ACCUSA PUBBLICA

4 febbraio 1910
1910- 4 Febbraio
Fervorino sull'accusa pubblica (non agli studenti ginn.li)
Le nostre Costituzioni al capo 12 della prima parte N. 39 dicono due cose: penitenza corporale ... ed almeno... "Almeno...". Ripren­diamo questa santa pratica, e per ricavarne i frutti che deve produrre consideriamone l'importanza ed i mezzi per farla bene.
1. - 1) Tutte le Comunità religiose hanno i tempi destinati al capi­tolo delle colpe, come si chiama, e...
Molte anzi vi aggiungono la disciplina (Filipp.) il cilicio (Certosini). Dal che già si deduce l'importanza della cosa, e veramente;
2) Come del nostro interno, dei peccati, ci purghiamo, e mettiamo in buon ordine l'anima nel Sacr. della Penitenza, e pei veniali anche la S. Comunione ed i Sacramentali; così dobbiamo rimettere l'ordine ester­no della Comunità con questa purificazione. Ogni infrazione anche in­colpevole in una casa è una lesione, una macchia che si fa al buon anda­mento. Bisogna rimediarvi; togliere la macchia... Questo si fa coll'ac­cusarlo in faccia gli altri che videro o potevano vedere lo sconcio od il difetto. A questo modo l'ordine resta reintegrato e riparato il difetto.
3) Anche per riparare lo scandalo. 4) Aggiungasi che mentre il colpevo­le, dico esternamente, colla promessa di emendazione e di maggior at­tenzione procura di non ricadervi, i confratelli avranno una scuola pur essi per stare guardinghi a non fare simili omissioni od azioni. 5) Siamo obbligati a fare penitenza; ma le pubbliche sono migliori. 6) La pratica poi è un bel esercizio di umiltà e di mortificazione per chi la fa ed anche per quelli che vi assistono. Colui si capisce deve vincere la naturale ri­trosia ad aprire ai compagni i propri difetti, gli altri mentre si edificano della virtù del fratello, devono riflettere ch'essi ne avranno pure e forse maggiori, dalla casa non conosciuti.
2. Dobbiamo perciò 1) Stimare sì santa ed utile pratica, intervenir­vi volentieri, e tutti accendere in noi il desiderio di esserne parte attiva. 2) A tal fine esaminiamo le nostre esterne mancanze, anche quelle igno­te ai superiori ed ai compagni, nei pochi minuti che ci sono dati dopo le preghiere di preparazione, ed anche 3) prima perché invitati dal supe­riore possiamo ben dichiarare il difetto. Meglio ancora sarebbe se non invitati, od estratti a sorte pregassimo prima il superiore a concederci la grazia. Come fa bene ciò all'anima desiderosa di vincersi e di perfezio­narsi!
Si perde il credito come diceva S. Filippo.
Nota. Ma perché riesca bene la pratica è assolutamente necessario il secreto, voglio dire che quanto si fa qui rimanga qui, e non se ne parli mai fuori, anzi non vi si pensi, e si mandi via come tentazione il ricordo di ciò che ha detto il tale od il tal altro; e ciò è facile, contrapponendo a questo ricordo ciò che avrebbe ognuno dovuto dire di sé, forse, molto più grave e con meno virtù che i compagni. A questo modo si darà glo­ria a Dio e ci aiuteremo a farci santi.
P.U. Costa, quad. II, 111-112
Nella Cappelletta del S. Cuore di Gesù Rev.mo Sig. Rettore - 4-2-1910
Nelle nostre costituzioni si legge; "Oltre quelle che la S. Chiesa stabilisce per tutti i fedeli, e quelle che la stessa vita di Missione importa, i missionari procureranno di praticare qualche mortificazione corporale esterna, al vener­dì; - e almeno una volta al mese, faranno l'accusa pubblica di qualche trasgressione esterna delle Costituzioni".
Quanto alla prima parte, una volta facevamo digiuno al Venerdì, così bello in una comunità religiosa, ma a motivo della debolezza di salute, l'ab­biamo sospeso; però ognuno procuri di supplirvi con qualche piccola mortifi­cazione, conforme a quanto ho già detto tante volte.
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Riguardo alla seconda parte, gli anziani sanno che era in uso presso di noi di fare questa accusa tutti i venerdì, e non l'abbiamo più fatta in questi mesi, per molti motivi. Ora però la riprenderemo e la faremo sovente, le Costituzio­ni dicono almeno una volta al mese. Quest'accusa è una pratica utilissima sia alla Comunità, che all'individuo. Qui non parliamo di peccati, essi si aggiusta­no col confessore; ma solo delle mancanze esterne alle Costituzioni. Desse so­no come una lesione dell'ordine della comunità, e tale accusa serve a redintegrarlo: sarà la rottura d'un piatto, anche involontaria, una mancanza esterna (non parlo di peccati) assolutamente involontaria, e domandandone perdono in pubblico, facendone l'accusa uno ripara, redintegra l'ordine ed il benessere della comunità. Non bisogna poi solo accusare quelle mancanze commesse in pubblico, che furono viste dai fratelli, ma anche quelle (mai i peccati inteso, non è qui che si devono accusare, se uno li accusasse non gli crederemmo, se dicesse d'esser peccatore, gli diremmo che non è qui che va detto) che non fu­rono viste da nessuno, perché furono vedute da Dio, ed anch'esse hanno leso l'ordine generale della comunità, che va riparato. Questo riguardo alla comu­nità.
Riguardo poi all'individuo questa pratica è pure di grande utilità: uno si crede talvolta d'essere umile e poi...; quest'accusa certo ci costa assai, ma ser­ve molto a distaccarci dalle cose di questa terra, a non essere tanto solleciti della stima che abbiano gli altri, i superiori di noi; certo curam habe de bono nomine, ma procuriamo di aver buona fama innanzi Dio, ed Egli ce ne darà avanti agli uomini quanta ce ne abbisogna, come diceva S. Francesco di Sales.
Però perché questa santa pratica possa arrecare tali frutti deve farsi bene. E, prima di tutto, essa deve restare qui: fuori di qui, o dove si farà (ma qui va bene), non un accenno, non una digressione, neanche un pensiero su quanto si è detto, scacciarlo come una tentazione, e pensare a quello che avremmo do­vuto dir noi; senza di questo guai.
Poi bisogna fare questa accusa come un mezzo di santificazione, con umiltà. Chi sarà invitato, od estratto, o desidera farla, si accuserà di qualche mancanza di una settimana o quindicina precedente, e nel frattempo gli altri penseranno a quello che dovrebbero dir loro: non si perde la stima con quello, no, anzi se ne acquista.
(Dopo due minuti di riflessione, si alza e dice): "Come a superiore della comu­nità, tocca a me a dare il buon esempio. (Ed inginocchiatosi sul pavimento);
Domando perdono della mia ineguaglianza di spirito (cui spiega poscia con poche parole che non ricordo più bene). (Nella Cappelletta del S.C. di Gesù).
giuseppeallamano.consolata.org