FESTA DI S. LUIGI — CASTITÀ

21 giugno 1915
P.P. Albertone, quad. VI. 161-164
Festa di S. Luigi - 21 giugno 1915
(ai Chierici, Coadiut. e Stud. in Studio)
Ieri è stata la festa nostra... vi piacque? Specialmente agli ultimi venuti, ai nuovi, che non l'avevano mai vista. Quante buone persone vogliono bene alla nostra Madonna!... Quanta gente... avete visto, erano pigiati come le ac­ciughe in un barile, e stanotte, fin dall'una, sapete, sempre pieno, sempre Messe e Comunioni... si vuol bene alla Madonna! — Ma è in modo speciale nostra la Consolata e dobbiamo essere gloriosi di avere una tale Patrona, san­tamente superbi; dobbiamo gloriarcene tanto perché il nostro Istituto è della SS. Consolata. Spero che avrete presentato un bel mazzo... io ho visto un po­co, non fino a quel punto ve lo dico; non tutto proprio bene, ma qualche cosa ho visto, anche senza essere miracoloso.... e, sa bene...
Ieri sera i moralisti, che sono partiti stamattina per andare dove saranno destinati quasi tutti Vicecurati, dicevano che della Consolata non si sarebbero dimenticati mai, in qualunque luogo; e ogni volta sarebbero venuti a Torino, una Visita obbligatoria sarebbe stata alla Madonna della Consolata... E noi che l'abbiamo sempre vicino, anche in Africa, sapete, non dico come N. Si­gnore che è realmente dappertutto, ma la Madonna è dappertutto, e in Domi­no partecipa dell'ubiquità. Frutto di questa Festa deve essere soprattutto au­mento di buona volontà, di energia, anche se fa caldo, non essere fiacchi.
Ed oggi è un'altra Festa. Quale? (ad un giovanotto). S. Luigi. Bene. Se è la festa di S. Luigi... Vedete, perché è subito dopo la Consolata, perde un po­chino; la Consolata assorbe tutto, ma almeno oggi, stassera, c'è ancora tempo a fare qualcosa. Siete divoti voi di S. Luigi? L'avete là in Cappella, vicino alla Madonna... dall'altra parte è quel frate... neh... (guardando gli studenti, qua­si volesse alludere a quando uno di essi aveva risposto che quel frate era S. Bernardo. Vedi 23 Aprile) quel primo Martire S. Fedele, a cui dovete sempre chiamare di essere fedeli alla vostra vocazione. Sapete perché è là? Perché è vostro Protettore, perché fu dato dal Papa Leone XIII come protettore della gioventù studiosa. In che cosa dobbiamo invocarlo? Nella bella virtù. Lo chia­mano l'Angelico... un angelo in carne..., ma per divenire un Angelo bisogna usare i mezzi; ve ne dico due solamente: fuggire i pericoli, e poi le penitenze. S. Luigi unì la più integra innocenza colla penitenza più cruda; miram vitae innocentiam pari cum poenitentiam — dice il suo Oremus.
Chi vuole soddisfare a tutti i suoi capricci, che non vuole castigare le sue passioni, non mortificarsi, chi vuole in tutto contentare i suoi sensi, è impossi­bile che si possa mantenere puro e casto. Bisogna tagliare sempre, perché que­ste tentazioni, tormentano anche i vecchi... Bisogna tagliare gli occhi, non de­siderare di vedere sempre tutto... tagliare la fantasia, non lasciarla correre co­me vuole, frenarla... tagliare la lingua, tante parole inutili... tagliare molto le orecchie: non volere sempre sentire tutto, le notizie, i fatti... tagliare la gola, tante piccole mortificazioni a tavola... Chi vive così, e vuole sempre contenta­re il suo corpo... ahi, ahi... ahi... è difficile che si mantenga.
S. Luigi per conservarsi puro, vergine, incrudeliva contro se stesso, dor­miva sopra un letto duro, e vi metteva dei pezzi e delle scheggie di legno. Sof­friva il freddo poco coperto, mangiava molto poco, e poi si flagellava. Voi non voglio che facciate tutto questo, ma un pochino ci vuole; si può fare tante leggere mortificazioni, delle penitenze piccole, ma un poco ci vuole. Chi non usa queste attenzioni, chi non vuole custodire i suoi sensi, e poi pretende man­tenersi casto... è impossibile.
Vedete, verranno sempre ancora le tentazioni, ma le tentazioni non sono peccati. Io non le voglio quelle cose, e finché non le voglio, non sono peccati. Ma bisogna premunirsi mortificando i sensi; non bisogna essere troppo curio­si, non concedere al corpo tutto quello che vuole, anche quando è stanco. Bi­sogna battere l'asino; bisogna farlo correre; bisogna pregare S. Luigi, ed imi­tarlo, come dice nell'oremus: Concede ut innocentiam non secuti poenitentem imitemur.
Quando stassera andate in Cappella, date uno sguardo a Lui, e poi dite­gli: «Io voglio essere puro, casto come voi, che eravate un Angelo; e se non posso imitarvi anche nelle penitenze, (io non vi lascierei tutto) almeno voglio avere lo spirito di penitenza, voglio tagliare tutte quelle piccole cose».
E S. Luigi vi pagherà la festa. È nostro Protettore, e pregatelo che vi ot­tenga questa grazia.
E poi anche amore alla povertà, all'umiltà; Egli era un principe, aveva tanta roba, e abbandonò tutto. Leggeva ieri nel suo libro che aveva un grande desiderio di andare alle Missioni, ma i suoi Superiori non glielo permisero, perché non aveva salute, non aveva forze... e morì poi nella peste e aveva soli 24 anni, ma «Brevi vivens tempore, explevit tempera multa».
P.P. Albertone, quad. VI, 163-164
21 Giugno — Dopo cena ai Chierici
(Sotto i portici — V'erano i tre Chierici
soldati: Ch. Borello M., Borello G., Re C.)
Un professore del Seminario oggi mi diceva che aveva ricevuto una lettera da un Chierico che è soldato, e gli diceva: «La vita militare mi piace». Quel Professore fu indignato: «Ah! Ti piace? Ah! se non fosse già un Suddiacono, andrei io dal Cardinale, e farei che potesse continuare quella vita che gli pia­ce». Aveva ragione quel Professore: Come? Un Chierico cui piace fare il sol­dato?... Avesse detto che è una vita tollerabile, perché non ne può fare a me­no, ma dire che gli piace... Ma quando mi dissero il nome, non stupii che gli piacesse davvero... e anche Suddiacono. Ma voi non la dite questa parola... Vedete... siete ancora nostri fratelli; ma quando tornerete vi guarderemo bene in faccia, e vi diremo: «Noi non vi conosciamo con questi vestiti. Ah, noi non sappiamo chi siete». Ma quando avrete di nuovo indossato questo abito (e toccava la sua talare) allora vi abbracceremo e vi diremo: «Ah, voi siete i no­stri Chierici, voi siete i nostri fratelli!».
Ve l'ho già detto il fatto di Mons. Gastaldi... Ve l'ho già raccontato? ... (E si guardava intorno; P. Cravero che gli stava accanto fece cenno di no). Oh! il Padre non l'ha ancor sentito! Era stato invitato dai Superiori di un Col­legio di giovanetti a fare un discorso nella festa di S. Luigi. V'era là un qua­dro; ma non era mica vestito come l'abbiamo noi colla talare ed il rocchetto. Era vestito lì come un semplice secolare. Allora Mons. Gastaldi con un fare che era tutto suo, incominciò: «Mi hanno invitato a dire le lodi di S. Luigi, ma tu non sei mica S. Luigi... Egli non era mica vestito così ...». Poi cominciò a spogliarlo di quegli abiti, che non si addicevano a Lui (a parole, continuando il discorso, s'intende) e lo vestì della talare e tutto, proprio come un Religioso Gesuita. Poi: «Ah, ora sei tu; ora ti faccio il panegirico; sei proprio S. Luigi!» e cominciò il suo [discorso].
I Superiori di quel Collegio capirono la lezione, e S. Luigi ricomparve in quella Cappella vestito colla veste talare, colla cotta ecc.
Non dovete disprezzare quell'abito; perché vi metterebbero in prigione, ma portarlo con pena; ma poi non siete soldati, non voglio che vi chiamiate così, siete sempre Chierici, e speriamo che presto lo poserete e sarete di nuovo vestiti come noi.
giuseppeallamano.consolata.org