UMILTA’

27 aprile 1920

 

XV. 18

L'umiltà è il fondamento della vita cristiana e più religiosa. Tutti siamo persuasi della necessità di questa virtù, proponiamo sempre di acquistarla, combattendo il vizio contrario, la superbia; e preghiamo il Signore di darci questa grazia. Eppure siamo tuttora superbi. Quale il perché? Non usiamo i mezzi per combattere e vincere. Sicuramente tentazioni di superbia ne avremo sempre; e S. Francesco di Sales dice che questa cattiva erba morirà solo con noi; cioè le tentazioni.

Proponiamo una volta seriamente. e diamoci con animo a praticare i mezzi interni ed esterni necessarii per riuscire umili. Esaminíamo sovente i nostri pensieri, le parole e le opere, se siano solo per Dio e non per noi. (V. Quad. IX pp. 24-25; e pp. 38-40).

IX. 24-25 [vedere al 15 marzo 1914]

IX. 38-40

I.

Al vizio della superbia si oppone la virtù dell'umíltà, e come quello consiste nell'amor disordinato della propria eccellenza, questa secondo S. Tommaso est virtus, qua anímus firmatur, ne inordinate extolletur (2.2. q. 41 art. 1). Più praticamente S. Bernardo definisce l'umiltà: virtus qua homo verissima sui cognitione sibi vilescit. - Parleremo della natura di questa virtù, dei mezzi di averla e coltivarla in noi; ma prima vediamone l'eccellenza e la necessità.

Dirà qualcuno: perché tanto parlare d'umiltà e sempre inculcare questa virtù, mentre sono pure utili e necessarie le altre virtù? Ecco la risposta. L'umiltà, secondo S. Tommaso, non è la prima virtù per la sua eccellenza, perché sono più nobili le virtù teologali che hanno per oggetto immediato Dio; e vengono anche prima le virtù intellettuali e la giustizia legale. Tuttavia, soggiunge il S. Dottore, l'umiltà tiene il primo posto nel coro delle virtù in ragione di fondamento; come in un edifizio materiale precede la base. così nell'edifizio spirituale è prima l'umiltà. Il paragone è preso da S. Agostino, il quale scrive: cogitas magnam fabricam construcre celsitudinis, de fundamento prius cogita humilitatis ... ; et quanto erit maius aedifidum, tanto altius fodit fundamentum. Due sono le proprietà del fondamento, che senza di esso non possa erigersi un edifizío, e senza di esso non possa reggersi e durare in piedi. Cosi dell'umiltà, senza la quale non si può ottenere la grazia di Dio, e quindi l'abilità all'esercizio delle virtù soprannaturali, e poi la conservazione ed aumento delle medesime. Dice S. Tommaso: humilitas in quantum expellit superbiam praebet hominem subditum et patulum ad suscipiendum influxum divinae gratiae. E. S. Bernardo: est fundamentum, custosque virtutum; e S. Bonaventura: sine humilitate nulla virtus, nulla perfectio aut acquirítur aut servatur: (Scaram. Tratt. III, art. II, cap. 7).

S. Agostino parla ancor più fortemente, scrivendo a certo Dioscoro: Sicut rector (ivi p. 369 in nota e p. 375 Nota 2).

E venendo più al pratico per le singole virtù, pie pratiche ed opere buone l'umiltà deve precederle, accompagnarle e seguirle (V. Rodr. tr. III, cap. 3).

Fatti di Lamennais: « la Chiesa ha bisogno di me ». Passaglia e Murri.

II.

Abbiamo parlato dell'eccellenza e necessità della virtù dell'umiltà come fondamento... Senza di essa le virtù riescono in vizii, e le stesse grazie di Dio tornano in nocumento. Vediamone oggi la natura e gli elementi costitutivi della medesima. Si sbaglia da molti nel ben definire, e più praticamente nell'esercizio di questa virtù.

Dalla data definizione di S. Bernardo appare che l'umiltà ha come due parti, dette dallo stesso Santo: humilitas cognitionis, et humilitas affectionis. La prima è come disposizione necessaria alla seconda, in cui propriamente consiste la sostanza della virtù. S. Tomm. dice che l'umiltà regulam habet in cognitione, ut aliquis non se existimet supra id quod est. E S. Francesco di Sales scrive: non è umiltà il solo riconoscersi miserabili, a ciò basta l'intelletto; è umiltà il volere e desiderare che ci riguardino e trattino come tali (S. Fr. Modello delle Anime pie, p. 378).

1.. La conoscenza di noi medesimi. Dal non conoscersi intimamente molti sono superbi, orgogliosi ecc.; e non si emendano mai dopo tanti proponimenti fatti per acquistare la virtù dell'umiltà. Dessi o per pigrizia o per paura di riconoscersi superbi non rientrano mai in se stessi seriamente e profondamente...

Altri poi credono che per essere umili bisogna fingere peccati e difetti che non hanno. No, l'umiltà essendo virtù è fondata sulla verità, e non sulla falsità (Scar. pp. 334 e 357); e ne abbiamo troppo per umiliarci considerando la nostra realtà. Quindi la definizione dice non solo vera, ma verissima cognizione. Infatti consideriamo ciò che fummo e siamo in rapporto a Dio ed al prossimo. Riguardo a Dio memineris quid olim fueris, quid sis; nell'ordine della natura e della grazia (Scar. p. 338 e pred. ai Sem.): Quid superbis terra et cinis?

 

Tu qui nihil es; - quid habes quod non acc., et quid glor... Riguardo al prossimo dice S. Bern.: noli te comparare majoribus, noli minoribus, noli aliquíbus, noli uni. (Scar. p. 354). 2. Posta questa verissima cognizione di noi, ne viene naturalmente la poca e nulla stima che dobbiamo fare di noi: humilitas affectionis, ed il tenerci praticamente bassi a' nostri occhi, e soffrire e desiderare che gli altri ci tengano per ciò che realmente siamo, miserabili e nulla.

Di qui i tre gradi d'umiltà di cui parlano i maestri di spirito. (V. Rodriguez, Nepveu). Esempio S. Vincenzo (La perf. Cr. p. 355).

III.

Vista l'importanza e necessità, specialmente per noi, della virtu dell'umiltà, ed in che dessa veramente consista, parliamo dei mezzi per acquistarla, conservarla e perfezionare in noi. Tenete bene a mente che in tanto diverrete santi e salverete anime in quanto sarete più umili. Dice lo Scupoli che la SS. Vergine fu fatta cosi grande perché fu la più umile creatura; e se si trovasse qualcuno umile comEssa, il Signore lo farebbe grande come la Madonna: respexit humilitatem ancillae suae... exaltavit humiles - ecce ancilla Domini... Di regola il Signore non si serve dei superbi per fare cose grandi, specialmente nella conversione delle anime. Il Signore è geloso della sua gloria e non vuole che gliela rapiscano... Adunque veniamo ai mezzi. Questi sono generali, comuni anche alle altre virtù, e speciali per l'umiltà. Generali sono la meditazione e l'esame del nostro nulla e meno di nulla, ma continua e profonda, e ciò agli occhi della fede perché la grazia di Dio ci faccia amare la nostra miseria. Quindi domandarla sovente a N. Signore, specialmente nella S. Comunione: Domine non sum dignus... e nella visita al SS. S. - Ma notate di non domandare in astratto la virtù dell'umiltà, ma questa conoscenza intima di noi medesimi, che ci porti all'affetto della virtù, dell'umiliazione. Pensiamo sovente ai detti ed esempi datici da N.S.G.C. nella sua vita mortale e tuttora nel SS. Sacramento e nella Chiesa. Discite a me ... Solamente Gesù fu veramente umile, che volontariamente sostenne ... Virtus Christi è detta. Così leggiamo i libri ascetici che ne trattano ex-professo, es. Rodríguez e da Bergamo, e gli esempi che ne diedero tutti i Santi. Es. S. Franc. d'Ass. che si reputava veramente un gran peccatore; S. Paolo...

 

Particolari. L'umiltà, dice un autore, non è una virtù infusa, e per solito, non si dona, ma si ottiene colla nostra cooperazione. I mezzi particolari si distinguono in interni ed esterni. I primi consistono nel formare in noi con atti l'abito della virtù. Ci aiutano i detti scritturali ripetuti lungo il giorno: Substantia mea tanquam nihilum ante te. - Ego egenus et pauper sum. - Ego vir videns paupertatem meam.

Gli esterni che procedono da ciò che sentiamo internamente, che secondo S. Bern. sono effetti ed indizii dell'umiltà interna, ed anche cagione perché l'aumentano: humiliatio est via ad hunúlitatem; si virtutem appetis humilitatis, viam non refugias humiliationis; - Si vis hum. ama hum.

Lo dice bene S. Tomm.: ex interiori dispositione humilítatis procedunt quaedam exteriora signa in verbis, et factis, et gestibus, quibus id quod intrinsecus latet, manifestatur (Scar. p. 360-67). Parag. il Culto int. - esterno.

 

 

SR. CARMELA FORNERIS

Prima di tutto vi restituisco le lettere di S. Giuseppe, per cui avrete già probabilmente borbottato... Le ho lette tutte ed a qualcuna ho messo qualche parola, anche solo a matita perché se mi mettevo lì a scrivere a penna ci voleva più tempo ed io il tempo devo misu- rarlo. Poi le ho messe ai piedi della Madonna. Ve le restituisco dopo aver approvato o disapprovato i proponimenti, così adempio alla promessa di non mostrarle a nessuno. (il nostro Ven.mo Padre restituisce di propria mano le lettere a ciascuna sorella).

Questi proponimenti li avete fatti col cuore, mi piace, ho visto sincerità; non avrete mai a pentirvi di avere aperto il vostro cuore; prima bisogna aprirsi col confessore e poi anche coi superiori. Mettere fuori se c'è del veleno; le virtù non è necessario metterle fuori tutte, ve le fan poi mettere fuori i superiori se c'è bisogno. Alle volte son minuzíe che quando la superiora o la maestra le sanno, scappano. Per qualunque delitto abbiate fatto, potete ancora divenir missíonarie, e missionarie di prima classe.

 

S. Paolo ha perseguitato il Signore ed il Signore l'ha ancora prediletto. Il Signore ha più predilezione per quelli che hanno più difetti: corre sempre dietro alle pecorelle smarrite. Il fratello del figliuol prodigo era buono e si lamentava che non aveva mai avuto in dono dal padre né un vitellino né un agnellino per fare un banchetto coi suoi amici, mentre per il fratello, che aveva sciupato tutto il suo in bagordi era stato ucciso il vitello più grasso e imbandito un lauto banchetto. Vedete, anche il figlio prodigo era stato privilegiato dal padre quantunque l'avesse fatto tanto soffrire. Non bisogna inventare dei difetti ma per quanti ne abbiate metteteli tutti fuori.

Quando il Signore guariva i lebbrosi, poteva dir loro: Andatevene a casa. Invece no, diceva: Andate dai sacerdoti. I protestanti dicono: Mi confesso direttamente al Signore. No, il Signore vuole che ci confessiamo dal sacerdote: non è che non possa assolvere senza questo, ma non vuole; non ha dato questa facoltà neppure alla Madonna. Quando un peccatore si raccomanda a lei, lo manda dal sacerdote, perché ella non può assolverlo.

Non avrete mai a pentirvi di essere state sincere. Quando si dicono le cose, in un momento si aggiusta tutto. Si dicono tutti i difetti, materiali... corporali... tutto si dice.

 

Di superbia ne avete tutte, tutte, tutte. Bisogna che dai difetti, dai peccati che scappano più o meno, si venga ad aver solo tentazioni: queste moriranno poi nella tomba con noi. Ma il vero peccato bisogna che vi facciate aiutare a disperderlo. Tutti siamo persuasi che l'umiltà è il fondamento della vita cristiana. S. Agostino dice che la prima virtù è l'umiltà, la seconda l'umiltà, la terza l'umiltà e così via... Se è il fondamento è necessaria, come è necessario il fondamento di una casa. Se una casa fosse innalzata sulla rena, quando viene il terremoto la caccia via...

Senza il fondamento non si erige nessuna casa. E se siamo persuasi di averne bisogno chiediamola al Signore questa virtù nelle nostre preghiere. Il Ven. Cafasso diceva l'ora di Sesta dell'Ufficio, per ottenere l'umiltà. Facciamo sempre dei proponimetni sull'umiltà e come va che siamo sempre superbi? Perché non veniamo al pratico: non esaminiamo i nostri pensieri, parole ed opere.

Pensieri: guardate quanti pensieri di superbia, e per cose ridicole! Sarà una che canta un po' bene, che ha una voce un po' bella; sarà una che riesce in qualche altra cosa... e ha subito la testa piena...

 

Esaminate quante cose passano per questa testa. Fare attenzione a queste tentazioni se no si discende. Noi adoriamo noi medesimi. Noi siamo fatti come i pavoni. Cose che ci vergogneremmo a dire ... pare che tutti ci guardino, mentre nessuno guarda a noi... Ci per- diamo in fatuità.

Un giorno mentre S. Bemardo predicava, si sentì dire dal diavolo: Come predichi bene! bene come un Angelo! Ed egli gli rispose: Ho predicato bene? Predicherò ancora meglio, ma non per te, per il Signore. - Certuni vogliono sapere l'impressione di qualche cosa fatta da loro e per non far apparire questo desiderio dicono... dicono anche in male; invece è per godere un po' di quel gusto di sentirsi lodare, per ciucé kul bumbun [per succhiare quella caramella]...

 

Dio solo! Dio solo! Non essere ladri. Che cosa abbiamo che non ci sia stato dato? Siamo nati perché l'ha voluto il Signore. E perché ci perdiamo in un cucchiaio d'acqua? Solo per aver una scrittura un po' più bella d'un altro ci insuperbiamo subito.

Opere. Ah! parliamo tante volte di noi stessi; di cose non necessarie, non convenienti; parliamo dei parenti; e ci crediamo di essere qualche cosa. Ma possibile?... Facciamo tutto per il Signore se no le nostre opere andranno in un sacco bucato. Le opere che si fan con superbia han già ricevuta la mercede. Di superbia ne abbiamo tutti. Basta', perché se vado avanti un po', faccio come l'altra sera che sono arrivato a cena dieci minuti dopo gli altri...

giuseppeallamano.consolata.org