MEDITAZIONE — CARITÀ FRATERNA – ACCUSA PUBBLICA

5 marzo 1915
P.V. Merlo Pich, quad. 422-423
P.P. Albertone, quad. VII, 200-201
Conferenza del Venerdì (ai novizi)
5 Marzo 1915
Vi porto qui un libretto che tratta sul modo di meditare secondo il meto­do di S. Ignazio, fatto dal padre Ronghtaan [= Roothaan], Superiore Gene­rale dei Gesuiti, il terz'ultimo o quart'ultimo Superiore Generale. È un bel li­bretto: è da molto tempo che lo cercava perché questo metodo di S. Ignazio è quello che tiene su la Compagnia di Gesù. E voi, questo libretto non dovete solo leggerlo, ma studiarlo, non dico alla lettera, ma farlo proprio sugo, im­medesimarlo. Io voglio che vi formiate bene su questo punto, e sarebbe già un gran bene se in questi due anni del noviziato riusciste a far bene la meditazione e a prendervi gusto in modo che durante tutta la vita la farete poi sempre con gusto e non la tralascierete.
So che continuate in quell'esercizio della meditazione e la dite poi in pub­blico: così potete aiutarvi a vicenda: i pensieri di uno possono anche giovare agli altri. Bisogna farlo anche con quell'intenzione.
Ah, la carità! quello che ho detto Domenica sulla carità, perché ce ne sa­rebbe da dire!... ma non c'è tempo. «Diligite inimicos vestros, benefacite his qui oderunt vos, et orate pro persequentibus et calunniantibus vos!». Ecco: bisogna perdonare i nemici.
Ho letto quest'oggi, perché non ho potuto leggerlo prima il nostro Bollet­tino di questo mese. Oh, com'è bello quel fatto narrato dal P. Benedetto, di quel capo dei lavori che arrivato là tutto insanguinato diceva: — vuoi che non perdoni a mio fratello? — Voleva solo che non lavorasse per qualche giorno al suo posto.
Ah, che bell'esempio dà a noi questo povero nero non so se sia già batez-zato, che ieri non sapeva ancora niente di carità, poiché essa è solo stata porta­ta nel mondo da N.S. Gesù Cristo e che una volta si credeva obbligato a far vendetta dell'ingiuria, come del resto fanno anche qui da noi questi cavalieri, e tutta questa gente col duello e con tutte queste cose!
Ebbene quel povero nero lì, senz'altro perdona, e questo mostra il frutto della predicazione portata dai nostri missionari in mezzo a loro. E noi per una piccola offesa non perdoneremo i compagni? Dunque io spero che vi  metterete tutti d'impegno per acquistare questa carità, perché i novizi debbono distinguersi da tutti gli altri, devono dare buon esempio, e poi stenderla a tutti gli altri, a tutta la comunità.
... E quel bell'esercizio che nella comunità si fa solo qualche volta, ma che sarebbe bene farlo più sovente, bisogna che voi procuriate che vi sia sem­pre qualcuno tutti i giorni. E bisogna farlo bene, con spirito. Vedete! Bisogna farsi coraggio la prima volta. Certamente che costa dire i proprii difetti in pubblico. Una persona vi provava tanta ripugnanza a farlo, che poveretta, pregava il Superiore ad aspettare ancora, che non si sentiva ancora il coraggio di dire i proprii difetti in pubblico. Quando mi contava questo, io dissi a quel Superiore: «Oh, poveretta, bisogna farsi coraggio e fare il primo passo».
Ecco, queste sono cose che il Signore aspetta solo che facciamo il primo passo, e poi ci dà la sua grazia e si va avanti. Per adesso non facciamo il capi­tolo delle colpe, come avete letto in questi giorni, e come si fa nelle altre comu­nità, ad esempio tra le suore della Visitazione. Cioè: non solo uno accusa i suoi difetti, ma ascolta anche quello che questo e quest'altro hanno notato in lui. Ma per adesso, come dico, contentiamoci dell'altro: non stimo ancora prudente metterlo. Per adesso contentatevi di desiderarlo. Adesso, ve lo dico, non vi stimo ancora abbastanza forti nelle virtù, tanto da accettare le accuse delle vostre mancanze; perciò contentiamoci dell'altro e guardiamoci di farlo bene.
giuseppeallamano.consolata.org