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Scritto da beato Giuseppe Allamano
5 ottobre 1913
Quad. IX, 2
(4
Ott.)
Sui SS. Angeli Custodi (a tutti e
Suore)
Dobbiamo avere speciale
devozione ai SS. Angeli Custodi, e questa deve essere una devozione caratteristica del nostro Istituto.
Perché? Al proposito di dedicare tutte le Stazioni in Africa alla Madonna, si fece subito eccezione pel S.
Cuore, per S. Giuseppe e per gli Angeli C.
Nella formola del giuramento, così essenziale, s'invoca l'assistenza del proprio Angelo Custode. - Con
ragione perché Egli farà coll'Istituto e con ciascuno dei missionari ciò che Dio
promise agli Ebrei che viaggiavano per la terra promessa: Ecce Ego mittam... (Esodo), e con Tobia (V. Med.
Spinola).
Conseguenza con S. Bernardo: abbiamo
reverentiam pro praesentia, devotionem pro benevolentia, fiduciam pro custodia.
P.P. Albertone, quad. V, 129-135
Conferenza del 5 Ottobre 1913
(Ci ha raccomandato di pregare pel fratello di Mons. Barlassina
nostro Procuratore a Roma, e quindi per la madre di Don Ferrero ambedue gravemente ammalati).
Ora incominciamo l'anno scolastico e c'è bisogno
di metterci in gareggiata - Dopo due mesi di campagna, una campagna invidiata. Un Santo Sacerdotale diceva: Mettete
anche uno che stia bene, mettetelo sopra una coltrice molle, ma poi che stia sempre lì nella medesima
posizione, ebbene resta anche così un supplizio. Così anche noi: eravamo in campagna, tranquilli, ma pure
bisogna scuoterci; certo voi fate l'Ubbidienza.
Ora bisogna che ci
rimettiamo, sia nello studio che nel lavoro, formare una Comunità, non dico perfetta, ma con buona volontà
di perfezione. Tutti assieme, e ciascuno dal canto suo, proprio con impegno e buon spirito.
Vedete: ci sono due o tre cose da correggere, ed ogni tanto è bene che rivediamo. Vedete;
desidererei che tutti parlassimo italiano, tutti. È un gran bene, anche per i Coadiutori, che anche
alla partenza non abbiano da fare cattiva figura.
Così poco per
volta anche Giuseppe (Coad. Agagliatti), parleremo italiano. Non c'è nessuna Comunità che non parli
italiano perché il Piemontese, volere o no, è un po' grossolano; non riprendiamo il nostro dialetto, no,
così, non dico coi parenti, s'intende, sebbene noi in Seminario ci facevano parlare italiano anche in parlatorio.
Vi venne mio zio e mi disse: "Ma come, voi obbligarmi a parlare italiano?". Era un ordine forse non ben
studiato e fu poi tolto.
In parlatorio coi parenti si parla piemontese,
s'intende, ma tra di noi si parla italiano, così si diranno parole più fine.
Poi un'altra cosa, ed è che si stesse più preferibilmente da noi, preferibilmente
dico, stare da noi. I Coadiutori da loro, i Sacerdoti da loro, i chierici da loro, dico, preferibilmente stare da noi. I
Chierici poi preferibilmente corso per corso. Non voglio dire nei corsi ove sono pochi, ma noi in Seminario mi
ricordo c'erano sette anni dal primo all'ultimo, e quando alcuno parlava con un anziano ci davan del logico
"Oh, guarda quel logico!" e non osavamo guardarli.
Dico
preferibilmente. Vedete: se c'è gelosia è sempre fra i condiscepoli. I compagni si rallegrano coi
più anziani, coi più giovani, ma con quei dello stesso corso, no! Io per me dico che il nostro corso in
questa faceva eccezione, e ci volevamo proprio bene; ma in generale c'è sempre un po' di gelosia tra quei del
medesimo corso, la tentazione viene tra gli uguali.
Il vizio della superbia,
invidia si vincono combattendo, ed uno può combatterla, può vincersi, ma che non venga questa
tentazione non lo credo.
Uno può vincersi, disprezzare queste cose e
venire a quella omogeneità che aveva il mio corso.
E questo ci serve per
poterci unire un po' di più. Sopportarci e correggerci. E così più anziani coi più
anziani, e più giovani tra di loro.
Anche in ricreazione discorsi utili:
non di prediche e del predicatore; se volete dire: "ah, che bella predica, fa per me!" ditelo pure, ma dire:
"questo predica meglio... etc..." mai! Vorrei che quelli che criticano provassero loro, quando predicheranno
loro non ci criticano più. I Preti che hanno provato sanno accontentarvi. Venga dalla bocca di un S. Grisostomo e
di un Curato d'Ars.
Il predicatore degli Esercizi mi diceva: "Io quando
dico qualche cosa ho sempre il biglietto in mano". Ed io l'ho ammirato e gli ho detto: "Anzi, lei è
umile" e sì: vedete, anch'io quando ho da dir qualche cosa ho sempre il biglietto. Questo è il
vero spirito di Dio. Ci vuole spirito di Dio. Se c'è il prurito di dire dietro si perde tutto il frutto della
predica, e certe volte il compagno che avrebbe fatto frutto lo perde per i nostri discorsi.
Poi ancora, passeggiate sempre in tre. Vedete: quando il Signor Vice Rettore faceva fare i portici li
voleva larghi, e sono larghi, e si può passeggiare in tre e anche in quattro: tre in su e tre in giù.
Vedete: due soli il discorso non può essere utili: alle volte non sapete correggere una frase ad altro, è
meglio vedete.
E poi se vogliam essere rispettati, bisogna che ci
rispettiamo. Ci chiamiamo ognuno col proprio titolo. 'Guai se il Canonico Soldati sentiva che non ci chiamassimo col
nome proprio nostro: diceva subito: "Non sei mica andato al pascolo con lui!?".
Ognuno i suoi titoli: ai chierici "Chierico tale"... ai Sacerdoti "Don", e così
pei Coadiutori. Evitiamo ogni (...) e titolo che ci conviene ogni volta che si chiama. Sta così male: Tale, tal
altro, no; Chierico tale.
C'è ancora una cosa ed è: Non parlar
coi Giovani. Abbiamo parlato coi Giovani: essi hanno la regola di non badare, osservare, vedere i Chierici. Di non parlare
e poter parlare senza il permesso del Sig. Prefetto. Ho dato l'ordine a quei là, e l'ordine è
reciproco. S'intende che Don Prina può parlare con suo fratello, perché: tempus breve est.
Le regole sono così; sarebbe bene che andaste a leggerle anche voi, perché certe
cose sono dei Giovani, ma fanno del bene anche ai Chierici.
E poi un'altra
cosa: vedete: Ci sono tanti desideri, ed io sono contento, e dovete dirlo: alcuni desiderano studiare francese, o altro;
ma credete pure prima c'è l'inglese, è una vera necessità di parlarlo; perciò nelle ore
destinate fatelo con amore, non aggiustarsi con giri e rigiri da poltroni, ma cercar le parole. Alcuni con cento
parole fanno tutti i loro discorsi: no, non si devono usare per tutte le cose i medesimi strumenti. Dobbiamo fare uno
studio di usare vocaboli più proprii per parlarlo bene.
Si trattava
di metter un Padre vicino al Forte; Monsignore mi scriveva:
Andrebbe bene, ma
non sa l'inglese.
E poi il Gekoio, ma è probabile che anche nel Kaffa si
usi molto l'inglese.- Da Roma scrissero qui a Torino al Municipio: ma questo tra di noi:
il Sig. Vice Rettore va là, è il Ministero che nuovamente ci supplica di non andare nel
Kaffa per prudenza. Oh, storie! Il Paese ci fu dato dal Papa, però pensi Lui a tutte le misure di prudenza
necessarie. Però fa stupire che il Governo italiano sia così codardo, non abbia il coraggio di...
Dovrebbero essere contenti che andassimo a portare il nome italiano. Scusi, ma non è il modo di trattare, prima
andremo a Roma... e che cosa credono che andiamo a far questioni? Ci sono gli Inglesi che non hanno paura di
compromettersi.
Dunque studiate l'inglese, bisogna che ci formiamo in tutti i
generi.
Siamo nella Novena degli Angeli Custodi. Vedete: in
Africa tutte le stazioni sono sotto la protezione della Madonna, ma si è fatto eccezione per il Sacro
Cuore, il SS. mo Sacramento, S. Giuseppe e i SS. Angeli Custodi. Voglio che sia una caratteristica nostra la divozione
agli Angeli Custodi. - Vedete: nella formola del giuramento: del mio Angelo Custode e di tutta la Corte
celeste.
Che importanza ha questa divozione: Dicesi nell'Esodo: "Ecce
mittam Angelum meum qui precedat ei". Ei ci precede fino alla fine.
Sapete
l'esempio di Tobiuzzo. Egli ci mostra la via; conosce le strade e non ci lascia più fino a che ci abbia condotti:
"Nec dimittam te cum peccaveris".
Bisogna che ci fissiamo bene su
questa presenza vera. Non si vede, ma molte cose si provano senza vederle. Eppure è così dimenticato;
bisogna che siamo divoti non solo del nostro, ma come si fa per le anime del Purgatorio, che si prega per le anime
più abbandonate; così noi, essere anche divoti degli Angeli Custodi più abbandonati.
Amare questa divozione: prima verso il nostro e poi verso tutti; pel nostro e poi
compagni quando ci vengono certe miseriette preghiamo gli Angeli Custodi: Loro due s'intendono.
Dal momento che prende la cura di noi il Signore gli mostra tutta la tela della nostra vita:
alle volte avvengono cose e sembrano un caso, ma no, è l'Angelo. Alle volte sono inspirazioni che vengono dagli
Angeli Custodi. Egli sa tutta la nostra vita e ci spinge alla meta, ci spinge alla fine, lasciamoci guidare da Lui,
egli ci dice qual'è il nostro destino. "Notum fac finem meum, denique" ci precede: "Precedit";
ci accompagna "tecum et pro te" e poi non ci lascia finché non ci abbia condotti "in locum quem
paravi" così Tobiuzzo: sino alla fine.
E noi che cosa dobbiam
fare verso l'Angelo Custode? "Reverentia pro presentia; devotione pro benevolentia, fiduciam pro custodia". Che
contegno terremmo, dinanzi ad una persona di dignità, che rispetto! Eppoi Egli ci vuol tanto bene e noi dobbiamo
avergli divozione.
Rivolgiamoci a Lui con fiducia in tutto il mese di Ottobre, e
poi sempre in tutta la vita.
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Pubblicato: Mercoledì, 07 Giugno 2006 23:00