SETTIMANA SANTA

6 aprile 1914
P.P. Albertone, quad. V, 235- 238
6 Aprile 1914
Non voglio laciarvi senza due parole, per passar bene questa settimana santa. Non basta santa in sé, ma bisogna che sia santificata anche da noi: il motivo per cui si chiama santa.
1° Vi sarà un confessore straordinario. E’ così bello per le comunità reli­giose che ogni tanto si abbia un confessore straordinario: perciò domani e do­po dimani verrà un bravo Sacerdote: le confessioni devono essere ben fatte, e neppure delle inutili. Fate l'esame sui difetti più principali, e poi se avete qual­che pena, qualche consiglio da darvi, rivolgetevi a lui: non discussioni, ma qualche parola può dirvela: Intendo di darvi di tanto in tanto questa facilità, usiamo anche di questo mezzo. Nel mondo è concesso, e qui, sia che piaccia o non piaccia, desidero che vi presentiate.
Maggior raccoglimento, spirito di fede, poi amore. Giovedì Santo farete compagnia a Gesù tutto il giorno e tutta la notte. Fa piacere che lo desideriate: un po' di qua, un po' di là, in modo che non resti Gesù mai solo. Giorno e not­te, che bella cosa. Scalderete il cuore; d'ora in avanti essere veri divoti.
2° Riguardo alla Passione, tutti l'hanno sempre in cordibus nostris; spe­cialmente in questi giorni, intervalli, il Signore ha sofferto tanto, e noi? Ed ha sofferto ancor più nel morale: Quae utilitas in sanguino meo? Facciamo che sia sempre utile: che si versi per mano dei missionari. Non siamo puri cristiani, stiamo attenti: noi siamo i beniamini: Nostro Signore si lamentava che non trovava un amico. E’ il momento di ottenere una virtù maschia. Non impongo ancor silenzio per ora, le circostanze ecc....; ma che si stia più raccolti, non ci divaghiamo troppo, non darci tutto all'esterno. Il cuore si deve commuovere, non abbiamo una pietra.
Ci darà tante grazie, canteremo poi a Pasqua l'alleluia.
Qualunque altro sentimento, da parte, ora bisogna compassionare Gesù;
se soffriremo con Lui, godremo con Lui. Povertà, distacco. Diciamogli che versi su di noi il suo sangue. Una volta andò uno dal Superiore della Chiesa dei Filippini a domandare un prete per un uffizio, e gli rispose che al presente non ne aveva, ma che andasse in chiesa, guardasse quel che faceva il cerimoniere se gli piaceva, e andò e faceva tanto bene le cerimonie che lo scelsero ad un uffizio importante. Dunque, anche una sola genuflessione sia di uno che sia impressionato, che senta quello che fa. A tutti i Gloria Patri l'inchino. C'era un signore che veniva al duomo, e a tutti i Gloria faceva l'inchino, e fino alla parola «santo» e in faccia a tutti, e sapete chi è? è un generale giubilato. Al tribunale di Dio avrà da far vergogna a tanti sacerdoti e chierici che non si curano. E ho pensato, appena andrò dai chierici glielo dirò.
Così nel recitare l'uffizio della Sett. Santa continuate questa bella prati­ca, tutti impegnati, mai nessuno si privi di santificare il coro colla sua parte.
3° Voglio dirvi una cosa. Alcuni giorni fa, qualcuno ha aperto il rubinet­to dell'acqua senza permesso, ed ora vedete che macchia c'è nel muro. Vorrei che chi ha fatto quello venga a dirlo. Certo è uno sbaglio involontario, ma bi­sogna che chi l'ha fatto si consegni. Lo so che non l'ha fatto apposta; vuol di­re che avrà occasione di mortificazione: dovrebbe essere contento che tutti lo sappiano. Questo serve per fare attenzione. Mi pare che chi ha fatto questo sbaglio, avendo fatto un disordine, mi pare che è richiesto un atto di ubbidien­za e di umiltà di riparazione. Dovrebbe esser contento di togliere i sospetti. Io non voglio saperlo: se qualcuno l'ha fatto lo dirà al Prefetto. Degli errori ne facciamo tutti, la comunità esige questa riparazione.
Certo non dobbiamo essere disinteressati nelle cose. Non dire: «Non toc­ca a me». Tocca a tutti. Però, se non siamo capaci, non dobbiamo immi­schiarci. Non vi disinteressiate, no, no; si guarda il bene della comunità, tocca a tutti, ma a cacciarsi dove non si è pratici non c'è bisogno, no, no.
E bene che il Signore mandi occasioni. Occhi a tutto, ma non di capric­cio. Quando i Superiori danno una norma, bisogna ubbidire. E la povertà? Si guasta le cose. E il Signore non ci aiuta più.
giuseppeallamano.consolata.org