NECESSITA’ DELLA BUONA CREANZA

11 aprile 1920

 

XI. 23 [vedere al 21 marzo 1920]

 

 

SR. CARMELA FORNERIS

... Ebbene siete rísorte? Se qualcuna è ancora morta, risorga, risorga. S. Agostino diceva: « Discendiamo all'inferno vivi per non discendere dopo morti ». Cosí è del Purgatorio. Del resto, avete passato bene queste feste? (Qualche sorella risponde: Benissimo, mancava solo lei, Padre) Penso che abbiate vissuto di fede. (Legge sulla lavagna: Surrexit Christus spes mea!! [è risorto Cristo mia speranza] e dice:) Che cosa fanno quei punti esclamativi? Mettete piuttosto interrogativi; chiedete: è vero? è proprio risorto per me?...

 

Tante volte vi ho parlato del galateo, dell'educazione; adesso vi dico delle parole proprio ex professo [di proposito]. Ricordate? L'altra volta vi avevo detto che secondo il Codice di Diritto Canonico bisogna informare l'animo delle allieve allo studio delle Regole e delle Costituzioni; in pie meditazioni e in preghiere assidue e poi imparare tutto ciò che appartiene ai Voti, alle virtù, e capire bene che cosa sono insomma. Poi esercitarsi in opportuni esercizi per distruggere, estirpare persino i semi e le radici dei vizi. Poi frenare i moti dell'animo e cercare di acquistare tutte le virtù... Vedete quanto lavoro c'è da fare?... E poi bisogna continuare. Quando i vizi siano estirpati tutti fino alla radice... eh, allora vi riposerete un momento.

 

La Congregazione dei Religiosi in un decreto dice: Prima di tutto questo bisogna pensare al galateo, pensare all'educazione civile. Questo ha importanza perché la comunità prende l'aspetto dell'educazione di ciascuna. Son tre i motivi che esigono questa educazione. Primo: per dare buon esempio quando sarete nel mondo. Secondo: è necessaria per la carità vicendevole e poi perché questo è già il principio delle virtù.

 

Esaminiamo questi motivi: per dare buon esempio nel mondo. Eh! è un fatto!... Voi direte: abbiamo solo da andare in mezzo ai neri. No no; quelli là hanno il cuore formato come noi e certe volte forse ancor meglio. Essi non saranno tanto ben educati, ma capiscono se c'è o no l'educazione in noi. Lo dicono i missionari: scrutano, vedono subito se c'è educazione. Ce ne vuole più là di qui dell'educazione! Qui sanno compatirci; diranno: quella lì è una zotica, non sa niente... viene dalla campagna... (il venir dalla campagna però non vuol dir niente: certe volte son più educate di quelle della ci ttà).

Questo decreto dice che gli abiti sporchi, mal portati non fanno risplendere lo spirito di N. Signore; non danno buon esempio. Si tollera un abito rattoppato (massime in questi tempi che costano tanto) ma non roba stracciata, non i penduin ka pendu giù [le sfilacciature che pendon giù]. Oh, quella gente che cammina con la testa per aria, e poi non vede lì un pacioch [una pozzanghera] e ci vanno dentro... quella gente che non tira su il vestito a tempo e luogo!...

 

Io da tanto tempo porto questa talare al Duomo: in questi giorni è piovuto, ebbene, il domestico non me l'ha mai dovuta pulire e non c'era una punta di spillo di fango. Bisogna guardare dove si va, non camminare colla testa nel sacco. Passa un'automobile? Scappare se no vi sporca da capo a piedi... e poi si sta lì... quasi stupiti d'essere stati spruzzati... Bisogna scuoterci, stare attenti.

 

Si può osservar la modestia e tirar su un pochino la veste. Quando vedo in giro qualcuna che va come certe madame di Torino... che poi fanno ammattire la serva... Aver le vesti già un po' logore, eh, va bene, ma non strappate. Mi piace vedere i tok [rattoppi], ma non i buchi. Così delle scarpe. Non dico di non più camminare, ma avere un po' di doit [garbo]. In una comunità dove son stato io, entravano delle figlie di campagna, ma dopo un po' di tempo sembravano della gente ben educata, non sembravano più quelle di prima.

 

Il buon esempio non consiste nell'essere vestiti di seta o di lana, ma nel vestito pulito. Tenere le scarpe pulite è anche un bene: durano di più. Adesso intendo solo parlare dei buon esempio e non delle spese, quantunque un momento o l'altro ci toccherà prendere l'abitudine di andare scalzi. Le cose vanno sempre peggio; si leggeva stamattina nel giornale che il Governo ha aumentato di quattro franchi al chilo il caffè; valeva già tanto, ora quattro franchi di più. Un canonico diceva: Per me di caffè non ne prendo più. - Verrà anche il tempo che noi non ne prenderemo più. Sono persuaso che anche per economia tenete tutto bene in modo che non si guasti. Questo è per l'economia. Ma adesso parliamo del buon esempio. Cacciatevi via di testa che per andare in mezzo ai selvaggi basti fare in qualunque modo.

 

Secondo motivo: carità vicendevole. Dice quel decreto: l'inurbanità va male e dà occasione all'ímpazienza. Quando in comunità c'è qualcuna un po' così (grossolana), si dice che è un savat [una bríndellona, disordinata]. Quelle che sono state allevate nella delicatezza soffrono a stare con quelle lì. Quel parlare... quel fare... quel gesticolare... quel dimenarsi... dà molestia. Io non darei mai per consiglio di andare in quelle comunità dove non curano l'educazione. Quelle che son delicate di sentimento soffrono e tante volte non resistono, devono andarsene via.

Bisogna, per correggerci, avvertirci e non offenderci. E’ così bello nel parlare e dire: « Sì, sorella ». Non un « sì », un « no » asciutto come fanno i ragazzi. La nostra comunità deve essere fine, delicata. Porto sempre per esempio il monastero della Visitazione: là son tutte di condizione civile; là tengono tutte il loro posto; nessuna farebbe una grossolanezza; stanno attente a non mancare.

 

Prima cosa, abbiamo detto, bisogna farlo per dar buon esempio; secondo, per la carità verso le sorelle. A questo state attente!!! Terzo: perché questa è già una disposizione alle virtù interne.

La modestia riguarda l'esterno, eppure è una virtù. Come dice il Ven. Cafasso: è una virtù perché l'esterno influisce sull'interno. Ciascuna faccia questo esame sovente; dire: nel mio trattare sono delicata? Bisogna farlo questo perché una si crede sempre delicata e non pensa che dà fastidio alle altre. Esaminarsi in tutto. L'educazione riguarda tutto l'esterno. Il Ven. Cafasso dice: « Modesti dai capelli fino alla punta dei piedi ».

Ricordate, questo è necessario, assolutamente necessario. Io voglio che tutti possano dire che i religiosi e le religiose di questo Istituto sono educati. Avranno anche i tok, sì, saranno rappezzati, ma puliti. Noi non dobbiamo essere grossolani; qualunque sia l'educazione ricevuta, bisogna aggiustarla. L'urbanità prepara la strada ad educare l'animo. L'inurbanità può esistere nei modi di agire, di parlare, di camminare, nel prendere le refezioni, nel dar le risposte. Certi danno delle risposte che non sono educate.

Una volta fermai una suora che camminava così male e le dissi: Ka dìa, l'ha da semné '1 gran [dica, deve seminare il grano ?] Si cammina li che vada bene, così anche durante i giochi in ricreazione. Nel mangiare. Ah! questo direi che è il principale. Certa gente non è capace di tenere il cucchiaio, la forchetta; fanno dei rumori; non son capaci a mangiare. E’ il mangiare che deve venire a noi, non noi chinarsi su che cosa si mangia.

 

Vedete, la S. Sede viene fino a questi particolari. Vicino a noi ci sarà una che è stata allevata bene e star vicino ad una paisana ka mangia nen kun dóit [campagnola che non mangia con garbo] le è un sacrificio. Quando io ero in seminario, direttore spirituale, inse- gnavo a tutti i chierici a mangiare. Chi ha qualche difetto nel mangiare, si corregga. Questo modo di mangiare malamente, poco per volta assolutamente bisogna metterlo via. Il S. Concilio di Trento diceva riguardo ai chierici: Conviene assolutamente che i chierici compongano la loro vita, i loro costumi, in modo che nel portamento, nell'abito, nel gesto, nel parlare ed in tutte le altre cose non facciano vedere altro che cose gravi, moderate e piene di religione, di delicatezza.

 

Quali sono i mezzi per acquistare questa urbanità? Li dice anche questo decreto. Sono: essere avvertiti. Bisogna che ci sia qualcuno che senza misericordia ci corregga. Noi quando eravamo chierici in seminario stavamo attenti nell'entrare che il cappello fosse così e non così (ci fa vedere spostandosi un pochino sul capo il berretto); che la mantellina non fosse per aria, che il colletto fosse a posto e non avesse i lambei [brandelli]..., perché si sapeva che il Can. Soldati ci aiutava a metterci a posto; una di quelle lezioni ci bastava.

 

Bisogna non stancarsi di avvertire, di far esercitazioni ed anche le pruche [ sgridate ] ; e se uno non si emenda, far la croce a terra con la lingua. Costa, certo che costa; anche le viti piangono quando le potano, ma si tagliano lo stesso e si lasciano piangere. Poi la pazienza, poi l'esempio. Quando una non ha questa educazione per qualche motivo, guardi quelle che sono educate, impari da quelle lì. S. Bernardo dice: Se alcuni si mettono con pazienza, in poco tempo prendono una faccia disciplinata. Parlare raramente, aver il volto ilare; non ridere forte, sgangheratamente e poi un altro momento essere melanconici; aver l'aspetto verecondo; non girare la testa da tutte le parti; andare tranquilli senza voler guardare tutto; camminare come persone mature, serie: questi sono gli effetti di una buona volontà.

Tuttavia questi sono solo fiori e non ancora frutti; quindi bisogna poi sempre continuare in questo lavoro. Essere delicate tutta la vita, anche in Africa. Che non siate poi una partita di scimunite. Adesso basta di questo. In comunità bisogna prima pensare agli altri e poi a noi stessi.

 

 

giuseppeallamano.consolata.org