LA MANSUETUDINE

20 dicembre 1914
Quad. X,2
Della mansuetudine (20 Dic. 1914)
Ci resterebbe ancora molto da dire sulla virtù dell'umiltà, ma di es­sa dovremo sempre parlare; passiamo ora alla mansuetudine. N.S.G.Cr. unisce insieme le due virtù, e premette questa a quella nell'invitarci a rivestircene: Discite a me... Imparate... Bisogna bene che Sia una gran cosa se Gesù, lasciando a parte tutte le altre virtù, co­me la povertà, la castità, ecc., solo in queste due virtù c'invita ad imi­tarlo. .. E veramente la mansuetudine è secondo S. Paolo come la carat­teristica di N.S.G.C.: obsecro vos per mansuetudinem Chi. S. Pietro la chiama sua diletta: cum enim malediceretur, non maledicebat; cum pateretur, non comminabatur; tradebat judicanti se injuste; che sono tutti segni della virtù della mansuetudine.
E già prima della venuta su questa terra Isaia lo definiva: quasi agnus coram tondente se obmutescet, et non aperiet os suum. Basta leggere il S. Vangelo per vedere come Gesù amasse e praticasse la man­suetudine. Lo dicono i giudei indemoniato, ed Egli si contenta di ri­spondere alla bestemmia con dire semplicemente: Ego daemonium non habeo. Nella passione tace, e se parla vedete quali parole miti: cur me caedis?... Quanta mansuetudine colla Samaritana, coll'adultera, colla Maddalena, cogli Apostoli rozzi ed ignoranti, con S. Pietro dopo il pec­cato, che mai glielo ricorda, e collo stesso Giuda, che chiama amico nell'atto stesso che lo tradiva.
Tutto ciò faceva dire a S. Basilio: maxima omnium virtutum man-suetudo. I santi corrisposero all'invito di Gesù, e si studiarono di essere mansueti. Basti S. Francesco di Sales vero tipo di questa virtù, ed il no­stro Ven. Cafasso (es. del Cavaliere insultante S. Franc. di Sales; e l'ammalata che assistita ed ajutata da D. Cafasso, ne parla male).
Ma in che consiste si bella virtù, come si definisce? Secondo S. Tommaso: mansuetudo est quae secundum rationem rectam moderatur iras; cioè quella virtù, che modera l'ira, lo sdegno, la bile, secondo i dettami della ragione. Tenete ben a mente tale definizione per non scambiarla con altra virtù, p.es. la pazienza.
P.P. Albertone, quad. VI, 30-32
19 Dicembre
Invidiate quella barbetta! (Quella di P. Cravero, presente alla conferen­za, venuto dall'Africa dopo dodici anni di missione; era partito chierico di Teologia). Certo non è la barba che fa il Missionario. P. Gamberutti e P. Vignolo non ne hanno. Sospirate un'altra barba; la barba della virtù. Vedete, in dodici anni che è andato non è morto, non si muore in Africa. Qui il Padre, è andato in Africa chierico, allora non c'era vescovo e si andava in Uganda per l'ordinazione, ora invece non farebbe più bisogno. Vedete dodici anni, il tem­po passa. Il Signore ha allargato i suoi padiglioni. (Volgendosi al Padre). So­no tutti curiosi sapere qualche cosa di lassù. Si lavora, quei là fanno quello che possono e voi fate quello che potete. Voi, senza offendere P. Cravero avete più tempo di loro per prepararvi. Lui non ha avuto tempo a studiare così come voi; ha dovuto studiare le lingue là; voi avete tutte le comodità e non dovete aspettarvi dei miracoli. Si, domandategli anche notizie di Karoli... Il Padre deve essere per voi un rinnovamento di buona volontà...
Nulla dies sine linea. Diciamo anche oggi un buon pensiero sul nostro ar­gomento. Avremo tempo tutto l'anno a riprendere l'umiltà; piuttosto piglia­mo ad esame un'altra virtù che nostro Signore ci insegna direttamente. Discite a me quia mitis sum. Il Signore vuole che lo imitiamo particolarmente sulla mansuetudine, e l'ha messa prima dell'umiltà. Vedete adunque che importan­za abbia essa. Non è che dobbiamo avere l'umiltà solo secondariamente, ma dobbiamo averla praticamente, ma per ora esaminiamo la mansuetudine.
L'importanza che ha questa virtù è massima, per chi ha da fare col prossimo. S. Basilio la chiama «maxima virtutum». Vedremo in che consiste questa virtù che generalmente si confonde colla pazienza.
Dice S. Tommaso che la mansuetudine è: «Mansuetudo est quae secun-dum rationem rectam moderatur iras». Tenete a mente queste parole.
Questa virtù ha tanta importanza che S. Paolo la chiama virtù distintiva di N. Signore: «Obsecro vos per mansuetudinem Christi». E S. Pietro dice:
«Cum enim malediceretur non maledicebat». N. Signore non rispose mai con maledizioni alle ingiurie che gli venivano fatte. Quasi Agnus coram tendente se obmutuit. N. Signore fu come un agnello mansueto che si lascia tosare. Questa adunque è la natura della mansuetudine di non lasciarsi dominare dal­le ire. E nostro Signore non solo ne ha fatta la virtù sua ma ancora ha voluto che fosse di esempio a noi. Vedete quando gli dicono che aveva il demonio, egli poteva ben rispondere duro; e invece sempre dolce rispose solo: Ego demonium non habeo. Così quando si trova alla presenza del pontefice e viene schiaffeggiato, egli solo si scusa dicendo: «se ho risposto male, testimonium perhibe de malo, si autem bene, quid me cedis?». Vedete che mansuetudine; soffriva senza dire parola e avrebbe potuto rispondere ciò per broca.
N. Signore ha trattato con mansuetudine con S. Pietro: Dopo che egli lo aveva rinnegato, egli esige la professione di amore, ma non gli ha mai rinfac­ciato il suo peccato. Ha trattato con mansuetudine con Giuda che veniva per tradirlo, e lo ha chiamato ancora amico: «Amice, ad quid venisti?». Sia nelle sue parole che nei suoi fatti si trova sempre pieno di mansuetudine perché egli voleva darne a noi l'esempio di questa virtù. Beati mites quoniam ipsi possidebunt terram. E gl'interpreti dicono: la terra del loro cuore; la terra cioè di se stessi; poi la terra del cuore di tutti del mondo; perché la mansuetudine tira la gente; e S. Francesco di Sales diceva che attira più mosche un cucchiaio di miele che un barile di aceto. E S. Basilio diceva che uno che sia mite è in pos­sesso della terra promessa, ossia del Paradiso. Ecco adunque l'importanza di questa virtù.
S. Francesco di Sales era di carattere collerico e ha fatto tanto che è di­ventato mansuetissimo. Quel cavaliere che un giorno lo caricò di ingiurie, e gli dicevano che rispondesse, e invece lui sempre zitto, e al fine rispose che non aveva parlato per non perdere il frutto di tanti anni di violenze che s'era fatto. E compativa ancora a lui, e diceva che sarebbe andato a trovarlo per cercare di mansuefarlo. E quanto bene ha fatto. E nel mondo c'è un vero bisogno parti­colare di questa virtù. Bisogna fare violenza al proprio cuore; e questo lavoro bisogna farlo qui e non aspettare a farlo là in Africa.
Vedete, in Africa alle volte bisogna lavorare, lavorar con insistenza, e non si ottiene magari nulla, alle volte sono noiosi, sono petulanti, e allora non bisogna lasciarsi scoraggiare, non dobbiamo perdere la mansuetudine. Questa è la mansuetudine che dobbiamo acquistare qui. Domandate la mansuetudine al Bambino Gesù. O Gesù mansueto ed umile di cuore, fate il mio cuore simile al vostro. Bisogna pregare, ma poi questa virtù è una gran virtù e ci vuole del tempo e molti sacrifizi. Bisogna tener fermo e non lasciarci vincere. L'abito si fa ex repetitis actibus.
S. Francesco di Sales l'ha impetrata per la violenza che si è fatta. Pregare ed esercitarla nel gioco e cogli altri. Anche quelli che sembrano più pacifici al­le volte scattano; e perciò bisogna sempre domandarla. E questo non vuol dire debolezza, vedete, S. Francesco di Sales ha sopportato tutto quello che quel là gli diceva, ma non ha concesso quello che domandava e che non poteva conce­dere. Basta là. Buona sera.
giuseppeallamano.consolata.org