DOPO IL VIAGGIO A ROMA

6 aprile 1919

 

 

SR. CARMELA FORNERIS

(Con nostra gioia il nostro Ven. Padre ci dà notizie dei suo viaggio a Roma, fatto nella settimana scorsa) Sono stati giorni faticosi e belli. Si sta bene solo a casa e... in Paradiso. A Roma feci tante cose. Il tempo passa: sono stato nove giorni via, ed ora eccomi di nuovo qui. Avete pregato e le cose sono andate tutte bene. Sono andato fino a Roma da solo; cioè con l'Angelo alla mia sinistra. Non ho detto verbo a persona. Ho passato una notte eucaristica. Partii di qui alle otto di sera ed arrivai là alle 11 del mattino. Giunto a Roma trovai già l'invito del S. Padre per un'udienza privata. Io l'avevo domandata per averla poi al lunedì o martedì, invece l'avevo già lì, appena giunsi a Roma.

 

Al domani mi presentai al S. Padre: fu un'udienza ammirabile: durò 25 minuti. Il S. Padre mi disse per prima cosa: « Ho detto due Messe alla Consolata; noi ci conosciamo già. M'avevan fatte tante accoglienze al Santuario ». (Non so quali grandi accoglienze gli abbiamo fatto: forse gli abbiamo offerto una tazza di caffè ... ) Io gli dissi: Son venuto a portare il processo del Ven. Cafasso. E lui: « Ma sì, ma sì ». Ho parlato dei Missionari, delle Missionarie, della Consolata, del Convitto e poi parlai di nuovo del processo dei miracoli del Venerabile, ed il Papa disse: « Questa è una causa che mi piace. Che si faccian cause per quelli che fanno miracoli in vita, per quelle suore che son chiuse tra quattro muraglie eh!... va bene, che si faccian pure; ma c'è bisogno di esempi in questo mondo, e per esempi di virtù sacerdotali v'è il Cafasso. Dopo la guerra, in questi tempi così brutti, c'è bisogno di spirito ecclesiastico; perciò bisogna sollevare quell'uomo che aveva tante virtù ecclesiastiche ».

A proposito del centenario del Convitto Ecclesiastico che avverrà nel 1921 e del quale io avevo accennato al S. Padre, egli aggiunse: « Il Ven. Cafasso fu confondatore e Rettore del Convitto. Quando sarà questo centenario? ». Sarà nel 1921, io dissi. « Eh! è un po' presto ». Ma Santità, se non è poi al 21 (la Beatificazíone) sarà poi più tardi, non si va per il sottile. « A che punto siamo già? ». Nella prima seduta. E poi aggiunsi: Santità, forse dico uno sproposito, ma mi permetta di dirlo: invece di fare tre adunanze, ne salti una, così andiamo subito alla terza e facciamo più presto. Ed il S. Padre disse: « La prima è stata dei consultori, la seconda sarà dei Cardinali e la terza sarà mia. Potremmo saltare la seconda, ma i Cardinali si offenderanno. Adesso il processo ha fatto la prima seduta. Mi piace tanto; vorrei in occasione del centenario dare questa dimostrazione al Con- vitto: è un'istituzione che non c'è in nessun posto. Se io rimanevo a Bologna lo mettevo anch'io, ma lo metterò lo stesso».

 

Ha osservato che i chierici quando escono dal Seminario son troppo giovani e facendo due anni di Convitto si fanno uomini. E nuovamente aggiunse: « Vorrei proprio nell'occasione del centenario dare questa dimostrazione». Poi si mise a guardare la storia dei miracoli.In seguito parlammo di nuovo delle Missioni, quindi presentai Don Ferrero al S. Padre, che gli disse: « 0 bravo, vuol dire che ci vedremo sovente noi ». Quindi diede la benedizione all'Istituto ed anche alle suore, e poi benedisse anche noi. E’ stata una cosa cordiale: non si può immaginare! E pensare che io volevo prima andare a parlare con altri; invece, senza dir niente a nessuno sono andato là e da quelli che volevo veder prima andai dopo a riferire l'esito del- l'udíenza.

 

Tutti volevano l'immagine del Venerabile ed un Cardinale mi disse che non aveva ancora le sue prediche. E ben, gliele manderò. Al martedì andai dal Cardinal Bisleti, promotore della causa, mi tenne un'ora e mezza e mi parlò di tante cose. Dopo andai dall'Avvocato del diavolo: è contento dell'immagine della Consolata che gli ho mandato. Poi andai in Propaganda (il nostro Ven. Padre parla riguardo all'offerta che gli venne fatta di altre Missioni e poi aggiunge:) Per ora non domandai niente: prima c'è l'Africa, poi suggerii un posto... (e di quello non volle dirci il nome), dopo andremo dove vogliono.

 

Nella Cina vi son Vicariati che hanno grande estensione, e vi son pochi Missionari. Del resto incominciamo a fare quel che abbiamo da fare. Son anche andato dal Card. Van Rossum che mi ha ricevuto subito. Mi disse che Don Cafasso è il S. Alfonso del Piemonte. Avrà letto la sua vita, dissi io al Cardinale. No, rispose. Allora gliela mando.

Queste son le cose principali, ma qui in mezzo ci sono ancora tante altre cose. Non s'è perduto tempo. Andai pure dal Card. Cagliero. Gli dissi: Si conservi. E lui: E’ quel che faccio. - Mi fermai a pranzo da lui e mi disse: Sta' tranquillo che il Ven. Cafasso sarà presto beatificato. - A proposito del Card. Cagliero, lo vidi anche col S. Padre, ed appena mi vide, avendogli chiesto il Papa se mi conosceva esclamò: Altro che conoscerlo, andavo a mangiare i fichi insieme!

 

Eh! quante, quante cose! Ai piedi di S. Pietro ho detto così: Se quella gente là non si fan vere apostole, scacciatele via da quella casa, che io non voglio saperne di suore per metà. - La prima udienza fu a S. Pietro, l'ultima fu a S. Pietro. Lì ho fatto la preparazione e poi sono andato all'altare del SS. Sacramento. Poi sono andato di nuovo a S. Pietro e là, ai piedi della statua, ho posato la testa per un bel po' di tempo sapete, e vi ho schiacciate tutte.

 

Tutte quelle che han la testa un po' dura, quelle che non si piegano alla grazia di Dio, schiacciatele, gli dissi.

Prima di tornare a Torino passai nuovamente a S. Pietro; mi misi per terra, dissi tante cose e poi alla fine ripetei di nuovo: Quelle che non si piegano alla grazia e non son state schiacciate la prima volta, schiacciatele adesso. Poi recitai il Te Deum ' perché S. Pietro ci ottenesse tanto spirito apostolico. Non siete poi scusate se non l'avete preso: io mi son figurato che venisse giù un'ondata di buon spirito.

 

Poi, sempre con Don Ferrero, visitai tanti altari: quello di S. Luigi, quello del Berchmans, di S. Ignazio, di S. Francesco Zaverío, ed anche qui dissi tante cose. Dissi anche Messa nella cappella dove è morta S. Caterina da Siena: è dietro la sacrestia; vi son due scale e poi v'è la cappella. Quella Messa lì la dissi per voi. Un giorno o l'altro leggerete la vita di S. Caterina. Non è mica stata una santa chiusa tra quattro muraglie! Andò da Roma in Francia per consigliare il Papa in Avignone; le dissi: Date loro un po' di spirito e poi tante altre cosette.

Non sono mai stato fermo. Ho osservato che noi Missionari, a Roma, ci stimano troppo; credono che siamo qualche cosa, ed invece siete... quattro fanfaluche. Sono anche andato al Ministero degli Esteri ed ho parlato delle Missioni; pare che le nostre Missioni siano in bocca a tutto il mondo. E ben, è meglio che pensino bene anziché male. Anche qui (dal Ministero) ho ottenuto qualche cosa: ce ne lasciano dieci liberi, Missionari. Prima avevan risposto: son troppo giovani. Ma io ho insistito dicendo che han già l'età per ricevere l'Ordinazione e quindi essere inviati in missione. E così li han lasciati in libertà. Anche Don Ferrero l'abbiam. tolto: adesso che è Procuratore deve essere libero. Penseremo poi anche agli altri. Il Ministero degli Esteri ha la smania che mandiamo giù, mandiamo giù (in missione).

 

C'è da ringraziare il Signore; tutto è andato bene, sia circa Don Cafasso (non mi immaginavo mai più che a Roma fosse così conosciuto), sia riguardo alle Missioni.

Ora bisogna pregare per quei miracoli. Prima sono i medici che devono visitarli, i miracoli. Se fossero tutti buoni, fra qualche anno... C'è proprio bisogno di pregare perché siano riconosciuti veri, perché sapete, quelli là... fanno l'ufficio del diavolo. Quindi anche voi pregate. Mai che ci sian dei fili... Ci sono i miracoli, ci sono, ma bisogna provarli. E se c'è un filo... Bisogna pregare!

Adesso il Venerabile non ha più paura della superbia, eppure non ne fa di quelli un po'... Pregate che siano almeno validi questi. Fatto quello è tutto finito.

 

Dovete convertirvi tutte, farvi tutte santone. Sembra che siamo noi che ci facciamo santi, invece è il Signore che opera in noi. Uno che voglia farsi santo, ha solo bisogno ora per ora, giorno per giorno, di corrispondere alla grazia. Quando a noi manca la generosità il Signore ci lascia, si stanca. Invece se siamo anche generosi nelle piccole cose, allora... Se non si va dietro alle malinconie, ai capricci, si è generosi. Bisogna essere fedeli dal mattino alla sera: anche nelle cose piccole. Se posso fare un sacrificio che nessuno lo veda, nessuno lo conosca ... ; ecco, è così che si deve fare. La nostra santificazione sta in questo. Diceva il S. Padre: Per quelli lì (i claustrali) facciamo la san- tificazione, ma anche per quelli che son d'esempio alla società, facciamola. In questi tempi c'è bisogno di spirito ecclesiastico.

 

Adesso, intorno ai religiosi che tornano dal fronte c'è la polvere: devono fare gli Esercizi, almeno di otto giorni, devono fare un buon bucato. Ai nostri io dissi: Ricordatevi che prima di entrare in questa casa dovete fare la quarantena...

Questa guerra ha fatto del male ai corpi, sì, ma alle anime quanti, quanti ne ha fatti! Ne ha fatto anche al clero del male. Non ho detto mai che la guerra ha fatto del bene; ha fatto del male, e come! Qualcuno sì, s'è conservato, ma son pochi. Lo dicono anche i nostri: Un po' di polvere l'abbiamo.

 

Pregate ed avanti in Domino.

Intanto vi dò una medaglietta benedetta dal S. Padre. Sopra c'è la Madonna del Buon Consiglio ed il Papa. Ho scelto la Madonna del Buon Consiglio perché mi piace tanto.

 

SR. EMILIA TEMPO

(dopo il suo ritorno da Roma) Sono stati giorni belli e faticosi. Si sta solo bene a casa e... in Paradiso. Sono andato fino a Roma da solo, con l'Angelo Custode alla mia sinistra - ho passato una notte eucaristica.

(Parlando dell'udienza di 25 minuti avuta dal S. Padre, ci riferì queste parole, dettegli da S. Santità:) « Che si facciano cause per quelli che fanno dei miracoli in vita, per quelle suore che son chiuse tra quattro mura, eh, va bene... si facciano pure, ma c'è bisogno di esempi in questo mondo, e per esempio di virtù sacerdotali c'è il Ven. Cafasso. Dopo la guerra, in questi tempi così brutti, c'è bisogno di spirito ecclesiastico, perciò bisogna sollevare quell'uomo che aveva tante virtù ecclesiastiche ».

 

Sono andato ai piedi di S. Pietro e là ho detto così: « Se quella gente là non si fan vere missionarie, scacciatele via da quella casa, scompaiano da essa, ché io non voglio saperne di suore per metà ». Son tornato di nuovo prima di partire, ho posato la testa là ai suoi piedi un bel po' di tempo e vi ho schiacciate tutte. Ho detto: Siano schiacciate quelle che han la testa dura, che non si piegano alla grazia di Dio, schiacciatele... ah, ne ho fatti degli schiacciamenti! ah, se qualcuna non è ancora schiacciata!... Ho recitato là il Te Deum, e ho pregato che S. Pietro ci ottenesse tanto spirito apostolico. Non siete poi scusate se non l'avete preso; io mi son figurato che venisse giù un'ondata di buon spirito.

 

A Roma vi stimano troppo, credono che siete qualche cosa, e invece... siete quattro fanfaluche. Dovete convertirvi... farvi tutte santone. Sembra che siamo noi che ci facciam santi, invece è il Signore che opera in noi. Per farci santi c'è solo da seguire momento per momento la grazia e corrispondere, ma con generosità. E’ la fedeltà nell'essere generosi che manca, e generosi nelle cose piccole, e quando in noi manca questo il Signore ci lascia, si stanca. Se a un piccolo sacrificio non si bada, a un capriccio, una malinconia si va dietro... il Signore dice: Oh, che roba! Invece se siamo generosi anche nelle cose piccole, allora...

 

Bisogna essere fedeli dal mattino alla sera. Se posso fare un piccolo sacrifizio che nessuno lo veda, nessuno lo conosca... Ecco è così che bisogna fare. La nostra santificazione sta in questo.

giuseppeallamano.consolata.org