COSTITUZIONI: IL FINE SECONDARIO

7 dicembre 1913
Quad. IX, 14-15
Del fine secondario e speciale
1. S. Santità Pio X il 23 Aprile 1905 scriveva al Sup. Gen. dei Fra­telli delle S.C. - Gabriele Maria "Omnino nolumus... institutioni pueri­li primas vobis dandas esse partes, religiosae professioni secundas...; si magno obstricti estis ergo proximos officio docendi, multo majora esse vincula quibus Deo obligamini" (Ved. Rodriguez III Trat. I, cap. 4). (Porre a pag. 12 - Fine primario).
2. Altro fine del nostro Istituto, che ne forma la caratteristica, e la sua sola ragione di essere, è l'evangelizzazione degli infedeli.
3. Le Normae: 1) Finis secundarius et specialis, unicuique scilicet Instituto proprius, constituitur in illis peculiaribus caritatis operibus er­ga Deum et proximum, ad quae exercenda Ist. ipsum formatum est. Non si può p. es. prendere nelle fabbriche cura degli operai se non per fare loro il bene spirituale, come l'osservanza dei comandamenti. Co­me pure servire nelle Comunità, eccetto religiose e sacerdoti, seminari (Battandier N. 68). 2) Finis secundarius sit apprime definitus et circumscriptus (45); né abbracci troppe e differenti opere; né tali che, per quanto in sé lodevoli, non sieno convenienti a religiosi o suore (V. Bat­tandier 64-8). Quindi vennero riprovate le Costituzioni di alcuni istituti che ad omnia charitatis opera se extendunt; così non suole la S. Congr. approvare che le suore abbiano cura del genere mascolino; infanti ed adulti, o l'uffìzio di preparare al matrimonio.
Item Normae 3) Integrum non est finem secundarium mutare in alium, nec superaddere alia opera diversi generis ad modum permanentis et generalis novi scopi sine venia S. Congr. (N. 46). Quindi un istitu­to fondato per le scuole, non deve prendere ospedali; e se per gli ospe­dali non la cura dei malati a domicilio (Battand. 65).
4. Applicando a noi le predette regole, l'evangelizzazione può e deve abbracciare tutte le opere ed usare tutti i mezzi che sono necessarii od utili a questo fine secondo le circostanze dei luoghi e dei tempi, ed approvati dalla S. Sede. Abbiamo avuto speciali approvazioni per la fattoria e segheria, per le scuole e visite a domicilio, per le cure medi­che, per l'orfanotrofio e Collegio, ecc. (Lett.ª C. Gotti).
Lo scopo secondario è dunque l'Evangelizzazione degli infedeli, e non altre opere, come la conversione degli eretici, eccetto per accidens e come mezzo ad ottenere il nostro fine. Per questo suo carattere esclusi­vo il nostro Istituto si distingue da quelle varie Congregazioni che pure avendo missioni si occupano pure di predicazione nei paesi cristiani, di scuole, es. Lazzaristi.
Assegnategli... Altro carattere speciale per cui il nostro Istituto si differenzia dal Collegio genovese Brignole-Sale... Come pure si distin­gue dai Seminarii delle Missioni Estere di Parigi, di Roma e di Milano i quali non hanno la natura di Congregazioni religiose, ma legano gli alunni al solo giuramento di stare in perpetuo in Missione. Il vincolo re­ligioso dà maggior stabilità all'Istituto e sicurtà e tranquillità ai mem­bri...
Note: 1) Chi entrasse nel nostro Istituto con fine diverso dal dive­nire missionario della Consolata, sarebbe un intruso e dovrebbe render­ne conto a Dio, alla Casa ed ai benefattori. L'istituto non è un collegio, od un seminario in cui possano avere il loro svolgimento varie vocazio­ni, ma solamente quella del missionario e questi della Consolata. Se qualcuno vi entrò con retta intenzione, stimandosi a questo chiamato, ma alla prova si accorge di non avere tale vocazione, deve previo pru­dente consiglio dei Superiori ritirarsi, e ritornare al secolo od a quello stato fatto per lui.
2) Mancherebbe pure al grave suo dovere chi chiamatevi da Dio, non vi corrispondesse, formandosi alla virtù e spirito speciale dell'Isti­tuto. L'aspirante deve studiare profondamente ciò che i superiori pro­pongono, specialmente la Teologia, le lingue e l'esercizio dei lavori ma­nuali. I restii ad apprendere i mestieri anche più bassi, dimostrerebbero perciò solo di non essere fatti per le nostre Missioni, dove ciò è mezzo necessario od utile alla propria sostentazione od ad incivilire e convert-re gli infedeli (Costit. N. 26- 7).                     ;               
3) Gli alunni devono durante il tempo di formazione e dopo nelle Missioni eccitare in se stessi un ardente e prudente zelo della salvezza degli infedeli pro quibus Ch.us mortuus. - Deus vult omnes salvos fieri et ad agnitionem veritatis pervenire: - Da mihi animas, caetera tolle (S. Fr. Di Sales e V.D. Bosco). Vedi Pred. V. Cafasso e Dubois. E fin d'ora pregare...
4) In particolare devono sin d'ora assuefarsi a fare a meno di quel­le piccole comodità e agi della vita civile, cui si è ordinariamente cotan­to attaccati, da sembrarci necessario a segno che c'immaginiamo di fare un gran sacrifìzio nell'esserne privi; e quindi cominciare a fare a meno or dell'uno or dell'altro. È questa l'unica scala per cui si arriva a quella generosità di animo, per cui si fanno poi sacrifizii e privazioni maggiori occorrenti nella vita di missione.
P.P. Albertone, quad. V, 161—169
7 Dicembre 1913
(Conferenza inglese sul vestirsi di N.S. Gesù Cristo)
Fare tutte le cose come le avrebbe fatte N.S. Gesù Cristo. "Induimini Dominum nostrum Jesum Christum" - "Si quis spiritum Christi non habet, hic non est Ejus".
Ritiro mensile. Avete riveduto i proponimenti. Già, è l'ultimo mese dell'anno, e se c'è qualche cosa da perfezionare bisogna farlo subito, per fare i conti bene con N. Signore.
Ritornando a quello che dicevamo l'altra volta, il fine primo e particola­re,
Il fine primo è di farci santi. Due parole del Ven. Lieberment (sic): "Biso­gna che la santità risieda nel Missionario e prenda radice nel suo interiore e si produca nella sua condotta. Il culto esteriore se non procede dall'interno è una finzione".
Dunque la radice è nell'interno, e soggiunge tre cause, tre cagioni per cui il Missionario dev'essere santo.
1°) Gli infedeli sono degradati ed i loro sensi sono in potestà del demo­nio: la parola fa poco o niente, ci vuole la nostra vita, è la nostra condotta che penetra nei loro sensi. Se vedono il Missionario santo, fa loro impressione, la sola parola è inefficace. Dobbiamo poter dire: "Qui videt me, videt et Padrem meum - vede Nostro Signor Gesù Cristo".
I cristiani non così pieni di vizi, la parola può influire, ma per i Missionari ci vuole la virtù; se essi hanno stima credono perché "l'ha detto il Padre".
2° Motivo - Non basta aver la missione, ma bisogna averne lo spirito. Il demonio è in possesso da secoli, e scacciarlo fa caldo. Siccome è un forte ar­mato, il Missionario deve avere una santità particolare. Quando il Signore era là sul monte Tabor e gli Apostoli ai piedi cercavano di scacciare quell'indemo­niato e non potevano, e domandarono al Signore: "Quare non potuimus ejicere eum", ne abbiamo scacciati tanti altri, perché non possiamo questo! "Hoc genus non ejicitur nisi in oratione et jejunio": non si scaccia che con molta preghiera e mortificazione, molta santità; in generale gli infedeli sono sprofondati in questa melma, ci vuole santità più che ordinaria.
Negli ordini minori danno l'esorcistato, ma sono proibiti di esercitarlo, ed il Vescovo lo dà sempre ad anime sante; non basta che abbia il diritto, ma ci vuole anche una santa persona; non basta l'ordine, ma ci vuole anche una vir­tù eccellente, altrimenti il diavolo non ascolta.
Tra gli infedeli c'è dei veri indemoniati e ci vuole santità.
3° motivo - Essi non hanno nessun merito per ottenere la conversione. Chi deve aver questo merito? Il Missionario: sono grazie particolari. I Santi facevano cose speciali. Il Ven. Cafasso faceva penitenze quando aveva qual­cuno da convertire, ed è così che si meritò la grazia di avere la fortuna di con­vertirli tutti.
Quando il Signore voleva castigare gli Ebrei, e Mosè si mise in mezzo: "O li perdoni, o "dele me de libro vitae".
San Francesco Zaverio faceva grandi penitenze.
È cosa straordinaria e il Signore vuole si usino grandi mezzi. Dice la Sacra Scrittura che il Signore non castigò gli Ebrei "propter pietatem Oniae Pontificis"; castigò poi dopo, ma durante lui, no; bastava quella causa per non castigarli.
Queste sono le cause per noi di farci santi. Senza la santità non si possono fare certe conversioni, certi stregoni. San Francesco Zaverio non avesse avuto quella santità, specie la mortificazione, non avrebbe potuto fare quello che ha fatto.
Qui è compiuto il fine primario dell'Istituto.
Il secondo fine: il secondario ma è il caratteristico e l'essenza dell'Istituto: per cui esiste: — È la santificazione degli infedeli.
Prima di tutto si richiede che il fine particolare di un Istituto sia espresso in modo chiaro senza esagerazioni. A Roma hanno rimandato Costituzioni roboanti — Ci vogliono parole chiare.
Il fine secondario dev'essere: "apprime definitus et circumscriptus". Non dire: "per far del bene" no; "per far molte cose" ma bisogna che si spie­ghi ciò che vuol fare: "Insegnamento" o "Ospedali" "Missioni" ecc. e così chi è per gli ospedali volesse andare a custodire i malati a domicilio non può. Non aumentare e non diminuirlo, per accidente sì, ma non permanentemente. Se c'è opere nuove dirlo, se no stare nel fine prescritto dalle Costituzioni.
Riguardo alle opere di carità bisogna che siano in relazioni con le opere spirituali. Il materiale dev'essere il mezzo. E così le scuole: bisogna che questa scuola sia ordinata al bene delle anime. Ecco il motivo per cui San Giuseppe Calasanzio voleva che anche nell'aritmetica entrasse una parola di Dio; così anche voi, sempre qualche cosa.
Quando i Religiosi non possono più fare nulla per lo spirituale, allora de­vono lasciare lì. Non è determinato, perciò anche la fattoria, la segheria, ecc. tutto è ordinato all'Evangelizzazione e perciò è opera nostra.
Ma notiamo, noi siamo per "Infidelibus" non per i Protestanti; se fosse come mezzo, si, ma come fine, no. Per questo si distingue dalle altre: Missionari Lazzaristi, vanno a dare Missioni qui, sebbene anche vadano nelle Mis­sioni Estere — Così D. Bosco, non hanno unicamente gli infedeli, ma anche e principalmente qui.
"Nelle missioni assegnate dalla Propaganda all'Istituto"; ci distingue da quelli di Genova, che li manda a Propaganda ed essa dove vuole.
Un altro carattere è: Che siamo sotto forma di Religiosi. Il Collegio di San Calocero, Missioni Estere di Parigi hanno solo il giuramento perpetuo di restare in missione e non sono Religiosi.
La Chiesa ha la varietà anche in queste cose. Il nostro ha questo di bene e bisogna apprezzarlo: l'unione.
Ce n'è per tutti: religiosi e non religiosi.
Due parole sui mezzi: che sono: "Aver vera vocazione" Chi entra creden­do di aver questa vocazione e di andare nelle nostre Missioni, e poi conoscesse che non l'ha, non deve stare, e ne ho già parlato altre volte. Chi avesse cono­sciuto che non si trova a posto mancherebbe contro Nostro Signore, i Benefat­tori, la Casa, a mangiare il pane, diciamolo, a tradimento. Non può starvi in coscienza, perché c'è il contratto e chi stesse qui perché non sa dove andare; non può, no! Chi restasse per poi andare nel clero secolare non può neppure.
Qui bisogna stare per essere Missionari e chi non si sentisse non può più starvi. Naturalmente parlarne ai Superiori. Non stare qui, perché porta danno agli altri, è di ostacolo.
In quei Seminari in cui si ha un po' di tutto, va male; se si vuole fare due cose insieme, si fa più ne l'una ne l'altra.
Le antiche Scuole Apostoliche si voleva fare Missionari, Sacerdoti e buo­ni secolari. Si diceva: "Ne quis pereat" e invece si finiva di fare: "ut omnes pereant" e non si otteneva nulla.
Una cosa sola: e questo non per conto vostro, ma perché sappiate.
2°. Corrispondenza, se no è peggio che non essere stati chiamati. - Biso­gna formarsi in tutte le cose che sono utili alle Missioni. Mestieri, Teologia, Filosofia ecc. Non c'è poi più tempo. Un Sacerdote secolare ha là (sic) (ha là piemont.), ma noi (sic) non avrete e dovrete studiare bene, e tutte quelle mate­rie che i Superiori ci propongono come mezzi necessari ed utili. E se uno piglia le cose alla carlona, anche le materiali, e se sa tanto ora come l'ultimo anno, non è fatto per farsi Missionario della Consolata.
Le Suore nostre, hanno avidità: le partite avevano un corredo. Dobbiamo fare ogni mestiere seriamente, più è basso e più dimostra che si è Missionari. Se non si perde tempo si vede subito l'impegno. Là bisogna aggiustarsi; è un mezzo assolutamente necessario.
3°. Empirsi di zelo per salvare delle anime. Non essere apatici, ma avere sete, sete come Nostro Signore, "Da mihi animas coetera tolle". È questo:
"Animas pro quibus Christus mortuus est". Meditiamo queste cose, farle suc­co e sangue. Il Signore vuole far salvi tutti, ma per mezzo nostro, pensiamo a questa volontà di Dio.
Leggere qualche cosa tutto zelo, eccitarci a questi sentimenti, non aspet­tare di essere in Africa. E fin d'ora, colle preghiere, studio, ed i Coadiutori col mestiere, dare importanza a tutto, serve per la conversione delle anime. Farci l'abitudine dello zelo - piccoli sacrifizi. In particolare bisogna sacrificare qual­che piccola cosetta del vivere civile: mi spiego: spogliarci di certe piccole ne­cessità. Non c'è tavolino, non c'è questo, non c'è quello, pazienza, far senza.
Diceva il Sig. Vice Rettore che: I primi arrivati là credevano di trovar tut­to, poi non c'è la guardaroba e si lamentavano: ma, ma ...! e che pure erano andati là per andare al martirio, si perdevano in un armadio.
E l'idea falsa che ci facciamo del bisogno. Si ha perduto un coltellino, una matita. Se ciascuno va poi là e vuole poi la cameretta a sé, ritratto qua e là, una sedia ecc. sedia? ma mi siedo per terra! Abituarci a fare a meno di quelle cosette di cui potete fare a meno. Non essere attaccati alle nostre storiel­le. Vi so dire che alle volte facevano andar matto! Sapervi privare di qualche cosa di questi beni civili. Se non c'è pane mangio carne; se c'è solo un lenzuolo mi avvolgo in uno e basta. Se non si fanno i piccoli sacrifizi non si fanno i grossi. Questi sono i mezzi. Spero che ciascuno si vestirà di questo spirito di santità. Quando si voglia cacciare il diavolo che non ci dica: Sto lo stesso!
Poi i mezzi per essere più idonei. Tutto è compreso nell'Ubbidienza. Chi ha fatto quello che ha potuto si troverà strumento idoneo nelle mani di Dio per la propria santificazione e per la salute delle anime.
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