DOVERI DEI SUPERIORI E DEI SUDDITI

12 settembre 1920

 

XV. 26-28

1.

Nei passati giorni la S. Chiesa agli obbligati al S. Breviario fece leggere il libro di Giobbe. Si legge nel primo capo che aveva sette figli e tre figlie, i quali già divisi, per l'affetto che si portavano s'invitavano successivamente a convivio. Il Santo uomo era contento del buon accordo, e li benediceva, anzi offeriva a Dio sacrifizio per ciascuno di loro pel timore che avessero in qualche cosa, di parole od opere fatto qualche peccato: Sanctificabat eos... offerebat holocausta pro síngulis.., ne forte peccaverint filii mei. Nello stesso modo si regolano con voi i vostri Superiori, io specialmente lontano da voi. Preghiamo, vi benediciamo, e specialmente vi raccomandiamo nella S. Messa, perché non offendiate il Signore, e se in qualche cosa aveste mancato ai vostri doveri il buon Dio vi dia lume e grazia di emendarvi, e ne sia placato. Questo il mio pensiero durante la vostra campagna di S. Ignazio; e questo pure è il mio dovere durante l'anno. I Superiori devono pregare pei loro soggetti, ed è il primo dovere; raccomandarvi allo Spirito Santo ed ai SS. Angeli Custodi. Il S. Spirito vi darà il dono della fortezza per vincere le difficoltà della vostra santificazione, per combattere i vostri difetti quotidiani, come il dono della pietà per riuscire veri uomini di orazione. I Santi Angeli poi pregati dai Superiori faranno le loro parti quando essi non possono conoscere e fare per voi, colle loro ispirazioni ed anche rimproveri.

Ecco il primo dovere dei Superiori; pregare pei sudditi. Ma non basta devono anche invigilare e correggere. S. Paolo poneva sopra ogni dovere la sollecitudine omníum Ecclesiarum. Guai al Superiore che non tiene continuamente aperti gli occhi sulla propria Comunità e sui singoli individui. E’ questo il grave dovere dei Superiori, dal quale dipende la vita e la floridezza di un istituto, come la decadenza delle Congregazioni. Fatto di D. Robella, espresso da Mons. Gastaldi al C. Allamano nell'eleggerlo Direttore Sp. del Seminario di Torino.

Il terzo dovere è di correggere. E’ questo un ufflcio penoso, specialmente quando bisogna ripetere le stesse correzioni in pubblico od in privato. Eppure è questo un vero dovere. Lo Sp. S. dice del padre:

 

Qui parcit virgae, odit filium suum. Il Superiore corregga possibilmente con bei modi; ma se questi non bastano deve appigliarsi anche alla severità, ai castighi e all'espulsione. S. Alfonso parlando dei Seminari ed a Mons. Caracciolo (Ved. Repertorio - Seminario). Non è un gusto correggere, costa con pericolo di farsi mal vedere; eppure incumbit necessitas; vae mihi si non fecero!

Fanno spavento le parole della Sapienza: judicium durissimum his qui praesunt; e quello d'Ezechiele: Sanguinem ejus de manu speculatoris requiram. S. Bernardo atterrito dalla responsabilità del comando, pensava al Sangue di Gesù con cui erano stati [redenti] i suoi soggetti (Maccone p. 45).

Altra volta vedremo i doveri dei sudditi.

2.

Ai doveri che incombono ai Superiori corrispondono altrettanti doveri nei sudditi. Li riduco a tre: riverenza, amore, ed obbedienza. In tutte le Comunítà i sudditi devono esercitare questi doveri; ma molto più nella nostra, nella quale non sono semplici collegiali e cristiani; ma religiosi e missionarii, e formano una vera famiglia viventi tutta la vita in santa unione di mente e di cuore. Se si praticheranno questi obblighi l'istituto sarà un paradiso anticipato, altrimenti riuscirà un inferno o poco meno. A questa santa pace avete sospirato tutti voi entrando in questa casa ed avete diritto di trovarla, e che nessuno ve la turbi.

1) Riverenza verso i Superiori, non badando alle loro qualità personali, ma solamente alla qualità di Superiori, cioè di rappresentanti di Dio, ciascuno nella sfera della loro azione, incominciando dai più alti ai più bassi, come i capo-pulizia, capolingeria ecc. L'ha ciacuno questo spirito di fede pratica? Ubbidisce a tutti i preposti come a Dio stesso? Esaminatevi...

Speciale riverenza dovete portare ai Sacerdoti, non dimenticando la dignità di cui sono insigniti, che i Santi, come S. Francesco d'Assisi preferivano agli Angeli. Riverenza anche vicendevole come figli di Dio e destinati allo stesso fine della santità propria e della salvezza delle anime.

2) Amore: Qui tutto dev'essere amore, da disdire il cattivo detto del mondo che i religiosi vivono senza amarsi e muoiono senza piangersi. Bisogna amare i Superiori come padri che per voi sostengono tante pene e fatiche; l'affetto vostro li consolerà...

3) Obbedienza: ma vera, d'íntelletto, senza critiche e mormorazioni; nelle cose maggiori e nelle piccole. Così praticavano i Santi e tutti i religiosi di spirito.

Infelice quella Comunità dove manca quest'obbedienza... Ognuno pensi sovente al Ad quid venisti: non a comandare ed a godere; ma ad serviendum... (Imit.).

 

 

SR. CARMELA FORNERIS

(il nostro Ven.mo Padre parla riguardo alla malattia di alcune sorelle, poi continua:) Io pensavo: Sarà stato un castigo o una prova per la comunità questa malattia?... Ora ognuna deve dire: sto bene; e stare bene per obbedienza, chi non sta bene è disobbediente. S'in- tende un po' di mal di testa, un po' di mal di denti, un piccolo malessere non conta.

 

Le malattie per lo più vengono tutte dal modo di prendere i cibo. Si deve far colazione tanto per giungere all'ora di pranzo, e poi se uno non si sente di mangiare prenda un po' meno, ma non stia senza addirittura. A pranzo poi si mangia regolato; masticare bene, adagio, si dà il tempo a tutte. La prima digestione si fa in bocca. Poi mai alzarsi da tavola senza avere ancora un briciolo d'appetito; saziarsi totalmente come fanno le bestie. La sera non va non prende niente del tutto, ma fare una cena moderata, così la notte si dorme altrimenti il mattino dopo si ha poi la bocca cattiva, o un po' di mal di capo o altre cosette. Bisogna sapersi regolare, noi che abbiam cognizione; siamo superiori al cibo; allora così si va avanti... e no dar ascolto a tutte quelle cosette... a tutti quei malucci. Se il male continua si deve dire: è un dovere; ma se son solo storie... Ma parliamo d'altro. La Chiesa in queste due ultime settimane ci faceva leggere nel Breviario nelle prime lezioni, il libro di Giobbe. Sapete chi è Giobbe? E’ un antico Patriarca. Questo libro è ispirato è divino; sapete come incomincia? Dice che aveva sette figli e tre figlie e ciascuno aveva la sua casa; ogni tanto si invitavano vicendevolmente a pranzo; si volevano tanto bene. Il padre era contento perchè vedeva che erano sempre in buon accordo. Quando i figli si facevano questi inviti egli li santificava, li benediceva ed offriva per loro sacrifici a Dío affinché se per caso avessero peccato, avessero offeso il Signore, non venissero castigati. Dice questo libro: li santificava, li benediceva da lontano (poiché egli non andava), perché facessero tutto bene. Per ognuno di essi offriva sacrificio al Signore e colle sue preghiere compensava, placava il Signore. Così faceva Giobbe nel tempo in cui i figli si radunavano insieme. Questo mi fa pensare a ciò che fanno per voi i Superiori vostri.

 

Il primo dovere dei Superiori è quello di pregare per la comunità e per ciascun membro della comunità. Pregare, offrire sacrifici, raccomandarli al Signore; delle míseriette ne fate e ne avrete anche fatte nel tempo di vacanza; sarà un po' di superbietta, una parola mal detta, una mancanza di carità, un atto d'impazienza... Ed i Superiori per placare il Signore di tutte queste mancanze pregano. Io, al mattino, vi raccomando nella S. Messa e la sera vi benedico. Ciò però non toglie che anche voi, che avete fatto qualche atto di impazienza o qualche altra cosa, facciate il vostro dovere; perché non sta mica ai Superiori domandar perdono di quello che avete fatto voi. Giobbe, non essendo presente ai pranzi dei suoi figli, credeva fosse suo dovere pregare per loro, perché egli aveva la responsabilità dei figli e delle figlie.

 

Così i Superiori hanno la responsabilità di tutte voi. Voi credete che perché son lontani non pensino a voi; ma non sapete che bisogna poi rendere conto di ciascuna di voi e del vostro profitto? Se andate in Afríca e non fate del bene, di chi è la colpa? Quando di laggiù viene qualche notizia non troppo buona mi esamino subito e penso: è colpa mia? Ah! quando penso alla responsabilità che ho di voi!... alle volte di notte va via persino il sonno.

Il dovere di noi Superiori è triplice: pregare, vigilare, correggere.

1° - Pregare. Mai un Superiore pregherà abbastanza per la comunità. C'è da intenderci prima col Signore e collo Spirito Santo e dire: Ciò che non posso far io per la tale, fatelo Voi; quella là che è un po' pigra, che non si emenda mai dei suoi difetti, su, scuotetela; a quella là che è tanto molle nella pietà, che non si muove mai, date il dono della pietà; a quell'altra datele il timor di Dio, scuotetela voi. - Vi raccomando tanto, tanto sovente allo Spirito Santo. Non faccio torto a Gesù Cristo. Gesù è morto per noi, ma mi raccomando allo Spirito Santo perché è Lui che ci santifica, che ci conferisce la grazia santificante.

 

Bisogna essere devoti dello Spirito Santo tutti i giorni dell'anno. Anche degli Angeli Custodi dobbiamo essere devoti tutti i giorni, non solo nel mese di ottobre: Quando in Africa avrete un testone che non vuol capirla, raccomandatelo poi all'Angelo: quello che non potrete fare voi lo farà lui. Poi bisogna anche essere devoti dell'Angelo della casa dove andrete. Tutti i Vicariati, tutti i regni ecc. hanno il loro Angelo proprio individuale.

 

Dunque il primo dovere di un Superiore è di pregare. Il 2° di vigilare. Ah! mie care! se un superiore o una superiora si credesse di tener lì le mani alla cintola... se avesse troppo buona opinione di tutte; se dicesse: son tutte sante, tutte sante... Mah! no; deve anche supporre che vi siano dei diavoli; non proprio diavoli là, ma che non sono tutte sante. Vigilare!

E’ una cosa che non fa per voi, ma tuttavia ve la dico: Mons. Gastaldi quando mi ha fatto Rettore, mi disse:

Ricordati: bisogna pregare e poi non dormire, ma vigilare; il Signore ti ha data una vista buona. Vigilare, sempre pensar male; non perché si voglia il male, ma perché non si vuole.

(Narra il fatto di un tal superiore che pregava molto per la sua comunità, ed era così assorto e pregava così bene che non vedeva mai nessuno; e mentre egli faceva orazione gli altri facevano quello che loro pareva. Ciò per far vedere che non basta pregare, ma bisogna anche vigilare, stare attenti).

La terza cosa è correggere. Certuni son tanto buoni, tanto buoni che non hanno mai la forza di dare delle riprensioni, di lavar la zucca; quelli lì hanno spirito di debolezza, non di dolcezza... Quando è tempo bisogna farle, e guai a chi lascia passare questo e quello; allora la disciplina va a terra. « Ma costa correggere! ». E già che costa, ma si fa lo stesso. « Ma quella là farà il muso... ». Muso o non muso, piaccia o non piaccia, bisogna dirle queste cose, altrimenti per la mancanza di correzione va per terra la comunità. Costa correggere ma bisogna farlo, e se si vede un inconveniente bisogna rimediarvi e non tollerarlo. Vi so dire io che qualche volta costa correggere!

E voi mentre siete qui, massime novizie e postulanti, dovete emendarvi. E quella che non si emenda, che vuol sempre chiacchierare, dire di sé ecc., piaccia o non piaccia, si offenda o no, la Superiora deve avvertirla. Se si offendono, dopo si rinvengono poi, perché se non fosse così che cosa stanno qui a fare allora?

 

La S. Scrittura dice che sarà fatto giudizio strettissimo a coloro che son superiori, che presiedono, che sono a capo di qualcuno. Dovrebbero scappare quelle che vogliono far le superiore... Il Signore domanderà conto del suo Sangue che ha messo nelle mani dello speculatore (Speculatore è quello che è destinato a vigilare).

Quando S. Bernardo era superiore dei suoi frati era così atterrito dalla responsabilità, che lacrimando andava dicendo: « lo ho in deposito il Sangue di N. Signore. Il Signore ha versato il Sangue per santificare questi miei frati, ed io ho questo Sangue in mano e guai a me se ne trascurerò un poco! ». Sentiva tutto il peso della responsabilità, della direzione dei suoi frati.

 

Questo tutto per parlare di quelli che sono a capo. Dico di quelli che sono a capo, ma intendo in generale; ognuna nel suo genere. Non tollerare. Certo, sempre correggere come si deve, con bei modi, ma correggere quando è ora. Quella che fa il'bucato, al mattino, raccomandi allo Spirito Santo, all'Angelo, tutte quelle che andranno a lavare, e così tutte quelle degli altri impieghi: pregare perché facciano tutto bene, perché facciano tutto per amor di Dio. Alle volte si manca alla povertà perché non preghiamo.

Vigiliamo, correggiamo! Si offendono? Ma riferitelo ai Superiori, ditelo che si è offesa. Ma allora dove andiamo! Da bambine la mamma vi dava magari due schiaffì e adesso non potete più resistere ad una correzione?

Una magari non si accorge dei suoi difetti. E alle volte si dice: « L'ho già corretta tante volte ». Correggi sempre, non importa, così sarà poi inescusabile; purché tu abbia fatto il tuo dovere. Potrebbe forse dire: « Mi perseguita ». Macché! Si perseguitano i difetti, il diavolo si perseguita. Siamo qui per vincere la cattiva natura; e senza vincere noi stessi non si riuscirà mai a niente. Dice l'Imitazione: Tanto profitterai quanto sarà la violenza che ti farai. Questi sono i doveri dei Superiori.

 

E quelli che sono sotto non ne hanno dei doveri? Oh! sì sì che ne hanno. Bisogna corrispondere ai doveri dei Superiori. Se quelli hanno il dovere di comandare, questi hanno il dovere di ubbidire.

Questi doveri sono tre: riverenza, amore, ubbidienza.

 

Riverenza: riconoscere Dio in chiunque sia destinato a comandare, ed in qualsiasi genere di lavoro. E’ Dio che parla per mezzo di quella capo-cuoca, di quella capo-giardiniera ecc. I Santi facevano così; non andavano mica a cercare solo quando veniva la Superiora generale! No no, ubbidivano a qualunque capo. Se non si ha riverenza non si ha niente. Se non si pensa che quella persona è posta da Dio a comandarci, non si farà mai nulla. « Ma ha più difetti di me ». Ne abbia finché vuole, rappresenta il Signore. E poi... un po' di umiltà. Credere subito che ne abbia più di me!...

 

Amore: voi amate di far l'obbedienza come è prescritto; fatela con amore sia che vi venga comandato in modo duro o non duro; fatela per amor di Dio. Sapete che il Signore in quel momento si spiega per mezzo di quella persona lì ed in quel modo lì; ed avanti: obbedienza; e non tirarla, tirarla, da fare la nostra volontà invece di quella dei Superiori, di quella di Dio. Certe vogliono essere ubbidienti e tirano tirano finché i Superiori per togliersi la seccatura dicono: Là, fa' così!... E’ obbedienza quella lì? Non fare come i ragazzi che dicono « No » prima di aver sentito l'ordine.

La lettera di S. Ignazio dice: « Prima bisogna piegare la testa, poi, se ci sono osservazioni da fare, si fanno dopo ». Ho osservato tutto l'anno che si mancava un pochino di riverenza e che si facevano le cose per forza e non per amore di Dio; l'obbedienza che si faceva era imperfetta. Quindi che cosa ne viene non facendo bene l'obbedienza? Ne viene che si diventa sussurroni... Anche in ricreazione alle volte; saran solo due parole, ma si dicono". Ah! quelle comunità in cui ci sono i sussurroni!...

Se non avete qui ai Superiori riverenza, amore ed obbedienza non l'avrete poi neanche in Africa. Si diminuisce piuttosto che aumentare; chi non l'ha ben radicata qui, là non ne avrà più. Si viene poi che tutto quel che si sente si mette fuori e si grida sempre cume ver- durere 'd porta palass [come le donne che vendono verdura a Porta Palazzo] ... Chi ha voglia di chiacchierare vada a fare la verdurera a Porta Palazzo e non venga qui.

Poi vi voglio indifferenti, perciò vi cambierò tutte d'impiego; anche laggiù (in Africa) vorrei cambiarle tutte e tutti i momenti... Voglio l'indifferenza, l'indifferenza in tutto. Sareste disposte a fare ,come quelle della Visitazione che tutti gli anni cambiano tutto quello che usano, incominciando dalla cella fino alla corona del Rosario? Tutto cambiano, escono di cella poi estraggono a sorte il numero e se ne vanno nella cella di un'altra. Quest'anno una suora che era nella cella numero uno è andata al numero 10. Lasciano tutto, non toccano più niente. Il Papa ha persin disposto che le indulgenze della corona di una possa usufruirle l'altra. Sareste disposte a fare così anche voi? (Alcune sorelle protestano dicendo: sì, sì) Ah! sareste disposte? Vorrei vedere in pratica se lascereste proprio tutto, se sa- reste così indifferenti!

 

Bisogna farci santi, è inutile, bisogna farci santi! Io son vecchio; e voi direte: I vecchi sono borbottoni, sono incontentabili…Io sono vecchio e vorrei vedervi tutte sante, non

vorrei fare come S. Alfonso che in punto di morte ebbe a dire: « Non c'è obbedienza nella mia comunità; spero di vederla poi dal Paradiso ». E dire che c'era già l'obbedienza in quella casa! Io non voglio aspettare di là, vorrei vedervi obbedienti, sante, mentre sono ancora qui.

 

Fate l'esame e studiate se siete capaci di soddisfare qualunque dovere verso i Superiori. Di là consola al vederli, son contento, vi son tanti chierici; io non ho mai cercato tanta gente; ma al vederli mi viene un velo di mestizia e penso: corrisponderanno tutti? Mons. Gastaldi quando faceva delle Ordinazioní, diceva: « Ho da dire che sono consolato o no? ». Tutti gli dicevano: « Dovrebbe essere consolato ». E lui: « Ah! purché non abbia poi a dirmi il Signore: Hai moltiplícato la gente, ma non hai aumentato la letizia ». - Quando ve- deva qualcuno che non corrispondeva, diceva: « Ah! se a qualcuno a cui ho consacrato le mani potessi graffiare, raschiar via quel carattere!... ». Così si potrebbe dire delle suore. Quella che non vuol corrispondere vada a fare la verdurera, ma non si metta a fare una mezza suora, massime una mezza missionaria.

S. Agostíno quando parlava dell'inferno diceva così: « Io atterrito dalla responsabilità, non posso fare a meno di atterrire anche gli altri ». Così ho fatto io. Più mi avvicino al rendiconto del Signore più resto atterrito dalla responsabilità.

Dunque i Superiori hanno tre doveri verso i sudditi: preghiera, vigilanza, correzione; e voi verso di essi ne avete tre altri: riverenza, amore, ubbidienza. Esaminatevi: le fate queste tre cose?

 

SR. EMILIA TEMPO

[La prima parte di questo sunto è uguale al precedente, poi: ]

Vigiliamo, correggiamo! Si offendono? Si riferisce ai Superiori e poi, ma dove andiamo? Si deve correggere con bel modo, ma se anche scappa... possibile?! da bambini la mamma vi dava magari due schiaffi e adesso che una suora non sia più capace di sentire una parola secca senza offendersi? Alle volte si dice: L'ho già corretta tante volte... Correggi sempre, non importa, così sarà poi inescusabíle; purché tu abbia fatto il tuo dovere.

Potrebbero forse dire: Mi perseguita. - Ma che! si perseguitano i difetti, il diavolo si perseguita. Pensare che siamo qui per vincere; vincere la cattiva natura ' e senza vincere noi stessi non si riuscirà mai a niente. Tanto profitterai... ecc., dice l'Imit.

 

Doveri dei dipendenti sono: riverenza, amore, ubbidienza.

1° - Riverenza: Riconoscere Dio in chiunque sia destinato a comandare, in qualunque impiego. Veder Dio in tutto, in tutti: i santi facevano così; non andavano mica a vedere se era la Superiora generale; no, no, ubbidivano a qualunque capo. Se non si ha riverenza non si ha niente. Se non si pensa che quella persona è posta da Dio a comandarci non si farà mai nulla. - Ma ha più difetti di me. - Ne abbia finché vuole, rappresenta il Signore. E poi... un po' di umiltà! credere subito che ne abbia più di me!...

2° - Amore: Voi amate di far l'ubbidienza come è prescritto; fatela con amore sia che vi venga comandato in modo duro o non duro; fatela per amor di Dio. Sapete che in quel momento è il Signore; e avanti: obbedienza.

- Che sia vera ubbidienza; non tirarla, tirarla che sia poi la nostra volontà. L'ubbidienza dev'essere semplice...

Se non avete qui riverenza, amore e obbedienza ai Superiori vi dico che sarà peggio in Africa, ci sono poi le sussurrone, che mettono sempre male...

Se non vi fate sante qui, se non piegate la vostra natura qui. se non vi piegate qui, se non avete riverenza qui, sarà peggio in Africa. Si diminuisce piuttosto che aumentare; chi non l'ha ben radicata qui, là non ne avrà più. Si viene poi che tutto quel che si sente si mette fuori, e si grida sempre come verdurere 'd porta palas. - Chi ha voglia di chiacchierare così, vada a fare la verdurera a Porta Palazzo e non venga qui.

Alle volte si manca un pochino all'ubbidienza, si fan le cose un po' per forza e non per amor di Dio, e rimane imperfetta. E quindi che cosa ne viene? Che si diventa sussurroni. Anche in ricreazione; saran solo due parole, ma si dicono... Ah! quelle comunità in cui ci sono i sussurroni!

Poi vi voglio indifferenti; vorrei cambiare tutte e tutti i momenti. Anche in Africa. Voglio l'indifferenza, l'indifferenza in tutto. Sareste disposte a fare come quelle della Visitazione? Voglio che abbiate quest'indifferenza qui. Quello che sarete qui, sarete là; quella che qui è piena di se stessa, là sarà piena di sé ancor più; non so se sia il mare che vi gonfi; quella che qui è insoffribile, là lo sarà ancor di più...

Ah! i sussurroni: quando in una comunità ci son 3 o 4 sussurroni si finisce che non si va più avanti, si disfa la comunità.

 

Bisogna farci santi, è inutile, bisogna farci santi! lo son vecchio; e voi direte: i vecchi son un po' borbottoni, son incontentabili... Son vecchio e vorrei vedervi tutte sante; non vorrei fare come S. Alfonso che in punto di morte ebbe a dire: Non c'è l'obbedienza nella mia comunità, spero di vederla poi dal Paradiso. - E dire che c'era già l'obbedienza in quella casa! Io non vorrei aspettare di là, vorrei vedervi obbedienti, sante, mentre son ancora qui: che non abbia a dire allora: Non hanno lo spirito che voglio io. Fate l'esame.

lo son contento di vedere tanta gente di là, son un trup [una frotta, moltí]; ma un velo di mestizia m'invade; il moltiplicare tanto... quel far tanto non è mai stato il mio pensiero; e penso: Corrisponderanno poi? e tutti? Mons. Gastaldi quando faceva delle Ordinazioni diceva: Ho da dire che sono consolato o no? E tutti gli dicevano che doveva essere consolato, e lui: Ah! purché il Signore non abbia poi a dirmi: Hai moltiplicato la gente, ma non hai moltiplicato la letizia. - Quando vedeva qualcuno che non corrispondeva, diceva: Ah! se a qualcuno a cui ho consacrato le mani, potessi graffiare, raschiare via quel carattere!... Così si potrebbe dire di una suora che non corrisponda: ma vada a fare la verdurera, ma non si metta a fare la mezza suora, massime una mezza missionaria.

Ah! a certe suore, non delle ultime, ma delle prime, si dovrebbe strappare il velo di testa e farlo a pezzi... Non son cose grosse, non cose dell'altro mondo, non fatele più grosse, ma...

Prima avevamo due Vicariati e c'era responsabilità per due; ora son tre e c'è responsabilità per tre.

.S. Agostino quando parlava dell'inferno diceva così: Io atterrito dalla responsabilità, non posso a meno di atterrire anche gli altri. - Così ho fatto io. Più mi avvicino al rendiconto finale, più resto atterrito dalla responsabilità, e voglio poter dire: Ma io ho fatto quel che dovevo, quel che potevo. - E se il Signore mi domanderà: Ma come va quella? questa non ha corrisposto; risponderò: Ho fatto quel che potevo, non ha ascoltato, prenditela con lei, castiga lei. - E bene che le sappiate certe cose.

 

 

 

giuseppeallamano.consolata.org