IL PECCATO VENIALE

5 settembre 1915
Quad. X, 35- 37
5 Ottobre (?) 1915
Sul peccato veniale
È tempo di propiziare; il Signore è sdegnato per i peccati del mon­do. È chiaro che questa guerra generale e crudele si deve ai nostri pecca­ti. A noi tocca la parte dei parafulmini... Nostro Signore avrebbe ri­sparmiato la Pentapoli se vi avesse Abramo trovati pochi giusti; lo stes­so farà al presente se noi ci uniremo alle anime giuste nei Monasteri e nel mondo, le quali pregano e gemono su tanta carneficina. Facciamo per nostra parte come Mosè, che si pose come muro davanti a Dio per salvare il popolo Ebreo infedele... Ma per ciò ottenere bisognerebbe es­sere santi come Mosè; cioè non solo essere amico di Dio, ma suo confi­dente ed intimo. È per tal modo che si ottengono le grazie speciali da un re, per mezzo di chi gli è caro...
E venendo al pratico, se noi vogliamo essere efficaci ministri della pace desiderata dal Papa e tanto necessaria a tutti, bisogna che ci tenia­mo in grazia di Dio, con non fare peccati mortali. Non basta dobbiamo anche il più possibile non fare peccati veniali. Così saremo idonei mini­stri di pace.
A S. Ignazio un predicatore (P. Oldrà) fece una bella predica sul peccato veniale; io ne presi appunti anche per voi, che uniti a qualche mia considerazione vi faranno del bene. Sentite non cose nuove, ma che conviene sempre meditare e tenere presenti e ridurre quotidiana­mente alla pratica.
La malizia del peccato veniale, come pel mortale, si deve misurare in riguardo a Dio che offende; non differisce dal mortale che dal più al meno. Quindi dopo il mortale è il maggior male del mondo. Dice S. Gerolamo: non est leve Deum in exiguo contemnere. Consideriamo: 1) Tutti i mali del mondo, malattie, guerre, devastazioni, ecc., anche presi tutti insieme non arrivano al male ch'è il peccato veniale; sono tutti mali  materiali e dell'ordine più basso, mentre il peccato veniale è di ordine spirituale più alto...
2) Supponiamo per impossibile che commettendolo si potessero li­berare tutte le anime dal Purgatorio, ed anche dall'Inferno; e così darle a Dio, per glorificarlo. Non si potrebbe per tanto bene fare un solo pic­colo peccato veniale; e la cosa è evidente...
3) Se gli Angeli e Santi del Paradiso per impossibile facessero un solo peccato veniale. Dio sarebbe obbligato a cacciarli di là, finché non se ne fossero purgati.
4) Dio pel peccato veniale, anche per la sola pena di esso e del mor­tale, stabilì il Purgatorio, la cui esistenza è di Fede, e che tra le pene di esso c'è il fuoco come dice S. Paolo ed i Dottori della Chiesa. Fuoco come quello dell'inferno al dir di S. Agostino: eodem igne purgantur electi et puniuntur (cruciantur) damnati. E saranno cose leggere i pec­cati veniali?
La essenza del peccato veniale è in ciò, che vi manca la materia grave, o la piena avvertenza od il pieno consenso. Gli uni si dicono di fragilità, dei quali non possiamo senza speciale ajuto di Dio liberarci perfettamente; possiamo però scemarne il numero e la deliberazione, con più attenzione su noi medesimi e col maggior fervore di volontà. Gli altri sono pienamente volontari, e solo mancano di materia grave; e questi possiamo uno ad uno evitarli. Es. dei primi e dei secondi.
I peccati veniali deliberati, dicono i Teologi, dispongono al morta­le. Non è che molti di essi sommati insieme equivalgano un mortale, ma perché chi non ne fa gran caso li commette ad occhi aperti, perché sono solo veniali, e non uccidono l'anima, non offendono Dio gravemente, finirà per cadere nel mortale. Sta scritto: qui spernit modica paulatim decidet; - qui in parvo infidelis est, erit et in magno. E ciò per tre ragio­ni: 1) Da parte nostra perché poco a poco si perde l'orrore al mortale:
sensim sine sensu; come chi non cura una malattia piccola, s'indeboli­sce e ... 2) Da parte di Dio, che d'ordinario non dà più le grazie speciali ed abbondanti che concede ai fervorosi, e così... 3) Da parte del demo­nio, che colle sue tentazioni, impreparati e deboli a resistervi, li tira... Chi è così attento a non mettere il piede più avanti? Il limite tra il pecca­to veniale ed il mortale è sottile come un foglio di carta (P. Oldrà); e chi vuole abitualmente il veniale, è poi sicuro di fermarsi lì? La pena di certe anime, anche non scrupolose di avere o no peccato mortalmente pro­va questa verità, che gli stessi Moralisti sciolgono solo colla presunzio­ne del nostro stato abituale di coscienza.
Conclusione. Non è miglior consiglio scuoterci; stare attenti sulle nostre passioni, sui pensieri, parole ed opere, castigare in noi le piccole ree voglie, e darci finalmente con coraggio alla virtù?
Costi quanto vuole; ma volo salvare animam meam; la via del Cie­lo è ardua e spinosa; ma si gode la pace...; e lassù il premio eterno (Vedi anche Hamon vol. IV; 15 Giov. d. Pent.).
P.P. Albertone, quad. VII, 5-8
5 Settembre
Dunque preparatevi, e farete bene gli esercizi, per mettere buon fonda­mento.
Ecco: vorrei dirvi questo. Per poter essere noi come dei parafulmini, per ottenere che la giustizia di Dio si calmi, bisogna che nel nostro poco siamo fer­vorosi, e per questo anche farne gli esercizi, vedete: quando si ha bisogno di qualche grazia insigne a chi si ricorre? Si ricorre presso il re e non si ricorre presso un nemico, e neppure ad uno che non è intimo, ma cerco uno che sia in­timo, e se posso essere raccomandato da quel là...
E così noi, per ottenere questa grazia della pace, senza andarci ad occupa­re della guerra, bisogna che ciascuno di noi sia intimo amico, e più che amico. Ecco il motivo che abbiamo più che particolare di farci santi. Nel mondo vi sono dei cattivi, ma vi sono anche dei buoni, ma ve ne sono pochi e la grazia non viene ancora, nella pentapoli il Signore richiedeva solamente che fossero cinque giusti per salvare tutti. Possibile che... guardiamo di essere noi...! E per essere noi amici intimi, confidenti di N. Signore, bisogna essere senza pec­cati mortali, essere in grazia di Dio, e puramente amici lo siamo già, ma per essere amici, amicissimi, intimi amici, non basta che non abbiamo peccati mortali, ma bisogna essere anche esenti da peccati veniali.
Vedete, vi sono due sorta di peccati veniali, quelli che si commettono per fragilità, e sono quelli che scappano, e di questi bisogna essere pentiti, sono miserie nostre, sono peccati veniali non deliberati, sono miserie, sono infermi­tà, non sarebbero peccati se non ci fosse niente di volontà, ma lo sono, un po­co di volontà, perciò questi peccatucci, in particolare queste miserie che scap­pano, bisogna diminuirli: vorrei parlare, sto zitto; vorrei essere invidioso, ge­loso, e sto attento a mandare via questa tentazione, e dico al Signore: benedite quel mio compagno. Bisogna opporsi a queste miseriette, così per l'ubbidien­za; e poi se scappa qualche cosa resta meno volontaria, e se ne fanno meno. Questi sono i peccati veniali che commettiamo per miseria nostra.
Poi ci sono i peccati veniali deliberati, fatti apposta, e a questi bisogna fa­re una guerra continua, e non dire: Oh; tanto non importa, non sono mortali! Quando uno sta due o tre ore con qualche cosa contro il compagno, e lo tiene lì... e... non va; questo è deliberato, perché se ne accorge, così è dell'ubbidien­za; quelli son peccati commessi apposta e deliberati... e allora non posso dire di essere confidente di N. Signore, chi dà schiaffi a N. Signore e gli fa sgarba­tezze, certamente non l'uccide, non commette peccato mortale, ma commette una mancanza contro N. Signore, una mancanza di rispetto, non è generoso, quindi bisogna che noi, per ottenere quello che vogliamo, oltre i peccati mor­tali cerchiamo di evitare i peccati veniali deliberati, apposta, diminuirli, ed è per questo che vi voglio parlare del peccato veniale.
Un predicatore di S. Ignazio quest'anno ha fatto una predica così bella, così precisa sul peccato veniale, che ho detto: vado a Torino e lo dirò a loro. Ed ho preso gli appunti. E diceva: nel mondo tutt'al più si evita dai cristiani di cadere in peccato mortale, ed il veniale si trascura, ed invece non è da trascu­rarsi e diceva: la sua malizia deve misurarsi in rapporto a Dio come il peccato mortale; vi è solo la differenza che il peccato mortale è più grave; ma anche il peccato veniale è offesa di Dio, è solo questione di offenderlo gravemente o non gravemente. Anche il peccato veniale ha una malizia infinita in quanto of­fende Dio, ed è infinito, vi è solo la differenza che esiste tra il più ed il meno. Perciò dopo il mortale, il peccato veniale è il più gran male che esista nel mon­do. E faceva prima di tutto questa considerazione: che tutto il male che viene in questo mondo, non arriva alla gravità di un peccato veniale, e diceva: ne siamo noi persuasi di questo? Di tutti i mali che avvengono in questo mondo, il peccato veniale è il più gran male che tutta questa roba presa assieme. Per­ché tutti i mali che avvengono in questo mondo sono tutti mali naturali, ed in­vece il peccato veniale è un male soprannaturale. È un male di ordine sopran­naturale che offende nostro Signore e perciò bisogna praticamente riconoscere che dopo il peccato mortale, il peccato veniale è il più gran male che avvenga in questo mondo.
2) Diceva: Supponiamo per impossibile che si potessero liberare tutte le anime del purgatorio e tutte le anime dell'inferno, per darle a Dio; supponia­mo per impossibile di poter liberare dal purgatorio e dall'inferno tutte le ani­me che vi sono dal principio del mondo fino ad ora per darle a Dio, notate, per mandarle in paradiso con un solo peccato veniale, ebbene non potrei, per­ché il peccato veniale è sempre qualche cosa di più, e se dicendo una bugia po­tessi liberare tutte le anime dal purgatorio e dall'inferno non potrei perché il peccato è sempre un'offesa di Dio, perciò soprannaturale, e più grande di tut­to il bene che potrebbe derivarne.
3) Considerazione: Supposto per impossibile che gli angeli, i santi, per impossibile potessero commettere un solo peccato veniale sarebbe obbligato N. Signore a cacciarli dal paradiso, finché non se ne fossero liberati, se i santi lo facessero non potrebbe esisterli, questo fa per capire la grandezza del pecca­to veniale.
4° - Iddio pel peccato veniale e anche per la sola pena ha stabilito il pur­gatorio. Chi ha commesso peccato mortale e l'ha confessato va a scontare la pena nel purgatorio, se non l'ha ancora scontata su questa terra. Così è anche del peccato veniale; Iddio ha stabilito il Purgatorio per questo; e dice S. Ago­stino: Eodem igne quo purgantur electi, cremantur damnati. Certo che le ani­me sono care a Dio, ma in Paradiso nil inquinatum e le stesse anime prima di essere purificate non vorrebbero andare in Paradiso. E S. Caterina da Genova dice che vorrebbero essere purificate esse stesse, e sono contente di andare in purgatorio. Vedete?
Queste quattro considerazioni è perché abbiate in vista che, primo: prati­camente tutti i mali del mondo presi assieme non sono un male come un solo peccato veniale. Secondo: che se per impossibile si potessero liberare tutte le anime del purgatorio e dell'inferno per darle a Dio, con un solo peccato venia­le non si potrebbe. Se poi gli angeli potessero per impossibile commettere un solo peccato veniale il Signore sarebbe obbligato a cacciarli dal Paradiso, e 4° che il Purgatorio l'è fatto anche solo per la pena temporale dovuta ai peccati, e pei peccati veniali.
Tenete a mente queste cosette, mi hanno fatto impressione.
E che cosa ci vuole per commettere un peccato veniale? Bisogna che ci sia materia non grave, od almeno non pieno consenso, insomma che ci manchi una delle condizioni richieste al peccato mortale. Se ci manca una delle condi­zioni, il peccato non è più mortale... ebbene quanti ne commettiamo peccati veniali? Eppure ad uno ad uno potremo diminuirne il numero ed evitarli.
E i deliberati? ... stiamo attenti perché dispongono al peccato mortale. Non che sommati tanti peccati veniali facciano un mortale, ma dispongono l'anima a cadere in peccato mortale. Qui spernit modica, paullatim decidet. Chi va via disprezzando e non fa caso dei veniali, perché non sono mortali, e ne commette ad occhi aperti, cadrà a poco a poco, poco per volta, come una piccola malattia che poco per volta corrompe tutto, sensim sine sensu, se non ha orrore in generale al veniale poco per volta perde l'orrore anche al mortale.
2) D'ordinario il Signore non dà più le grazie che dà ai fervorosi, perché è offeso; il Signore resta amico, ma non è più intimo. E così il Signore restringe la mano e non dà più tutto. E chi non fa caso di questi peccati perde le grazie speciali.
3) Da parte poi del demonio che ci va via tentando, un bel momento ci provoca, ed è tanto facile mettere un piede in fallo; dicono i teologi, che il li­mite tra il peccato veniale ed il mortale è sottile come un foglio di carta. È così difficile il dire: andrò solo fin lì, fin lì e non oltre. Alle volte infatti temiamo, e pare di si, pare di no; è così difficile dire quando un peccato è ancora veniale od è già mortale... non è mica una cosa che si taglia lì, per quelli che bevono l'iniquità veniale come l'acqua è un passo facile passare il limite, e invece chi sta abitualmente attento, chi non è andato fin li è impossibile. I Teologi dico­no che chi si abitua troppo al peccato veniale un bel giorno cadrà nel mortale perché a poco a poco il demonio ce ne fa perdere l'orrore. Ed egli diceva: Non è quindi miglior consiglio scuoterci, castigare questa nostra voglia, non è me­glio darci con energia invece di essere freddi; invece di metterci nel pericolo? E prima di tutto deve rincrescerci di averlo offeso anche leggermente, e poi come è bello averne la certezza della grazia di Dio e la pace dell'anima: non voglio fare peccati neppure veniali. S. Girolamo diceva: Non est leve Deum in exiguo contemnere. Non è piccola cosa offendere Dio anche nelle cose piccole.
Ecco è una predica che ha fatto impressione a me; sono cose che ho dette separatamente, ma così in generale non stiamo lì a rifletterle, e invece desidero che facciamo queste considerazioni, chiare, vere, e così invece di essere amici leggeri di N. Signore, saremo amici intimi.
Peccati deliberati, subito fare il proponimento di non più farne, e degli altri diminuirne il numero, e la frequenza. Dobbiamo scuoterci e stare attenti come S. Luigi. E poi quale contentezza di poter consolare N. Signore, di poter trattare con N. Signore come con un amico intimo... e che arriva allora? Arri­va che N. Signore non manca di darci tante grazie e di risparmiare i castighi suoi su tutto il mondo. Dobbiamo farci tutti santi ed usare tutte le industrie per essere confidenti di Dio, e non offenderlo anche nelle cose piccole. Ah, se penetreremo bene che non vi è niente di così grave come un'offesa di N. Si­gnore! Se metteremo tutto l'impegno per non farne, e allora... dobbiamo con­fessare nessun peccato mortale, no, s'intende; e veniale neppure, e allora ci confesseremo della vita passata. S. Carlo si confessava tutti i giorni e credete che tutti i giorni avesse sempre peccati da confessare? Basta aver commesso un peccato veniale in tutta la vita per poter ricevere il sacramento della penitenza tutti i giorni. È sempre un'offesa di Dio che merita di essere pianta per tutta la vita. E sempre un'offesa infinita perché il Signore è infinitamente buono. Bi­sogna che ravviviamo un po' la fede, non che andiamo avanti un po' alla gros­solana, in questi esercizi bisogna scuoterci e proporre non solo di evitare i pec­cati mortali, ma anche i veniali. Avessimo questo spirito... poco per volta, è questo il punto!
E poi questo è ancor tutta roba negativa, non basta fuggire il peccato, ma bisogna ancora fare il bene, non solo scemare i peccati, ma piantare le virtù; ma bisogna mettervi il fondamento di non voler offendere N. Signore.
E fin d'adesso il nostro grande impegno sia quello di non voler offendere N. Signore; di essere tanti parafulmini; sapete che cos'è il parafulmine? come Mosè. Quando il Signore voleva castigare tutto il popolo perché erano un po' cattivi come adesso, voleva distruggerli, allora Mosè è andato da lui e l'ha te­nuto. E il Signore diceva: «Gli ho fatti tanti benefizi, e non cessa di offender­mi? Lascia che io voglio distruggerli. «Dimitte me, dimitte me, ut irascatur furor meus». E Mosè: «No, o tu perdoni a loro, o del resto dele me de libro vitae». Ed allora il Signore ha dovuto cedere, ma Mosè era un uomo senza pec­cati altrimenti il Signore avrebbe potuto dirgli «Tu hai peccati, e sei indegno». E invece lui santo poteva dire chiaro e netto: «Voglio questa grazia così». Ma questo era suo intimo amico. Mosè poteva dire ed il Signore non poteva rispondergli: «Tu non hai tanta efficacia da dirmi ciò». Vedete la santità del Si­gnore [= di Mosè]: Imponeva al Signore quello che voleva. Così noi quello che vuole il Papa, la tranquillità delle missioni e della Chiesa. Ciascuno deve dire: Dipende da me; ed essere veri parafulmini.
Vi sono notizie di quelli che sono partiti pel Kaffa. Hanno scritto il dì del­la Consolata. Ed ora sono già partiti degli altri.Ma quello che voglio inse­gnarvi è la scrittura, la lingua di là. Loro parlavano per mezzo di intrepreti... ma non la trovo, basta, ci mortifichiamo tutti insieme, la vedremo un'altra volta, è tutto diverso da noi, ma ... è volontà di Dio che questa volta voi non la vediate...
Facciamo cosi quest'oggi: pigliamo la risoluzione di applicarci bene bene, a togliere tutti i peccati, come diceva Domenico Savio: la morte, ma non pec­cati. E non solo i peccati mortali, ma tutti i peccati. Là!
giuseppeallamano.consolata.org