LA MEDITAZIONE

27 gennaio 1915
P.V. Merlo Pich, quad. 412-417
 P.P. Albertone, quad. VII, 196- 198
Mercoledì 27 Gennaio 1915
(Ai novizi)
So che vi siete impegnati a fare la meditazione. E questo va bene, perché bisogna dare molta importanza alla meditazione e non solo imparare a farla, ma anche prendervi gusto. E se riusciste ad imparare ed affezionarvi alla me­ditazione credo che avreste già adempito a gran parte dei fini del Noviziato. I Santi stimavano molto la meditazione, sapete... avete già sentito dire altre vol­te, che S. Carlo Borromeo assolutamente non ammetteva nessun Chierico agli Ordini sacri se non sapeva far bene la meditazione. E a ragione, perché è di qui che i Preti attingono lo spirito sacerdotale. Bisogna prendervi l'abitudine fin da adesso, perché se uno vi si affeziona adesso, anche in seguito troverà sempre il tempo per farla, altrimenti dopo la lascerà.
Come dice Mons. Rossi dei Seminaristi: «Coloro che in Seminario la fan­no lì... la fanno male, nel ministero la lasceranno. Coloro che in Seminario un po' la fanno e un po' non la fanno anche nel ministero o non la faranno, o la faranno a sbalzi. E non tutti coloro che in seminario la fanno proprio bene, dice ancora Mons. Rossi, la faranno sempre». E ciò è pei preti secolari, perché noi religiosi abbiamo l'ora stabilita per la meditazione, ma i preti secolari non l'hanno e bisogna che se la cerchino, e così è tanto facile lasciarla.
Poco tempo fa, vedete, venne da me un prete secolare, un vicecurato, e mi diceva: «Senta io antepongo la meditazione alla recita del Breviario, così al mattino per prima cosa (ci sarebbe da recitare il Breviario) ma per prima cosa io o prima o dopo di celebrare la S. Messa, secondo l'ora che mi tocca a dirla, faccio la mia meditazione. E certi giorni, poi, per accudire gli affari devo poi dire tutto il breviario la sera, tanto più se non ho potuto recitarmi matutino e lodi il giorno prima. Tuttavia, antepongo la meditazione al breviario, perché pel breviario si trova sempre il tempo, mentre che per la meditazione, se si la­scia fuggire l'occasione propizia, non si fa più. Questa è la mia idea: adesso lei mi dica se faccio bene o no» — «Sì, fai bene, gli ho risposto io, credo che faccia bene, perché è vero che il breviario è di obbligo, tuttavia per il breviario qualunque momento è buono, mentre che per la meditazione se non si prende quell'ora, poiché è necessario un certo raccoglimento, se non si prende quell'ora non si fa più. Perciò credo di poterla assicurare ed incoraggiarla a seguitare a fare così».
Vedete: credo più necessario la meditazione del breviario, perché tutti i santi dicono che è necessaria a salvarsi, e molti dicono: chi medita si salva, chi non medita si danna. Perché meditazione e peccato non possono stare insie­me, e questo s'intende non solo della meditazione metodica, ma anche quella di pregare adagio, meditare su ogni parola di ogni preghiera, fermarsi un quarto d'ora sul Pater noster, meditare i misteri del Rosario; come fanno nel mondo, nei paesi tante povere vecchierelle che recitano l'Ave Maria, e inten­dono onorare e lodare la Madonna; tanti poveri contadini che, mentre lavora­no, sollevano ogni tanto la loro mente a Dio. Sicuro, anche essi si possono fa­re santi, poiché nessuno o almeno sono ben pochi quelli che possono prendere un libro e fare la loro meditazione: molti forse san neppure a leggere. E di questa meditazione che i santi intendono parlare. Ma se per gli altri nel mondo basta questa meditazione, noi religiosi bisogna che facciamo un po' di più, bi­sogna che facciamo la meditazione secondo le regole date dai diversi autori: una meditazione regolare,
metodica.
Essa sembra difficile; e si è sempre su questo punto — io non so meditare — non ci riesco ... — Molti dicono: — io trovo più facile, ricavo più frutto da una lettura spirituale, dal leggere la vita di un santo. Certamente che è più facile il leggere la vita di un santo, poiché non è così ristretto e stringato come la meditazione.
Certamente che è difficile in principio: è come dice qui, come se un chieri­co volesse recitare il breviario che non sa racapezzarsi in principio. Ma biso­gna mettersi d'impegno, imparare a farla proprio meccanicamente in princi­pio, come facciamo noi in principio per il breviario, che studiamo le rubriche a memoria, e poi in seguito verrà da sé. So che avete già dato un saggio: e que­sto va bene: bisogna che uniate tutti insieme e che ne facciate come un estratto.
I metodi variano secondo gli autori. Quasi tutti i libri di meditazione ne danno qualche accenno in principio; ma vi ho portato questo libro del P. Fa-ber affinché la studiate bene, lo leggerete in comune, e poi potrete anche leg­gerlo in particolare: vi lascio qui il libro. Qui accenna specialmente a due me­todi che sono i principali, uno di S. Ignazio, e l'altro cosidetto di S. Sulpizio. Quello di S. Ignazio sembra difficile, sembra di trovarsi in una selva, e l'aveva fatto lui per i suoi frati.
Invece l'altro di S. Sulpizio, ossia del Ven. Olier e pare secondo i metodi degli antichi. Il Ven. Olier era parroco di S. Sulpizio a Parigi, e fondò una Congregazione di Sacerdoti destinati alla direzione dei seminari, alla forma­zione del Clero; ed è appunto là che s'è formato il Clero di Francia. Questi preti li formò proprio in regola, ed è per essi che egli propose questo metodo di meditazione. E infatti questa Congregazione tenne duro, non solo durante la Rivoluzione Francese, in cui vi furono molti martiri, ma resistettero anche al Giansenismo. Che mentre altre Congregazioni in Parigi, come quella dell'Oratorio e tante altre lasciarono infiltrare il Giansenismo, invece questi Sacerdoti di S. Sulpizio tennero duro, e resistettero forti e robusti. Ed anche ora sono veramente l'esempio del Clero; e molti che possono anche oggidì, vanno a passare qualche mese là, per prendervi lo spirito sacerdotale. Come il nostro sacerdote D. Murialdo di cui si è introdotta la causa di Beatificazione, ebbene anche lui è andato a passare là due anni. E fortunato quel sacerdote che ha tempo e può andare a passare qualche mese là prima di incominciare il Ministero. Esso è pei preti secolari come un Noviziato. Tutti questi metodi poi furono sempre più semplificati: da S. Alfonso che l'ha ridotto a tre punti: pre­parazione, corpo della meditazione, e ringraziamento; ed a molti altri santi. Come pure da S. Francesco di Sales di cui celebrerete la festa, che ebbe una grande facilità nel rendere facile nella sua introduzione alla vita divota tutti questi mezzi della vita spirituale.
Bisogna adunque che mettiate grande impegno nell'imparare a far bene e prendere affezione a questa meditazione formale, regolare. In principio, come ho detto, bisogna proprio che la facciate meccanicamente, secondo i metodi suggeriti, ed imparerete, sicuro, e farete anche l'altra abituale.
Così si tratta di meditare i misteri del Rosario. Siamo per esempio nei mi­steri gaudiosi. Nel primo è l'Annunciazione di Maria SS. In questo mistero es­sa ha mostrato l'amore specialmente a tre virtù: la castità, la soggezione nell'assoggettarsi alle parole dell'angelo e l'umiltà. Ebbene: una volta preghe­rò la Vergine che mi ottenga l'umiltà, un'altra volta la pregherò che mi conser­vi la bella virtù della castità, così un'altra volta considererò il contegno che mantenne l'angelo nel presentarsi a Maria SS. Immaginatevi con che rispetto le parlò! E penserò: sono anch'io così rispettoso così devoto di Maria SS.?
Così nel secondo Mistero: m'immagino con che carità Maria SS. serviva S. Elisabetta. Mons. Gastaldi non voleva che si dicesse che la serviva quale umile ancella: invece gli piacevano molto le parole «con grande carità ed umil­tà». ...e così via per tutti gli altri misteri.
Un bel pensiero ha S. Francesco di Sales nelle sue opere che forse avrete già trovato anche voi, e che fece molto effetto ad una malata: è questo. Vede­te, poco tempo fa, sono stato a visitare una ammalata, che mi diceva appunto:
«A me piace molto quel pensiero che ha S. Francesco di Sales quando dice:
Entriamo in un palazzo antico: per lo scalone, nelle sale, vi sono delle statue, che magari da cento anni son sempre lì, non hanno mai mosso; direte dunque che sono inutili? No, danno gloria al loro padrone. Ora immaginatevi che uno voglia gettarle giù: No, gli si dirà: fanno figura, danno gloria al loro padrone. Così io che son qui malata e non posso più far niente, non posso più pregare più a lungo (e questo è lo stato ordinario degli ammalati), faccio come quelle statue: dò gloria a Dio».
Così noi, quando abbiamo delle distrazioni nelle orazioni non dobbiamo rattristarci. Procurare che non siano volontarie, questo sì, ma poi stiamo tran­quilli, contenti di fare la volontà di Dio: facciamo come quelle statue, diamo gloria a Dio colla nostra presenza. Così, che cosa fanno quei candelieri là sull'altare tutta la settimana? Si accendono solo una volta la settimana, la Do­menica, perché dunque lasciarli là tutta la settimana? danno gloria a Dio colla loro presenza, ornano l'altare.
S. Francesco di Sales ha molti di questi pensieri che sono molto belli, co­me sarebbe pure quello del cieco. L'avrete già letto o sentito; è così bello: quel cieco... ma lo sentirete, lo sentirete...
giuseppeallamano.consolata.org