Alcune Testimonianze

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Ecco stralci di alcune testimonianze che riguardano il rapporto tra l'Allamano e lo zio S. Giuseppe Cafasso.

 

L'INIZIO DELLA CAUSA

Don G. B. Ressia, nipote del vescovo di Mondovì, nelle sue memorie dell'Allamano parla della funzione del giuramento del tribunale per l'inizio della causa del Cafasso. Il giuramento è avvenuto nella cappella del Convitto. Scrive: «Se vedeva allora, come lo osservarono tutti i Convittori, la gioia intima e santa del nostro Rettore che gli traspariva sul volto e nei movimenti della persona; e ne aveva ben ragione, era questa la più bella gioia cui poteva aspirare il suo cuore [...]»

Memorie e ricordi”, 32.

 

 

DIFFICOLTÀ DI OTTENERE MIRACOLI

P. Domenico Ferrero IMC scrive che, tornato da Roma ove aveva fatto alcune pratiche per la causa del Cafasso, facendo notare alcune difficoltà circa i miracoli. E il Fondatore: «Oh ma del resto - egli soggiunse - io non perdo mica la pace, la tranquillità per questo! Noi abbiamo fatto tutto quanto si poteva; se il santo non vuol manifestarsi, non vuole questa gloria in terra, oh ben! Pazienza! Io ho più interesse a salvare anche una sola anima infedele, che a riuscire in un processo di canonizzazione: Perché penso che anche Iddio ne è più contento e ne riceve maggior gloria». E più avanti: «Oh! Se fosse solo per il motivo che è parente, non avrei fatto tutto questo! È per dar gloria a Dio; mi sono messo io perché già! Se non c'è uno alla testa che si interessi, queste cose non vanno avanti».

Ricordi del Ven.mo Padre”, pp. 8-9.

 

 

LO SCHEMA DI UN'ENCICLICA

P. Domenico Ferrero IMC narra che il Fondatore, a S. Ignazio nel 1919, gli disse che stava preparando lo schema di un'enciclica da proporre al Papa. Sarebbe dovuta essere pubblicata in occasione della beatificazione del Cafasso e avrebbe dovuto invitare tutte le diocesi a costituire un Convitto Ecclesiastico, con il Cafasso come “Patrono universale”.

Ricordi del Ven.mo Padre, p. 17, n. 32.

 

 

EREDE DEL CAFASSO

P. Domenico Ferrero IMC narra di una specie di accademia fatta in onore del Cafasso dopo che furono approvate le virtù eroiche: «Si disse anche che ormai egli, il nostro Ven.mo Padre era l'unico erede del suo sangue. Questa frase gli rimase impressa profondamente; perché rispondendoci, ad accademia finita, disse con un accento di piena convinzione, punto condivisa da noi, tra l'altro: “L'essere erede del suo sangue per me è un'umiliazione”, perché nella sua umiltà credeva di non essere anche erede delle sue virtù».

Ricordi del Ven.mo Padre, p. 49, 19-III-921.

 

 

COSA FACCIAMO ANCORA QUI?

La sig.na C. Gilardini doveva andare a Roma per la beatificazione del Cafasso, ma per malattia non andò. «Poi guarita dal male andò a trovare il Can. Allamano (giugno-luglio del 25). Egli disse: Credevo che fosse in Paradiso... ma Lei è ancora qui - tutto stupito - Cosa facciamo ancora qui, noi dobbiamo andare in Paradiso, andiamo, andiamo... Adesso io ho finito (colla beatificazione del Cafasso) non ho più niente da fare. Il Signore mi ha dato la grazia insperata di vedere la beatificazione del Cafasso. Adesso devo andare in Paradiso».

Testimonianza orale fatta dalla C. Gilardini al p. Fissore, il 17 novembre 1943. Testimonianza scritta anche al p. Gallo dell'8 ottobre 1943.

 

 

CANTERÒ ANCH'IO IL MIO NUNC DIMITTIS

Il can. Luigi Mollar scrive: «[...] e quando lo vidi per l'ultima volta a Roma in occasione della solenne beatificazione del Beato Cafasso, nel salutarmi con una stretta di mano si congedò mestamente sorridendo ed esclamando: “E dopo questo... canterò anch'io il Nunc dimittis”»

Testimonianza dell'11 marzo 1933.

 

 

ASPETTIAMO UN MIRACOLO

La signora Mondino Caterina (ex suora MC, uscita per salute) scrive: «Parlava del B. Cafasso. Diceva: “Pregate anche per questo. Aspettiamo che faccia un miracolo e lui non vuole farlo. Quando era su questa terra era tanto umile, che nemmeno adesso che è in cielo non vuole fare un miracolo. Eppure adesso non ha più paura di insuperbirsi”».

Testimonianza del 19 dicembre 1943, a.

 

 

FA SUOI GLI ESEMPI DELLO ZIO

Don Stobbia Bernardino, seminarista quando l'Allamano era direttore spirituale, scrive: «Tra noi altri si diceva: “Il Canonico Allamano sa fare suoi gli esempi della vita dello Zio Don Cafasso”, che appunto allora ne scriveva la vita».

Testimonianza senza data.

 

 

NE PERDERÀ IL MIO BEATO

Sr. Adelaide Marinoni MC narra che, in occasione della beatificazione del Cafasso, l'Allamano aveva pensato di mandare una rappresentanza di suore, ma poi non le mandò. Ecco la sua spiegazione: «Già vi si conduce a Roma, la novità della vostra divisa e dell'Istituzione attirerà attenzione; guarderanno tutti a voi e ce ne perderà il mio beato. Perciò niente Roma».

Testimonianza del 20 marzo 1944.

 

 

CHE COSA AVREBBE FATTO IL CAFASSO?

Sr. Chiara Strapazzon, parlando della prudenza dell’Allamano, afferma: «Diceva: Per voi il più perfetto è ciò che comanda l’ubbidienza. Per me no. Per esempio: alle volte penso di dare uno sguardo alla gazzetta: ma poi dico: C’è qualche cosa di più utile da fare dello sguardo alla gazzetta. E mi dico: Che cosa avrebbe fatto in vece mia il Venerabile Cafasso?”».

Testimonianza (Deposizione).

giuseppeallamano.consolata.org