CORRISPONDENZA ALLA VOCAZIONE

21 febbraio 1915
Quad.X, 10- 12
Dom. I di Quar.                   &nb sp;
Corrispondenza alla vocazione
(21 Febbraio 1915)
S. Paolo ai Corinti raccomandava vivamente di non ricevere inva­no la grazia di Dio: Exortamur, ne in vacuum gratiam Dei recipiatis. E la S. Chiesa in questa prima Domenica di Quaresima ci ripete lo stesso avvertimento nel S. Breviario più volte e nella S. Messa! S. Paolo inten­deva della grazia della Fede; la Chiesa della grazia del S. Tempo di Quaresima; ed ambedue aggiungono che ora è il tempo accettevole ed il giorno della salute. - La stessa raccomandazione farò anch'io a voi in rapporto alla grazia della vocazione all'Apostolato, la quale, se non è una grazia così necessaria come la Fede, è però una grazia di predilezio­ne per voi. E vi dico di non ricevere in vano la grazia dell'Apostolato, ma di corrispondervi e di renderla in voi fruttuosa, mentre scorre per voi il tempo propizio di corrispondervi, ed i giorni di grazie speciali che il Signore sparge sul postulandato, sul Noviziato e su tutta la vostra preparazione alle Missioni.
Or bene tutti che siete qui per formarvi all'Apostolato procurate tutti egualmente di corrispondervi? Siete venuti tutti in questa santa ca­sa per farvi santi missionari; la vocazione l'avete avuta tutti, e per essa superaste anche difficoltà...; bene, ma questo non basta, ricevuta que­sta grazia, non data da Dio che a pochi nel mondo, fra cui siete voi; giunti a possederla, vi corrispondete convenientemente?
Credo di potervi classificare in tre classi quanti siete qui radunati. La prima classe è di quelli che ben conoscono questa loro vocazione, ne apprezzano la preziosità; conoscono anche i mezzi da usare per farla fruttificare in sé. E come non conoscerli: che qui tutto è mezzo a ciò or­dinato: le Regole, le prediche, le letture e le meditazioni; gli ammonimenti dei superiori, e poi le tante ispirazioni di Dio, specialmente nelle frequenti Visite a Gesù Sacramentato e negli Esami di coscienza...
Si, tutti sanno ciò che devono fare per corrispondere alla grazia della vocazione, ma non tutti usano bene questi mezzi. E la prova sta nel frutto quanto alla perfezione, alla santità. Chi dopo mesi ed anche anni si trova sempre il medesimo, cogli stessi difetti, a costui dovrà ap­plicarsi il detto del poeta pagano: video meliora, proboque, deteriora sequor. Quelli che in tempo sì propizio e di speciali grazie per la forma­zione non fanno passi nella perfezione, costoro non corrispondono alla grazia divina. Vanno avanti tirati come i giumenti dall'ordine della ca­sa, dalle azioni comuni; ma non ne approfittano; e si rendono più col­pevoli presso Dio per tanta abbondanza di lumi e di eccitamenti alla perfezione non corrisposti. Sono infelici se aspettano a tendere seria­mente alla perfezione quando sarà passato questo tempo di grazie: quando in Missione avranno più solamente le grazie di continuare la perfezione già ben radicata. Io spero che nessuno di voi si trovi in que­sta classe; ma...
La seconda classe, dico subito essere dei più di voi. A questa ap­partengono tutti coloro che non solo conoscono ed amano la grazia della vocazione, ma pongono anche impegno a corrispondervi. Si stu­diano di fare bene le pratiche di pietà, specialmente la meditazione; vo­gliono obbedire, avere carità coi compagni... Solo sopraggiunto un ostacolo, venuta una prova nello spirito o nel corpo, si scoraggiscono, si fermano nei buoni desiderii, ed eccoli disanimati e freddi. Loro può applicarsi il detto del salmo: ego dixi in abundantia mea, non movebor in aeternum. Ed ecco che il Signore avertit faciem suam, et factus sum conturbatus. Manca in costoro la costanza nei buoni propositi e deside­rii; sono fervorosi quando tutto procede bene; ma se viene la prova si fermano o rallentano. Fate che i superiori li mettano nel caso di fare opere di perfezione, come mortificazioni pubbliche, uffizi più umili; o vengano tolti da certi incarichi onorifici, si disanimano e non sanno re­sistere alle tentazioni di scoraggiamento e di superbia. Che dire se per disposizione di Dio vengono tentati nella bella virtù? Invece di farsi co­raggio e usare i mezzi per sostenersi come S. Paolo, pensando con lui che sufficit gratia Dei, ed è bene per loro che siano ad tempus così pro­vati, cadono d'animo; e tutta la loro buona volontà scema e si smarrisce....
Non così la terza classe; essa è costituita da quelle anime generose e costanti, le quali proposito sibi fine, la perfezione, la santità, tirano dritto tra le prove, confidate in Dio finché vi riescono. La vista di quan­to hanno fatto i Santi e più N.S. Gesù Cristo le sostiene nei tempi neri che vengono anche per loro. S. Franc. di Sales, considerando ch'erano già tre i Santi di nome Francesco, propose di voler essere il quarto, e vi riuscì ottimamente. L'Ab. Ranzè (V. La perf. Cr. p. 393).
Questi spiriti forti hanno le loro battaglie col demonio geloso di tanta virtù e del bene che operano; e come Giobbe li vesserà in tanti modi, e Dio stesso li proverà come S. Teresa nel fuoco delle aridità e pene interne od esterne, si da gemere come S. Paolo: quis me liberabit de corpore mortis hujus; ma il Signore, sebbene nascosto, è nel loro cuore, come disse a S. Caterina da Siena. E se avvenisse a costoro qual­che caduta, come a certi santi, non troppo si abbattono, ma subito fan­no de tentatione proventum; sorgono e procedono con più energia, seb­bene più umili e confidenti in Dio.
Ecco, miei cari, la strada che dobbiamo percorrere; ecco il fine che tutti dobbiamo sforzarci di ottenere. Dio non manca da parte sua, toc­ca a noi seguire l'invito di Gesù: Estote perfecti sicut et Pater...
P.P. Albertone, quad. VI, 60-65
21 Febbraio
Vi siete rallegrati col Ch. Mauro (era andato a casa chiamato pel servizio militare ma ritornò entro la giornata perché fu riformato). Può dire:«Veni, vi­di, vici». Anche in queste piccole cose il Signore interviene; ed il Signore aiuta anche l'altro, (intende un Coad. Agagliatti Savino, che fu mandato in sanità; era il 1° Coad. preso sotto la leva), come Carlo il cuoco; eh, Carlo, facevi il cuoco? faceva il provveditore nell'esercito; vedete in missione bisogna essere disposti a tutto. In Francia due vescovi sono andati sotto le armi; lasciamo stare il fatto in sé, che non sappiamo le loro condizioni; si deve essere capaci a tutto; certo c'è da impetrare pace; che non si faccia la guerra; ma certo ci sono le tasse; tuttavia non c'è da allarmarci, perché ultimamente il ministero ha di­chiarato che tutto era come per lo innanzi e che perciò la neutralità continua. Certo c'è una mortalità senza fine; muoiono come le mosche. Ma voi avete da prepararvi per un'altra guerra, per un'altra missione di un altro genere.
Ed ora diciamo qualche parola sull'Epistola di quest'oggi; (Ep. della Dom. di Quares. II Cor.): Fratres, hortamur vos ne in vacuum gratiam Dei re- cipiatis. Là c'è «exhortamur», vi esortiamo che non riceviate invano la grazia di Dio; e voleva dire la grazia della fede; che non rendessero vana la grazia del­la fede, perché quello era il tempo accettabile, quello era il giorno di salute. Tempo idoneo della grazia, delle benedizioni di Dio, al principio della loro conversione, il Signore in quel tempo abbonda di grazie; e S. Paolo con questa magnifica epistola insegnava loro quello che dovevano fare, praticare in quel tempo di grazie di Dio.
E veniamo a noi; certo che la fede è la prima; ma noi possiamo applicare quello che ci dice S. Paolo della fede ad un'altra grazia, ad un'altra grande grazia che è quella della vocazione all'apostolato. Il Signore vult omnes homines salvos fieri; ma non vuole tutti apostoli, e questa grazia l'ha fatta a noi; l'apostolato è una grazia particolare. Così se si tratta di sacerdoti, non sono molti che sono chiamati ad essere missionari; e perciò bisogna ricevere questa grazia non in vano, bisogna coltivarla, bisogna fruttificarla; vedete la grazia da parte di Dio non manca; se noi abbiamo voglia di fare, il Signore ci dà la sua grazia; questi anni di preparazione sono dies salutis, sono tempo accette­vole, non dobbiamo aspettare in Africa, perché in Africa non sarà più come ora, come nella preparazione.
Allora, al tempo degli Apostoli, il Signore faceva miracoli per i Corinti, e per noi ora ci fa grazie particolari interne. E noi vediamo se corrispondiamo. Vedete di una comunità, come la nostra, forse per entrare quanti sospiri, e an­che i piccolini l'hanno desiderato; e quante difficoltà si sono dovute superare; ed allora si aveva vera, gran volontà di essere santi missionari; e non c'è nessu­no che abbia detto: «Oh io mi contento di essere solo cosi, così!». Non è una cosa che si fa lì come una passeggiata; e poi l'abbiamo messo in pratica tutto il fervore che avevamo?
Vedete, in tre classi io calcolerei tutti voi; cioè spero che siate tutti dei più perfetti. Tutti conosciamo quello che dobbiamo fare; tutti sentiamo continua­mente parlare di virtù, prediche, avvisi, esami ecc. Tutti sapete come si fa a corrispondere, e non potete dire di non sapere. Il Signore poi dà i mezzi.
Prima classe dunque sono tutti quelli che conoscono tutto quello che deb­bono fare, ma hanno poca o nulla volontà di mettere in pratica quei mezzi che hanno nelle mani; quei mezzi che hanno a loro disposizione. E se si guarda un mese dopo l'altro un anno dopo l'altro, confrontando, hanno sempre i mede­simi difetti, essi sono sempre i medesimi. Hanno una volontà fiacca. E questi ci sono in tutte le comunità, video meliora proboque deteriora sequor. E noi guardiamo un po' se per caso siamo in queste condizioni. Se siamo nella con­dizione di conoscere e di non corrispondere alla grazia di Dio. Guardiamo se abbiamo una volontà fiacca, debole, non risoluta ad usare i mezzi necessari, quei mezzi che Iddio non ci lascia mancare. Infelici, che avremo da rendere conto un giorno e dovremo riconoscere che a noi le grazie del Signore non fu­rono di salute ma di rovina.
Un'altra classe poi è di quelli che vedono il da farsi, sentono, studiano, ma non lo fanno assolutamente, non lo fanno con tutto il cuore, non lo fanno con quell'intensità che è necessaria per farsi santi. Questi sono quelli della se­conda classe e per lo più sono un bel numero. Hanno la volontà, ma la volontà di fare un taglio netto non l'hanno; vogliono dare, ma non vogliono dare tut­to. Ed il Signore invece è geloso. E perciò avviene che questa gente non è con­tenta di loro stessi. Non fanno tutto questa gente e perciò non godranno della pace che dà il Signore a quelli che fanno dei sacrifizi energici per fare tutto quello che lui vuole. Non si può dire che faccia peccato certamente; ma si po­trebbe quasi dire quello che dice la S. Scrittura: «Vult et non vult piger»; co­stui vuole certamente, ma non vuole efficacemente. Sapete di quel là che stava a sentire la predica dell'avarizia ed era un avaro: tutte le altre volte stava at­tento, ma allora dice: «oh, questo non fa per me», e dire che tutti là sapevano che era un avaro; e lui invece dormiva. E così anche N. Signore dice a costui: «Che cosa importa tutto il resto se manca il principale?». E così costui ha sem­pre gli stessi difetti; montano e calano, i superiori dicono, essi propongono, poi sono sempre gli stessi. E così vanno avanti di anno in anno, sempre uguali e non si emendano mai. E questo perché questi religiosi non entrano in se stes­si bene, non dicono una buona volta un addio a tutto, e questi sono la maggior parte dei religiosi; non dico di voi, ma tuttavia...
La terza classe è quella dei generosi che non escludono niente. Così dob­biamo essere noi, dobbiamo dire al Signore: io non voglio fare nessuna detra­zione, sono un olocausto. Ah, quando è così abbondano di grazia del Signore. Non bisogna dire: Non voglio mica essere un S. Francesco Zaverio! No, biso­gna tenderci ad esserlo; volere; essere risoluti e di vincere e di divenire come S. Francesco Zaverio.
S. Francesco di Sales diceva: «ci sono già tre santi chiamati Francesco, ed io voglio essere il quarto»; e lo fu. Ma certo bisogna avere spirito di abbando­no in Dio; spirito di povertà; non sprecare un filo che non sia necessario, an­che se non si è fatto ancora i voti, tuttavia ci vuole lo spirito; non si fa per spi­lorceria, ma si fa per la comunità; nell'abito, attrezzi, in tutto. Che non ci sia sempre bisogno che il Superiore vada sempre dietro; che non ci sia bisogno che stia sempre lì a vedere, ecc. Bisogna essere generosi con Dio, essere risoluti; ma risoluti efficacemente ed in tutto. Ah, quando il Signore vede che noi vo­gliamo; basta che noi vogliamo fare un passo, e poi lui ce ne fa fare subito tre o quattro.Ci fa andare subito avanti come giganti, sicut gigas ad currendam viam.
Molti non arriveranno perché vedono, vogliono, ma non vogliono tutto, ed il Signore restringe, il Signore non dà più le grazie straordinarie. Bisogna volere farsi santi, e gran santi, e subito, non domani, e gran santi, e poi usare i mezzi.
Vedete, vi sono di quelli che sono mesi e mesi che sono avvertiti di un di­fetto, e negano mica di averlo, eppure sono sempre gli stessi, perché non usa­no energia per vincersi, non si scuotono, non vogliono usare i mezzi. E tutti questi difetti sono quelli che nel ministero divengono grossi. Non parlo di pec­cati mortali, ma bisogna vincere anche i veniali, bisogna diminuirli, cercare di togliere tutto quello che è volontario; studiare di emendare la passione domi­nante. Bisogna tagliare ed essere contenti di essere tagliati con una scure. Cer­ta gente vogliono l'umiltà, ma poi non vogliono i mezzi che conducono all'umiltà. Si vis humilitatem ama humiliationem. Perciò dobbiamo metterci d'impegno per essere tutti nella terza classe. Non nella prima che è la classe di coloro che sono freddi; e così pure non nella seconda; questa gente dovrebbe e potrebbe corrispondere di più. Ah, se questa gente corrispondesse quanto godrebbe.
I Santi godono di tutto; e S. Paolo diceva che godeva in tutte le sue tribo­lazioni. Superabundo gaudio in omni tribulatione nostra. E così pure gli Apo­stoli tutti: Ibant gaudentes, quoniam digni habiti sunt pro nomine Jesu contumeliam pati. Così fatelo fin d'ora; basterebbe per regola «Dio mi vede»; biso­gna abbracciare quel che non piace, fare nulla senza obbedienza, e sforzarci anche di curare, cercare di fare tutto, anche le piccole cose.
Vedete, quelli che dicono: «Oh, questo è niente!», per loro è tutto niente, anche la perfezione è niente. Vedete quell'abate Tranché che fondò i trappisti, aveva vissuto sempre da giovane mondano, e poi a 25 anni entrò in sé ed ha detto: «Voglio emendare tutto il passato», quello era un uomo e diceva che rinforzava giorno per giorno. Saputo che era volontà di Dio, non ha rispar­miato più nulla, non ha dato retta a nessuno dei compagni che lo disprezzava­no, sempre avanti. Nemo sanctus nisi singularis. Ciascuno di voi dovrebbe es­sere singolare, non dico singolare nel senso che si intende, ma singolare nell'adempimento del proprio dovere, nel compiere il proprio dovere esatta­mente. E supposto che si perdesse la regola, che ciascuno fosse una regola vi­vente. Perché la vita di comunità è il mezzo facile per renderci perfetti? perché nella comunità vi sono tante cosette che servono a renderci santi. Dunque, questi sono giorni di salute, questo è il tempo propizio per farci santi. Sia quelli che aspettano, sia i novizi, sia quelli che stanno per fare i voti; ed i pro­fessi tutti, tutti voler farci santi; volontà forte, volontà di ferro, dobbiamo tutti dire: «volo salvare animam meam» e noi dobbiamo dire: voglio farmi perfetto.
Questa è la più bella lezione che possiamo trarre dall'epistola di S. Paolo. Tenetelo a mente, ad quid venisti? Siamo forse venuti qui per prendere un esa­me, per comandare, per star bene? No, no; son qui non per fare la volontà mia, ma la volontà di Dio. Ah, chi si mette e la rinnova sovente questa volontà ferma non mancherà di riuscire. Noi siamo deboli e possiamo cadere, ma dob­biamo rinnovare la buona volontà, bisogna stare forti e riusciremo anche noi tutti della terza classe e ci faremo santi.
Missionari santi ce ne sono, ma se non vi farete santi qui, non vi farete più santi. Al contrario invece, se uno è santo qui, può darsi che torni indietro. Mons. là di Pinerolo, diceva: di quelli che escono dal seminario, chi è che fa ancora la meditazione? Ecco: quelli che in seminario facevano bene la medita­zione, quei lì la faranno ancora tutti? Ma! alcuno si. Quelli invece che in Semi­nario la facevano già lì lì, la lasceranno. Tanto più poi di chi in Seminario già non la fa. Si tende sempre ad andare in decadenza. In Missione ci sono leregole, certo, ma tuttavia sarete più liberi, e si comincia, una cosa si lascia, un'altra si trascura, e quelli che facevano già qui faranno ancora, altrimenti si lascia; oggi si trova un motivo per lasciare la visita, domani un motivo per la­sciare la meditazione e così via. E così si arriva alla fine del mese che si è fatto poco. E se invece si ha volontà di ferro si trova tempo a tutto. Certamente che bisogna approfittarsi di tutto. Il Signore piove grazie su questa casa. Siamo noi di quelli che vedono che cosa si deve fare, e che vogliono tutto, e sempre, ed intensamente? Bene! andiamo avanti e facciamo prodigi; questi sì, possono andare nel Kaffa e subire il martirio, e gli altri? Gli altri invece di portare la fe­de, vanno là a rinnegarla. Basta, preghiamo il Signore che ci dia questa buona volontà.
P.G. Richetta, quad. 14
21 Febbraio 1915
Domenica I di Quaresima - Risorgere.
Ecce nunc tempus... (2 Cor. 6, 21). In comunità vi possono essere tre classi di mèmbri.
1) di coloro che conoscono le grazie, ma ne fanno poco e niente frutto, perché di poca volontà.
2) di coloro che conoscono le grazie, ma sono solo fervorosi a sbalzi.
3) di coloro che sono generosi in tutto. Costoro fanno un passo, e il Signore
gliene fa fare quattro o cinque.
S. Francesco di Sales volle, e diventa il quarto S. Francesco. Nemo sanctus nisi singularis; facciamo guidati dall'obbedienza quel che
ci pare davanti a Dio, e dicano ciò che vogliono.
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