sofferenza fisica e morale l’accompagnerà incessante fino alla tomba.

Ecco la croce, compagna di cammino di ogni cristiano. Cristo Gesù l’ha scelta per sé e l’ha data come eredità ad ogni suo discepolo. Essa non significa disgrazia, sventura o male, proprio perché Gesù Cristo ha cambiato quello che da sempre veniva considerato un marchio di maledizione in un mezzo indispensabile di salvezza. La Parola di Dio chiama la croce “sapienza e potenza di Dio” poiché essa è collegata con la resurrezione di Cristo, con la vita nuova, con le Beatitudini del Regno.

Scorrendo la storia dei venti secoli di Cristianesimo, si può facilmente riscontrare come tutti gli autentici discepoli di Cristo e i Santi non abbiano soltanto portato la croce, ma l’abbiano pure amata e perfino desiderata. Con essa si sentivano più strettamente uniti a Cristo, più solidali con l’umanità sofferente, più consci di collaborare in maniera attiva alla costruzione del Regno di Dio nel mondo.

Nella sua vita l’Allamano ci ha dato un esempio sublime di come si accoglie la croce e in che modo la si deve portare. Diceva un giorno ai suoi giovani allievi missionari: «È per mezzo della croce che ci santifichiamo, non per mezzo delle parole o delle semplici preghiere. Queste giovano senza dubbio; ma il più importante è sempre il portare bene la croce» (VS 602). Ci ha infine suggerito anche un  suo segreto per renderla più “leggera”: farsi accompagnare dalla Madre di Gesù, Addolorata e Consolata.

P. Piero Trabucco, imc

giuseppeallamano.consolata.org