SPIRITO DI FEDE

25 novembre 1906

Quad. III,16-17
Sullo spirito di fede (25 Nov. 906)

Ho parlato della fede con cui bisogna stare in Chiesa, ed esercitare ogni ceremonia. Oggi vi dico che tale spirito deve accompagnarvi in ogni atto della Comunità; dal mattino alla sera; di giorno e di notte;
nello studio, in refettorio e nelle ricreazioni. Vediamo.

Per avere lo spirito di fede, il che vuol dire vivere di fede "justus meus ex fide vivit", non basta aver ricevuto l’abito della Fede nel S. Battesimo, né basta fare qualche atto di fede nel giorno, come nelle Orazioni del mattino e della sera, ma bisogna che ogni nostro atto interno ed esterno sia modellato sui dettami della fede. Vivere di fede vuol dire: (Chaignon vol. 2 p. 177).

Esaminiamo ora se veramente i nostri pensieri e giudizii, gli affetti, le parole e le nostre azioni siano di fede, se in tutti viviamo di fede.

(V. Pred. sulla Fede ai Sem. ed ai Convittori).


P.U. Costa, Quad. I,143-144
Rev.mo Sig. Rettore 25 -11-1906

Vi ho già parlato altra volta della Fede che dobbiamo avere in chiesa nelle s. ceremonie; ma non dobbiamo averla solo lì; dobbiamo vivere di fede: justus meus ex fide vivit. Ora, che vuol dire vivere di fede? Vuol forse dire avere la fede? La fede l’abbiamo per abito infuso da Dio, che non si perde se non con un atto contrario. Vuol dire che la fede deve cooperare, moderare, entrare in tutti i nostri pensieri, affetti, parole ed opere, come di Abramo dice S. Paolo: fides cooperabatur omnibus operibus eius; noi dobbiamo respirare fede.

E prima i nostri pensieri debbono essere conformi alla fede. Certo non siamo padroni di quei pensieri che ci vengono così all’improvviso, ma ne siamo padroni quando ce ne accorgiamo. Via quei pensieri inutili, non riguardanti le nostre cose, il nostro ministero; pensieri che ci vergogneremmo fossero manifestati agli altri.

Dai pensieri poi vengono i giudizi: giudizi sull’avvenire nostro, sui compagni, sulle disposizioni dei superiori ecc. Quando ci accorgiamo di un pensiero diciamo: questo pensiero piace a Dio.

S. Maria Maddalena de’ Pazzi incontrandosi con alcuna delle sue suore le domandava: che cosa pensate? E se rispondeva: a storie, soggiungeva: no, no; pensate a far queste cose per amor di Dio.

Dai pensieri passiamo agli affetti che sono pure essi nascosti. Non parlo di affetti cattivi, di amicizie particolari: qui dobbiamo amarci tutti ugualmente come tanti fratelli: dobbiamo non saper dire chi amiamo di più; se uno è più virtuoso troveremo in lui più da imitare; se un altro ha dei difetti, se possiamo, facciamo la carità di correggerlo, ma amiamo tutti ugualmente: le amicizie particolari mettono in rovina una comunità. Non parlo di questi affetti, parlo di quelli che uno può avere ad una cosa da niente: un’immagine, un libro pel quale si mette talvolta tutto a soqquadro: è mio; che tuo; è di Dio.

Non parlo di quel giusto attacco che dobbiamo avere alle cose della comunità delle quali dovremo poi render conto al Signore; di esse ci è concesso il semplice uso e non l’abuso.

Talvolta uno fa dei grandi sacrifizi, e poi...; come dicevo una volta alla Visitazione (non perché n’avessero bisogno): alcune di voi hanno lasciato centinaia di migliala di franchi e poi si attaccano forse ad un libro tanto e fors’anche più che non ai 200.000 franchi. Che direste se un giorno o l’altro, come usano alla Visitazione, vi facessi fare lo scambio delle vostre robe?...

Le parole; vedete, nel 1877 facevo nel seminario una predica sulla fede e dicevo le stesse cose che dico a voi adesso. Nelle ricreazioni si parla di mille storie, e mai che si parli di cose di fede. Se uno introduce qualche discorso spirituale lo si guarda in faccia quasi per dire: ma costui è mezzo folle; oppure si giudica che egli la voglia far da maestro... (qui fu obbligato a troncare per una visita...).

Siamo nella novena di S. Francesco Saverio. Egli in poco tempo si è fatto santo. Preghiamolo tanto e ricordiamoci che in via perfectionis non progredi regredi est: lo stesso non andare avanti è già un tornare indietro; come chi si trova in mezzo ad un fiume, se non si sforza d’andare contro corrente vien trascinato all’ingiù. Quei che hanno fatto i voti vi sono obbligati: conatus semper proficiendi...

giuseppeallamano.consolata.org