STUDIO DELLE LINGUE - FINE E MODO DI STUDIARE

16 aprile 1907

                                 ;                    & nbsp;                  Quad. IV, 5

Parole sulle materie di studio (ordine nello studio)

Un degno autore (Mack Tes. del Sac. I, p. 58) trattando di ciò che deve studiare un sacerdote, pone per prima cosa la lingua, in cui dovrà esercitare il S. Ministero, e dice che il sacerdote deve procurare di ben possederla, vale a dire mettersi in istato di scriverla e parlarla con perfe­zione. E veramente a che serviranno gli studi di filosofia, di Teologia, di S. Scrittura ecc. per il S. Ministero, se non si saprà tali materie comu­nicare colle parole; e che poco effetto se si parleranno stentatamente. Verrà piuttosto via la volontà di evangelizzare, o si farà senza energia, e con poca importanza ed autorità pel poco conto in cui sarà tenuto per questa deficienza. I poveri selvaggi non capiscono come i missionari non parlino come essi, e come niente terranno la nostra lingua che non conoscono. - Quanto perciò sarebbe desiderabile che poteste fin da qui imparare il kykuju; spero verrà presto questo momento di aver la gram­matica ecc. Per ora ad ovviare a questa mancanza e per non perderne sin dal principio sono i novelli missionari trattenuti a Limuru e quivi hanno scuola di lingua...

Ma ciò che non si può ora pel Kykuju si può e si deve fare per la lingua inglese. Dessa è dopo quella assolutamente necessaria per poter conferire colle autorità inglesi dei vari forti - per gli ufficiali e le loro fa­miglie, che col tempo certamente andranno colà a stabilirsi. La conver­sione degli infedeli non esclude quella dei Protestanti, questa anzi aiu­terà molto la prima.

Pesate sovente le parole del Regolamento che dice essere segno di vocazione all'apostolato l'impegno ecc. (Reg. III, 14).

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Fine e modo nello studiare                   &nb sp;                               (Quad. IV, 5-6)

1. Fine: S. Bernardo dice che bisogna studiare ad suam et proximi utilitatem et ad Dei gloriam. E spiegando meglio distingue cinque fini per cui si studia: 1. Sunt qui... (Mack p. 84)...

2. Modo. S. Tommaso tra le condizioni necessarie a ben studiare dice che bisogna studiare con temperanza. Vi sono alcuni che studiano poco non impiegando bene tutto il tempo a ciò destinato; altri invece vorrebbero studiare sempre anche dove e quando non si deve. A questo proposito il Card. Bona scrive che si studia bene e con temperanza: si nullam propter studia orationem omittas, nullam tui instituti regulam negligas. Che dire di chi credendo tempo rubato allo studio quello che l'ubbidienza destina ai lavori manuali, anche solo della cucina e della pulizia, li fa di mal animo e per forza?

Sentite ciò che dice S. Paolo: non plus sapere, quam oportet sape­re, sed sapere ad sobrietatem, che è la detta temperanza. Es. Card. Baronio. Qui dentro tutto è regolato non solo per farvi santi, ma anche dotti e di più versati in ogni cosa che vi sarà necessaria ed utile nelle missioni. Cave, soggiunge il Card. Bona, duo extrema: nimiam propensionem ad studia cum dispendio devotionis, humilitatis et valetudinis;

et indiscretam propensionem ad pietatem cum studiorum detrimento. Suum utrique exercitationi tempus tribuendum est (Mack, p. 85). E ciò farete osservando le regole dei Superiori. Appartiene pure al modo di studiare ciò che soggiunge detto pio Cardinale: Inter studendum saepe ad lumen aeternum confugias, atque ad Deum per creaturas ascendas. Come sta male il vedere studiare teologia come si studierebbe qualsiasi scienza profana. Si studia de Euchª  e non va un pensiero a Gesù, una com. spir. ecc. Così della medicina, del falegname ecc.; da tutto si può e si deve assorgere a Dio principio e fine di ogni studio ed arte; ad Deum per creaturas ascendas. S. Giuseppe Calasanzio prescrisse ai suoi Scolopii di non mai fare una scuola anche di matematica senza fare en­trare Dio.- Così lavorando da falegname si pensa a S. Giuseppe ed a Gesù stesso che tal mestiere esercitarono, e si imitino lavorando le loro virtù. Cosi in cucina S. Alfonso Rodriguez e S. Caterina da Siena. Insomma si studia e lavora per Dio e per farci santi; questo è il nostro in­tento, e con noi salvare le anime infedeli. Proponete.

P.U. Costa, quad. I, 155

Rev.mo Sig. Rettore - 16-4-1907 - Torino

Siamo sempre lì... pregare, studiare, e... avanti...

La preparazione non è mai abbastanza lunga. Preparatevi e guardate di lavorare e studiare. Come dice S. Bernardo, si possono avere più fini nello stu­diare: "Sunt qui scire volunt eo fine tantum ut sciant (et turpis curiositas est);

et sunt qui scire volunt ut sciantur ipsi (et turpis vanitas est); et sunt item qui scire volunt ut scientiam suam vendant pro pecunia, pro honoribus (et turpis quaestus est); sunt qui scire volunt ut alios aedificent (et charitas est); alii ut et ipsi aedificentur (et hoc prudentia est)".

Per voi tutto è studio, dal lavare i piatti fino allo studio di S. Tommaso. S. Tommaso poi pone nove condizioni, perché lo studio sia buono, ma esse poi si possono ridurre a quattro: Umiltà, Temperanza, Fermezza, Carità.

I. Non studiar per sopraffare i compagni, per gli esami, per essere preferi­to dai superiori.

II. Non perder tempo, si, far quello che si può, ma non quella quasi rab­bia...

III. Circa la fede studiarne anche le obiezioni per aiutare gli altri, ma la nostra fede non abbia bisogno di conferma.

IV. S'intende da sé.

Circa la temperanza nello studio il Card. Bona ha queste parole: Avrai la temperanza nello studio: si nullam propter ipsum orationem omittas (Non vo­glio neanche che lasciate una giaculatoria per lo studio), nullam tui statutis regulam; si saepe, inter studendum, ad lumen aeternum confugias, et ad Deum a creaturis ascendas. Insomma, non plus sapere quam oportet sapere, sed sape­re ad sobrietatem. Dal fine che vi proponete e dal modo con cui studiate, lo studio resta santificato; il Signore porta il peso e lo studio resta utile.

Lo studio senza pietà fa gli eresiarchi. S'intende, intensa l'una, intenso l'altro. La pietà serve a tutto. Il nostro Regolamento è disposto in modo, che chi occupa bene il tempo dedicato allo studio, si troverà alla fine con quel cor­redo di scienza che gli è necessario. Ricordate che S. Tommaso affermava di aver imparato più dal Crocifisso che dai libri. S. Bernardo più sotto i faggi (coltivando i campi) che sui libri. Quanto fa male, quando si studia p. es. De SS. Eucharistia, e non aver mai nessuna aspirazione.

Voi studiate ora De poenitentia; non potete ringraziare il Signore che ci ha dato tante volte questo Sacramento? Nell'Antica Legge era necessaria la contrizione perfetta per avere il perdono dei peccati; a noi con questo Sacra­mento basta l'attrizione.

Il Sacerdote al Confessionale deve sapere molto bene l'ascetica perché, come diceva il Ven. D. Cafasso, ei non deve fare solo da giudice, ma è obbli­gato per quanto sta da lui, a condurre le anime alla santità.- Studiare fermissi­mamente, pregare ancor meglio, fare ogni azione come se non ce ne fosse al­tra.

giuseppeallamano.consolata.org