SETTUAGESIMA

16 febbraio 1919

 

XIV. 24

Epistola di Settuagesima (Vedi Quad. VII p. 20-21)

VII. 20-21

La S. Chiesa da quest'oggi veste violaceo, e lascia gli Allelula. E’ tempo di maggior preghiera e di penitenza. S. Franc. di Sales si teneva più raccolto, e Mons. Galetti incominciava il digiuno quaresimale.

S. Paolo nel tratto della sua I Ep. ai Corinti, che la Chiesa ci la oggi leggere nella S. Messa descrive la vita dei cristiani sulla terra: vita di corsa, di lotta e di pellegrinaggio. Paragona i cristiani a quelli che corrono a cavallo ed a piedi nello stadio, ai gladiatori ed atleti, ed agli Ebrei nel deserto per 40 anni. Tutti costoro faticano per arrivare al premio; ed un solo vi giunge, il vincitore; e due soli, Caleb e Giosuè, partiti dall'Egitto pervennero alla terra promessa. Tutti costoro lavorano per una corona corruttibile, d'alloro ecc., e per un po' di terra sia pure fluentem lac et mel; ma sempre cosa caduca ed in- certa, come si vede dalla storia degli Ebrei. I Cristiani invece vivono per una corona incorruttibile, il Paradiso e tutti non un solo possono e debbono conseguirla.

 

In domo patris mei mansiones multae sunt - Corona justitiae, quam reddet... Sic currite ut comprehendatis: correte in guisa da ottenerla. Ma praticamente tutti arriveranno alla meta? Purtroppo no. Gli Ebrei partiti dall'Egitto ebbero tutti il benefizio di passare a piedi asciutti il Mar Rosso, tutti godettero del benefizio della nube, tutti bevettero della stessa bevanda, l'acqua miracolosa della pietra, tutti mangiarono la manna del Cielo (V. Martini). Eppure non in pluribus eorum beneplacitum est Deo: non tutti contentarono Dio, ma pochi, e solo due partiti dall'Egitto entrarono nella terra promessa, e gli altri tutti morirono nel deserto. Che significa S. Paolo -con questa si- militudine? Vuol dire che non basta essere cristiani, godere dei benefici della Religione; ma bisogna corrispondere alle grazie ricevute; altrimenti non che conseguire il premio, avremo ancora il castigo per la nostra ingratitudine.

 

Veniamo a noi. Nella vita generale cristiana è compresa la nostra vita di religiosi e di missionari, colla giunta che a noi Dio dà maggiori grazie, quindi dovere di maggior corrispondenza.

 

Noi in questo istituto siamo come gli Ebrei colmati di grazie speciali: la religione è un nuovo battesimo, per cui siamo dall'Egitto del mondo trasportati in ambiente tutto soprannaturale. Quivi la nube dell'ubbidienza e delle regole ci libera dai raggi cocenti delle passioni, e specialmente della propria volontà. Qui siamo nutriti della manna celeste della divina parola (V. Imit. c. 5) nelle prediche, meditazioni, letture sp. ed ammonimenti dei superiori: e specialmente ogni giorno possiamo satollarcí della manna celeste della S. Eucaristia. Quívi le grazie divine come acqua da fontana permanente cadono ogni istante su di noi per aiutare a fare in noi germogliare e crescere le virtù...

 

Con tanti mezzi di santificazione come non dovremmo noi tutti farci santi? E dovrà dirsi di noi come degli Ebrei: non in pluribus corum benep. est Deo? Vi risponde S. Paolo, e dice che l'esito nefasto proviene da ciò che:

1) Non si tiene in mira continuamente il fine per cui siamo venuti, che è la nostra maggior santificazione per essere poi idonei strumenti alla maggior conversione degli infedeli. S. Paolo dice: sic curro non quasi in incertuni, non quasi aerem verb.

2) Si vive in comunità cosi alla buona, contenti di essere buoni e non cercando ed usando i mezzi per farci santi. Sempre gli stessi difetti, senza il coraggio di darci una volta generosamente a quella vita di perfezione, a cui Dio ci vuole. Quindi se non nausea delle pratiche di Comunità, come gli Ebrei della manna, non si corre come vuole il Signore: sic currite, ut comprebendatis. Costoro in Comunità hanno tutti i benefizi di Dio, come nube continua, e non ne approfittano, e di più dovranno rendere conto a Dio; non si renderanno idonei alla conversione di quel numero d'anime per cui Dio li ha qui chiamati... Es. S. Franc. Zaverio.

3) Che S. Paolo ci dice necessario per conseguire il premio degli Apostoli? E’ la mortificazione e lo spirito di sacrifizio; ci propone l'esempio dell'atleta che ab oninibus se abstinet, e proprio: castigo corpus nieuni, et in servitutem redigo; perché aggiunge ne cuni aliis praed. ipse reprobus efficiar. Oninia facio propter Evangelium. Bisogna informarci a questa vita di sacrifizio se... Che dire di chi non cerca che i suoi comodi ... ; anche come gli Ebrei alle cipolle d'Egitto; se può correre ad un pranzo, a bere una bottiglia, ad avere un cibo più scelto... Infelici non riusciranno veri religiosi e missionari, lo dice S. Paolo, che per predicare agli altri e salvarsi come loro, è necessario castigare il corpo.

 

 

SR. CARMELA FORNERIS

Domani incomincerete il mese di S. Giuseppe. Durante la novena poi farete tanti atti di virtù; certamente però nessuno vi proibisce di farne molti anche durante il mese. Domandate a S. Giuseppe la vera devozione alla Madonna, ed essa vi darà poi quella a Gesù. Certi dicono che hanno devozione a Gesù e non alla Madonna. Ma come? Non è mica possibile! dicano piuttosto che non la sentono. Voi però dovete essere molto divote alla Madonna.

 

Stamattina nella Messa c'era una bella Epistola; l'avete sentita? Leggete la traduzione: è una bellezza! (Il Ven. Padre legge l'Epistola:) Nescitis quod ii qui in stadio currunt, omnes quidem currunt, sed unus accipit bravium? Sic currite, ut comprehendatis. Omnis autem qui in agone contendit, ab omnibus se abstinet: et illi quidem uti corruptibilem coronam accipiant; nos autem incorruptam. Ego igitur sic curro, non quasi in incertum: sic pugno, non quasi aerem. verberans: sed castigo corpus meum, et in servitutem redigo: ne forte cum aliis praedicaverim, ipse reprobus efficiar. Nolo enim vos ignorare, fratres, quoniam patres nostri omnes sub nube fuerunt, et omnes mare transierunt, et omnes in Moyse baptizati sunt in nube et in mari: et omnes eamdem escam spiritalem manducaverunt, et omnes eumdem potum spíritalem biberunt: (bibebant autem de spiritali, consequente eos, petra: petra autem erat Christus). Sed non in pluribus eorum beneplacitum est Deo. (I Lett. Corinti cap. IX-X).

 

Che vuol dire: Fratelli non sapete che quelli che corrono il vero stadio, corrono tutti come uno solo, ma uno solo riceve la corona, e questi è il primo? Correte anche voi affinché possiate ottenere questa corona. Ognuno che è là in quella corsa si astiene da tutto quello che gli impedisce di correre. E perché fanno tutti questi sacrifici? Per ricevere una corona corruttibile, per ricevere non altro che una corona d'alloro; ma noi corriamo per riceverne una immarcescibile, eterna.

 

S. Paolo dice: Io corro, ma non all'ímpensata, non vado alla carlona, e combatto non come per battere l'aria, ma contro il mio nemico per vincerlo; e castigo il mio corpo e lo rendo schiavo affinché, mentre vado predicando agli altri, io stesso non resti reprobo. Non voglio che ignoriate, fratelli cari, come i nostri Padri hanno camminato sotto la nube che il Signore aveva mandata per ripararli dall'ardore del sole, e tutti hanno passato il mar Rosso e son stati tutti bat- tezzati per Mosè nella nube e nel mare. Tutti han mangiato lo stesso cibo spirituale, hanno bevuto la stessa bevanda scaturita dalla pietra spirituale, e questa era N. Signore. Ma non tutti piacquero al Signore. Erano 600.000 uomini dai 20 anni in su e nella Terra Promessa non entrarono che due.

E questo che cosa vuol dire? Vuol dire prima di tutto che la nostra vita deve paragonarsi, secondo S. Paolo, ad una corsa. La corsa era un gioco che si usava tanto dai Corinti e dai Greci, ma la si faceva ogni due o tre anni. Inoltre facevano il gioco degli atleti nel quale si combattevano gli uni con gli altri e quello che vinceva riceveva la corona.

 

Dice l'Apostolo: Tutti combattono per ricevere questo premio, ma uno solo lo riceve: il primo. Tra i due atleti solo il vincitore lo prende. Invece noi possiamo prenderlo tutti il premio, combattendo in questo stadio, ed è un premio che consiste non in un po' di alloro, ma è un premio eterno. E, dice ancora S. Paolo, guardate che diversità tra la vita di questi e la nostra.

Noi corriamo nella vita religiosa nella quale importa molto più il correre. Guai a chi non corre! Chi non cammina tornerà indietro, perché non può star fermo. S. Bernardo dice: Non progredí regredi est [non progredire è retrocedere]. Noi abbiamo la fortuna di poter avere tutti la corona, non solo il primo.

Ego autem dixi in abundantia mea non movebor in aeternum... Avertisti facíem tuam a me, et factus suni conturbatus [Nella mia prosperità ho detto: Nulla mi farà vacillare!... ma quando hai nascosto il tuo volto, io sono stato turbato].

 

In Paradiso ci saranno tanti posti; certo farebbe piacere avere il primo... Nelle gare catechistiche il primo prende il primo premio e gli altri prendono quelli che vengono dopo a seconda dei loro meriti. Noi non prenderemo un premio corruttibile, ma eterno. Questa corona l'avranno quelli che ban lasciato tutto per N. Signore, che avranno fatto maggiori sacrifici, che avranno corso di più. Ed avranno il centuplo in questa terra e la vita eterna. Questi son sicuri del Paradiso.

 

S. Paolo diceva: Io ho combattuto come un atleta e quindi il Signore mi darà la corona, perché il Signore è giudice giusto; e la darà anche a tutti coloro che combatteranno, a tutti coloro che ameranno N. Signore. In reliquo reposíta est míhi corona justitiae, quam reddet mihi Dominus in illa die justus judex: non soluni autem míhi, sed et iis, qui diligunt adventum ejus. Il Paradiso, il nostro premio, viene dato a tutti quelli che amano e non è come il premio degli atleti che era riserbato a uomini singolari.

Da questa epistola noi possiamo dedurre tre cose:

l° - Come fare a correre? Per correre bene prima di tutto bisogna tener ben fisso il fine per cui corriamo. Anche quelli che combattono, che lottano per accumular ricchezze in questa vita fanno così; non guardano più che a guadagnare ... ; guadagnavano i milioni anche adesso in tempo di guerra... Dunque vedete, non bisogna mai dimenticare il fine per cui siamo su questa terra. S. Paolo diceva: Io non corro mai senza sapere dove vado. Infatti quando si corre si guarda dove si va e si corre più che si può. Ego igitur sic curro, non quasi in incertum: sic pugno, non quasi aerem verberans... Io combatto come un atleta, non come se battessi solo l'aria, ma combatto con quello che mi vuole vincere. Sed castigo corpus meum et in servitutem redigo. Castigo il mio corpo e lo rendo schiavo... Dunque, prima cosa bisogna tener presente il fine per il quale siamo in questo mondo.

- Bisogna camminare con energia. Lo dice S. Paolo: correte, ma in modo da riuscire i primi per aver la vittoria; correte bene, perché se non correte starete per la strada ed il Paradiso non si raggiungerà. Vedete, in questo noi manchiamo molto. Noi corriamo qualche giorno, massime dopo gli Esercizi Spirituali; e dopo la S. Comunione siamo ferventi nelle prime ore del mattino e poi... lungo il giorno siamo molli, corriamo adagio; ci stanchiamo facilmente. Bisogna correre sempre; Lui, S. Paolo, non camninava, ma correva addirittura. Costi quel che vuole, bisogna riuscire!

Io - diceva ancora l'Apostolo - omnia autem facio propter Evangelium, ut particeps ejus efficiar [Tutto faccio per il Vangelo per diventarne partecipe]. Bisogna far le cose non solo per santificare noi, ma per santíficare anche gli altri... Io faccio qualunque sacrificio, a me non importa niente... Il Ven. Cafasso avrebbe fatto il « gianduia » per salvare un'anima. Bisogna far di tutto per istruire, fare cristiani. Dunque, ci vuole energia: il Paradiso non è per quelli molli. Ci son di quelli che si fermano tutti i momenti.

3° - Siccome è una lotta e la lotta fa sudare, bisogna che facciamo dei sacrifici. ... Ab omnibus se abstinet [si astiene da tutto]... Facevano delle vigilie, non bevevano vini, liquori, per non snervarsi; facevano penitenze per essere agili, per avere la fibra buona, e tutto questo facevano per una corona corruttibile; e noi non facciamo queste cose per ottenere quella eterna? Fare come questo gran Santo che si asteneva da tutto, rendeva schiavo il suo corpo, non lasciava che questo comandasse all'anima.

Vedete, la storia degli Ebrei fa vedere come siamo noi. Il Signore gli Ebrei li aveva scelti come popolo eletto e voleva che tutti arrivassero alla Terra Promessa. Il Signore fece allora tanti miracoli: per ripararli dagli ardori del sole mandò una nube che si stese solo sugli Israeliti. Siccome avevano sete, il Signore fece percuotere una pietra dalla quale scaturì acqua. Avevano fame ed allora il Signore mandò loro la manna, ma di questa essi si nausearono e rimpiansero le cipolle d'Egitto.

 

Questo paragone va tanto bene per noi. Gli Ebrei nel deserto arrivarono tutti, così noi arriveremo tutti in Paradiso se praticheremo bene le nostre Costituzioni. Da voi il Signore, come dal popolo eletto, aspetta più che dagli altri. Di tutto chiederà poi conto: se dà un talento chiederà conto di uno; se ne dà quattro lo richiederà di quattro; se cinque di cinque e così via... Quindi che non succeda come già ebbe a dire S. Paolo: Il Signore, della maggior parte non fu contento.

 

Il Signore in quarant'anni fece tanti miracoli, eppure gli Ebrei borbottavano ancora. Neppure Mosè entrò nella Terra Promessa perché diffidò. Il Signore non fu contento, perciò non li lasciò entrare nella Terra Promessa. Li fece sempre girare finché morirono nel deserto. Così è di noi. La nostra è una vita di corsa, una vita di lotta, un pellegrinaggio. Nella nostra corsa avremo pure i nostri affanni, ma è necessario tirar dritto e far sacrifici per giungere alla nostra meta; per arrivare a quel grado di santità alla quale il Signore a diritto ci vuole. Da quel grado di santità verrà poi tutto il bene che farete. Perciò non bisogna dire: lo mi accontento di essere buona. No no, bisogna che ci sforziamo come se il premio fosse uno solo. Lottare per vincere; correre per prendere il primo premio.

 

Lottare contro la tiepidezza. Quellaccudirsi troppo; star tanto dietro alle nostre miseriucce... Avanti, con energia. Far fare dei miracoli a N. Signore se necessario. Questo bisogna fare. Ma quelle che combattono come se battessero l'aria, quelle lì son missíonarie? Che cosa faranno lassù, (in Africa)? Perderanno tempo loro e ne faranno perdere agli altri. Non saranno solo soggetti inutili, ma oggetti di distruzione. Lassù, chi non fa bene fa male. Usare qualunque mezzo e avanti, costi quel che vuole! S. Paolo l'ha fatto: Castigo il mio corpo e lo rendo schiavo... Omnia facio propter Evangelium: ut particeps ejus efficiar. -

 

Adesso vi leggo qualche parola di quel bravo (Coadiutore) che il Signore ci ha preso. Scriveva dalla Madonna delle Grazie il 29 settembre 1915: « S'incomincia dal mattino a variare le occupazioni secondo il bisogno, però quando si lavora per il Signore, se si dovessero ben cambiare 20 lavori anziché 10, va sempre bene, solo che si faccia sempre la sua volontà e per sua maggior gloria ». Quando una non ha nessuna occupazione fissa e quindi deve cambiare continuamente i lavori, e ben?... che importa? Essere sempre indifferenti, anche nei lavori; purché si faccia la volontà di Dio. In un'altra lettera - siccome si trattava di dare il Battesimo a Karolí l'hanno lasciato a casa - diceva: « Ero solo con un catechista che serviva a tenermi compagnia la notte, in caso di qualche incidente. Avevo la casa, i maiali, le galline da accudire... Ho detto che ero solo, ma ho detto male, perché nella chiesa v'era il SS. Sacramento, e quindi, altro che solo!... Ero niente meno che col Re dei re, ed ero io solo a corteggiarlo. Lungo il giorno, dovendo fare qualche lavoro, portai il banco da falegname vicino alla chiesa; così di lì potevo pensare di più al Signore e meglio supplire a quel che avrebbero fatto i miei Confratelli che erano andati a Tusu ». Vedete, teneva tanta compagnia a Gesù già in questa terra, ed ora è andato a fargliela in Cielo.

 

Pregate il Signore che vi aiuti a correre, vi aiuti a lottare. Lottare con regola, non a casaccio, e così attirar grazie su tutti; poi, se è necessario far dei sacrifici, si fanno... Star lì addormentate sulla... cutunina [bambagia]... no, no. Il corpo non deve comandare all'anima. Ben, pregate il Signore che vi conceda questa grazia, massime in questo tempo di carnevale... Non c'è più la guerra, ma c'è tanta miseria! Eppure il mondo ha sempre la smania di godere... In quest'epoca S. Francesco di Sales incominciava a vivere più raccolto. Alla B. Margherita Maria il Signore ha detto: Adesso nessuno pensa a consolarmi. - Bisogna che noi ci rivolgiamo alla nostra Beata affinché ci insegni a consolare Gesù.

 

SR. EMILIA TEMPO

Domani incomincia il mese di S. Giuseppe; domandategli la vera divozione alla Madonna ed essa vi darà poi quella a Gesù.

(Poscia spiega l'Epistola, 1 Cor. IX e X) Che cosa vuol dire S. Paolo? Vuol dire che la nostra vita deve paragonarsi ad una corsa. Ma nei giochi uno solo ottiene il premio, invece noi possiamo prenderlo tutti, e non consiste in una corona di alloro, ma in un premio eterno. E noi corriamo nella vita religiosa nella quale importa molto Più il correre, e guai a chi non corre! Chi non va avanti, tornerà indietro.

 

Da questa epistola possiamo dedurre tre cose. Che cosa fare per acquistare questa corona? Correre. Ma in che modo?

1° - Tenendo presente, ben fisso, il fine per cui corriamo, pel quale siamo in questo mondo. S. Paolo diceva: Io non corro mai senza sapere dove vado; combatto come un atleta, non come se battessi l'aria, e castigo il mio corpo e lo riduco in schiavitù (come quelli che han da correre si astengono da ciò che loro impedisce la corsa).

- Bisogna camminare con energia (non battere l'aria ma in modo da riuscire i primi); noi corriamo qualche giorno massime dopo i SS. Esercizi, dopo qualche ritiro; corriamo qualche ora al mattino dopo la Comunione, e poi... lungo il giorno... siamo molli, corriamo adagio, ci stanchiamo facilmente. Bisogna correre sempre. Costi quel che vuole, bisogna riuscirvi. Dunque ci vuole energia.

- Siccome è una lotta e la lotta fa sudare, bisogna che facciamo dei sacrifici. S. Paolo diceva che come quelli là si privavano di ciò che loro impediva la corsa, così lui castigava il suo corpo e lo riduceva in schiavitù. S. Paolo seguita dicendo che gli Ebrei mangiarono tutti la manna ecc., ma non tutti piacquero al Signore. Neppure Mosè entrò nella Terra Promessa perché diffidò.

La storia degli Ebrei si applica tanto bene a noi. Essi arrivarono tutti nel deserto e noi arrivammo tutti in questa casa; abbiamo passato il Mar Rosso per entrare; loro ebbero la nube, e noi riparo alle nostre passioni abbiamo le Costituzioni e il Regolamento, l'acqua della grazia, la manna della S. Comunione e la parola di Dio...

 

La nostra è vita di corsa, vita di lotta, un pellegrinaggio. In essa avremo pure i nostri affanni, ma è pur necessario tirar dritto e far sacrifizi per giungere alla nostra meta, per arrivare al grado di san- tità che il Signore esige da noi. Da quel grado di santità verrà poi tutto il bene che farete. Lottare per vincere, correre come se dovessi arrivare la prima, lottare contro la tíepídczza. Ah!, quell'accudirsi troppo, star tanto dietro alle nostre miseriucce! Niente di peggio che quando si sta lì a curare troppo se stessi... fiacchi... Avanti con ener- gia! altrimenti in Africa perde il tempo essa e lo fa perdere agli altri; non solo non farà niente e sarà inutile, ma sarà oggetto di distruzione. In Africa chi non fa bene fa male, chi non edifica distrugge. Che gente è questa? Usare qualunque mezzo e avanti, costi quel che vuole! Lottare con regola, non a casaccio; e così tirar su grazie... Poi se è necessarío far dei sacrifizi si fanno. Star lì addormentate sulla cutunina... No, no! Il corpo non deve comandare all'anima. Bene, pregate il Signore che vi conceda questa grazia.

 

 

 

giuseppeallamano.consolata.org