AMORE DEL PROSSIMO

27 settembre 1914

 

IX. 31

(Alle Suore) Spieg. del Vangelo Dom. XVII

Sull'amor del prossimo - Vedi pred. p. Seminaristi

 

 

SR. FERDINANDA GATTI

La predicazíone è lo strumento diretto di cui il Signore si serve per comunicarsi alle creature.

Il precetto che il Signore vuole che noi teniamo con grande importanza è quello di amare il prossimo. Egli lo chiama il suo precetto; e dopo l'amor di Dio, simile a questo, pone l'amor del prossimo. Chi ama bene il prossimo lo ama per Dio, quindi ne risulta che l'amor di Dio porta in conseguenza l'amor del prossimo. La missionaria poi in modo particolare deve avere un cuore largo verso i suoi fratelli. Infatti che cosa l'indusse ad abbracciare una vita di abnegazione se non perché pensava di salvare tante anime e di portarle al Signore?

 

Però venendo all'attuazione pratica di tale carità, non può aversi per il prossimo lontano (quali sono per noi i mori adesso) se non la esercitiamo col prossimo vicino (che sono in modo speciale le nostre sorelle).

Non è vero amore quello che genera simpatie particolari e che non si fonda sul principio: Fare agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te.

 

Ecco la misura e il peso che ci mostra un affetto santo verso le nostre sorelle: Piangere con chi piange, godere con chi gode, sopportare i difetti, perdonare le offese. - Talvolta si soffre con chi soffre, ma solo per qualcuna e non per qualche altra che si vede addolorata. Questa partecipazione al dolore altrui non si dimostra però con domande inopportune e curiose per sapere la cagione della pena, ma con un riguardo, una preghiera, una piccola preferenza le quali, benché non siano vistose, circondano la sorella di affetto santo e le leniscono indirettamente la pena. Se un dito duole soffre tutto il corpo, così deve essere per noi riguardo ai dolori dei singoli membri della comunità.

 

Una misera invidiuzza è quella che ci impedisce poi di godere del bene altrui come fosse nostro ed in conseguenza di godere con chi gode.

In comunità purché si faccia bene tra tutte... il braccio è ben contento di fare il suo ufficio di braccio e non vorrebbe mettersi al posto della testa. Se i Superiori lodano una sorella, godo come fosse stata rivolta a me la lode. Talvolta la nostra miseria è tanto grande che sentiamo rincrescimento che un'altra faccia bene, non fosse altro che governasse diligentemente le galline! Una sorella viene mortificata in pubblico, corretta, e noi, maligne, invece di soffrirne, tra noi andiamo dicendo: Se la merita, le sta bene. - Capita che si assegni un impiego più vistoso, e noi: Ecco, è figlia della gallina bianca, si capísce, sa fare. - Queste cose sembrano esagerate; non è vero, son pensieri che non si vorrebbe li sapesse nessuno, ma in fondo in fondo chi sa che non ci siano un pochino.

 

Sopportare i difetti altrui, sia fisici come intellettuali, come morali; la vita di comunità ci offre svariati mezzi per la pratica di questa carità.

Teniamo ben presente che noi siamo come tanti soldi in un sacco, i quali, sbattendoli tra di loro, cambiano posto, divengono lucidi, alcuni più altri meno; e vengono voltati a talento di chi muove il sacco.

Perdonare le offese. Parlare di ciò ad una religiosa sembra quasi un assurdo, perché ella che tante volte al giorno va ripetendo: Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, certamente perdona al fratello. Il perdono vuole la dimenticanza dell'offesa; ed è una totale scordanza quel modo aspro, quella parola dura con chi ci ha fatto qualcosa?

S. Francesco di Sales diceva: Se io voglio far dolce un altro, devo far dolce me stesso.

Noi dovremmo essere disposte a dare senza esitazione la vita per una nostra sorella.

giuseppeallamano.consolata.org