PREPARAZIONE E RINGRAZIAMENTO ALLA COMUNIONE - VOCAZIONE

13 giugno 1909
Quad. V, 14
Domenica infra Oct.
Presa occasione da un'immagine regalata dal C. Boccardo, che ri­porta la preghiera del Postc. Dom. infra oct. Asc.: repleti, Domine, muneribus sacris, da quaesumus, ut in gratiarum semper actione ma-neamus, parlai degli atti per la preparazione ed il ringraziamento pros­simo e remoto alla S. Comunione (Ved. libr. mie orazioni quotidiane).
P.U. Costa, quad. II, 103-104
Rev.mo Sig. Rettore - 13-6-09
Perché il frutto della S. Comunione perseveri nell'anima nostra, bisogna unire una Comunione all'altra, in modo che il tempo frammezzo s'impieghi parte in ringraziamento della Comunione precedente, parte in preparazione alla seguente. Una persona (che, da ciò che disse altra volta, è egli stesso) tene­va questo metodo: fino alle 8 continuava il ringraziamento prossimo: esso si può continuare anche nello studio, indirizzando ciò che facciamo a quel fine, ecc. Dalle 8 poi alle 10 ripigliava gli atti di ringraziamento, cominciando dall'Adorazione: unirsi agli Angeli e Beati del Paradiso per adorare il Signore Benedicite omnes Angeli Domini Domino; benedicite, caeli. Domino.
Per fare questo ed altri atti non è necessario fare cose particolari, basta indirizzare ciò che facciamo in tal tempo a quel fine.
Dalle 10 alle 12 atto di ringraziamento in unione ai giusti della terra Bene­dicite, spiritus et animae justorum Domino, benedicite, sancti et humiles coede, Domino.
Dalle 12 alle 2: atto di offerta: il tempo del pranzo è appunto adatto per fare tante piccole offerte: unirci alle bestie, che sono invitate nel Benedicite:
Benedicite omnes bestiae et pecora. Domino, perché nell'atto del mangiare non ci facciamo simili a loro.
Dalle 2 alle 4 atto di domanda, in unione alle piante, che tendono sempre verso il cielo, specialmente se strette da altre piante in una foresta: Benedicite, universa germinantia in terra, Domino.
Dalle 4 fino alla visita della sera: atto di consolazione in unione alle pie­tre, desiderando d'essere pietre per la gloria di Dio.
Dalla visita comincia il preparamento remoto per la Comunione seguen­te, e consiste in tre atti: di fede, umiltà, amore: ripetere a noi stessi quel che di­ceva quel ministro invitato dal re a pranzo: Cras cum rege pransurus sum, e con che Re.
Se ci svegliamo la notte, ed al mattino appena alzati, immaginarci che il Signore ci, dica, come già a Zaccheo: Festinans descende, quia hodie in domo tua oportet me manere; e discesi poi in Cappella, al più presto possibile, dire al Signore: Mane, astabo et videbo - stamane starò qui e ti vedrò, ti conoscerò, o Signore.
Queste sembrano piccolezze, ma servono molto; siamo tanto materiali che abbiamo bisogno di queste cose; ed una volta assuefatti le faremo con tut­ta facilità; coloro che le disprezzano è per pigrizia.
Adesso continuiamo sulla Vocazione: non parleremo della vocazione na­turale, dei mezzi per conoscere se uno è chiamato a farsi medico od avvocato, ecc., benché ci siano; a noi importa la vocazione soprannaturale.
Ora, chi non segue la vocazione allo stato religioso (dei segni per conoscerla parleremo altra volta) pecca? Pare di no, perché il Signore ha detto Si vis, ma io non voglio, dunque. Il Signore, dice il Bellarmino, quelle parole Si vis, ecc. le ha rivolte a tutti gli uomini, onde tutti possono colla preghiera im­petrare la vera vocazione allo stato religioso, che quell'invito non basta anco­ra. Certamente poi chi non seguisse la vera vocazione, per sé non pecca grave­mente (eccetto che sia convinto che stando nel mondo, a cagione della sua fra­gilità, ecc. egli incorrerà la dannazione), ma si pone in grave pericolo di sua salute, privandosi di quegli aiuti speciali che Iddio gli aveva preparati nella re­ligione.
E in quanto al Sacerdozio? - Qui non c'è più Si vis, ma Non vos me elegistis, sed ego elegi vos; guai però a chi, entrasse nel Sacerdozio senz'esservi chiamato!... a tali sapete quel che diceva D. Cafasso Si non es vocatus fac ut voceris; certo nel dubbio bisogna star fuori. Ma se uno è veramente chiamato (i segni li diremo altra volta) bisogna che segua la chiamata, per quanto subli­me gli paia il Sacerdozio: faccia quel che deve fare, e speri nel Signore, che gli concederà tutte le grazie necessarie.
E in quanto al Missionario? - Qui la cosa è più facile. Lo dico subito, per quello stesso che uno è religioso (se lo permette il suo Istituto) o sacerdote, egli è chiamato a farsi Missionario, non si richiede niente di più: non si dica: o per farsi Missionario si richiede questo e questo; no. Tutti i santi e le sante hanno sempre bramato di andare nelle Missioni; come S. Francesco d'Assisi, S.M.M. de' Pazzi, che bramava essere un uccello per poter (non desiderando però rompere la clausura) volar nell'Indie, a convertirvi tanti infedeli. Oggidì perfino i Trappisti e le Trappiste sono in missioni nelle Indie, nell'Africa. Che differenza c'è poi da amministrare il Vangelo qui, allo spargerlo fra gli infede­li? Unucuique mandavit Dominus de proximo suo. Gli Apostoli ed i discepoli furono mandati dal Signore a predicare il Vangelo per tutto e a tutte le creatu­re.
Per oggi basta; un'altra volta parleremo dei segni per conoscere la nostra vocazione.
giuseppeallamano.consolata.org