ACCUSA PUBBLICA

29 ottobre 1916

 

XII.19.

Sulle penitenze ed accuse pubbliche (V. VI, 4 Febbr.1910

VI.1-2.

Le nostre Costituzioni al capo 12 della prima parte n. 39 dicono due cose: penitenza corporale... ed almeno... “ Almeno ”... Riprendiamo questa santa pratica, e per ricavarne i frutti che deve produrre consideriamone l'importanza ed i mezzi per farla bene.

1. 1) Tutte le comunità religiose hanno i tempi destinati al ca-

pitolo delle colpe, come si chiama, e... Molte anzi vi aggiungono la disciplina (Filipp.), il cilicio (Certosini). Dal che già si deduce l'importanza della cosa, e veramente. - 2) Come del nostro interno, dei peccati, ci purghiamo, e mettiamo in buon ordine l'anima nel Sacr. della Penitenza, e pei veniali anche la S. Comunione ed i Sacramentali; così dobbiamo rimettere l'ordine esterno della Comunità con questa purificazione. Ogni infrazione anche incolpevole in una casa è una lesione, una macchia che si fa al buon andamento. Bisogna rimediarvi; togliere la macchia... Questo si fa coll'accusarlo in faccia agli altri che videro o potevano vedere lo sconcio od il difetto. A questo modo l'ordine resta reintegrato e riparato il difetto. - 3) Anche per riparare lo scandalo. - 4) Aggiungasi che mentre il colpevole, dico esternamente, colla promessa di emendazione e di maggior attenzione procura di non ricadervi, i confratelli avranno una scuola pur essi per stare guardinghi a non fare simili omissioni od azioni. - 5) Siamo obbligati a fare penitenza; ma le pubbliche sono migliori. - 6) La pratica poi è un bel esercizio di umiltà e di mortificazione per chi la fa ed anche per quelli che vi assistono. Colui si capisce deve vincere la naturale ritrosia ad aprire ai compagni i proprii difetti, gli altri mentre si edificano della virtù del fratello, devono riflettere cb'essi ne avranno pure e forse maggiori, dalla casa non conosciuti.

 

2. Dobbiamo perciò: 1) Stimolare sì santa ed utile pratica, intervenirvi volentieri, e tutti accendere in noi il desiderio di esserne parte attiva. - 2) A tal fine esaminiamo le nostre esterne mancanze, anche quelle ignote ai superiori ed ai compagni, nei pochi minuti che ci sono dati dopo le preghiere di preparazione, ed anche 3) prima perché invitati dal superiore possiamo ben dichiarare il difetto. Meglio ancora sarebbe se non invitati, od estratti a sorte pregassimo prima il superiore a concederci la -grazia. Come fa bene ciò all'anima desiderosa di vincersi e di perfezionarsi!

Si perde il credito come diceva S. Filippo.

 

Nota. - Ma perché riesca bene la pratica è assolutamente necessario il secreto, voglio dire che quanto si fa qui rimanga qui, e non se ne parli mai fuori, anzi non vi si pensi, e si mandi via come tentazione il ricordo di ciò che ha detto il tale od il tal altro; e ciò è facile, contrapponendo a questo ricordo ciò che avrebbe ognuno douto dire di sé, forse, motto più grave e con meno virtù che i compagni. A questo modo si darà gloria a Dio e ci aiuteremo a farci santi.

 

 

QUATTRO SORELLE

Vi ho portato a vedere l'immagine del diavolo che vi promisi (trae di mezzo ad una lettera la suddetta immagine e la pone sul tavolo). Vedete che gorba [gerla] grossa!... è ripiena di quelle parole lasciate indietro da quei sacerdoti (che vi sono figurati), che recitano il Breviario. Poi (sorridendo) la vedrete anche voi... Intanto, per dire qualche cosa utile e che serva ad infervorarci, vi parlerò di una pratica, esistente in tutte le Comunità: l'accusa pubblica.

 

In tutte le Regole si accenna a quest'accusa, così pure nelle nostre Costituzioni sta scritto che la detta accusa deve farsi almeno una volta al mese; questo almeno indica che sia più sovente, ed è come l'almeno una volta all'anno che la Chiesa prescrive ai fedeli per acco- starsi alla SS. Eucaristia. Quell'almeno dunque vuol dire che si faccia non solo una volta al mese, ma più volte alla settimana, anche tutti i giorni; notiamo però subito che non si riduca ad una formalità, ma che si compia con spirito. Tutti, persino i Filippini che non sono religiosi, hanno l'accusa pubblica anzi, aggiungono ancora la disciplina tre volte la settimana e non credono di fare troppo. Non pensate che siano anticaglie... Ah! mie care figlie, no ... ; una volta erano superbi, ora ancor di più; una volta mangiavano solo pane, ora vedete che immortificazíone! I tempi sono sempre i medesimi e, se una volta si faceva penitenza, ora bisogna farla ancor di più.

Date importanza a questa pratica. Ma perché esiste? Vedete, i peccati si cancellano colla confessione e, se sono piccoli, coi sacramentali; ma quelle cosette esterne, come la rottura di un piatto, di qualche bicchiere, quell'infrazione al silenzio ecc. non sono peccati, pure produssero disordine nella comunità, e coll'accusa si aggiusta tutto, si toglie la macchia, la cattiva impressione e si rimette ogni cosa a posto. Se c'è un disordine nell'anima, colla confessione, coi sacramentali si cancella, così nella comunità con l'accusa mettiamo a posto il disordine prodotto involontariamente.

 

Oltre alla riparazione l'accusa toglie lo scandalo, dà buon esempio ed edificazione. Una suora, per esempio, si accusa d'aver rotto un vetro; chi la sente dice a se stessa: Quella sorella ha rotto solo un vetro, ed io quante cose ho rotto? - Un'altra si accusa di aver man- cato al silenzio, e chi ode pensa e si domanda: Quella lì fa l'accusa perché ha dette poche parole, ed io quante ne ho dette?! Ecco, l'accusa è uno svegliarino, un motivo di umiltà e di buon esempio per chi sente.

Quel che costa è l'accusare, talvolta, una cosa che nessuno, o quasi nessuno ha vista. Sarà quella cuoca che lasciò bruciare o salò troppo una pietanza; chi è della comunità che sappia ciò? Ebbene, prenda quest'occasione per umiliarsi, e poi, se nessuno la vide, la vide Iddio, e bisogna pure accusare ciò che non fu visto da nessuno.

 

Una persona, una religiosa però, diceva: Quest'accusa è una formalità qualunque, poiché si finisce per farla da pappagalli, per abitudine. No, dobbiamo amare questa pratica, la quale deve sempre costarci qualche cosa, così si ha il merito, perché si fa con vero spirito. Via! dell'amor proprio ne abbiamo e il dire in pubblico certe cosette, deve costare!...

 

Naturalmente bisogna prima domandarne il permesso ai superiori, così si aggiunge il merito dell'obbedíena, e poi bisogna farlo con spirito, pensando che le sorelle ci perderanno di stima, e non pensando che l'aumenteranno vedendoci così umili... Talvolta si vuol far vedere che siamo superbi, ma poi se ce lo dicono!!! Io vorrei farmi mortificare, ma vorrei che le altre credessero che fosse solo una prova... Ah! le cose bisogna prenderle sul serio, non per istorie. Mons. Gastaldi correggeva anche il primo prefetto, e proprio sul serio. Facciamola dunque, tale pratica, non per abitudine come una cosa che oggi tocca a me domani a te, dopodomani a lei, ma coll'intenzione di riparare al mal fatto e di santificarci. S. Filippo diceva che per farsi santi bisogna perdere il credito; non dico che per perdere il credito si debbano far dei gesti, no; ne abbiamo già abbastanza motivo in quel che facciamo.

 

Come fare per far bene l'accusa? 1° Pensate di farla con spirito di religione, con umiltà, per riparazione, e davanti a Dio; poi esponetela brevemente. Una volta fatta ed udita, non bisogna più parlarne e pensarne, come non si fosse visto niente o sentito niente, e se il diavolo mettesse in testa le parole o l'atto, mandate via ciò come una tentazione, e dite a voi medesime: Quella ha compiuto quel- l'atto di virtù, ed io invece? pensare che ne ho ancor più bisogno. Bisogna cacciar via queste tentazioni come quelle contro la fede. Fate bene questa pratica, sì che sia un aiuto alla virtù e non una mera formalità, e sebbene costi all'amor proprio, compitela.

Notate poi ancora di parlare chiaro, e non sottovoce, come fece una volta uno di là (dai missionari); sapete che gli dissi? Il Signore sente, ma i compagni no, parla quindi più forte.

 

Non basta che l'accusa sia udita da tutti. bisogna ancor farla bene; non dire per esempio: ho rotto un piatto, ma la tale me l'ha fatto rompere. Di là, quando non c'è nessuno si estrae a sorte. Una volta uno mi disse: Quando non c'è nessuno, chiami me, io sono sempre disposto. Oh, risposi, hai sempre qualche cosa da dire? Sì sì, soggiunse, ne trovo sempre delle cose! - Non sai che è superbia la tua il voler farti vedere umile, e poi guarda di non avere di che accusarti.

 

Leggeste nella vita della Chantal come andavano a ghère (a gara ) a chi si umiliasse di più?

Dunque, di queste cose non parlarne e pensarne; guai se ci fosse una suora che dicesse: è una storia. I Filippiní in fin di pranzo fanno una questione di morale, o rubrica ecc. e per turno si alza uno a dire ciò che pensa sull'argomento proposto; per ultimo viene chi lo espose ed il superiore quindi aggiunge o aggiusta la'questione. I Lazzaristi, saputo ciò, andarono ad informarsi dai Filippini, per introdurre tale pratica nella Comunità, ma sapete che ne avvenne? Si finì per avere un disordine poiché la questione proposta si continuava in ricreazione e l'uno diceva, l'altro diceva... allora il superiore fece notare l'inconveniente ai Filippini che gli dissero come della questione proposta in fin di pranzo era proibito, non solo di parlarne in ricreazione, ma fin di farne la minima allusione...

Così è di voi riguardo alle accuse; far tacere la lingua non solo, ma pure la mente. Fate così ed il Signore vi aiuterà.

 

Presto è la festa dei Santi. Tutti i Santi hanno patito, tranne i bambini... Oh! non vi ho detto l'altra volta che coll'Angelo Custode abbiamo tutti un demonio. Il Suarez dice che è credenza comune, fondata sulla S. Scrittura e sugli scritti dei S. Padri che abbiamo un demonio per tentarci. Io non l'ho più a sinistra perché vi andò l'An- gelo, forse sarà dietro. Guardate di contentare l'Angelo e di far piangere il demonio, se potesse, poiché non piange ma digrigna i denti Il pensiero che il diavolo sta lì a tentarci ci fa stare attenti.

 

 

 

giuseppeallamano.consolata.org