CARITA’ E CORREZIONE FRATERNA

1° settembre 1918

 

XIII. 48

S. Paolo scrivendo ai cristiani della Galazia, li esorta alla carità fraterna, avvertendoli che ostacolo a ciò è la superbia, l'amor proprio. Venendo ai particolari dice, che vedendo nei fratelli qualche difetto non bisogna subito condannarli, ma riflettere su di noi che forse ne avremo dei maggiori, di educazione, di carattere ecc.

Quindi sopportarli in santa pace: Vides in oculo fratris tuí... considerans teipsum, ne et tu tenteris (V. Ep. Martini). Alter alterius onera portate. - In secondo luogo correggere i nostri fratelli: instruite, ma in bel modo ed a tempo opportuno: in spiritu lenitatis. Del resto ognuno avrà da rendere conto di se stesso: unusquisque onus suum portabit; e ciò che seminerà, mieterà. In breve, conchiude l'Apostolo, dum tempus habemus, operemur bonum, maxime autem ad domesticos fideí, ai nostri confratelli.

 

 

SR. CARMELA FORNERIS

Questo deve essere un mese fervente! Bisogna fare così: incominciare il primo giorno, alla prima ora. Incominciare tutti i giorni e così avanti. Quante feste della Madonna in questo mese! Questo è un altro mese della Madonna; non c'è mese in cui Essa non si festeggi di più che in questo e in quello di maggio.

Ricorre pure la festa di S. Pietro Claver. E’ nostro protettore speciale ed è anche protettore dei neri. Bisogna quindi far bene questo mese. Cominciare come se alla fine del mese dovessimo morire, partire per l'eternità.

Che meditazione avete fatto questa mattina? (Sulla morte, gli si risponde). Com'è bella! Mi ricordo che in una meditazione che facevo da chierico c'era questo: ... fui professore ed è nulla; fui teologo ed è nulla; fui religioso e ciò è qualche cosa... Essere religiosi, veri, corrispondenti! ... Guai ad essere religiosi solo di nome! …

 

Quest'oggi c'è un'Epistola nella Messa che fa proprio per noi: Fratelli, se uno di voi sia anche caduto in peccato, voi che siete spirituali, istruite questo tale in spirito di dolcezza, e tu poni mente a te stesso, che tu pure non caschi in tentazione. Alter alterius onera portate, et sic adimplebitis legem Christi: portate gli uni i pesi degli altri, e così adempirete la legge di Cristo.

Principalmente dobbiamo imparare a sopportarci vicendevolmente. Correggerci l'un con l'altro, farci del bene l'un con l'altro. Il maggior impedimento a sopportarci è la superbia. Uno si crede qualche cosa di più, si crede non stimato abbastanza, e da quello allora nasce la disunione. L'Epistola esposta mette in evidenza la correzione fraterna.

 

Se qualcuna fa qualche sbaglio, voi che siete brava gente, correggetela, ma correggetela con spirito di fraternità, dolcemente... pensando che anche voi potete essere cattive. Non essere di quelli che vedono la paglia nell'occhio del fratello e non vedono il trave nel loro. Il non saper sopportare le compagne, viene tutto dalla superbia. Se foste un po' più umili invece di vedere i difetti delle compagne vedreste i vostri. Poi se si vedono ci vuol carità, si faccia la corre- zione fraterna, si avvertano in bel modo, non con tono superbo. Questo è importante per la Comunità. Se non c'è umiltà, non si sopportano i difetti; si starà zitti, ma poi...

Non si deve pensar male e si deve dire tutto in bel modo. Perché certe correzioni non si prendono bene? Eh!... perché si fanno in cattivo modo. Che cosa si deve fare invece? Correggere con spirito di dolcezza. Se si facesse bene la correzione, certe cose non arriverebbero ai superiori e si aiuterebbero. Tra sorelle e sorelle è un niente. Se una sorella ha un fare un po' grossolano, glielo si dica con semplicità, in modo che non si offenda, ma correggetela. Questa corre- zione fraterna fa tanto bene. Son riconoscenti le compagne che vengon corrette; subito magari per spirito di superbia si rivoltano, ma poi si capisce e si prende bene. Quante han poi ringraziato per le correzioni avute da giovani!

 

Soprattutto bisogna costatare che se gli altri hanno difetti, noi ne abbiamo ancora di più. Voi che siete spirituali, se vedete qualche cosa nelle altre, ebbene: correggetele, ma con spirito di carità e pensate che anche voi potreste forse far peggio. Questo bene ce lo troveremo. Chi non ha seminato non raccoglie il grano. Solo chi ha seminato mieterà. Vivere di vita spirituale e non di vita umana. Vivere di N. Signore, non far niente che sia contrario alla fede. Facendo il bene non stanchiamoci, perché a suo tempo mieteremo ciò che avremo fatto. Non perdiamo tempo, operiamo. Non incominciamo domani a farci sante, adesso, adesso, in questo momento. Facciamo il bene a tutti, ma specialmente a quelli che ci son compagni. S. Paolo in questo tratto dell'Epistola ci dà tante istruzioni, ma la principale è la correzione fraterna.

 

Una tale voleva farsi santa e si è presa una serva bisbetica, maligna, insopportabile, voleva comandare essa. Ebbene, l'ha sempre tollerata e così si è fatta santa.

Tra noi la carità si può esercitare: ... la compagna d'impiego ci dà ai nervi... il suo tono di voce ci secca ... e via... Saper sopportare queste piccole cose, queste miseriucce! Quando sarete in Africa, non sarete più di cinque o sei e se una sta zitta, l'altra non parla, l'altra anche, che cosa farete?

Mentre correggo i miei difetti, aiuto anche quella compagna a correggersi.

(Quindi, variando alquanto l'argomento, parlando del carattere aggiunge:) Ah! quando siamo ammalati poi! Ci sono due sorta di ammalati. Mons. Gastaldi era un piacere servirlo quando era ammalato; così diceva il domestico. Si era che Mons. Gastaldi, ottima persona, faceva rigar dritto. Ci son certi ammalati che non muovono un dito senza aiuto. In una casa ho visto una malata che voleva le mettessero tutto in bocca. E’ proibita di muovere le mani? le chiesi... Goffaggini... non bisogna esagerare... Aveva bisogno di una suora e di un domestico. Mi son informato se il male era poi tanto grave, ed avendo avuto risposta negativa, quando andavo a visitarla, mandavo sempre via o l'una o l'altro perché non servivano che a toglierle l'aria buona.

 

Son quelli là che per un bubù [piccolo male] vorrebbero che tutta la Comunità si interessasse di loro. In Comunità bisogna che possano dire: quando sono ammalate, è un gusto servirle. Ci vuole carità vicendevole e non pretendere dagli altri, perché non ne possono nulla se voi siete a letto ammalate. In comunità (faccio una divisione): molti è un piacere servirli, altri sono insopportabili. Tutti i momenti voler una cosa non è bello e poi finirebbe col far male. La conclusione è che dobbiamo aver tanta carità verso le consorelle.

Certe volte il Signore permette un difetto in una sorella perché impariate a sopportarla. Bisogna frenarci... Egli ha fatto tanti caratteri. Siamo come i soldi in un taschetto che fregandosi assieme si puliscono. Non basta sopportarci e sopportarci tacendo, bisogna sopportarci di cuore pensando che è il Signore che permette queste ripugnanze. In una comunità una suora pregava la superiora di toglierle la compagna che aveva vicina. E la superiora l'ha tolta. Che sbaglio! Ma, e la carità?

 

Dunque, ricordatevi: bisogna saper sopportare i difetti degli altri e pensare che noi ne abbiamo di più. Aiutarci ad emendarci è spirito di delicatezza, di educazione. La Comunità per andar bene deve sempre esser gentile ed umile. Con l'umiltà poco alla volta si eviteranno anche quei difettucci che possono esserci. Ma se c'è la superbia si vede troppo male e non si finisce mai più.

In questo mese esaminate i soliti proponimenti degli Esercizi e poi proponetevi la carità vicendevole.

Alla fine del1a settimana sarete tutte a casa di ritorno dalla campagna ed incominceremo. Che non ci siano quelle miseriucce, quelle anfipatie!!!... E che antipatie? Se il Signore avesse da guardare a quello, che antipatie avrebbe?! Sopportatevi, se non vi sopportate vicendevolmente, come farete a sopportare i difetti di tutta quella gente africana?

 

In questo mondo se non si dà passaggio ai difetti altrui si vive una vita di orgasmo. Tutti i momenti scappa la pazienza. Bisogna pregare S. Pietro Claver per avere spirito di mansuetudine. S. Pietro Claver sopportava tutti i difetti di quegli infedeli, li aiutava per convertirli, li trattava bene... ha avuta tanta pazienza!!!

 

SR. ORSOLA MARTINO

(della carità fraterna) Guai ad essere religiosi sol di nome; bisogna essere religiosi veri, corrispondenti.

Portate gli uni i pesi degli altri, così adempirete la legge di Cristo. Principalmente dobbiamo imparare a sopportarci vicendevolmente. Correggerci l'un con l'altro; farci del bene l'un con l'altro.

Il maggior impedimento a sopportarci è la superbia. Se non c'è umiltà non si sopportano i difetti... si sta zítti, ma poi... Non si deve pensar male e si deve dire tutto in bel modo. Correggere con bel modo, con spirito di dolcezza; questa correzione fraterna fa tanto bene. Se si facesse bene la correzione' certe cose non arriverebbero ai superiori, e si aiuterebbero. Tra sorelle e sorelle è niente. Soprattutto bisogna costatare che se gli altri hanno dei difetti noi ne abbiamo ancora di più.

 

Tra noi la carità si può esercitare... la compagna d'impiego ci dà ai nervi... il suo tono di voce ci secca... e via... Saper sopportare queste cose, queste miseriucce! quando sarete in Africa... che cosa farete? Certe volte il Signore permette un difetto in una sorella perché impariate a sopportarla. Bisogna frenarci... Egli ha fatto tanti caratteri. Siamo come i soldi in un taschetto che fregandosi assieme si puliscono. Ma non basta sopportarci tacendo; bisogna sopportarci di cuore pensando che è il Signore che permette queste ripugnanze.

In una Comunità una suora pregava la superiora di toglierle la compagna che aveva vicino. E la superiora l'ha tolta. Che sbaglío! Ma, e la carità? La comunità per andar bene dev'essere gentile e umile. Ma se c'è la superbia si vede troppo male e non si finisce mai più. Se non vi sopportate vicendevolmente come farete a sopportare i difetti di tutta quella gente africana?...

 

Riguardo alla carità vicendevole: prima pregare, raccomandarla al Signore, quella persona; 2° esaltarla nelle sue virtù; 3° avvertirla se fosse il caso opportuno con bei modi, e non tanto egoisti; non amare tanto noi stessi...

La carità vicendevole è quella che ci porta di più all'unione intima con Dío. I santi andavano a gara, non lasciando passare nessuna occasione, anzi andavano cercando il modo per fare più atti di carità e così arricchire le loro anime delle gemme più preziose.

 

 

 

giuseppeallamano.consolata.org