SANTA INDIFFERENZA

13 maggio 1917

 

XIII. 7

(Alle suore) - Sono terminati gli annuali Esercizi spirituali con comune soddisfazione. Secondo il metodo di S. Ignazio tutto il sistema degli Esercizi si aggira sul fine dell'uomo. Si medita ciò che si oppone ad esso, cioè il peccato, per togliere il quale si meditano i novissimi; per conseguire tale fine si propongono gli esempi di Gesù, che è via, veritas et vita, e poi ci si mostra il fine ultimo col Paradiso. Ciò che dice il catechismo Dio mi ha creato per... - Ma S. Ignazio fin dal primo giorno ai Religiosi propone come mezzo pel fine l'indifferenza agli offizi, ai gradi, ai luoghi, alle forze dell'animo e del corpo (V. Bellecio). Sono tutte queste cose solamente mezzi che conducono al fine se volute da Dio per ciascuno, ed in quella misura che Dio vuole. Bisogna quindi essere indifferenti nella scelta, e solo volerle o non volerle secondo la volontà di Dio e dei Superiori che tengono le veci di Dio; non attaccarvi il cuore ecc...

 

Così succede in generale nelle Religioni? Purtroppo no; e per questo tanti religiosi non tendono al fine cui Dio li chiama. Neppure tra voi io vedo sempre questa perfetta indifferenza. Per esempio, non ha questa indifferenza chi preferisce lo studio ai lavori manuali o viceversa, chi applicata ad un impiego si dimostra troppo contenta perché di suo genio o per lasciarne un altro più umile, più faticoso. Quelle che poste a capo d'impiego patiscono nel lasciarlo, specialmente se non poste a capo nell'altro impiego, e più ancora se nello stesso impiego da capo sono messe sotto altra sorella. Quante miserie nelle comunità anche buone! Avrei da recitarvene; ma pensiamo a noi; non stimatevi di veramente tendere al fine, alla perfezione se non vincete questi attacchi, nei quali vivono molte passioni di superbia, invidia, gelosia, di propria comodità ecc. Imitiamo i Gesuiti, i quali ben sovente sono mutati di luogo e d'impiego e deposti da superiori per ubbidire ad altri forse più giovani d'età e religione, di minore ingegno ecc. Non credete di farvi sante se non acquistate questa indifferenza. Sia questo studio il più importante frutto dei vostri S. Esercizi.

S. Teresa insegna che in Religione nessun impiego è vile, e nessuno è più onorifico dell'altro. Non l'onore, né il lucro e il talento come nel mondo li regola, ma la sola obbedienza (V. Ant. Semeria: La vita religiosa p. 139).

 

 

QUATTRO SORELLE

Ho ricevuto i vostri proponimenti, li ho messi sotto i piedi della Madonna, li leggerò e poi ve li restituirò, ma intanto cominciate a praticarli, e subito...

Gli Esercizi sono andati bene e ringraziamo il Signore... Avete osservato che gli Esercizi s'aggirano tutti attorno al fine dell'uomo; così voleva S. Ignazio, il quale fa pure insegnare nella prima istruzione 1’indifferenza che bisogna avere per conseguire questo fine. Indifferenza ai luoghi, alle qualità, all'ingegno ecc. Siete indifferenti di sapere o no, d'aver ingegno o no, salute o no ... ? Quando entrate siete disposte a tutto, ma poi, ma poi... vengono dei pensieri... Si vede una cambiata d'impiego, oppure che si mette a studiare... allora si sta lì e si resta scontenti e si pensa: Anch'io riuscirei a far quello... anch'io potrei imparare... Oppure altre dicono: Son venuta qui per lavorare e mi fan solo studiare... Che volete, c'è la mania di voler cambiare, di voler il contrario. E’ tanto facile questo in comunità!

 

Un direttore di spirito dice che il principale ostacolo all'avanzamento spirituale è la mancanza d'indifferenza... è quello che porta il disordine in una casa. Ma nella casa del Signore nessun impiego è vile e nessuno è migliore dell'altro. Nel mondo l'onore degli impieghi risulta dal lucro o dal talento; la religiosa per la professione rinunzia all'uno e all'altro; l'ubbidienza regola ogni cosa e per sottomettere l'uomo vecchio solleva l'una e abbassa l'altra. Questa è una gran cosa. Io ho sempre visto che è una gran miseria il non contentarsi dell'ubbidienza. Fortunate quelle comunità che sbattono per sbattere.,

 

In una comunità nominavano sempre superiora una suora che non era capace a comandare... Ho domandato: Ma perché mettono sempre quella lì? Ma sa, mi risposero, è anziana. Ma che c'entra? Gli anni non si contano; e poi, quando una persona ha un ufficio, se la tolgono fa il musu [broncio ) e si domanda: Chi sa perché mi han tolta, che cosa avrò fatto? ecc. Io so di un posto dove una suora è stata tolta dal far la sacrestana... e si lamentava... e diceva: Oh! mi piaceva tanto! amavo tanto N. Signore! Non l'amavi niente il Signore, le ho risposto. Una superiora mi diceva: Quando si tratta di mettere negli impieghi, è una cosa! Una non si sente, l'altra non le piace, in una casa non vogliono quella tal suora, nell'altra essa non vuol andare... Che miserie!...

Io temo tanto per voi che in avvenire qui e soprattutto in Africa avvengano poi queste cose... Ah! l'indifferenza agli uffici!... Ma io son sempre nel medesimo impiego, non imparo niente! Ma state tranquille che se ci verrà il bisogno di sapere cose non imparate, il Signore metterà Lui... Questa è la miseria maggiore che hanno i superiori... In una comunità dicevano di non aver nessuna suora capace di far la superiora. Perché? - Ma, ma... - Perché non han mai provato, diss'ío, e quindi non hanno la grazia di Dio. Il Signore con un impiego dà anche sempre la grazia necessaria.

 

Desidero che vi fermiate un poco su questo argomento... E’ una piaga generale e può estendersi anche qui... Ah, se un superiore potesse dire: Son sempre tutte lì con le ali aperte come gli Angeli, per eseguirne i comandi!... Credetemi che questa indifferenza a tutti gli uffizi, luoghi e gradi è importante... Non consiste nell'impiego la santità... Non sono che mezzi; e perciò non fermarsi lì coi nostri ragionamenti... Se l'impiego che ci vien dato piace, non saltare; se spiace, non far snifole [smorfie]. Non che non possiate fare le vostre osservazioni, ma con calma, e poi pensare che Dio dà la grazia. Una persona diceva: Io non son fatta per comandare, non vedo l'ora che mi tolgano di qui... L'hanno tolta, ma poi... ah! quel cadreghin [posto di comando ) ... E’ questa una causa per la quale si esce di religione. Ah! che cosa, che cosa è mai questa!...

 

Io temo che ci sia ancor quel filo interno che fa invidiare in segreto. Nelle stazioni d'Africa nessuna superiora, ma vi è una che comanda, e può anche essere la più giovane. Quando io sono andato Rettore alla Consolata non avevo ancora trent'anni; c'erano tanti sacerdoti vecchi, querce annose che bisognava sostenere cercando di non lasciarle pendere di più, perché drizzarle non era più possibile. In mezzo ad essi esercitavo la carità, facevo l'infermiere e un po' di tutto... Mi faceva impressione vederli, venire col berretto in mano a chiedere i permessi... Quando poi han messo il Convitto, mi pareva poi di essere vecchio io... Là! mi sono espresso? Vi ho detto tante cose, ma questa è una piaga (poi volgendosi e cercando quelle che sa che prendono questi appunti, disse:) Sì, scrivete: E’ una piaga delle comunità il non essere indifferenti all'impiego.

 

La tiepidezza, l'inosservanza, le parzialità, le ingiustizie ecc. seguono... Tenetelo a memoria; io mi auguro di non essere profeta. L'indifferenza è di massima necessità. Io non dico che questo sia il proposito generale che aggiungo ai vostri, poiché il proponimento è di applicarvi con uno studio particolare alla perfezione della povertà, ma sull'indifferenza esaminatevi sempre.

 

Certa gente lavora dei mesi ed anni fuori posto, non secondo la grazia di Dio... Io vi dico che la mia più bella consolazione è d'aver sempre fatta la volontà di Dio. Vedete, ho fatto tutti i miei studi con lo scopo di avere poi una parrocchia, non grande sapete, ma di qualche paesello dove avendo poche anime avrei potuto curarle bene. Ma quando mi preparavo per andare ad un concorso, ecco che il Vescovo mi nomina Assistente in seminario, e mi sono fermato lì due anni contento di poter completare meglio i miei studi di morale. Quando poi, finiti i due anni, credevo di essere in libertà, mi mandano a domandare se avrei accettato per un terzo anno; risposi di sì e a suo tempo mi recai di nuovo in seminario. Al mio posto ne trovo già un altro, allora vado dal Direttore e gli dico: Ho visto che i posti d'Assistente sono già tutti occupati, io posso tornare indietro... Senza dirmi altro mi manda da Mons. Gastaldi, il quale appena mi vede: Ah! qui c'è il nostro Direttore Spirituale... Altro che ubbidienza cieca!... Io sono rimasto lì... Hai qualche cosa da dire? - Sa, la mia idea era di andar parroco... - Bene, bene, io ti do la prima parrocchia della Diocesi. Io gli dissi ancora: Ma come potrò essere Direttore mentre sono tutti miei compagni di studio e ci diamo del tu?... - Oh, per questo, ti vogliono tutti bene...

 

Mi diede la benedizione e senz'altro ritornai al seminario dove trovai la mia camera preparata. Il Rettore rideva. Io non ne avevo idea di sorta. C'era da predicare, da far scuola di cerimonie ecc. Siccome c'era ancora l'altro, domandai: Potrei pregare il Direttore... - No, no, faccia tutto e subito. - Allora sono andato in cappella, ho fatto un po' di meditazione... Poi sono andato a far scuola di cerimonie, e l'ho fatta come se l'avessi sempre fatta. Perché andare a dire: Non son buono, non son capace, sono indegno... e qui e là ... ? La grazia l'ho, ho detto tra me, quindi sono buono; il Signore quando dà un impiego senza averlo cercato, dà anche la grazia e l'aiuto.

 

Dopo quattro anni eravamo all'eremo; un giorno mi preparavo per la scuola di cerimonie; Mons. Gastaldi mi manda a chiamare e mi dice: Ho stabilito di mandarti Rettore della Consolata e dell'Ospizio. Restai lì... Monsignore, ha pregato? preghi ancora un po'... - Ma, hai qualche difficoltà? - Ma Monsignore, come ubbidiranno a me che sono tanto giovane?... - Uscito di lì andai a far scuola di cerimonie e nessuno se ne accorse. Quando poi sono andato, avevo la febbre. Dovevo andare il giorno della Madonna del Rosario e la sera prima sono andato a prendere la benedizione da Mons. Gastaldi e mi disse: Perché aspettare domani? va' anche subito... E sono andato e ci sono ancora adesso dopo tutti i cambiamenti che ci sono stati.

E’ così che si fa, ed allora si è sicuri di fare la volontà di Dio... Io non mi son mai cacciato... non ho mai cercato di riuscire, quindi le grazie io le pretendo; il Signore, se mi ha imbrogliato, ci pensi... Fate un po' di applicazione sul presente... che tutti abbiamo ancora un filo... Io vi ho avvertite per tempo. (Ci dà quindi la benedizione e poi, prima di uscire: ) Mi son fatto l'elogio, ma non a me, ma a quell'X...

 

SR. EMILIA TEMPO

[ questo sunto è uguale al precedente, con qualche piccola differenza: 1

In una comunità nominavano sempre la stessa superiora in tutte le case dove andava, e non faceva bene. Ho domandato il perché e mi risposero: Ma sa, è anziana ... Ma che c'entra l'anzianità!? Saper ubbidire a chi è meno anziana ... lasciate stare questa goffaggine dell'anzianità... Gli anni non contano: anziane in virtù.

 

SR. MARIA DEGLI ANGELI VASSALLO

Un primo ostacolo al buon spirito in una comunità è la mancanza di indifferenza per i gradi di uffizio e di anzianità.

Lasciate stare quella goffaggíne di anzianítà... quando poi c'è la divisione anche tra i Superiori... Ah! quel cadreghin!...

Piaga della comunità è non essere indifferenti agli impieghi.

giuseppeallamano.consolata.org