INTRODUZIONE

II Servo di Dio Giuseppe Allamano visse a lungo (1851-1926). Questa vita così prolungata nel tempo, se non nello spazio (non varcò mai i confini dell'Italia e raramente quelli del Piemonte), si svolse in un contesto ambientale molto ampio. Giovinezza e virilità appartengono al periodo dei rivolgimenti del 1848 fino alla presa di Roma; l'età matura e la vecchiaia si estendono a tempi politicamente, socialmente e religiosamente molto intensi fino all'avvento del fascismo.
È sufficiente ricordare alcuni nomi e accennare a qualcuno dei maggiori problemi: Vittorio Emanuele II, Cavour, Pio IX, risorgimento italiano, presa di Roma, fine del potere temporale dei Papi, questione romana, liberalismo anticlericale, sette politiche, Concilio Vaticano I, questioni sociali, Enciclica Rerum novarum di Leone XIII, movimenti operai, lotte giornalistiche anche nel campo cattolico, modernismo, prima grande guerra e successivo caos politico.
Nell'arco della vita dell'Allamano ricorrono i nomi di cinque Papi:
Pio IX (1846-1878), Leone XIII (1878-1903), Pio X (1903-1914), Benedetto XV (1914- 1922), Pio XI (1922-1939) e di sei Arcivescovi di Torino: Luigi Fransoni (1832-1862), Alessandro Riccardi di Netro (1867- 1870), Lorenzo Castaidi (1871-1883), Gaetano Alimonda (1883-1891), Davide Riccardi (1891-1897), Agostino Richelmy (1897- 1923), Giuseppe Gamba (1923-1929).
Altri numerosissimi fili s'intrecciano nella vita dell'Allamano. Torino infatti, se non un centro di pensiero, fu certamente un centro di intensa spiritualità, anche per la sua vicinanza con la Francia. È tutta una fioritura di ricche personalità, con le quali egli mantenne direttamente o indirettamente vari rapporti: S. Giuseppe B. Cottolengo, S. Giuseppe Cafasso, S. Giovanni Bosco, S. Leonardo Murialdo, il Card. Cagliero, il B. Michele Rua, Don Marchisio, Don Casalegno, il p. Carpignano, il p. Giuseppe Bruno, il p. Giulio Castelli, il can. Luigi Boccardo, Don Francesco Paleari, ecc. ecc.
In questo quadro così ricco l'Allamano non sfigura; occupa un suo posto, ne è una componente integrante e - a suo modo - originale.
* * *
Nell'Istituto Missioni Consolata l'Allamano svolse soprattutto una funzione di formatore. Le Conferenze Spirituali ne sono una prova; esse dimostrano con quanta costanza e con quanta cura vi attese, convinto com'era che l'efficacia dell'apostolato dei suoi missionari dipendeva principalmente da una soda formazione spirituale.
Dal 1901 al 1925 le Conferenze spirituali costituirono come un fiume che, irrigando l'Istituto in ogni sua regione, gli assicuravano fertilità e sviluppo. Ora - dopo la sua morte - esse non sono più un fiume ma come lo specchio d'acqua di un lago tranquillo. Di questo lago l'Istituto non deve solo ammirarne la vastità, ma deve anche e soprattutto fare in modo che per prolungata immobilità le acque del lago non im¬putridiscano o non riescano più a fecondare le varie sponde dell'Istituto. Si deve evitare che i ripetuti richiami di "ritorno al Fondatore" si riducano a puro verbalismo o, peggio ancora a miseri "riduzionismi" e alla cristallizzazione in piccole formule.
Forse il primo modo e il più efficace per prendere contatto con le Conferenze spirituali dell'Allamano è quello di "lasciarsi andare", di leggerle cioè così come sono, anno dopo anno, senza alcuna preoccupazione di giungere subito a delle "formule" che fissino o immobilizzino l'esuberanza, la semplicità, il calore e l'intensità di quei discorsi familiari. Perché le cose che l'Allamano disse o fece - almeno in qualche caso - potrebbero anche non essere più attuali, ma il modo con cui le disse e le fece! Questo modo non è stato ancora interamente scoperto e solo la lettura paziente di tutte le conferenze ce lo può rivelare o far intuire.
Esse più che un "rigoroso sistema di pensiero" sono una testimo¬nianza di vita, uno specchio della sua anima, anche nelle sue minime oscillazioni.
Un giorno - si era nel luglio del 1918 - l'Allamano s'intrattiene con un gruppo di studenti del Piccolo Seminario. La conversazione che si svolse, occasionata da una reliquia di S. Luigi, fu trascritta da uno dei presenti. Eccone tutta la freschezza:
"Una di queste reliquie che avete è un regalo che vi ho fatto io; chissà dove l'ho presa. Voi poco per volta mi spogliate di tutto! Avevo tanti libri nella mia camera; ma sì; vengono là, specialmente prima della partenza per l'Africa, e guardano, girano, osservano, e cominciano a dire: Oh, come è bello! E siccome in quei momenti il cuore del Rettore è tenero, tenero, tenero, si lascia tirare facilmente. Così mi hanno portato via tutto. Avevo una bella Croce d'argento con entro una reliquia del S. Legno, e d'attorno le reliquie di Santi principali.
Una volta venne là Monsignore [Perlo], e appena l'ha vista, si mette a dire: Oh che bella Croce! Che belle reliquie! e la guardava con una voglia, che gli ho detto: Là, prendila!
Avevo le meditazioni del Chaignon in sei volumi; viene là uno prima di partire e dice: Come sono belli! Va proprio bene per portare in tasca, e l'ha preso!
Così avevo una Bibbia in pochi volumetti senza note, e me l'hanno anche portato via.
Quella Croce di Mons. Perlo era un ricordo. Quando è morto il Can. Soldati, mio Direttore in Seminario, io l'ho sempre assistito, e si può dire che è morto nelle mie braccia, aveva quella Croce in dosso. Quando è morto, i parenti l'hanno presa, l'hanno fatta pulire bene, e poi me l'hanno offerta come ricordo. Il più bello è che certe volte io non ricordo più che la roba me l'hanno presa e la cerco. Una volta cercavo questa Croce, e non la trovavo. Ho domandato ai Superiori della Consolata, perché qualche volta vengono anche loro a portar via: "Ma dunque qualcuno di voi ha visto una Croce d'argento con delle reliquie? ". Fin che qualcuno mi ha poi detto: "E non si ricorda più che se l'è lasciata portar via da Mons. Perlo?" [...]".

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Antecedenti storici
Anche di altri fondatori dell'800 torinese si è avuto cura di conservare i testi delle loro conversazioni spirituali. È certamente il caso di D. Bosco, del Murialdo e di altri. Ma le Conferenze spirituali dell'Allamano per la costanza con cui vi attese, e quindi per il loro numero, per il modo in cui furono conservate e raccolte, per il loro contenuto... rappresentano, probabilmente, un caso unico dell'800 piemontese.
Per imbattersi in qualcosa di simile occorre risalire molto indietro negli anni, e cioè ai Trattenimenti Spirituali di S. Francesco di Sales (1567-1622) e alle Conferenze di S. Vincenzo de' Paoli (1576-1660).
I Trattenimenti Spirituali di S. Francesco di Sales sono la raccolta di 21 conferenze, tenute dal Santo alle Suore della Visitazione, secondo gli appunti che ne presero le suore stesse. "Ben presto è detto nell'Introduzione all'opuscolo le Religiose incominciarono a prendere nota delle Conferenze loro tenute dal Santo Fondatore". I Trattenimenti Spirituali a differenza delle altre opere ascetiche di S. Francesco di Sales "hanno uno stile molto più familiare" (S. FRANCESCO DI SALES, Trattenimenti Spirituali a cura di M. C. Borgogna, Alba 1941, pp. 394).
Le Conferenze di S. Vincenzo de' Paoli hanno la stessa origine, ma numericamente sono molto più consistenti: "Le Conferenze ai Missionari ed alle Figlie della Carità formano quattro grossi volumi. La stesura non è di S. Vincenzo; anzi esse furono scritte a sua insaputa, mentre parlava alla sua comunità" (L. CHEROTTI, Vincenzo Depaul in Bibliotheca Sanctorum, vol. XII, col. 1156).
Ai Missionari S. Vincenzo parlava quasi tutti i venerdì, trattando della pratica delle virtù, dei doveri del proprio stato, spiegava le Regole e traeva insegnamenti dalle feste liturgiche. Poiché il Santo non gradiva che si scrivesse mentre parlava, soltanto dopo qualcuno fidandosi della memoria ricostruiva la conferenza udita. Di queste conferenze così trascritte se ne fece una copia litografata nel 1844, poi un'edizione a stampa nel 1881. La traduzione italiana risale al 1898, poi perfezionata nel 1932-1933, in due volumi (1).
(1) S. VINCENZO DE' PAOLI, Carteggio- Conferenze-Documenti. II. Conferen-

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Nella Introduzione all'edizione italiana del 1932 si trovano espressioni che si potrebbero riferire alla lettera alle Conferenze dell'Allamano:
"La bocca parlava dall'abbondanza del cuore" (p. VII). "Amabile semplicità unita a si grande umiltà" (p.VIII). "Alla semplicità aggiungeva il calore, un calore comunicativo che commoveva profondamente i cuori... Nessuno si poteva sottrarre alla seduzione di quella parola" (p.IX).
La raccolta comprende 224 conferenze tenute nell'arco di 43 anni, dal 1617 al 1660.
Alle Figlie della Carità S. Vincenzo parlava ordinariamente alla domenica. Quanto alla scelta dell'argomento si lasciava dirigere dalle circostanze e dai bisogni delle suore; per qualche tempo adottò anche il sistema di rispondere soltanto a delle domande che gli venivano fatte dalle suore.
"Terminata la conferenza, le suore si davano premura di riprodurla con maggiore fedeltà possibile". A volte però il Santo consegnava alle Suore i suoi appunti manoscritti o rivedeva il testo della trascrizione fatta dalle suore.
Nel 1803 se ne fece una edizione stampata, cui seguirono varie altre edizioni sempre più perfette. Nel 1903 se ne curò la prima traduzione italiana e nel 1941-1944 l'edizione in due volumi, parallela a quella delle conferenze ai missionari (2).
ze, Tomo XI, Edizione con note di Pietro Coste C.M. Versione italiana. Piacenza, Annali della Missione Collegio Alberoni 1932, pp. 327. S. VINCENZO DE' PAOLI, Carteggio, ecc. //. Conferenze, Tomo XII, Edizione con note di Pietro Coste... 1933, pp. 360.
(2) S. VINCENZO DE' PAOLI, Carteggio-Conferenze- Documenti. II. Conferenze. Tomo IX, Edizione con note di Pietro Coste C.M. Versione italiana riveduta. Ro¬ma, Edizioni Liturgiche e Missionarie, 1941, pp. 508. S. VINCENZO DE' PAOLI, Carteggio ecc. Tomo X, Roma ... 1944, pp. 525.

XIV

La raccolta delle conferenze alle Suore comprende 120 conferenze, tenute nell'arco di 26 anni, dal 1634 al 1660.
Anche per queste conferenze alle Figlie della Carità vi è una stretta somiglianza con le conferenze tenute dall'Allamano alle Suore Missionarie della Consolata.
Le due fonti
Delle Conferenze tenute dall'Allamano ai missionari ci sono giunti gli appunti manoscritti e autografi dell'Allamano stesso e le trascrizioni delle stesse conferenze raccolte dalla viva voce. Per una più approfondita analisi e ambientazione delle due fonti rimando a Documentazione I.M.C., Le Conferenze Spirituali dell'Allamano, n. 4 1980, pp.52.
Anche se di alcune conferenze ci è giunto solo il titolo o poco più, valorizzando le due fonti, si arriva al numero di 721 conferenze. In confronto alle 21 di S. Francesco di Sales e alle 224 di S. Vincenzo de' Paoli le 721 dell'Allamano costituiscono un patrimonio molto più consistente.
Le conferenze manoscritte e autografe (16 quaderni di complessive 552 pagine e vari fogli sciolti) dimostrano una cura del tutto particolare da parte dell'Allamano. Sembrano una bella copia. Il testo non risulta tormentato da troppe correzioni o da ripensamenti: è una scrittura che scorre liscia, ordinata, senza involuzioni, ingarbugliamenti di pensiero. Sembra quasi un testo pronto per la stampa.
Quando verso la fine della sua vita l'Allamano consegnò all'allora Maestro dei Novizi, il p. Giuseppe Nepote, i sedici quaderni gli disse:
“Questi Manoscritti delle Conferenze contengono il vero mio pensiero” (Prefazione del p. G. Chiomio alla copia dattiloscritta delle "Conferenze del Padre", Torino 1947, p. V).
Una certa difficoltà offre la punteggiatura con l'uso abbondante dei puntini a fine periodo e del trattino, che sta a volte al posto del punto o sembra indicare in qualche caso spazieggiatura o un a capo. Altra difficoltà possono offrire le citazioni bibliche, non sempre precise o perché riferite a senso o senza alcuna indicazione.
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Le trascrizioni dalla viva voce costituiscono una fonte molto più complessa. Le trascrizioni pervenuteci sono opera di sette Missionari della Consolata. In ordine cronologico (solo in pochi casi si hanno più trascrizioni della stessa conferenza) essi sono: il p. Umberto Costa (1885-1918), il p. Pietro Albertone (1894-1929), il p. Giuseppe Richetta (1897-1947), il p. Vittorio Merlo Pich, il p. Pietro Borello (1902-1966), il p. Antonio Garello e un missionario, rimasto anonimo, che raccolse dalla viva voce varie conferenze dell'Allamano ai ragazzi del Piccolo Seminario.
1) La raccolta del p. Umberto Costa è di 85 conferenze (dal 16 settembre 1903 al novembre 1912). Sono contenute in due taccuini (10 X 15), insieme ad altri appunti spirituali. La calligrafia è sufficientemente chiara, ma in molti casi esageratamente minuta. Delle conferenze raccolte dal p. Costa si possiede una trascrizione in bella calligrafia: si tratta di un quaderno di 206 pagine, trovato da Mons. Carlo Cavallera in Africa nel 1980 e spedito a Torino.
2) Nel 1912 al p. Costa subentra nel compito di raccogliere le conferenze dell'Allamano il p. Pietro Albertone. I suoi resoconti sono più ampi e abbracciano un periodo che va dalla conferenza del 15 dicembre 1912 a quella del 17 novembre 1918; complessivamente 236 conferenze.
Gli originali della raccolta del p. Albertone sono costituiti: a) da tre taccuini (10 x 16), contenenti le conferenze dal 15 dicembre 1912 al 28 settembre 1914; b) da un quaderno manoscritto (15 x 21) di 281 pagine e che è la trascrizione in bella copia dei tre taccuini precedenti; c) da un altro quaderno (stesso formato) dattiloscritto di 174 pagine con le conferenze dal 4 ottobre 1914 all'8 agosto 1915; d) e da un volume dattiloscritto (20 x 31) di 168 pagine, nel quale sono contenute le conferenze rimanenti (dal 15 agosto 1915 al 17 novembre 1918).
I tre taccuini manoscritti e il quaderno in bella copia sono di facile lettura; soprattutto il quaderno è ordinatissimo e denota una cura del tutto particolare.
Il quaderno dattiloscritto nella sequenza delle conferenze è ordinato; risulta invece evidente che il testo non fu riletto dopo la battuta a macchina, poiché contiene tutti quegli errori che commettono i dattilografi, specie se non provetti.

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II volume dattiloscritto dell'ultimo periodo risulta nel suo complesso molto disordinato: è il risultato di quinterni differenti rilegati insieme; a volte le stesse conferenze sono spezzettate in pagine differenti;
il testo dattiloscritto non fu riletto ed è zeppo di errori; il nastro della macchina doveva essere estremamente consunto.
3) La raccolta del p. Giuseppe Richetta contiene 31 conferenze dal 1912 al 1921, ma sono riportate in forma molto schematica. Di queste conferenze in alcuni casi c'è una trascrizione più ampia nella raccolta seguente del p. Vittorio Merlo Pich.
4) Le conferenze raccolte dal p. Vittorio Merlo Pich si trovano in un quaderno, in parte manoscritto e in parte dattiloscritto, di 427 pagine. Si tratta di 74 conferenze (alcune ai Novizi), per il periodo che va dal 10 settembre 1914 al 5 novembre 1922.
Il P. Merlo Pich compì questo lavoro con somma cura; egli stesso ne curò una copia dattiloscritta nel 1950.
5) II P. Pietro Borello raccolse in un quaderno di 74 pagine 36 conferenze tenute dall'Allamano nell'ultimo periodo di sua vita, dal 1921 al 1925.
Il manoscritto è ordinato e ben curato.
6) Il p. Antonio Garello raccolse in 18 fogli dattiloscritti alcuni pensieri delle conferenze tenute dall'Allamano dal 1920 al 1924. Il più delle volte i pensieri non sono datati e risulta difficile collocarli nel contesto esatto.
7) Infine si possiede un quaderno manoscritto (di autore ignoto), venuto alla luce solo nel 1952, contenente 40 conferenze tenute dall'Allamano ai ragazzi del Piccolo Seminario. Anche questo quaderno è ordinato in una calligrafia chiara.
L'Allamano era al corrente che tra i suoi ascoltatori (stessa cosa per le Suore Missionarie) c'era chi prendeva nota di quanto egli andava dicendo; aveva anche potuto prendere visione di qualche fascicolo. All'atto di consegnare al Maestro dei Novizi, il p. Giuseppe Nepote, i suoi quaderni manoscritti, alle parole: "Questi Manoscritti delle conferenze contengono il vero mio pensiero" aggiunse anche, alludendo ai resoconti verbali: "Il resto ha la sostanza, parlando io alla buona con

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voi" (Prefazione del p. G. Chiomio alla copia dattiloscritta delle "Conferenze del Padre", Torino 1947, p. V).
La presente edizione.
Delle conferenze manoscritte e dei resoconti verbali vennero compiute nell'Istituto varie trascrizioni dattiloscritte. Importante è la trascrizione delle conferenze manoscritte compiuta dal p. Giovanni Chiomio nel 1938 direttamente dagli originali autografi. Il dattiloscritto fu poi accuratamente controllato da Mons. Giuseppe Perrachon, dal p. Piero Oppio, e, partito per l'Africa il p. Oppio, dal p. Lorenzo Dutto. Ogni pagina del dattiloscritto è così annotata: "Visto, concorda con l'originale" e seguono le firme dei revisori. Nella Prefazione il p. G. Chiomio, dopo aver esposti i criteri seguiti nella trascrizione, aggiunge:
“Lo scopo volle essere un filiale omaggio al Padre della nostra piccola opera, intrapresa e condotta a termine con lo scopo preciso di concorrere a preservare dalla incuria del tempo e dagli altri pericoli, quali incendi, ecc. questo insostituibile Tesoro che racchiude gli insegnamenti della grazia-della-Fondazione ne pereant scripta Patris [...]” (Ibid., p. VII).
Con l'introduzione della Causa di Beatificazione (26 giugno 1944) furono eseguite altre trascrizioni sia delle conferenze manoscritte autografe e sia di quelle raccolte dalla viva voce.
Dal 1947 al 1966 il p. Giuseppe Gallea raccolse in otto volumi dattiloscritti le conferenze manoscritte e i resoconti verbali. Il criterio seguito dal p. Gallea fu di fondere insieme le due fonti, con un risultato criticamente molto discutibile.
Il criterio adottato nella presente edizione è quello di accostare le due fonti, per cui della stessa conferenza, quando esistono le due fonti, viene prima pubblicata la conferenza manoscritta autografa dell'Allamano e immediatamente dopo la stessa conferenza come fu raccolta

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dalla viva voce.
Altro criterio seguito è quello della totalità. Nonostante le ripetizioni, la presente edizione contiene tutte le conferenze, ad esclusione di alcuni schemi di conferenze contenuti in foglietti vari, di cui l'Allamano si serviva come pro-memoria.
L'ordine con cui vengono riportate le conferenze è quello cronologico. Di quasi tutte le conferenze è stato possibile stabilire l'anno, il mese ed anche il giorno. Mi sono semplicemente permesso di spezzare, in un certo senso, l'ordine cronologico, individuando sei periodi, corri¬spondenti alla vita dell'Allamano e alla storia dell'Istituto. I sei periodi sono: 1) Le Origini (1901-1904); 2) Lo sviluppo dell'Istituto e delle Missioni (1905-1910); 3) Vita religiosa e fondamenti dell'apostolato missionario (1911-1914); 4) Durante la prima grande guerra (1915-1918); 5) Dopo la grande guerra (1919-1922); 6) Dopo la morte del can. Giacomo Camisassa (1923-1925).
Inoltre, unicamente per motivi di maggiore completezza, sono ri¬portate anche 32 conferenze tenute alle Suore Missionarie della Conso¬lata, precisamente quelle che l'Allamano scrisse nei suoi quaderni. A ri¬guardo delle conferenze che l'Allamano tenne alle Suore Missionarie va ricordato che anche le Suore raccolsero dalla viva voce almeno 337 con¬ferenze. Si tratta di un consistente materiale che meriterebbe anch'esso una degna pubblicazione.
Ad ogni conferenza è stato dato un titolo (non sempre originale), Inoltre per ogni conferenza vengono riportate prima del testo tutte le indicazioni contenute nei manoscritti, oltre l'indicazione esatta delle fonti.
Da aggiungere che non ci si è fidati delle trascrizioni già esistenti, ma tutte le conferenze, sia quelle autografe dell'Allamano come quelle raccolte dalla viva voce, sono una fedele ed integra trascrizione degli originali.
Ogni volume è corredato di un duplice indice: il primo cronologico e il secondo per temi, ma in forma molto generale, valorizzando cioè solo i titoli delle singole conferenze.
L'indice analitico più completo è posto alla fine dell'ultimo volu¬me.

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Alcuni criteri di lettura.
Un così vasto materiale può essere percorso a vari livelli
1) Anzitutto si potrebbe nel leggere le 753 conferenze (comprese le 32 alle Suore Missionarie) tenere idealmente presente una triplice divi¬sione:
a) Conferenze per circostanze varie: Questa categoria si può consi¬derare quasi come il primo piano di un quadro o, meglio ancora, come la sua cornice. È qui dove l'Allamano, prendendo quasi sempre lo spunto del suo discorso dallo svolgersi dell'anno liturgico, tende a ripe¬tersi.
b) Conferenze riguardanti l'Istituto e il suo spirito: È certamente la categoria più importante: le Missioni, la vita religiosa, lo spirito di pre¬ghiera, i vari mezzi di perfezione, ecc.
Si può dire che tutti gli elementi riguardanti l'Istituto e il suo spiri¬to costituiscono anche la base del sistema educativo o formativo voluto dall'Allamano.
c) Conferenze tenute in occasione di partenze per le Missioni.
2) Le conferenze dell'Allamano possono essere lette al livello stori¬co. Sono infatti numerosissimi i riferimenti a fatti e persone del tempo, riguardanti la Chiesa in generale, la diocesi di Torino, il Santuario della Consolata, il Convitto, l'Istituto, le Missioni. È tutto un mondo, ormai lontano, con i suoi personaggi noti e meno noti, che prende vita.
3) C'è il livello più strettamente storico-biografico. Al riguardo le conferenze sono una miniera inesauribile, perché permettono di giun¬gere fino alle più minute vibrazioni e oscillazioni della sua anima.
Il brano sopra riferito dei missionari che in occasione della loro partenza per le Missioni gli fanno visita: "guardano, girano, osserva¬no, e cominciano a dire: Oh come è bello! E siccome in quei momenti il cuore del Rettore è tenero, tenero, tenero...", è molto significativo. Ma gli esempi del genere si contano a centinaia.
L'Allamano in queste sue conversazioni familiari (egli dice "alla

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buona") è sempre sincero nel manifestare il suo pensiero. Così, ad esempio, quando constata quanto fittizie siano le ragioni che si adduco¬no in diocesi contro le vocazioni missionarie, soprattutto con l'affermare che c'è scarsità di clero, esclama:
"Alcuni dicono: Che bisogno di andare in Africa, ce n'è bisogno qui di sacerdoti!
Sì, ce n'è tanto bisogno che stamattina hanno ordinato 17 sacerdoti e due o tre dell'anno scorso non hanno ancora il posto, [...]. Che in Torino ce ne fossero anche solo 45 e lavorassero di più, od an¬che fossero di meno, tutto andrebbe bene lo stesso" (Conf., 29 giu¬gno 1913).
Così il 26 agosto 1923, parlando del Card. Richelmy da poco scomparso, dice che "materialmente pregava male": "forse perché non ne fu avvertito e benché abbia fatto tutti gli sforzi non è più riuscito a correggersi". Invita i suoi ascoltatori ad eseguire bene le cerimonie della Messa, ma senza scrupoli: "Non scrupolosi, come era il Cardinale, che era scrupoloso, benché abbiano scritto che non lo fosse".
Il rilievo, che non è irriguardoso, trova conferma nella voluminosa biografia del Richelmy, pubblicata da A. Vaudagnotti verso la fine del 1926.
4) C'è anche il livello teologico. È risaputo che nell'800 e primo 900 la teologia, almeno in Piemonte e a Torino, era alquanto soffocata dalla teologia morale, da un "moralismo" spesso ambiguo, pesante, polverizzato dalla "casistica" e lacerato da discussioni sottili e senza fi¬ne. L'apologetica era in molti casi semplicistica, più polemica che di¬fensiva o dimostrativa. Tutta la teologia risultava dominata da una spe¬cie di "romanticismo cristiano", fatto di ottimismo, di "provvidenzalismo" e di "tradizionalismo", con un atteggiamento, quindi, tendenzialmente conservatore. Tutta la teologia dell'800 è dominata dalla questione della predestinazione e della corrispondenza alla grazia della vocazione.
Da un punto di vista teologico nell'Allamano non ci sono dubbi, incertezze, problematiche. Tutto è pacifico. Il modernismo non lo toc-
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ca minimamente a nessun livello. La sua fede è semplice, schietta, in qualche caso persino infantile (basti leggere quanto asserisce sugli An¬geli custodi o in occasione della festa della Presentazione di Maria SS. al Tempio); fede spontanea, moderatamente entusiasta, intensa e cal¬da. Con tutto ciò è anche creativa e inventiva (come quando tratta di una presenza eucaristica "per animam" o quando invita a valorizzare la S. Scrittura).
È una fede soprattutto operosa, che tende alla pratica e a concre¬tizzarsi in qualche modo. Le sue conversazioni spirituali, sempre im¬prontate a fede intensa, terminano quasi sempre con inviti pratici: “Fate così...”, "Felici voi se farete così...", "Provate anche voi...", ecc.
L'Allamano in tutti gli argomenti che affronta non appare mai un teorico o un contemplativo puro; egli tende alla pratica. La sua devozio¬ne mariana si concretizza nel Santuario, che dev'essere bello e funzio¬nale. La vita cristiana, religiosa e sacerdotale trova la sua massima e più elevata espressione e concretizzazione nell'apostolato missionario.
Nel suo testamento egli poté scrivere: "Per voi [missionari sono vissuto tanti anni, e per voi consumai roba, salute e vita"
II livello teologico nelle conferenze dell'Allamano è importante;
ma risulta sempre superato dalla vita.
5) C'è infine il livello spirituale-ascetico-formativo. Il più impor¬tante.
Senza alcun dubbio l'Allamano è tributario della religiosità del suo tempo. La pietà è decisamente "devozionale". Si nota nel suo insegna¬mento e nel sistema di vita spirituale una sovrabbondanza di pratiche, tali da riempire tutti i momenti della giornata. Tuttavia se ben si osser¬va non si stenterà ad accorgersi che questa molteplicità di pratiche e di devozioni tende a risolversi in una "perfetta sintesi armonica", per le cosiddette "linee di fondo" che fanno come da scheletro portante di tutto il sistema. Queste linee di fondo sono soprattutto due: lo spirito di preghiera perfezionato e quasi sublimato nel senso e nel gusto di quella misteriosa presenza di Dio e di Nostro Signore nell'Eucarestia. Spirito di preghiera e spirito di presenza che tendono però all'azione, allo zelo, precisamente, all'apostolato missionario. Il che, secondo l'Allamano, è lo stile di vita adottato da Gesù Cristo stesso.

XXII

Le conferenze dell'Allamano non costituiscono neppure un "rigo¬roso sistema" di dottrina ascetica, nel senso che non sono un "trattato di teologia ascetica". Appartengono invece, se così si può dire, al gene¬re letterario delle "esortazioni", dell'infervoramento spirituale. Per cui in molti casi più che a quello ch'egli dice si dovrà badare al modo con cui lo dice. Il linguaggio è quello della "meraviglia", del religioso stu¬pore, dell'entusiasmo, dell'esuberanza, del fervore, della convinzione, dell'intensità spirituale. Il linguaggio dell'Allamano è soprattutto il lin¬guaggio dell'intensità spirituale. Per capire che cosa si debba intendere per intensità spirituale si possono scorrere le seguenti parole tratte dal Deuteronomio 6, 4-9. Costituiscono un esempio classico di "intensità spirituale":
"Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze.
Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore; li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando cam¬minerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li leghe¬rai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli oc¬chi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte".
Quante volte all'Allamano esce di bocca l'esclamazione: "Che bel¬lo!"; "È così bello!":
"Questi pensieri a me piacciono tanto ed ogni tanto ne faccio la me¬ditazione. Bello!".
"Quelle belle lezioni [della festa dell'ottava del Corpus Domini]. So¬no meraviglie!".
"Quella preghiera [di S. Ignazio]: così bella!".

"Semper cum Domino erimus! Che bella espressione!".
"Lui sarà nostro cibo, bello questo pensiero!".
"Quando si recitano i Salmi adagio, che bella meditazione! Beatus vir qui timet Dominum! Sit nomen Domini benedictum! Che bellez-

XXIII
za! Cosa divina!".
"Il Vangelo di oggi è magnifico... Ma l'Epistola è qualcosa di stu¬pendo! Oh come è bella!".
"Vedete come è bello! Bisognerebbe avere delle giornate per poterlo gustare bene!".
"Vedete come sono belle [queste preghiere]! Se le dicessimo con sen¬timento: sentiremmo che ci portano via".
L'intensità spirituale esplode continuamente come scintille da un focolare ben acceso:
"Ho da dirvi che quest'oggi ho ricevuto una grande consolazione...".
"Gustare con la parte superiore di noi stessi...".
"Avere il cuore vivo...".
"Il cuore si deve commuovere, non abbiamo una pietra".
"E sì, S. Paolo è sempre S. Paolo, e dà una vita la parola di S. Pao¬lo!".
"La S. Scrittura scalda il cuore".
Per la Novena di Natale: "Ricordate le impressioni che sentivate nei vostri paesi; per me è una soavità al cuore questo ricordo!".
Afferma di aver iniziato un giorno a contare le ispirazioni che il Si¬gnore gli inviava: "Potevo mica più andare avanti!".
"Oggi nella Messa viene un Oremus cosi bello! Familiam tuam... Quando capitano queste belle preghiere bisogna dirle adagio, e medi¬tarle...".
"È così bello vivere in famiglia!".
Una volta entrati nell'Istituto: "Studiare lo spirito, imbeversi dello spirito dell'Istituto, e osservare con animo, con tutto il cuore tutte le pratiche della Comunità anche le minime, che sono quelle che forma¬no il bello".

XXIV
"Dio ci fa religiosi: Deo gratias!
Ci vuole sacerdoti: Deo gratias!
Ci vuole missionari: Graziissime!".
"Certe cose bisogna farle con molta superiorità di spirito".
Sta qui, in questa intensità spirituale, la forza di convincimento che tutti provavano nel sentirlo parlare.
Ecco perché potè anche dire che essere missionari è solo questione di un po' più di generosità.
Torino, 16 febbraio 1981
P. Igino Tubaldo
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