DISTACCO DAI PARENTI

12 gennaio 1913
Quad. VIII, 16-18
12 Gennaio 1913 Distacco dai parenti
Il Vangelo odierno ci dà una lezione che fa specialmente per noi re­ligiosi. N.S.G.C, lascia Maria SS. e S. Giuseppe senza loro dir nulla: e sapeva della pena che avrebbero provata; eppure anche in ciò non cessò di essere perfetto modello d'ubbidienza, e lo conferma subito il Vange­lo, dicendo ch 'erat subditus illis per tutto il tempo della sua vita nasco­sta. Né lasciò di domandare loro il permesso, temendo una negativa, perché non si sarebbero opposti... Perché così fece; anche con violenza del suo cuore ed ancora al dolce rimprovero di Maria SS. rispose un pò acerbamente: nesciebatis... oportet...
Si trattava di darci una grande lezione; quale di non lasciarci in­fluenzare dai parenti nelle cose nostre spirituali, quando Dio vuole da noi qualche cosa, specialmente in fatto di vocazione. D'altra parte noi non dobbiamo immischiarci troppo nei loro affari temporali, anche sotto specie di bene spirituale.
Cominciamo da questa seconda verità. Nel mondo si dice che non c'è gente più attaccata ai parenti dei religiosi; e sovente dicono il vero;
certi religiosi e più religiose hanno sempre da scrivere ai parenti, da trattenersi con loro a lungo in parlatorio, e sembra che tocchi loro diri­gere la casa dei genitori e dei fratelli. Dicono che ciò fanno perché viva­no da cristiani... per fare del bene. Intanto dissipano se stessi col soven­te pensare ad ogni fastidio dei parenti, per loro amore ricorrono con importunità alla carità altrui, e pur'anche s'intrigano di matrimonii... Naturalmente i parenti vengono a portare in parlatorio ogni loro pena e disgrazia, non però le gioie e le fortune; e mentre i parenti partiti quasi non sentono più i dolori espressi così vivamente, il religioso va a' suoi doveri di pietà e di lavoro colla testa ed il cuore amareggiato, e distratto, e senza poter fare nulla per loro. Non sarebbe meglio e dovere no­stro di mettere in pratica ciò che disse N. Signore a colui che voleva se­guirlo: sine mortuos, mortuos sepelire; e qui amat patrem, aut... non est me dignus; e più ancora qui non odit... non potest meus esse discipulus. Il mondo potrà dire che ciò sarebbe crudeltà; sia, ma è santa cru­deltà di chi fa professione di seguire più dappresso N.S. e di praticarne i consigli. S. Ag.: nimia in suos pietas, impietas est in Deum.
Preghiamo pei parenti, non però tanto in particolare; è già inteso con Dio che le nostre preghiere ed i nostri meriti portano loro benedi­zione. Diciamo a Dio che pensi Egli a loro col patto inverso: meno ci penso io, più ci penserete voi. Ecco il vero bene che possiamo loro fare, e non tanti pensieri e cure che non benedette da Dio, faran male a noi e niun bene ai parenti.
S. Bernardo ha una forte parola: Si impium est contemnere matrem, contemnere tamen propter Christum piissimum est. E questo san­to non era senza cuore, ma sentiva lo spirito religioso. Quindi è falso il detto del mondo che i religiosi non hanno più cuore: sì, il cuore c'è, ed è ottimo e si spende pel meglio dei parenti facendo come vuole il Signo­re da' suoi veri discepoli.
Che dire poi di quella sentenza che in caso di necessità i religiosi possono uscire di Religione per aiutarli. La cosa sarà vera in teoria, ma in pratica non succede mai, o questo non è il mezzo necessario. Si son visti uscire alcuni con questo pretesto, ma il vero motivo era la stan­chezza nella disciplina e l'amore di libertà, non la vera necessità dei pa­renti.
Veniamo alla prima parte propostaci. Possono i parenti entrare nelle nostre cose spirituali, specialmente riguardo alla vocazione reli­giosa? Rispondo di no: in his, quae patris mei sunt oportet me esse, in­dipendentemente dai parenti. Quando Dio chiama non ha più luogo l'intervento loro; ma non resta che seguire la Sua voce, come Abramo ed i figli di Zebedeo.
Il giudizio dei parenti anche buoni per lo più è troppo carnale, e sovente è interessato materialmente: perdono una cascina... Essi non hanno la grazia di stato di fare i direttori delle coscienze. E talvolta guastano vere vocazioni con provare i figli con atti anche non buoni. Es. S. Tommaso d'Aquino. Contro costoro S. Bernardo: Saepe parentes... (La Perf. C. p. 458). S. Caterina da Siena. - S. Stanislao (Ivi p. seg.). S. Tommaso nella Somma scrive: non tenentur (Ivi p. 459 nota).
Consolatevi voi che avete dovuto soffrire per entrare nell'Istituto, non ne abbiate pena, ma merito e gloria. Sentite Gesù: vos qui reliq. omnia, et sec. estis me, centuplum accipietis (di pace e grazie in questa terra) et vitam aet. poss. (e che bel Paradiso!).
Vi leggo il fatto della vocaz. della Chantal, tanto lodata dalla S. Chiesa per lo spirito di fortezza (La perf. p. 461).
P.P. Albertone, quad. V, 9-15
Domenica - 12 Gennaio 1913
a) Consideriamo il modo di fare di Gesù riguardo a Maria e a S. Giuseppe. Come mai Gesù sempre così ubbidiente, fugge senza dir nulla?
Non ha perduto per nulla l'ubbidienza perché dopo si dice che Egli lasciò il Tempio ed andò subito con loro. Ma pure quanta pena in quei due cuori! Qui c'è certamente una bella riflessione da fare: in his quae Patris mei sunt oportet me esse.
Egli non aveva paura che non lo lasciassero stare nel tempio se li avesse domandato, eppure non l'ha detto. I Santi dicono che vi è una gran lezione: in ciò che sappiamo essere volontà di Dio i parenti non ci hanno da entrare, an­che se non s'oppongano. Non l'ha voluto dire perché non dovevano entrarci. E veniamo all'applicazione. Per rispetto, certo, si può dire, ma tante volte non si dice, come hanno fatto i santi. Teniamo bene a mente, veramente amiamo i parenti, ma li amiamo spiritualmente ed anche dal lato materiale: ma vedete:
vi è un inconveniente: si dice: Nessuno è più attaccato ai parenti che i Religio­si, massime le Suore. O vergogna!
Pochi dì fa una suora, (non delle nostre) mi venne a parlare di una sua ni­pote che si maritava e voleva un acquasantino per farle un regalo, e voleva scriverlo che essa aveva ordito tutto, parlato con uno e con l'altra, tutto essa... Ma non ha più niente da fare? Essa diceva che l'aveva nella sua scuola, che lui è un calabrese, un bravo giovane, e s'inquietava, perché non la lasciava la Superiora intervenire sa... Aveva più testa di lei...
In teologia si studia che nell'estrema necessità... caso aereo che non av­viene mai, si può uscire, caso che non c'è in realtà... Un Cappuccino per amor dei nipoti lasciò il convento e andò nel ministero per contentare i nipoti e far studiare uno da medico ecc... e morì di dispiacere. Cercò di ritornare in con­vento ma non era più adatto e dovette uscire di nuovo, ed il Signore permise certo per far conoscere... Ebbe tanti dispiaceri, non era più guardato, trattato come l'ultimo, neppure a tavola, era come se non ci fosse. In fatto di ricono­scenza si è visto... questo succede a tutti quelli che sono troppo attaccati.
Ai nostri tempi questi casi di necessità assoluta non avvengono... Ecco perché quando si suppone che il figlio abbia la ragione, è libero anche civil­mente. Chi deve dunque decidere? Dare un parere? Chi è capace di darlo. I Direttori spirituali. Non tutti i preti sono idonei. Bisogna che abbiano scienza dottoramento, perché se no non capisce nulla...; Pietà: se non ha pietà non è di alcuna importanza. Discrezione di spirito. Discernimento. Là... diciamo pure: quando Mons. Perlo venne a farsi Missionario, un canonico andò da suo padre: "per carità,... che fa, non lo lasci andare, è guastarlo...". Il padre ci ha dato quel che gli veniva: "Non tocca a me a decidere...!!" Alcuni non vogliono, guai missionario, "bisogno...ne abbiamo qui dei preti e molti...". Vi sono alcuni divoti del Carmine o di altro genere... teste piccole che voglio­no fare infilare a tutti la stessa via. Divoto del Carmine, le penitenti passan tutte di lì... V'era un Curato d'un paese e trovava tutte le sue penitenti fatte per un convento, andavano e tornavano...
Persone imparziali davanti a Dio e capaci. Si diceva di Padre Carpignon che consigliava molto il matrimonio... Alcuni dicono: "Oh, la via della predi­cazione". No, un po' dappertutto, certo delle spine ce ne sono dovunque... I Parenti non ci devono entrare... oportet me esse... in his... Se si possono tranquillizzare bene, se no come S. Tommaso d'Aquino si scappa. Non sono giu­dici competenti, e per lo più non dirigono mica in alto... Fatti prete secolare, in te avrò una cascina. Morì un prete... i parenti piangevano. Mons. Bertagna diceva: piangono perché hanno paura d'aver perduto una cascina... Perché perder la pace per loro? Noi preghiamo, li mettiamo tutti nel Cuore di Gesù, qui facciamo una famiglia spirituale...
S. Bernardo diceva: Si impium est contemnere matrem, contemnere carnem propter Christum piissimum est, nam qui dicit: honora patrem et ma­trem, dicit etiam" qui amat patrem et matrem plusquam me non est me dignus". Spesso i parenti tanto si rendono ciechi, che preferiscono vedere perire i figli con loro che vederli salvarsi lontani da loro. O duro padre! o sceva ma­dre!
C'era un uomo, un padre che lasciò mai che le sue figlie andassero dalle suore... voleva distornarle... vennero vecchie e si trattava di trovar il marito... e non erano Suore... tutt'altro forse... e non erano fatte per farsi religiose. Venne da me a farsi cercar qualche sposo per queste figlie.... "Glielo darò su­bito, il Signore" tra me pensavo; le ha allontanate, ha forse guastata una vo­cazione e poi... come S. Tommaso, si mettono con danno di lasciar la vocazio­ne, e di darsi ad ogni nequizia, d'aver giovani scapestrati, e responsabilità ver­so di Dio.
(Fece quindi leggere fatti sulla vocazione di S. Tommaso d'Aquino, di S. Stanislao Kostka, S. Giovanna di Chantal).
Direte che vi faccio una predica che non è a posto, no; avete già fatto il sacrifizio, non per far proselitismo, ma per dir le cose come sono. Vengon so­lo a portar pene. Se vi è da godere non lo portano, tanto più poi se sperano da­nari - vi dicono che la vacca è morta, se invece va bene non lo dicono; com'è brutto pensare a loro (queste sono frasi rotte perché letterali,) neppure in par­ticolare... è già inteso. Due cose avvengono: O chi si vergogna dei parenti... padre paesano, madre mal vestita, se si potessero nascondere...! S. Vincenzo si vergognò del fratello zoppo, poi pubblicamente ne domandò scusa. S. Seba­stiano Valfrè quando volevano farlo Arcivescovo fece venire i suoi parenti contadini!... Non dobbiamo vergognarci... Nessuno è di sangue bleu! Il colo­re è spirituale... tutti eguali siamo, non dovete mai parlar di queste cose. S. Francesco Borgia Duca di Candia non lasciava mai che si parlasse di questo. Non vergognarci, ma non dobbiamo lasciarci affascinare dai loro fastidi. La­sciamo che i morti: "sepeliant mortuos suos" non è una crudeltà, ma giusti­zia.    Chi ama il padre e la madre più di me... e di più chi non odia il padre... non potest... Questo si dice pei Cristiani e pei Religiosi. Odiarli car­nalmente per amarli spiritualmente, ciò che solo possiam fare noi. Quel padre che diceva: Dopo che mio figlio è là il Signore mi manda la benedizione in ca­sa.
Il Signore compensa: meno ci penso io, più ci pensate voi, e mettiamoli nel Sacro Cuore, e se ci pensa Lui, ipse dixit et facta sunt.
In quanto al seguire la vocazione, i parenti sono legami, eppure non ave­vano il diritto non solo per l'ecclesiastica ma neppure per le altre.
Non tenentur nec servi Dominis, nec filii parentibus de matrimonio contraendo aut de virginitate servanda, nec alio hujusmodi.
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