CARNEVALE


 
14 febbraio 1915
Quad. X, 9-10
Pel carnevale
(14 Febbr. 1915)
N.S.G.C. disse: Mundus gaudebit, vos autem contristabimini, sed tristitia vestra vertetur in gaudium. Vi sono due sorta di allegrezza e due sorta di tristezza. I. Vi è una gioia santa, che tanto c'inculca la S. Scrittura: gaudete in Domino, iterum dico gaudete; Laetamini in Do­mino et exultate justi; ed in tanti altri luoghi. È una delle cose più incul­cate. Il Signore re della pace, è pure principio di ogni gioja, e noi unen­doci a Dio e servendolo fedelmente godremo con Lui della stessa Sua gioja: servite Domino in laetitia. (Vedi Rodriguez T. VI, cap. 2).
Ma v'è un'altra allegrezza, però falsa e perversa, ed è quella di go­dere nel fare male e pel male. Questa è la gioia dei peccatori qui exultant in rebus pessimis. E se non è direttamente cattiva, lo può essere per l'oggetto, le circostanze di tempo, di luogo... E questa è la gioja che il mondo offre a' suoi seguaci specialmente in questi giorni di carnevale;
giorni di stravizi e di peccati. Sarà per lo meno gioja fallace che non procede dal Signore, e questa lascia vuoto e senza vero godimento.
Veniamo alla tristezza," è pur essa, come dissi, di due sorta. Una è da rigettare e condannare come ajuto al peccare, e contraria alla virtù della speranza, tale fu quella di Giuda dopo il tradimento di Gesù; di Caino e di Nabucodonosor e di tanti che cedono alla tentazione pessi­ma della disperazione. Infelice chi si lascia dominare da questa tristez­za. È anche da scuotere quella tristezza per apatia naturale, proveniente dal carattere melanconico, per cui uno si lascia per poco disanimare nel bene e specie dopo peccato. Di questa parla il salmo: ludica me; che i Sacerdoti ogni giorno dicono prima della S. Messa. S. Filippo diceva:
peccato e malinconia non in casa mia. Essa snerva la volontà, ed impe­disce ogni passo nella perfezione. Per vincerla bisogna essere umili e confidenti in Dio, e scuotersi.
La tristezza buona e santa secondo S. Basilio (V. Rodriguez l.c. c. 7) si genera da quattro cose ecc.
È pei peccati altrui che specialmente in questi giorni dobbiamo santamente attristarci. Ciò desidera N.S.G.C., c'insegna la S. Chiesa e ci spinge l'esempio dei Santi (Ved. pred. pel carnevale 11 Febbr. 1907).
P.P. Albertone, quad. VI, 56-59
14 Febbraio (Dom. di carnevale)
Vedete lui (parlando ad un sacerdote venuto all'Istituto pochi di innanzi) ha fatto dei sacrifici più di voi. Pregate il Signore che gli conceda la forza e le grazie necessarie perché ha dovuto lottare più di voi. Voi siete venuti da giova­ni qui, siete pianticelle cresciute qui, e per voi non vi furono delle difficoltà, invece per lui...
Questi giorni, vedete lo spirito di questo istituto, di questa casa, in questa casa, in questi giorni di carnevale, noi lo facciamo così, in questi dì di carneva­le dovrebbero moderare invece la carne, e invece la carne c'è con tutte le sue miserie. Con tante cose in aria non dovrebbero fare neppure le cose innocue, e invece altro che divertirsi senza pregiudizio dell'anima!... Il solo cinematogra­fo che chiamano Ambrosio, mi ha detto una persona ieri sera, sapete quanto denaro ha incassato in quest'anno? Mezzo milione! 500.000 lire! È vero che vi sono le spese, vi è il lordo, mettiamo pure un 200 mila lire, ma è certo che han­no fatto un 200 o 300 mila franchi di netto. E vuol dire che se sono entrati, vuol dire che se ne ha ancora; e poi si grida povertà e miseria. E sapete per lo più non sono mica i ricchi che danno tanto denaro, è il ceto basso e poi vedete... avrebbero potuto risparmiare e pensare anche un poco all'indomani, nel caso di una malattia, no, mangiano tutto, e poi vanno a cercare i sollazzi più cattivi. Il Cardinale nella sua pastorale ripete l'ordine formale, la proibi­zione ai sacerdoti di andare al cinematografo, ma parla anche di tutti gli altri. Il popolo è sempre così: panem et circenses... mundus gaudebit, vos vero contristabimini. Ecco quello che succede e voi dovete rattristarvene. Certo non sono tutti trappisti e cappuccini, ma ci sarebbe modo di divertirsi senza offendere il Signore, e invece... di giorno e di notte peccati e così si fanno grandi of­fese al Signore; si mettono le maschere e poi c'è più male di quello che possiate immaginarvi. E tutto questo deve provocarci ad essere tristi. Rattristiamoci di quello che gode il mondo. Abbiamo tanto bisogno di pregare per ottenere la pace; e questo ci dice ancora di rattristarci.
Vi sono due sorta di tristezza: buona e cattiva. Anche nel mondo si rattri­stano, per la perdita dei beni, per le passioni non soddisfatte, ecc. Ma la tri­stezza di questo giorno, è la tristezza buona. Le cause di questa buona tristez­za sono quattro dice S. Basilio.
1° La prima causa di tristezza sono i nostri peccati; bisogna fare un atto di contrizione, avere una tristezza che non sia disgiunta dalla confidenza in Dio; e dal pensiero della misericordia del Signore; e questa tristezza è buona.
2° Dei peccati altrui. E questa è quella che specialmente dobbiamo avere in questi giorni; santamente tristi dei peccati che si commettono in questi gior­ni, per tante offese che si fanno a nostro Signore. S. Carlo Borromeo faceva molte più penitenze e S. Francesco di Sales stava più raccolto; il B. Enrico Susone non prendeva più alcun cibo per questi tre giorni per riparare al vizio di questi dì di mangiare troppo. E si racconta che un angelo venne a portargli dei frutti squisiti dal cielo. E a S. Geltrude il Signore ha fatto vedere che faceva scrivere da S. Giovanni Evangelista tutti gli atti di riparazione che si fanno in questi giorni. E anche lo spirito della Chiesa stessa vuole stiamo più raccolti: toglie l'alleluia, mette il colore violaceo, e nell'uffizio fa recitare il miserere. E così noi dobbiamo avere questa tristezza per conformarci allo spirito della Chiesa.
3° motivo sono le nostre imperfezioni; al vedere che siamo sempre imper­fetti e che non facciamo quello che dovremmo fare. Dobbiamo dire: io pro­metto sempre eppure faccio sempre poco. Uno che voglia veramente servire il Signore deve attristarsi di essere sempre lo stesso. E dobbiamo attristarci effi­cacemente, e dobbiamo proporre di volerci scuotere, oggi stesso, e la grazia non mancherà.
4° motivo è la tristezza di essere lontani dal Paradiso, lontani dalla vista di Dio. Vedete S. Paolo lo diceva: «Chi mi scioglierà da questo corpo di mor­te! Heu mihi quia incolatus meus prolongatus est!». I santi amavano il Para­diso pel possesso di Dio. Questa è anche una santa tristezza. Diciamolo spes­so: Domine ut videam! c'era quest'oggi nel Vangelo. E così i santi tutti deside­ravano di essere sciolti per andare in paradiso. Il nostro Ven. Cafasso cercava il modo di uccidersi. Ma uccidersi senza fare male. Uccidersi da buon morali­sta colle fatiche e penitenze. E cominciò a non più mangiare. E così diceva mons. Bertagna: Don Cafasso è morto tisico? No. Come è morto? È morto di sfinimento.
Ma però chi di voi volesse fare così domandi prima il permesso, c'è anco­ra tempo. Desiderare dunque il Paradiso; non dico temere di non andarci:
vorrei vedere che qualcuno avesse paura di non andarci! Ma si, desiderare di essere liberati dal purgatorio; fatelo qui. Così diceva S. Francesco: tanto è il bene che mi aspetto che ogni pena mi è diletto! E S. Filippo Neri: Paradiso! Paradiso! E S. Teresa diceva che coloro che non desiderarono il Paradiso qui in vita faranno uno speciale purgatorio; siccome non desiderano il Paradiso staranno in purgatorio finché non venga loro il desiderio. Noi invece dobbia­mo avere il desiderio di andare lassù: certa gente più viene vecchia e più teme di morire. Heu mihi...!
Ah! Vedere il Signore! Goderlo! Quando saremo davanti a N. Signore questo è il carnevale! Allora saremo contenti! E così servirà a tenervi santa­mente tristi anche questo tempo. Una vera riparazione per tutti i peccati del mondo e di Torino. E poi rattristiamoci di essere sempre su, sempre superbi, sempre senza energia, questa è la tristezza che dobbiamo avere. Surgam et ibo! diciamolo. Il Signore da ciascuno di noi farebbe dei santoni, ma vuole che noi facciamo il primo passo. E noi invece siamo sempre blandi... Ciascu­no di noi deve essere un apostolo, un santo missionario; e non bisogna dire: oh io mi contento di essere lì, lì, guai, no, voglio farmi santo più di tutti. S. Teresa diceva che in Paradiso avrebbe sopportato che qualcuno godesse di più di lei, ma che qualcuno amasse il Signore più di lei, diceva, non so se lo sop­porterei. Facciamo così e il Signore sarà consolato, e saremo consolati anche noi, e non solo in Paradiso, ma anche adesso, il gaudio verrà anche adesso. N. Signore ci fa provare un tal gaudio che exsuperat omnem sensum; nessun ri­morso, e grazie a Dio ci facciamo un po' di bene, e naturalmente, e il Signore fa scrivere tutto da S. Giovanni Evangelista; questo ci deve consolare e spro­narci ad essere santamente tristi.
P.G. Richetta, quad. 14

14 Febbraio 1915
Domenica di Quinquagesima - Tristezza buona
Dobbiamo rattristarci:
1) dei nostri peccati.
2) dei peccati altrui.
3) perché siamo sempre imperfetti.
4) perché siamo ancora in questo esiglio.

 
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