SESSAGESIMA - VITA APOSTOLICA DI S. PAOLO

19 febbraio 1922

 

XVI. 31-32

E’ sempre vero il detto antico: Verba movent, exempla trahunt. Così nel bene come nel male. Talora più eccita a farsi virtuosi la vita d'un Santo che tante prediche. N.S.G. non ha solo predicato in pubblico ed in privato; ma propose se stesso alla nostra imitazione: Exemplum dedi vobis, ut quaemadmodum Ego feci, ita et vos faciatis. S. Paolo: ímitatores mei estote, sicut et ego Christi.

 

Oggi S. Paolo si propone a noi come esemplare di vita Apostolica. Scrivendo ai Corinti ci propone il suo zelo ed i sacrifizii che sostenne per amore di Dio e delle anime. Per difendersi da' suoi nemici enumera quanto ha fatto per l'evangelizzazione e quanto dovette sostenere. Pene corporali esterne, pene interne provenienti dal ministero e da se stesso. Al capo XI della 2a lettera ai Corinti dice: Ter vírgis caesus sum (Lettura). - Pene interne generali e particolari: Instantia mea quotidiana, sollicitudo omnium Ecclesiarum: Quis infirmatur et ego... Pene proprie: Datus mihi stimulus...

 

Ed ogni sacrifizio sopportò con coraggio e costanza non aspettandosi la riconoscenza degli uomini: Ego libentissime impendam et... licet plus vos diligens, núnus diligar.

Gli esempi di S. Paolo sono un rimprovero alla nostra troppa sensibilità, al poco nostro amore di patire, alla nostra facilità di disanimarci nello zelo, specialmente quando non ci vediamo corrisposti nelle nostre fatiche. Non così fecero sull'esempio del Santo i Missionarii di ogni tempo...

Ma per essere tali conviene prepararsi, e fin d'ora sacrificarvi nelle cose piccole che dovete soffrire. Farvi l'abito del sacrificarvi colla perfetta obbedienza, con tutto l'impegno negli studii e nei lavori; e vincere tutte le difficoltà presenti.

 

A questo studio della mortificazione devono subito attendere i postulantí, formarsi i novizii, e sempre più progredire i Professi da essere modelli dei più giovani in tutto. Questi applichino a sé le parole dell'Imitazione: Sacerdos factus es, non alleviasti onus tuum... sed ad...

 

 

SR. CARMELA FORNERIS

(Il nostro Ven.mo Padre, dopo aver chiesto alla Superiora le lettere di S. Paolo, dice:) Venendo vecchi non si ha più tutta la memoria. Per parlare bisogna dire le cose precise, perciò io per esser più preciso vi leggo qualcuno di questi versetti...

Un detto antico dice: Le parole muovono, gli esempi trascinano. E questo succede non solo nel bene ma anche nel male, anzi in questo ancor di più. Se si parla di cose buone si fa tanto bene, e voi dovete parlare; ma se si dà un esempio, si fa ancor più bene. Se una di voi è santa, tira tutte le altre. Quindi, ripetiamo, le parole fanno del bene, ma gli esempi tirano di più. 0 per amore o per forza gli esempi ci tirano dietro. Oggi voglio parlarvi un poco degli esempi di S. Paolo. E’ il vero tipo del missionario, il vero apostolo delle genti.

 

N. Signore si propose a nostro esempio e ha detto: Exempluni dedi vobis [vi ho dato l'esempio]. Mi son dato a voi come esempio affinché come ho fatto io facciate anche voi. E S. Paolo disse: Imitate me come io imito N.S. Gesù Cristo: imitatores mei estote, sicut et ego Christi. Noi che dobbiamo essere apostoli, missionari, dobbiamo imitare il modello degli apostoli che è S. Paolo. Che cosa ha fatto S. Paolo? Basta leggere questa bella lettera per saperlo. State attente. Ah! se fossimo capaci di fare tutto quello che ha fatto lui! (vers. 24, capo XI) Dai Giudei cinque volte ricevetti 40 colpi, meno uno. Tre volte fui battuto con le verghe, una volta fui lapidato, tre volte naufragai, una notte ed un giorno stetti nel profondo mare. Spesso in viaggi, tra pericoli delle fiumane, pericoli degli assassini, pericoli dei miei connazionali, pericoli dai gentili, pericoli nella solitudine, pericoli nel mare. pericoli dai falsi fratelli. Nella fatica e nella miseria, nelle molte vigilie, nella fame, nella sete, nei molti digiuni, nel freddo e nella nudità...

 

Guardate quante cose ha sofferto S. Paolo per N. Signore! Era divenuto lo zimbello di tutti... il diavolo l'aveva contro di lui perché lavorava tanto e voleva far conoscere a tutti il Signore. Questi sono i suoi dolori esterni, ma oltre a questi ebbe anche quelli del cuore. Lo dice lui stesso (vers. 28): Oltre a quello che viene di fuori, le quotidiane cure che mi vengono sopra, la sollecitudine di tutte le Chiese. Chi è infermo, che non sia io infermo? chi è scandalizzato che io non arda? - Fu anche tentato riguardo alla bella virtù, ed ebbe molto a soffrire. Noi crediamo che i Santi non abbiano avuto nessuna tentazione. Faceva tanti sacrifici, tanti digiuni ed altre cose, eppure era tentato. Certi si lamentano delle tentazioni.

 

L'Apostolo nella sua umiltà, parlando in terza persona, dice: Fu rapito in Paradiso, ed udì arcane parole che non è lecito ad uomo di proferire. Riguardo a quest'uomo potrei io gloríarmí, ma riguardo a me di nulla mi glorierò, se non delle mie infermità. Imperocché se vorrò gloriarmi, non sarò mentecatto: atteso che dirò la verità; ma mi ritengo, affinché nessuno faccia concetto di me di là da quello che in me vede, o di là da quello che ode da me. E affinché la grandezza e rivelazioni non mi levi in altura, mi è stato dato lo stimolo della mia carne, un angelo di satana che mi schiaffeggi. Sopra di che tre volte pregai il Signore, che da me fosse tolto: ed Egli mi disse: Basta a te la mia grazia; imperocché la potenza mia arriva al suo fine per mezzo della debolezza. Volentieri adunque mi glorierò nelle mie ínfermità, affinché abiti in me la potenza di Cristo. Per questo mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzíoni, nelle angustie per Cristo: imperocché quando sono debole allora sono potente.

 

Tutto questo si può dire il compendio della vita di S. Paolo. Se c'era uno che avrebbe dovuto essere tranquillo, amato da tutti, era S. Paolo; invece no. Vedete: sacrifici esterni, sacrifici interni, sacrifici dell'anima per le tentazioni. Alle volte diciamo: A me non importa di non star bene nel corpo, purché possa star tranquillo nell'aníma. E lui neppure quello ha avuto.

Su questa terra nessuno è sicuro di non cadere. S. Paolo diceva al Signore che lo facesse andare in Paradiso, che la sua non era più una vita per le grandi tentazioni che aveva; ed il Signore gliele lasciava per tenerlo in umiltà. Noi alle volte ci lasciamo cadere un po', ci scoraggiamo nella via della perfezione per qualche miseria, per qualche tentazione di superbia o contro la carità. S. Paolo domandava l'umiltà, la grazia del Signore per poter fare il suo dovere.

 

Voi che siete missionarie dovreste aver tutte queste battiture, questi patimenti, ma di regola non è così; però quel poco che si deve fare, si deve fare bene. L'esempio di S. Paolo deve starci sempre davanti. Chi vuole riuscire a fare il missionario vero, chi vuol fare del bene bisogna che ímiti S. Paolo. Se si è disprezzati: Deo gratias! Se non si è stimatí, se si ha da soffrire... eh, si soffra senza scoraggirsi tanto per quello.

S. Paolo è stato lapidato e perseguitato, eppure non è mai morto, perché non era la sua ora. Questo vi dico perché non crediate di fare tanto per quel poco che fate. Che cosa fate? Niente. Quel poco che c'è da fare fatelo bene. Se il Signore ci manda poi una di queste cose: che ci diano delle bastonate o che per un giorno non ci sia da mangiare o qualche altra cosa, bisogna poi saper sopportare. Se non siamo capaci di fare tutto quanto ha fatto S. Paolo, pure bisogna che ci di- sponiamo a sacríficare tutto, tutto. E bisogna che incominciamo a far qui qualche cosa. Se non son capace a fare qui dei piccoli sacrífici, ne

371

 

 

farò poi là dei grandi? No, chi non fa i piccoli adesso non farà allora i grandi non s'inganni. Bisogna essere fedele nel piccolo per esserlo nel grande. Se poi i sacrifici grossi non vengono, avremo poi il merito lo stesso, perché abbiamo avuta la disposizione. Se non ci battono avremo altre occasioni; del resto è inutile andare alla ricerca di grandi cose se non abbiamo lo spirito con cui farle. Se si fa solo la missionaria così... alla buona.... e teniamo i nostri capricci, e vogliamo fare la nostra volontà, succede che non convertiremo mai nessuno. E pensiamo che siamo obbligati, perché allora non dovevamo farci missionari. Chi non si sente di imitare S. Paolo non si faccia missionaría; stia nel mondo, avrà meno responsabilità. S. Paolo facendo tutti questi sacrifici diceva che faceva solo un dovere a cui era obbligato.

 

Voi non credete di fare una carità al Signore per stare un po' buone, per fare una meditazione!... è il Signore che la fa a voi, tenendovi qui. Lui può stare senza di noi, non ne ha mica bisogno. State attente agli esempi dei santi, massime di S. Paolo che è nostro modello; bisogna sempre tenerlo in mente.

 

Questo capitolo riassume l'intera vita di S. Paolo. Tutte queste cose le ha dette per difendersi contro quelli che insorgevano contro di lui. Vedete, dopo essere stato assunto, trasportato fino al terzo cielo, ha avuto delle tentazioni terribili. Non bisogna sconcertarsi, se anche venissero tentazioni di odio contro una compagna. Perfino nel mangiare vengono tentazioni. Se uno potesse rubare quel che desidera mangiare, lo ruberebbe...

 

In una comunità c'era ogni ben di Dio, eppure una persona andava a cercare altre cose. Era una tentazione. Adamo ed Eva avevano tante cose, eppure no, vollero mangiare quell'unico frutto che il Signore si era riserbato. Han voluto mangiare quel pomo, e quel pomo è stato la loro rovina.

 

In questo tempo di Carnevale non bisogna essere indifferenti; bisogna prendere parte ai dolori di N. Signore. Bisogna passarlo bene questo tempo: attente a tutte le pratiche d'obbedienza; non perdere un minuto di tempo; dir bene le preghiere; non far niente che non sia conforme all'obbedíenza.

Alla Visitazione non fanno tante penitenze, perché son tutte deboli, malaticce. Ma non possono fare la più piccola cosa, non muovere un dito senza permesso, niente, niente. E questo spirito si conserva tuttora. Oh! possibile? E’ una schiavitù allora. Sì, è una santa schiavitù.

 

Formiamo in noi l'abito dell'obbedienza, della carità, l'abito di tutte le virtù, se no, in Africa... Facciamo queste piccole cose, ma non che tutti lo sappiano. S. Paolo si credeva obbligato a fare tutto quel che faceva, e noi che ci siamo messi in questo stato dobbiamo vivere da apostoli, da missionari. E siccome adesso non siamo preparati a grandi cose, prepariamoci, che se un giorno succederanno, possiamo sopportarle.

 

SR. EMILIA TEMPO

Le parole muovono, ma gli esempi tirano. Nel male ancor più che nel bene. N. Signore ci ha detto di essere suoi imitatori.

 

(Conferenza sull'Epistola di Sessagesima) S. Paolo è il missionario per eccellenza; noi come missionari, dobbiamo essere suoi imitatori. Quanto ha sofferto S. Paolo! C'era da scoraggiare qualunque uomo, non solo nei dolori del corpo (dopo averli nominati) ma di più ci sono i dolori del cuore: nel vedersi non amato da alcuni - per di più era tentato riguardo alla bella virtù... E noi crediamo che i santi non abbiano queste cose- Ma lui diceva: Mi glorierò non di tante fatiche ecc., ma delle mie miserie. Vedete: questo è il compendio della vita di S. Paolo.

Avere delle tentazioni così cattive, certo, si ha sempre paura di cadere, perché finché siamo su questa terra non siamo mai sicuri... Ecco perché i santi desideravano il Paradiso. Noi certe volte ci scoraggiamo perché abbiamo delle miserie; no. S. Paolo domandò al Signore che lo liberasse, ma: sufficit tibi gratia mea [ti basti la mia grazia].

Chi vuol essere missionario, e vero, bisogna che ímíti S. Paolo. Non avremo tante cose da soffrire come S. Paolo, ma se c'è qualche cosa da soffrire in comunità... se siamo dimenticate... eh, soffriamo quel poco.

Che cosa facciamo? Niente. Bisogna disporci, prepararci. L'avvenire sarà come ce lo prepariamo noi. Chi non fa i piccoli sacrifici non fa neppure i grossi.

 

Il pericolo (occasione, probabilità) in missione c'è di perdere la testa o per la fede o per morale ecc. Bisogna che siamo disposte a soffrire, o che non ci vogliano bene... o qualunque altra cosa... avremo sempre da soffrire...

La vita di S. Paolo fu una vita di sacrifici, sia nel corpo, nel cuore ecc. ma per arrivare a tutto quello, bisogna cominciare dal poco. Bisogna esser fedeli nelle piccole cose per esser poi fedeli nelle grandi, ed avremo poi il merito delle cose grandi.

Dagli esempi di N. Signore e dei Santi, massime missionari, vediamo che tutti han sofferto, e noi dobbiamo soffrire, se no quella là convertirà poi tanta gente e io no: perché quella là, prima, aveva fatto dei sacrifici.

 

Se si fa solo la missionaria così, seguendo i nostri difetti, i nostri capricci ecc... il nostro ministero sarà inutile; siamo obbligate a portar frutti. Chi non si sentiva poteva non farsi missionaria... E’ solo il mio dovere.

Non facciamo mica una carità al Signore; non ha mica bisogno di noi! Vedete quel che è; bisogna che non crediamo di far carità al Signore a stare un po' buone.

In questo tempo, se si ha un po' di cuore, bisogna riparare, massime facendo bene l’ubbidienza. Formarci noi l'abito dell'ubbidíenza, della carità... Bisogna star attente a formarcelo; se no, in missione poi...

Dunque abituatevi adesso. Per poi soffrire anche quello che soffrì S. Paolo incominciate adesso nel poco e anche senza che altri lo sappia. Certuni fanno un piccolo sacrificio e vogliono che tutti lo sappiano. Noi diremmo che S. Paolo non era obbligato a salvar tanta gente... No, era obbligato - e anche noi - se no, non faremo niente, anzi faremo male.

 

 

 

 

giuseppeallamano.consolata.org