COMMENTO A UN DECRETO SUI LAICI DEGLI ORDINI RELIGIOSI

8 febbraio 1914
Quad. IX, 21-23
8 Febbraio 1914
Commento del Decreto pei Laici
degli Ordini Religiosi dato 1 Genn. 1911 (V. Acta Ap.S.)
1. La S. Congr. dei Religiosi diede ammirabili avvertimenti sull'ac­cettazione e formazioni dei laici che devono emettere i voti solenni. -Queste servono pure pei coadiutori delle Congregazioni con voti sem­plici; - ed anche pei religiosi sacerdoti. Dice infatti il Decreto: quae omnia si laicis decent, summopere eminere debent in Sacerdotibus, et iis, qui ad Sacerdotium erunt promovendi; sia per la loro maggior di­gnità, e sia per essere di esempio ai laici.
2. Prima di accettare bisogna usare molte e diligenti cautele, e pre­mettere ricerche: sulla legittimità dei natali, sulla onestà dei costumi, sull'ottima fama davanti al popolo, sulla loro idoneità agli uffizii che dovranno esercitare, e particolarmente sulla natura del fine per cui vo­gliono abbracciare la Religione (V. Decr.).
Osservate la cura che ha la S. Chiesa, non solo per la scelta dei sa­cerdoti, ma ancora pei semplici religiosi. Pare al mondo che per essere semplice laico basta un pò di volontà di pregare e di lavorare al servizio della Comunità, senza cercare tante qualità. No, bisogna che sieno di buona nascita, come è detto delle nostre Costituzioni, che siano già di vita buona e non dati a vizii, che di più godano stima di ottimi giovani presso i conoscenti, abbiano capacità di apprendere le arti che dovran­no esercitare e di formarsi allo spirito ed alle virtù religiose, e soprattut­to che entrino con fine retto e santo e secondo la natura della Religione che intendono abbracciare.
3. Nessuno deve entrare in Religione per non mancare del necessario con poca fatica e per vivere più comodamente. Eppure, dice il De­creto, sono molti che vi entrano più per necessità che per volontà, che si vedono non lasciare le comodità, ma cercarle, ...i quali al dire di S. Agostino: cercano nel Monasterio ciò che fuori non poterono avere. -Conchiude il Decreto: costoro saranno religiosi di abito, non di virtù, che meglio sarebbe stato camminare nel secolo colla semplice osservan­za dei comandamenti di Dio, piuttosto che aspirando a cose più alte e perfette forse porre a pericolo la loro salute eterna.
4. Avverte perciò il Decreto i Superiori di stare ben attenti nell'ac­cettare i postulanti ed usare le debite cautele.
5. Parlando poi di questi laici di voti solenni vuole il Decreto, che ricevuti facciano non meno di due anni di postulandato sotto pena d'invalidità della vestizione; — che il loro Noviziato non incominci pri­ma del 21 anno; — duri uno o due anni secondo le proprie Costituzio­ni; — dopo si emettano solo voti semplici per 6 anni; — e solamente a 30 anni compiuti si possano emettere i voti solenni.
Facciamo due considerazioni dal detto: 1) la verità delle parole del Cardinal Vives: la porticina ed il portone... Si dirà che non è più a que­sti tempi che si fanno religiosi per godere, mentre sono disprezzati e po­veri? No, anche al presente... Es. dei Chierici pel Sacerdozio. 2) Se la Chiesa vuole sì lunga prova in laici, che staranno chiusi in un Monaste­ro, quanto più per missionarii, sacerdoti e coadiutori che... Via quindi la smania di partire ...e spaventarsi. Es. i giovani confessori di una vol­ta ed ora. Esaminarci se già pronti...
P.P. Albertone, quad. V, 213-218
8 Febbraio 1914
Questa sera qualche parola su un decreto del 1° Gennaio 1911 della Sacra Congregazione dei Religiosi. Riguarda i Coadiutori e Laici di Ordini religiosi, ma serve per tutti: Ordini e Congregazioni, Chierici e Sacerdoti. «Quae omnia si laicos deceant summopere eminere debent in Sacerdotibus et in iis qui ad Sacerdotium erunt promovendi».
Per la maggior dignità e per essere di esempio, così che le norme date, per la più parte servono per tutti.
Qui dunque parla di Religiosi prima di entrare e noi cominciamo da prin­cipio. «Ante receptionem» è bene che vediamo: «In primis»: molte vicende ed inquisizioni sulla legittimità. Queste sono cose generali e noi abbiamo poi le particolari.
Dunque «in primis» molte cautele non «oves et boves», ricordate la porti­cina ed il portone.
1°) Legittimità dei natali, Fede di nascita.
2°) Onestà dei parenti, nonni, zie ecc. anche malattie ecc. non ho accetta­to una suora che aveva una zia all'ospedale dei matti. - «Inquisitiones sedulae, Etisia, pazzia, sia del morale che del fisico, che non siano di famiglia ecc.
Questo riguardo al corpo. Una volta erano esclusi i Macellai, perché han­no il cuor duro. Nostro Signore nell'Antico Testamento voleva agnelli senza macchia. Sono cose che saltano poi fuori; se il padre o il nonno è un «bibista» influenze nel corpo e nell'anima.
«De optima coram populo fama», la stima di essere buona gente. Quella famiglia non è di buona stima, rubacchiano, e ci sono in tutti i paesi questa gente.
Ci può essere eccezione, ma in generale, come qui in città: un figlio di un portinaio non è fatto per quello... condizione bassa, vedono tutto, chi entra, chi esce, di Torino inteso, dove ci entra tutto, non sono cose assolute, ma tut­tavia ... Che sia idoneo: Non si prendono i folli, e se uno non è capace, non è chiamato, e se uno non attende non ha idoneità, e se non si forma è come non fosse capace, e chi non fosse capace, anche un Coadiutore, deve aver un'arte e poi anche sapere per noi, avesse a dare un Battesimo, se no, non è un tirone idoneo.
Specialmente poi sulla natura del fine: «Ad quid?». Questo è il fine. «Plures enim Religionem ingressi non videntur commoda reliquisse sed quaerere». Pare che cerchino sia nel mangiare, che in tutto. «Qui quaerunt in Monasterio quae nec foris habere potuerunt», nel mangiare ecc. e sono Religiosi di abito e non di spirito, ai quali era miglior cosa camminare pianamente nel secolo, che per più altra via tendere a mettere a repentaglio la propria salute, e si fecero Religiosi più per necessità che per volontà.
Specie nei Chierici. Si dice alle volte: ha fatto il sacrifizio. Che sacrifizio? Ha maggior agiatezza di prima adesso.
In Seminario mi faceva colpo quel che si diceva: «Non c'è più nessuno che si faccia prete per forza». No, no, ce n'é ancora di più.
Una volta c'erano i benefizi, adesso c'è meno da studiare, ora c'è anime pie, buone, che aiutano, è più comodo ed il prete muore mai di fame. Non pa­re che abbiano lasciato i comodi, ma che li cerchino, si mangia meglio, si dor­me meglio, non c'è da pensare all'avvenire e si sono fatti religiosi più per ne­cessità che per volontà.
Non lo dico per voi; se qualcuno non aveva la retta intenzione, la rettifi­chi, chi ha cercato la comodità si sciolga.
Questo quanto al fine che se è cattivo guasta tutto. In particolare, quando parla del tempo di prova dice: un postulandato non meno di due anni; ed il noviziato non prima di 21 anno, ed il noviziato di uno o due anni. Solo a 30 anni compiuti voti solenni. E questo sotto pena di invalidità. Cosa dire noi che abbiamo fretta di correre in Africa? Avete già 30 anni? Voi Coadiutori? Que­sto non è per fare dei Missionari ma dei laici, entro un Monastero chiuso da quattro muraglie. Quante cautele!
Dovrebbe migliorarci. Noi siamo neppure ancora capaci di fare il laico Cappuccino. Non è che io [non] desideri che aspiriate, siete per questo, ma te­mere, aver paura che venga quel giorno, ma che venga e ci trovi impreparati.
Quando era i primi anni che ero Sacerdote, c'era spavento di andare in confessionale, si studiava più che adesso, scuola mattino e sera e a passeggio. Ora invece, passato il 2° anno, dopo l'esame pare che la Chiesa cada se non andiamo noi; no, no, stavamo indietro collo spavento, ed i superiori ci diceva­no: «Comincia andare ad una vecchierella a confessare questa qui», e dopo correvamo ai libri. Adesso si fa diverso: avete la mania, il 2° anno pare un tor­to non lasciarli andare, alle volte lo dico: «Che cosa credete?!». L'importanza che c'è! Fa spavento. - La responsabilità che c'è, se imponete doveri, e se di­spensate dal pagare, pagate voi stessi.
Non ho mai permesso che al secondo anno si confessasse, ed ora finisco anch'io per tollerare. Pochi dì sono uno l'ho mandato a confessare e mi ha supplicato, che non si sentiva ancora, e ci ho detto: «Bravo!» Ed era il 1° del corso. Bisogna pensare a quel che si fa, non credere che il tempo di prova sia tempo perso.
Quando uno, davanti a Dio, si sente proprio d'aver tutta la pienezza della virtù e scienza necessaria, venga a dirmelo..., ma sì, il fagotto non è mai pie­no... E l'autorità del superiore ci tira poi dalla nostra umiltà, ed il Signore supplisce, ma non dà a quei che sono presuntuosi, che dicono: «II Superiore non mi manda!»
Tutta presunzione e superbia, e il nostro sospiro, certo poi arrivato alla vigilia chi sospira solo di andare ... ah! ah...
Dunque postulandato. È necessario che subito da principio lo spirito reli­gioso e dell'ordine in generale e particolare, lo compenetri tutto. Chi disciplinam ab initio negligit, è difficile che si applichi dopo alla medesima, et vix deponit formam che ha preso da principio. Chi non vuol venire in cima subito, è poi difficile che cambii - Adolescens juxta viam suam etiam cum senuerit non recedet ab ea. Ecco che cosa importa darci subito con trasporto, a vivere dello spirito che tutto ci compenetri e tutto ci pervada. E se non l'abbiamo fatto, facciamolo subito adesso; quanti sono stati in certi conventi, hanno fatto vita fredda e poi si sono scossi e si sono fatti santi, ed hanno gettato via tutto. Co­minciamo subito. Cari Coadiutori, prima per voi e poi per gli altri, scuoterci e farci santi, se no era meglio stare nel mondo, che cercare cose più alte con pe­ricolo di non salvarci più. Bisogna che abbia pazienza e dirvi le cose come so­no e come le sento. Territus terreo, devo render conto, e mi fa molto impres­sione, e lo esigo sul serio lo spirito, che si pigli sul serio lo studio e le virtù, e chi si forma, bene; chi non si forma, c'è entrato per una porticina e si esce per un portone.
giuseppeallamano.consolata.org