COMMENTO ALLE COSTITUZIONI - ARTICOLI II, III, IV

25 gennaio 1920

XV. 17

Protettori dell'Istituto: Patrona la SS. Consolata.

Protettori. S. Francesco Zaverio - S. Pietro Claver per l'Africa -S. Fedele da Sigmaringa. Principale S. Giuseppe. Motivi della scelta dell'Ordine (Vedi Battandier p. 65). Onorarli ed imitarli.

 

 

SR. CARMELA FORNERIS

(il nostro Ven.mo Padre dopo aver parlato alquanto circa le malattie che con tanta facilità si sviluppano in questi giorni, dice:) Ben, veniamo a noi, diciamo qualche cosetta delle nostre Costituzioni, ma alla buona, sapete. Abbiamo già detto quali sono i fini: teneteli ben fissi. Ora veniamo ai Protettori. (Legge l'articolo) Il nostro Istituto prende il nome da Maria SS. Consolata, e c'è da gloriarsi di questo titolo: tutti vogliono la Consolata!

Prima di tutto sono io che ho diritto di dare all'Istituto questo titolo, perché son io che ho il potere alla Consolata; sono io il segretario, il tesoriere. E poi è l'Arcivescovo che ce l'ha dato; e lo teniamo ben caro.

Per voi quando si parla di Madonna si sottintende sempre la « Consolata ». Se si è messa qui Consolata è perché vuol essere onorata sotto questo titolo. lo non disapprovo che ci sia devozione alla Immacolata, alla Madonna del Rosario, di Pompei ecc.; ma, di chi è in possesso quest'Istituto? Della Consolata. Mai andare a soppiantare la nostra Madonna, non va bene. A Mondovì c'è la Madonna di Mondovì e qui a Torino c'è la Consolata; bisogna onorarla in modo par- ticolare sotto il titolo con cui Ella ha fatto conoscere voler essere onorata. Onorarla sempre, anche lungo l'anno; dire delle giaculatorie; consolarla; imitare le sue virtù, si possono imitare tutte. Se adesso non potete ancora farla conoscere a tante anime che ancor non la conoscono, pregate perché possano farla conoscere le vostre sorelle che sono già in Africa. La festa della Consolata è la principale della Casa.

 

Poi sono protettori dell'Istituto: S. Giuseppe - eh, già, lui vien subito dopo - e poi S. Pietro Claver. Veramente i protettori si dovrebbero mettere in ordine di dignità come sono nelle Litanie dei Santi, ma noi qui non li teniamo in questo ordine. S. Giuseppe è il primo di tutti. 2° S. Pietro Claver: come apostolo dei neri sarebbe primo per l'Africa. 3° S. Francesco Zaverio che è protettore generale della Propagazione della Fede. 4° S. Francesco di Sales, quantunque come vescovo dovrebbe essere prima degli altri. Poi abbiamo S. Caterina e S. Teresa; e chi è prima di queste due? Non andiamo a disputare, in Paradiso vedremo poi. S. Caterina è prima perché è dell'Africa.

Poi viene S. Teresa che era non solo un serafino ma è persin scappata di casa per essere missionaria; per le missioni ha sempre pregato. - Noi li invochiamo tutti i nostri protettori lungo l'anno, ma specie nel giorno della loro festa.

4° articolo: (l'Istituto comprende una sola classe di suore e tutte vivono sotto la stessa comune disciplina). Anticamente gli Ordini religiosí erano tutti lo stesso. C'era quello della Tebaide, delle Agostiniane, delle Benedettine ecc.- tutti erano composti di una classe sola: erano tutti frati, tutte monache. Nel secolo XI S. Giovanni Gualberto che volle prendere la Regola di S. Benedetto divise i frati che si erano dedicati allo studio da quelli che attendevano ai lavori manuali. I primi cantavano l'Ufficio divino e gli altri dicevano altre preghiere, ma non avevano il « coro ». Dopo questo son poi venute tante altre Congregazioni con due sorta di religiosi. Però continuarono anche quelle in cui vi era una sola classe di religiosi. Le Figlie della Carità, per esempio, sono così: così pure quelle di S. Anna, i Fratelli delle Scuole Cristiane, i Maristi ecc. Naturalmente lì in mezzo c'è chi fa una cosa e chi un'altra, secondo la propria capacità.

Quando si trattava di voi abbiano pregato, consultato, studiato e scritto a Mons. Perlo perché ci dicesse se era meglio fare due classi di suore o una sola. Si decise poi di farne una sola perché (il motivo è questo): in Africa si tratta di far di tutto. Non che una abbia sempre da insegnare... no, (rivolgendosi ad una sorella) tu vai anche al pascolo, se è necessario. E’ impossibile che in una stazione dove saranno quattro o cinque si possa fare sempre la stessa cosa; bisogna saper fare di tutto.

 

Monsignore disse che non sarebbe andato bene far due classi, perché con la scusa di dover solo far da mangiare o solo far scuola, non si sarebbe più fatto niente altro. Anche quella lì che fa scuola con tono magistrale, si tira su le maniche e lava i piatti. Per le missioni ci vuole una classe sola. Anche qui va meglio così. Ah! mi piace di più una classe sola. Ho visto tante suore in vita mia ed ho visto che passa gran differenza tra una classe e l'altra. Alle volte si sente dire: Quella è solo una conversa...

 

Un giorno un bravo sacerdote, che è già morto, vedeva delle suore Martane, quelle che sono addette agli infermi e li assistono giorno e notte, le quali facevano anche un po' le serve alle Vincenzine (e questo non c'era nella fondazione). Quel bravo uomo vedeva che quelle Martane facevano tanto bene, facevano tanti sacrifici e al sentir dire quello lì, un dì dal pulpito disse: « Già le superbe Vincenzine disprezzano le Martane ». Egli prediligeva le Martane perché son quelle che fanno i sacrifici.

Monsignor Perlo, per l'Africa, aveva chiesto al Cottolengo le Martane, invece gli diedero le Vincenzine. Queste divisioni sono una faccenda seria! C'eran degli Istituti che ne avevano anche quattro, divisioni. La S. Sede ora non ne vuole più di due: tollera le torriere per le commissioni. Queste non fanno voto di povertà, lo fanno poi quando si chiudono proprio nel monastero.

 

Ma veniamo a noi. L'impressione che io ho sempre avuta è quella che fossero tutte uguali. Una che si creda già una regina, là (in comunità) la facciamo ancor più superba ... ; no no, tutte lo stesso. Perché io son nata in un palazzo e quella là in una stalla, che merito ne ho io? Perché devo credermi di più di quell'altra nata in una stalla?

Una classe sola favorisce tanto la carità; tutti hanno lo stesso diritto; tutte possono riuscire. Il Papa Pio X era figlio di un contadino ed è divenuto Papa. Aveva due sorelle alla buona là a Roma, e non se ne vergognava niente. Vedete, per venire Papa si viene anche dal nulla. Perché una suora che può aver intelligenza più di un'altra, deve solo far cucina perché non è ricca, mentre l'altra che ha due soldi di più, ka l'è un po' nobil, a dev sté sul cadreghin [che è un po' nobile, deve stare nel osto di comando]...

 

Ciascuna mette fuori la sua intelligenza; se poi quella lì ha una inclinazione per una cosa, faccia pure, noi non estinguiamo i lumi...

 

Io ho osservato queste cose nelle Suore di S. Giuseppe; ho sempre preferito le converse. Lo sapevano, sapete! Così anche alla Vísitazione lo stesso. Siete tutte converse voi altre; vi siete convertite dal mondo al Signore, ma siete anche tutte velate. Questo è il motivo; perché sappiate che non si è fatto una cosa a caso.

 

A chi entra in carcere danno un numero; si parla sempre di numeri, non si servono dei nomi nelle prigioni. Così al Rifugio: andate a chiamare una figlia, dicono subito: ah, sì, il numero 10, 12, 20, 30... secondo il numero che le fu dato. Non sanno tra l'una e l'altra che nome abbiano: e questo per delicatezza. Chiamare per numeri certo è una cosa umiliante. Anche nel camposanto le tombe son segnate coi numeri.

L'unione ci deve essere di più in una comunità dove devono essere tutte lo stesso. Qui nessuno deve sapere che cosa siete, che cosa siete state, dove siete nate; almeno, non si dovrebbe capire, così tutto finisce. L'eguaglianza è una gran bella cosa. Bisogna fare come facevano gli Apostoli e i primi cristiani che erano un cuor solo e una anima sola e deponevano tutto ai piedi degli Apostoli che davano ad ognuno secondo il bisogno. Tutto resta in comune, nessuno resta più ricco dell'altro. Ma quando, per esempio, una è debole di salute le si dà qualche cosa di più: questo è un dovere. La mamma ama di più quella ragazzina, ma non è mica che la ami più degli altri, ma perché ne ha più bisogno.

Siamo tutte lo stesso. Siamo venute per farci povere, umiliarci; il Signore si è umiliato più di noi. Chi viene qui può trovare qualcuna che sia più povera di lei, ma forse più ricca di virtù. Tutte fanno un corpo solo. Ciascuna cerchi di mettere in atto tutto quello che ha di attività. Quel credersi qualche cosa di più degli altri... non va, non va. Tra tutte si fa tutto. Una la fanno superiora; all'altra danno un altro incarico, eh, sicuro! Abbiamo da condurre le capre senza che nessuno le guidi? Tutte sono uguali, ma poi ciascuna presta il suo tributo secondo la sua capacità. Dunque nessuna antipatia; ... perché mi fanno studiare questo e non quello? Son tutte cose che vengono in testa, sapete! L'essenziale è che tutte impariate tutto, ma poco per volta; lasciatevi condurre dai superiori; le cose andranno bene.

 

Tutte quelle che vengono dovrebbero entrare come in una forma di educazione. State attente nel parlare, nel trattare. L'educazione è una gran bella cosa! Far tutto bene se si vuol carità. Questa comunità deve essere fine; quelle che entrano qui siano qualunque cosa, bisogna che diventino fini. Voglio che sia una comunità delicata, non coi guanti bianchi, ma con tanta delicatezza: e questo bisogna farlo. Ecco il perché si è messa una sola classe: appunto per il bisogno che c'è nell'Africa che tutte sappiano far di tutto; ma poi anche per lo spirito: perché ci sia più carità vicendevole. « ... Quella lì è una conversa... ». No, quella lì è una sorella.

Questo è lo spirito con cui si sono formate queste regole che credo sian proprio venute da Dio. Bisogna che chi non è all'altezza necessaria si faccia, si formi, perché non dia poi occasione alle altre di far troppi sacrifici. Chi ha educazione la usi, chi non l'ha la metta, così sarete tutte uguali.

S. Alfonso dice che non bisogna andare in una religione in cui non vi sia la disciplina in vigore. E’ meglio stare nel mondo che andare in quelle Comunità.

 

E quali sono i segni di una comunità in regola?

1° - Se si fa silenzio. Perché se non si fa silenzio quando è prescritto è segno che c'è la dissipazione; se si chiacchiera viene la mormorazione, la discordia.

2°- Se non si grida tanto forte.

3°- Se uscendo dalla chiesa o da un ufficio non si dice subito una parola, un qualche cosa; il che dimostrerebbe che in chiesa si pensava già a quello. .

E’ un male non mai adirarsi ed è un male adirarsi troppo. La mansuetudine consiste nell'avere a tempo e luogo energia. Quella che lascia che tutto corra, non dica che è mansueta; è comodo ascoltare la quiete... Non bisogna essere missionaria all'acqua dússa [dolce]. Noi non abbiamo bisogno di una «piaga» in Missione; di quelle là che in una stazione non si danno grande cura di convertire i mori e poi dicono: « Questi neri sono duri, non vogliono convertirsi L'acqua fredda non fa niente, l'acqua tiepida ancor meno, l'acqua calda sì che fa bene.

Se il Signore volesse mandarmi a dire il tempo in cui morirò, direi: No, no. Non vorrei saperlo né un minuto prima né un minuto dopo; no, quando volete Voi.

Che vita è la nostra se non è vita di virtù?

 

SR. EMILIA TEMPO

[La prima parte di questo sunto è come il precedente I.

In carcere, al Rifugio ecc. si chiamano tutte con un numero; questo è una cosa umiliante. Anche al Camposanto le tombe sono segnate con un numero. Qui nessuno deve sapere che cosa siete, che cosa siete state, dove siete nate; almeno non si dovrebbe capire, così tutto finisce.

L'eguaglianza è una gran bella cosa. Bisogna fare come facevano gli Apostoli e i primi cristiani che erano un cuor solo ed un'anima sola e deponevano tutto ai piedi degli Apostoli che davano ad ognuno secondo il bisogno. Tutto resta in comune, nessuno rimane più ricco dell'altro. Ma quando, per esempio, una è debole di salute, le si dà qualche cosa di più: questo è un dovere, non è una mancanza di carità, non è usarle preferenze. La mamma ama di più quella ragazzina - non è mica che l'ami di più: ne ha più bisogno.

Siamo tutte lo stesso; siamo venute per farci povere, umiliarci. Il Signore si è umiliato più di noi. Le piccole disuguaglianze che ci sono son necessarie; la superiora ci vuole; chi ha più ingegno studia; chi ha più talento in una cosa, chi in un'altra ecc.

Tutte quelle che vengono dovrebbero entrare come in una forma di educazione. State attente nel parlare, nel trattare. I grossolani coi grossolani, i fini coi fini; voi siete fini, e se non lo siete, fatevi. Anche per questo non si prendono le serve. Voglio che questa sia una comunità delicata, non coi guanti bianchi, ma con tanta delicatezza.

[Il sunto continua come il precedente, ma al 3° punto aggiunge: ] Se non c'è il silenzio è segno che c'è dissipazione; se c'è dissipazione non c'è osservanza, e se non c'è osservanza, non andate (S. Alfonso).

 

 

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