DELICATEZZA - CURA DELLA SALUTE

0 aprile 1917 - (Professe)

 

 

SR. FERDINANDA GATTI

(Dopo la recita del Veni Creator, il Padre ci parla del Veni Creator).

Siamo qui per quell'atto di tanta importanza. Mi ha consolato le due volte che l'abbiam fatto; qui non si cerca altro che il proprio bene. Prima, vedete le vostre cose; ma certe cose saltano, e perciò bisogna che ci aiutino.

(Segue la correzione fraterna. All'osservazione che si manca di delicatezza il nostro Ven. Padre dice:) Qui dentro bisogna che ci formiamo allo spirito di delicatezza. In una comunità che io conosco, fosse anche una campagnola, in poco tempo si forma come fosse venuta da una società civile. Non crediate, perché lassù - in Africa san discernere, son fini.

 

(All'osservazione che si corre) Non camminare come le lumache, i gamberi; ma non c'è mai motivo di correre da rompersi il rastrello della schiena!... Guardate, pochi giorni sono, son andato in un convento di frati: un lavapiatti è caduto per aver voluto scivolare giù dalla ringhiera e, non sapendo ch'io mi trovavo al fondo della scala, è venuto a cadere proprio davanti a me.

 

Adesso vi dico io un'altra parola: può darsi che venga in testa, nelle professe, che non siano permanenti, o che un giorno possano essere mandate via. Leggete nelle Costituzioni. Fin che si è in noviziato si capisce; naturalmente qui non è un ospizio da prendere un ruclò [persona malaticcia]. Ma dopo aver fatta la prima professione... Sapete perché qualcuna è andata via o andrà via? 1° perché vuol andare; 2° per qualche malattia o difetto grave che vengono dopo, ma che c'erano già prima; 3° perché si è fatta far professione con condizione.

Adesso non voglio applicarvi niente, ma mai che una la quale sia venuta ammalata dopo... Purtroppo può venire il gril [capriccio] di cambiare dopo dieci o che d'anni! Chi vuol fare il suo dovere ed ha buona volontà, non ha da temere... ma... se vuol andarsene...

 

C'è ancora un'altra cosa. Una viene ammalata: la comunità la cura. Certamente, vi sono due modi di curare: da poveri e da ricchi. In casa si fa quel che si può, ma poi vanno al Cottolengo. Fin che si può non si mandano all'Ospedale; ma se una venisse matta, non si può mica tenere qui: il mondo è buono a dire la monaca di Cracovia. Non si può, mica pretendere di spendere 20 lire al giorno!... Arriva il caso: se i miei parenti volessero pagare e strapagare? Non è quello ancora che più mi appaga...

(Si trattiene ancora un po' su questo argomento e poi:) Lasciamo tutte queste paure che non sono d'anime sante!... La comunità non è mica una matrigna!... Mi pare che mi sono spiegato bene. Andate avanti in santa pace: se si ama la comunità... Certe volte ci vuole la corrispondenza... Ad ogni bubù [maluccio] non pretendere il medico del Re; dopo, la malattia passa; con un po' di regolarità, passa. Il Signore, se è necessario, aggiunge Lui.

 

Non si vive per mangiare, ma si mangia per vivere, tanto per non morire. Mons. Gastaldi diceva: La gioventù mangia di più di quel che ha bisogno. C'è chi ha sempre appetito. L'appetenza viene dal vedere una bella banana, per esempio. Si mangia quel che è necessario.

Qui (in questa adunanza) è un'occasione bella; qualche volta verrò; siamo qui per farci santi. (Si riferisce di nuovo al discorso di prima). Non è poi necessario tanto cibo. Con questo non dico di non mangiare; mangiare con tranquillità, non adagio da far pena agli altri... Non so dove andremo a finire... e sul pane metteranno un bollo...

 

(Finisce col dirci: ) Carità fraterna, carità fraterna...

giuseppeallamano.consolata.org