OSTACOLI ALLA SANTITA’

22 settembre 1918

 

XIV. 3-4

(Alle Suore)

S. Alfonso scrive (Op. vol. IV p. 405) che chi desidera di farsi santo in religione bisogna che si distacchi da tutto, e principalmente

 

da quattro cose: 1) dalle comodità; 2) dai parenti; 3) dalla propria stima; e 4) dalla propria volontà.

Partiamo oggi della stima propria. N.S.G.C. disse a chi vuol seguirlo nella perfezione che abneget semetipsum; e questo negare se stesso, dice S. Alfonso, è prima porsi sotto i piedi ogni stima propria, con desiderare ed abbracciare tutti i disprezzi immaginabili che potrà ricevere nella religione. Questo è il maggior sacrifizio da farsi; non la roba, i piaceri ecc. Dice un Santo padre: Valde multum est relinquere semetipsum. Il distacco dalla propria stima si prova coll'essere contenti di essere tenuti in poco conto, sicché ci pongano nei posti più bassi e laboriosi, e con essere disprezzati dai superiori e dai compagni. Così fecero San Valerico ed il B. Alano. E S. Giovanni della Croce alla domanda di Gesù portante la croce che gli diceva: joannes, pete quid vis a me, gli rispondeva: Domine pati et contemni pro te. Non è così facile vivere a lungo in Comunità e mantenere questo spirito. Eppure dice S. Filippo che per farsi santi bisogna perdere il credito. S. Francesco di Sales stette due anni sotto una nera calunnia; né mai si difese neppure pel buon nome di cui come Vescovo abbisognava, e diceva: Dio sa qual grado di stima mi sia necessaria. e questo farà lui. Quanto c'inganniamo nel credere che nella nostra depressione ne perda l'onor di Dio, od il bene delle anime! No, Gesù pensò diversamente (Nov. Borgo giorno 4). Qui però c'è un inganno in coloro che corretti o disprezzati ciò attribuiscono a prove di virtù, e non a proprio demerito, quasi fossero trattati come i santi. No, pensi ognuno che tanto si merita, e non attribuisca neppure ad ignoranza o malignità dei superiori o delle compagne le parole od atti disprezzanti. Tutto meritiamo e diciamo: Bonum mihi, quia humiliasti me.

 

 

SR. CARMELA FORNERIS

Un nostro chierico che da sei mesi era soldato, è morto. E’ morto santamente, dice il sacerdote che l'ha assistito. Appena avuta la notizia, ho scritto una lettera a quella brava famiglia. Non era ancora partito per il fronte. Dei due è meglio morire tra noi, nei nostri ospedali, che al fronte. Era un bravo giovane, l'avevano allevato qui. Era ubbidiente, era proprio un buon ragazzo. Un suo zio mi scrive: ... E pensare che non sapeva parlare che delle Missioni... Che cos'è la vita!... Dunque, pregate per lui: è uno dei nostri, è un nostro membro. Per otto giorni si faranno le Comunioni, si sentiranno le Messe, si diranno i rosari, tutto per lui, perché era proprio già dei nostri, aveva incominciato il noviziato.

 

Si muore in fretta adesso: si va in carrozza all'eternità; si va in carrozza in Paradiso... in carrozza in Purgatorio... C'è proprio da pensarci sempre meglio. Farci santi, farci santi!

Quali cose sono necessarie per farci santi in una comunità religiosa? E’ necessario staccare il nostro cuore da tutto. Parola presto detta, ma difficile ad essere praticata. S. Alfonso scrive pure che chi vuol farsi santo bisogna che si stacchi da tutto, ma principalmente da quattro cose: l° dalle comodità 2° dai parenti; 3° dalla propria stima; 4° dalla volontà.

 

Vedete, questi sono i distacchi che sono più necessari in una Comunità. Cessi la volontà e non ci sarà più l'inferno, dice S. Bernardo. Noi ci fermiamo ora a parlare della propria stima e della volontà. Dei parenti ne abbiamo già parlato tanto. Chi non odia padre e madre... ecc... non è degno di me: il Signore questo l'ha detto così bene per farcelo comprendere. Voglio parlarvi della propria stima.

Distaccarsi dalla propria stima. Tutte direte: Per me non son buona a niente... Nessuna stima di sé, eh?!... Il Signore ha detto che chi vuole seguirlo, per prima cosa deve rinnegare se stesso. Diceva un Santo padre: Non è tanto difficile lasciare tutto il resto come è difficile lasciare noi stessi. Si lasciano tante cose, ma questo «se stesso» l'abbiamo sempre con noi. E’ molto difficile lasciarlo. Perciò N. Signore lo dice bene: Se vuoi seguirmi nella perfezione, devi rinnegare te stesso. Sì, porre sotto i piedi la propria stima. Ah, finché uno ha stima di se stesso, non rinnega se stesso! ...

 

Dobbiamo disporci ad abbracciare tutti i disprezzi che si potrebbero ricevere. Questo è più difficile ancora. Quindi non stimarsi tanto, ma stimarsi degni di disprezzo, di umiliazioni. Taluni sono contenti di essere umiliati; si credono come quei santi che qualche volta erano umiliati con delle prove forti. E allora questa è superbia, perché non è che stimino di essere degni delle umiliazioni, stimano di essere umiliati perché gli altri credano che essi sono già santi.

 

Quando arriva qualche rimprovero per qualche sbaglio o simili, questa gente pensano: Veramente non sono colpevole, i Superiori lo fanno per provarmi. - Quando ricevono un'umiliazione non ne fan caso quella gente lì. Non pensano che quello è proprio giusto. Quelli li direbbero: Mi facciano pur bagnare un palo secco per degli anni, so intanto che quella lì è una prova. - No, bisogna credere, persuadersi che veramente merito quello, perché... non valgo niente.

 

Certuni dicono: Più mi danno umiliazioni e più mi piace. Ma non ne fanno mica profitto. Quelli lì in comunità vorrebbero sempre umiliarsi, intanto dentro chi sa come pensano... Ah, se avessimo la giusta stima di noi stessi e di ciò che siamo davanti a Dio!

Credete, perdere la stima di noi stessi è una grande cosa. Fate un piccolo esame. Che cosa pretende il niente? L'ultimo posto per il niente è sempre troppo. E’ difficile vincere questa stima. Ricordate il fatto di S. Valerico? Perché nella comunità era troppo stimato è scappato via; è andato in un posto dove non era conosciuto e si è messo a coltivare l'orto. Il Signore l'ha premiato. In quell'orto le cipolle venivano belle, i cavoli crescevano a meraviglia, tutto produceva bene. La sua santità lo tradiva; allora se n'è di nuovo partito.

 

E il B. Alano? Era un professore di teologia. E’ scappato anche lui dalla sua comunità, è andato in un convento dove l'han messo a servire. Custodiva le bestie e faceva lui il vetturino. Ha fatto così per tanto tempo, si teneva sempre nascosto. Finché un giorno l'abate andò a Roma, ad un concilio, e condusse anche lui assieme. Arrivarono là mentre disputavano, c'erano anche gli eretici. Un teologo, nel concilio non sapeva spiegarsi bene, allora il Beato, ispirato da Dio, per difendere la verità, salta fuori, domanda permesso di parlare e... parla magnificamente. Gli uditori, stupiti nel sentir parlare così, dissero: 0 che è il diavolo, o che è Alano. E lui allora rispose: Sono Alano.

 

Forse qualcuna di voi dirà: Uh! essere messa qui a sceglier patate, io che potrei fare qualche cosa di meglio... Il B. Alano non credeva di perdere il tempo nel fare i più bassi lavori. Gli è rincresciuto anzi, allora, di dover mettere fuori la sua parola, eppure si trattava della gloria di Dio. Se il Signore ha bisogno che noi abbiamo stima, farà Lui, state tranquille. Tenetevi pur nascoste. S. Francesco di Sales sopportava una calunnia da due anni. Gli altri gli dicevano di levarsela quella calunnia, di parlare. No, no, rispondeva lui, il Signore sa che stima devo avere per il mio ministero. - Altri direbbero: La mia stima è anche la stima di Dio. - Se il Signore ha bisogno di noi, ci farà saltar fuori; ma non saltiamo fuori noi. Ma se io taccio, ma se io non faccio quello, ne va di mezzo la gloria di Dio. Tutto propria stima; è difendere noi medesimi. Di questa stima ne abbiamo tutti un fondo.

 

S. Alfonso dice che il maggior sacrificio non è quello di lasciar la roba, la patria, i parenti, ma quello di lasciar noi medesimi. La nostra stima: questo è il pensiero che ci crocifigge. Andate in fondo, troverete che vi è giù qualche cosetta, e quella cosetta è la stima propria, è la principale. In tutte queste cose che succedono, naturalmente si soffre, ma bisogna mortificarsi. Possiamo consolarci nello spirito dicendo: Sì, Signore, è bene che sia arrivata questa pena, che sia in questo posto. Se il Signore vuol farvi superiora, ci penserà Lui.

In una comunità dove purtroppo non c'era spirito si trattava della elezione di una superiora. Chi ne voleva una, chi ne voleva un'altra; insomma, c'era un po' di lotta. Una era troppo intelligente ed avevano paura che mettesse nuovi ordini, togliesse i vizi ecc.; un'altra non andava per altre cose, mentre con quella che loro desideravano potevano aggiustarsi. Vedete, con che spirito si fanno le votazioni! Perché non riuscisse una tale si son messe tutte d'accordo ed han dato tutte il voto a quella più ignorante, ad una che se ne stava sempre negli angoli, sempre all'ultimo posto. E’ naturale che, dando tutte il voto a quella, è riuscita. Tutte stupite e malcontente, non volevano ubbidire a quella sciocca, a quella «lavapiatti». La nuova Superiora le radunò in coro, ma nessuna voleva ubbidire, anzi la disprezzavano. Allora ella fece aprire tutte le tombe e chiamò le suore morte affinché le rendessero ossequio. E queste defunte si alzarono dai loro sepolcri ad ossequiarla. Si può immaginare come in seguito ubbidissero e rispettassero la Superiora che non avevano voluto eleggere.

 

Se il Signore vuol sollevarci, lo fa e non ha bisogno di noi. Se avessi da andare adesso in Comunità, farei il folle. (Però voi. adesso non fate le folli.) Qual male viene se non mi stimano più? Star attenti a non rompere nulla, ma non per aumentare la stima, ma perché dovete osservare la santa povertà. Che importa se siete poco stimate? Se non vi mettono a studiare l'inglese..., eh! si lascia stare. Poi, poi, aver di queste aspirazioni, niente affatto, il nostro angolo, più nascosto è, meglio è.

Fate tutte l'esame, vedete che non ci sia neanche un filo. E’ presto detto, sapete, esser contenti di essere disprezzati. Patire è già una cosa, ma essere disprezzati è un'altra. Essere disprezzati per il Signore. Ah! è una faccenda seria! Un po' di stima dobbiamo farla morire, quindi disporsi ad abbracciare tutti i disprezzi. Dire: Io sono un niente, anzi sono sopportata in Comunità per la bontà dei superiori e la carità delle compagne.

 

Il B. Valfré era tanto esente dalla stima propria che alle volte piangeva e pensava: Purché un giorno andando a tavola non mi trovi nel tovagliolo un biglietto che mi dica di andarmene, perché i superiori e compagni mi han già tollerato abbastanza. - Notate che era già stato superiore e faceva dei miracoli; eppure aveva la convinzione di essere inutile e dannoso alla Comunità. Se venissimo a questo punto! Persuaderci così...

In un momento si può perdere tutto. Se il Signore ci ha dato un pochino d'ingegno, pensiamo che non è roba nostra. Perché gloriarci se non è nostra? Non si farà mai santo chi non perde la propria stima. Non fare però in modo che per perdere la propria stima facciamo perdere quella di N. Signore. Stacchiamo il nostro cuore dalla stima di noi stessi. Adesso si cambiano gli uffici e, non dico mica che non siate tutte contente, ma molte volte la tentazione... Mandatela via, se viene, e non pensate: Han messo una nel tal impiego che ha meno ingegno di me; oppure: Mi lasciano sempre qui, perché questo lavoro è più faticoso ... ; e così via. Non pensare che siamo necessarie.

 

Io desidero che ci siano questi cambiamenti per staccare, staccare sempre più. C'era un missionario che non mi scriveva più tanto sovente. lo domandai il motivo. Voleva sapere perché l'avevano cambiato, perché, diceva, se l'hanno cambiato è segno che ne ha fatta qualcuna. Se l'ha fatta, si emendi e basta. Che bisogno c'è di saper il motivo? I Gesuiti eleggono sempre superiori giovani e non tanto dotti, perché per essere superiore non ci vuol tanta scienza.

 

Adesso faremo così, e... tutte contente del vostro impiego. E pensate che il vostro posto è sempre superiore alle vostre forze, ai vostri meriti, ed allora sarà già un buon passo per perdere la propria stima. Dunque, leggiamo... (La superiora legge i nuovi impieghi assegnati alle sorelle) Bisogna proprio prendere le cose dalla mano di Dio e stare tranquille che il Signore ci aiuterà.

(il nostro Ven.mo Padre parla un po' circa le malattie che colpiscono facilmente ed improvvisamente le popolazioni di Torino e dintorni) Pregate perché non entrino qui da noi questi malanni; vedete se non è una grazia, finora nessuna di voi fu colta da questa malattia.

Pregate, pregate: vedete, il Signore pensa ad aggiustarsi; ora ce n'ha preso un altro. E che volete fare? Volete lamentarvi coi Signore?... Si china la testa...

Dunque, allegre e nessuna imprudenza. Se avete qualche maluccio, ditelo, vi si darà quel che bisogna, ma niente paura...

 

SR. EMILIA TEMPO

(Il Ven.mo Padre ci diede l'annunzio della morte del Ch. Leinardi, e dopo alcune cose a questo riguardo disse:) Che cos'è la vita? Si muore in fretta, si va in carrozza all'eternità, in carrozza in Paradiso, ma anche in Purgatorio... C'è proprio da pensarci sempre meglio. Farci santi! farci santi!!! ...

Quali cose sono necessarie per farci santi in una Comunità religiosa? E’ necessario staccare il nostro cuore da tutto. Parola presto detta ma difficile ad essere praticata. S. Alfonso scrive: « Chi vuol farsi santo bisogna che si stacchi da tutto, ma principalmente da quattro cose: 1° dalle comodità; 2° dai parenti; 3° dalla propria stima; 4° dalla propria volontà ».

 

Adesso però voglio parlarvi della propria stima. Tutte direte: Per me non son buona a niente... Nessuna ha stima di sé!??!... Il Signore ha detto che chi vuol seguirlo, prima cosa deve rinnegare se stesso. Un Santo Padre diceva: « Non è tanto difficile lasciare tutto il resto come lasciare noi stessi ». Si lasciano tante cose, ma questo se stesso l'abbiamo sempre con noi... è molto difficile lasciarlo. « Per rinnegare se stesso bisogna prima di tutto mettersi sotto i piedi la propria stima e disporci ad abbracciare tutti i disprezzi che potran succederci » (S. Alfonso). Certuni son contenti di essere umiliati, ma perché pensano di essere come i santoni che avevano delle prove, e perché così gli altri vedano che son già santi perché son provati e umiliati... Ah!... ma (bisogna) proprio persuaderci che meritiamo che ci mettano in un angolo, che ci umilino... non che lo fan per provarci...

 

Certuni dicono: Più mi danno umiliazioni e più mi piace... Ma non ne fan mica profitto... Quelli lì in comunità vorrebbero sempre essere umiliati, intanto dentro chissà cosa pensano... Ah, se avessimo la stima giusta di noi stessi e di ciò che siamo davanti a Dio! Ah, credete, perdere la stima di noi è una gran cosa!... Fate un piccolo esame: che cosa pretende il niente? L'ultimo posto pel niente è sempre troppo. Ah! è difficile vincere questa stima... basta una parolina... Ricordate S. Valerico e il B. Alano... a quest'ultimo quando parlò per la gloria di Dio, l'eretico stupito disse: 0 che è il diavolo che parla, o che è Alano. Ed egli: Sono Alano. Ah, gli sarà rincresciuto parlare e farsi conoscere, ma la gloria di Dio lo voleva. Uh, potrà dire qualcuna, essere messa qui a scegliere patate, in questo impiego, potrei fare qualche cosa di meglio... Il Beato Alano non aveva timore di perdere il tempo nel fare i lavori più bassi, solo per la gloria di Dio si fece conoscere.

 

Se il Signore ha bisogno (bisogno, neh) che noi abbiamo stima, s'incarica lui... Noi tiriamo sempre fuori la gloria di Dio, ma invece è quella dell' io. La gloria di Dio è che noi siamo calpestati. N. Signore vuole la sua gloria nella nostra umiliazione, nel nostro niente. Ricordate la meditazione del P. Borgo.

S. Francesco di Sales che da due anni sopportava una calunnia, consigliato a scolparsi, rispose: « Il Signore sa la stima che mi è necessaria pel mio ministero ». Sì, sì, se il Signore ha bisogno di noi ci farà saltar fuori Ma non saltiamo fuori noi, stiamo pur nascoste ... Me se io taccio, se non faccio quello, ne va di mezzo la gloria di Dio ... Tutta stima propria, è per difendere noi stessi. Ah, di questa stima ne abbiamo tutti una dose, un fondo! La nostra stima; questo è il pensiero che ci crocifigge. Andate in fondo, troverete che vi è qualche cosetta e quella cosetta è la principale, è la stima propria.

In tutte quelle cosette che succedono, naturalmente si soffre, ma bisogna consolarsi nello spirito; e diciamo: Sì, Signore, è bene che sia successo così, che sia in questo posto, che abbia questa pena... Se il Signore vuole innalzarci ci pensa lui; se vuol sollevarci lo fa e non ha bisogno di noi. Se io avessi da entrare adesso in Comunità, colla co- gnizione che ho ora, vorrei fare il folle per non aver cariche! (Però voi non fate le folli ... ) Qual male viene se non mi stimano più? Stare attente a non rompere nulla, non per aumentare la stima, ma perché dovete osservare la s. povertà. Che importa se siete poco stimate? Se non vi mettono a studiare l'inglese... eh, si lascia stare. Poi, poi, aver di queste aspirazioni? niente affatto; il nostro angolo più è nascosto, meglio è.

 

Fate tutte l'esame e vedete che non ci sia neanche un filo... Come S. Giovanni della Croce che domandò: « Patire ed essere disprezzato per Te ». E’ presto detto sapete esser contenti di essere disprezzati. Patire è già una cosa, ma essere disprezzati!... è un'altra. Ma disprezzati pel Signore. Ah! è una faccenda seria! -Dunque almeno un po' di stima dobbiamo farla morire, quindi disporsi ad abbracciare tutti i disprezzi. Dire: Io sono un niente; anzi, credere che si è sopportati in comunità per la bontà dei superiori e la carità delle sorelle.

Il B. Valfrè era tanto esente dalla propria stima che alle volte piangeva e pensava: « Purché un giorno andando a tavola non trovi nel tovagliolo un biglietto che mi dica di andarmene perché superiori e compagni mi hanno già tollerato abbastanza ». Notate che era già stato superiore e faceva dei miracoli!... Ah! se venissimo a questo punto! persuaderci così! In un momento possiamo perdere tutto! E’ tutta roba dataci dal Signore, e dunque perché gloriarci?

 

Non si farà mai santo chi non è disposto a perdere la propria stima (non però in modo da farla perdere al Signore). Sì, stacchiamo il cuore dalla nostra stima. Adesso ci sarà il cambio degli impieghi e tutte contente in qualunque angolo (non ci sono angoli abbastanza in questa casa), via qualunque tentazione, mi cambino o no, prendere tutto dalle mani di Dio. Staccare, cambiare, sbattere... sempre più.

 

SR. MARIA DEGLI ANGELI VASSALLO

Chi vive in religione deve staccarsi da tutto, ma specialmente da quattro cose: Comodità - Parenti - Stima propria - Volontà propria.

Fra questi quattro fermiamoci sulla propria stima. Tutti dicono che non ne hanno, ma in verità ci stimiamo tutti. Non è tanto difficile lasciare il resto come questo.

Rinnega te stessa; ed a questo fine bisogna prima porre sotto i piedi la propria stima e disporsi ad abbracciare tutti i disprezzi che si possono ricevere.

Ce ne sono alcune che sono contente di essere umiliate, ma per superbia, perché così sono stimate sante; più ne hanno più ne sono contente, ma non sono persuase di meritarsele. Non pensare che ci abbassino per farci esercitare la virtù, ma perché ce lo meritiamo. Stare in un angolo tutta la vita è la più bella cosa! Se il Signore vede che abbiamo bisogna di stima, farà Lui, state tranquille. Noi crediamo che la gloria sia di Dio! è stima nostra!

 

Si capisce che nelle umiliazioni l'amor proprio ne soffra, ma consolatevi collo spirito dicendo: sì, sì, è quello che mi ci vuole; questa umiliazione mi fa bene.

Se io dovessi entrare in Comunità coi lumi che ho adesso, farei il folle perché non mi mettano in nessun posto. Voi però non fate le folli!

 

 

 

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