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Scritto da Beato Giuseppe Allamano
11 dicembre 1910
Quad. VII, 2-3
11 Dicembre 1910
Mortificazione della lingua
La nostra lingua ha due uffìzii; quello del gusto, di cui già
abbiamo detto, e quello del parlare, più nobile del primo, non comune agli animali bruti. - Essa è
modicum membrum, sed magna exaltat come dice S. Giacomo. Per essa si può fare molto bene e molto male (S.
Giac. III 9 e 10). Possiamo colla lingua parlare bene e con edificazione, pregare Dio vocalmente e cantarne le
lodi... Invece possiamo servircene per dire parole oziose o contro la carità (ira, sdegno, impazienza nel
modo; mormorazione e calunnie nella sostanza), per vanità e superbia;
per non dire delle bestemmie ecc. Eppure è tanto facile peccare colla lingua. S. Giacomo (vers.
2): si quis non offendit in verbo, hic perfectus est vir; e l'Ecclesiastico: beatus qui non deliquerit in
lingua sua. Vedi tutto il capo della lett. di S. Giac. Esempio del demonio comparso a S. Domenico (V. Scar. vol.
II p. 141) ed applicarlo a noi: hic locus totus meus est - luogo di ricreazione. Come fare a vincerci e non
peccare nella lingua? Vuole il Signore che la freniamo; perciò mentre ci diede due orecchie e libere, ci
fornì di una lingua sola, e questa la serrò tra due steccati, i denti e le labbra, per avvertirci di parlare
poco e pensare prima di parlare. Non fare come gli sbadati che gettano fuori quasi prima di pensare... Ci vuole il
freno come ai cavalli (S. Giac. l.c.).
Bisogna: 1) pregare: pone. Domine,
custodiam ori meo et ostium circumstantiae labiis meis. Come per ogni virtù, così specialmente per parlare
bene... 2) specialmente esaminarci prima delle ricreazioni e del parlatorio come dobbiamo parlare ed ogni mattina,
applicando la meditazione in quelle mancanze di lingua che ci arrivano più sovente nel giorno. 3) Considerare
le conseguenze delle parole del mormorare o calunniare... 4) Imporci una penitenza quando cadiamo, es. una croce
per terra colla lingua (es. S. Franc. Z.) o nel vino ecc. (V. Scaramelli l.c.). 5) Amare il silenzio e la
curiosità (sic). 6) Parlare col Signore.
Silenzio. Per non mancare
colla lingua sarebbe più comodo stare sempre in silenzio. Così fecero certi Santi: S. Romualdo per 7 anni e
S. Giovanni il silenziario per 47 anni senza dire parola con alcuno. Ma non così vuole Iddio nel nostro stato, e
perciò sebbene abbia messo alla lingua due porte non vi pose un muro.
S. Ambrogio: quid igitur? mutos nos esse oportet? Minime. Ma con S. Giov. Gris.: aut
tace, aut dic meliora silentio. E San Franc. di Sales spiega meglio il nostro parlare: "il nostro parlare sia
poco e buono, poco e dolce, poco e semplice, poco e caritatevole, poco ed amabile" (La Perf. Crist. p.
134). Esempio S. Ignazio (Id. 135). Per acquistare tale abito bisogna assuefarsi ad osservare rigorosamente
i silenzii prescritti dal regolamento "in silentio ... proficit... ". 2). Fare uno studio di
parlare sottovoce e non alta, a cenni, facendo meno rumori possibili anche coi piedi (La perf. p. 136; e Scaram.
l.c.).
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Creato: Martedì, 06 Giugno 2006 06:52
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Pubblicato: Lunedì, 05 Giugno 2006 23:00