FESTA DELLA PURITÀ DI MARIA — VESTIZIONE CHIERICALE — I MEZZI DELLA PERFEZIONE

17 ottobre 1915
Quad. XI, 5
17 Ott.
Festa della Purità di Maria SS.
Oggi è la Festa della p...; come conviene alla vestizione chiericato di due cari nostri giovani! La bella virtù è la qualità più necessaria ai chierici per riuscire degni Sacerdoti. Diceva un Santo: sia pur uno dot­to, sia umile..., si non est castus, nihil est. Questa gemma distingue il ministro cattolico dal protestante. Amatela miei cari, la santa castità, usate tutti i mezzi, massima la custodia dei sensi, per conservarla intat­ta, e ponetela sotto la speciale tutela di Maria SS., dicendo spesso, particolarmente nelle tentazioni: Mater purissima, Mater castissima ora pro nobis. Virgo singularis... et castos.
17 Ott.
Mezzi per la perfezione
Prima di parlare dei mezzi particolari per ottenere la perfezione, tutti i maestri di spirito indicano un mezzo generale, assolutamente ne­cessario a tutti, e sempre: il desiderio e la volontà di perfezionarsi. Sen­za del medesimo, non si farà mai niente; ed a nulla valgono tanti mezzi e grazie di Dio. S. Tommaso diceva a sua sorella: se tu vorrai ti salverai, se tu vorrai, farai profitto; se tu vorrai, sarai perfetta. - Ma il desiderio dev'essere energico e costante; la volontà perfetta e perserverante. Bea­ti qui esuriunt et sitiunt justitiam quoniam...; Esurientes implevit bonis. S. Tommaso: tantum meretur qui habet voluntatem perfectam, quantum si faceret. S. Francesco di Sales: chi desidera con ardore di amar Dio, lo ame­rà presto. Esempio di S. Francesco di Sales che volle fare il 4 San Fran­cesco. Non così delle mezze volontà e delle velleità proprie dei pigri:
vult et non vult piger (Prov.), i quali daranno mai un passo nella perfe­zione.
Sono ostacoli; 1) I peccati veniali deliberati; ed anche la poca at­tenzione a diminuire il numero e l'avvertenza a quelli di fragilità. 2) Lo scoraggiamento e diffidenza. S. Filippo disperato di sé, ma in Dio. 3) La presunzione. S. Teresa: Dio ama le anime generose, purché siano umili e diffidino di se stesse.
Aiuti. La lettura delle vite e scritti dei Santi, e le conversazioni dei fervorosi. (Vedi La Perf. Cr. e Scaramelli).
P.P. Albertone, quad. VII, 20-22
Ho detto ai piccolini che facessero una piccola mortificazione questo in­verno; piccola; ho domandato se l'indovinavano; ho finito di dirla io; che non mettessero le mani in scarsella tutto l'inverno; non le mani in saccoccia; ma siccome purtroppo qualcuno ha l'abitudine, così si avvertissero l'un l'altro: quando uno vede il compagno che ha le mani in tasca: «No!». Se adesso non lo fate anche voi, che diranno? Noi non mettiamo le mani in tasca, ma i chieri­ci non lo fanno mica! State perciò attenti! Si dice che si mettono in tasca per­ché fa freddo: è un'idea; un momento di caldo, e poi si tirano fuori al freddo ed allora vengono i geloni. Non ho mai portato né mitene né guanti ecc. e non ho mai avuto geloni, un po' di artritidi di più nell'estate che nell'inverno: è niente! E invece i geloni vengono per la diversità di temperatura del sangue un po' caldo e un po' freddo. E così questo servirà per il bene del corpo e anche per sacrificio; sta così male vedere un prete colle mani in tasca!
C'era un bravo sacerdote che vedeva Mons. Bertagna girare per Torino con le mani in tasca: vedete, anche monsignore... aveva quell'abitudine...; e diceva: «un giorno o l'altro m'inginocchio davanti a Monsignore per la strada e gli dico che tolga le mani di tasca; che mi perdoni...... Anche Monsignore aveva quell'abitudine di tenere le mani in saccoccia; e così di fermarsi davanti alle botteghe; credo che studiasse un caso di morale; eppure era lì fermo a ve­dere il cacio...; sa bene, alle volte non ci si bada; così non mettere le mani die­tro la schiena; non ha l'aria da peisan? chiamano se uno ha del grano da ven­dere! e ... dicono anche un'altra cosa: sapete quello che dicono? dicono: ha la figlia da maritare? facciamolo per mortificazione e pigliamo a bene l'avverti­mento; l'educazione esige quello; vedete mai una persona ben educata! Que­sto mi fa piacere che guardiate: qui entro non bisogna solo studiare la pietà, ma anche queste cose mi fa piacere che guardiate; e le mani dove tenerle? Non dondolarle sempre come i soldati; che pare si semini il grano. Si tengono un po' raccolte, un po' qua e un po' là, in modo conveniente. Fate così, non vo­glio sentire dagli studenti, che i chierici mettono le mani in tasca. Tutto serve, vedete, qualcuno dice: ho solo da andare in mezzo ai mori; non bisogna crede­re, perché hanno anche loro un sentire delicato; sotto la scorza hanno anche loro un cuore delicato, e bisogna coltivarli, perché vivono di esempio. E que­sto basta.
Bisogna che diciamo qualche parola in continuazione di quello che ab-biam detto finora: siamo obbligati alla perfezione non solo perché il Signore lo vuole e perché questo è il fine dell'Istituto, ma anche perché il nostro sem­plice benessere lo richiede. Abbiamo considerato che bisogna tendervi subito e qui e non aspettare che siamo in Africa nel ministero. Che di più dobbiamo rendere conto al Signore di tutte le grazie che ci dà e a cui noi non corrispon­diamo: cui multum datum est, multum quaeretur ab eo. Praticamente poi abbiam visto gli inconvenienti vari che vi sono in una comunità, e che bisogna evitare per farsi santi.
Ora vediamo i mezzi necessari, richiesti per farci santi: la nostra santità è una fabbrica, e bisogna usare i mezzi necessari per fabbricare questo edifizio della nostra santità.
1° mezzo è assolutamente necessario per farci santi e questo è il desiderio ardente della perfezione; è un desiderio, una volontà assoluta di farsi santi:
volo salvare animam meam. Voglio farmi santo. Se non c'è questo non si farà mai niente; o non si useranno mai i mezzi assolutamente richiesti per farsi san­ti o si useranno solo per metà.
S. Tommaso dice chiaro che il desiderio vivo fa... sue precise parole... tantum... ecco... andiamo di seguito; tutti i maestri di spirito dicono che il de­siderio della santità è il mezzo assolutamente richiesto per ottenere la santità. Di S. Francesco di Sales si dice che ripetevangli che vi erano tre santi chiamati Francesco e che lui voleva essere il quarto. E lui l'ha mica rifiutato: no; voglio essere il quarto e con questa volontà usando i mezzi necessari è riuscito. Vi era già S. Francesco d'Assisi, da Paola, e S. F. Saverio, e lui è riuscito il quarto. Perché aveva questa volontà energica e questo proposito fermo. Beati qui esuriunt et sitiunt justitiam, perché essi saranno satollati; beati quelli che hanno proprio fame e sete della giustizia, che ne hanno proprio un ardente desiderio, non solo un desiderio comune. Perché ipsi saturabuntur, saranno satollati; il Signore li empie; e S. Teresa dice che quelli che desiderano ardentemente di amare il Signore lo ameranno presto. S. Tommaso dice: Tantum meretur qui habet voluntatem perfectam quantum qui faceret. Lo stesso meritano come se la facessero. Perché a colui che ha volontà il Signore dà la grazia. Ed il solo desiderio efficace fa si che resta soddisfatto nostro Signore.
S. Teresa ha dovuto fare un tale sacrifizio per lasciare la casa paterna che pareva, dice, che le ossa le si fossero slogate. Ma quando si è vestita dell'abito religioso ha provato tale un contento che le è durato tutta la vita. Anche in mezzo ai venti anni di aridità che il Signore ha permesso che avesse da soffrire, durò tutta la vita questo contento. E a S. Tommaso, sua sorella le (sic) do­manda consiglio per farsi santa ed egli le risponde: dì così: voglio farmi santa, voglio farmi gran santa, voglio farmi presto santa; se vorrai ti salverai. Più vorrai essere perfetto e più sarai realmente perfetto. Presso Iddio la volontà basta. Qui no, ma presso Iddio basta la volontà di farsi santi e perfetti, la vo­lontà di fare, come si dice, di usare i mezzi atti.
Voglio farmi santo: questo è il punto principale, il pensiero principale dei mezzi da adottarsi per farsi santo. Volontà costante e ferma e stabile a usare i mezzi e superare tutti gli ostacoli che si frappongono alla nostra santità. Oh, quanti se avessero ricevuta tutta la grazia di Dio che abbiamo ricevuta noi, sa­rebbero già gran santi e invece noi siamo ancora lì e siamo sempre i medesimi. Il primo ostacolo che si oppone alla nostra santità è il non dar abbastanza im­portanza ai peccati veniali deliberati; bisogna cercare assolutamente di dimi­nuirne il numero. Pazienza le debolezze che scappano, ma i veri peccati veniali ci diminuiscono il fervore; diminuisce la grazia di Dio e chi non sta attento ai peccati veniali non ha vera volontà di farsi santo, ma ha solo le velleità e non una volontà soda di usare tutti i mezzi necessari. Evitare adunque qualunque peccato veniale: i peccati veniali deliberati ad uno ad uno si possono tutti evi­tare; e così metterci subito a posto. Domandiamo dunque il desiderio che ab­biamo certi momenti. Questo è il primo ostacolo.
Il secondo ostacolo è lo scoraggiamento; la diffidenza; cominciamo e poi non sappiamo proseguire, non sappiamo fare quel piccolo sacrifizio e così sia­mo sempre i medesimi. Proponiamo e poi siamo sempre i medesimi, e per lo più diamo la colpa al diavolo, al carattere, ma nessun carattere impedisce con la grazia di Dio di farci santi. E alle volte si dice: ma da me non si esiga tanto! subito, e su un punto!... Ah! quando si misura col Signore è segno che non si andrà neppur fin lì. Non progredi regredi est. E così si è sempre lì e si va indie­tro. No! quando uno è debole deve mettersi di nuovo, e subito a posto e allora il Signore sa compatire. È come un ragazzo che vuole andare veramente in un luogo, se anche cadrà si alza subito e corre di nuovo. Il secondo ostacolo è lo scoraggiamento, non una santa diffidenza di noi stessi, ma il lasciarsi andar giù.
Il terzo ostacolo è la presunzione, ma qui dobbiamo dire che non è pre­sunzione il voler venir santo a tutti i costi. Voler venir santi come S. Francesco Zaverio, o anche superarlo, fatta eccezione di tutte le cose supernaturali. E S. Paolo dice: aemulamini charismata meliora; e se abbiamo da essere santi co­me l'Eterno Padre abbiamo da correre. E non è niente affatto presunzione il voler farsi santi, è presunzione il voler confidare nelle nostre sole forze. È pre­sunzione il volersi fare santi senza l'aiuto di Dio: sine me nihil potestis facere. Fuori di questo non c'è presunzione. Vogliamo solo quel che realmente dob­biamo volere. Un autore dice che pretendere di salvarsi senza merito è presun­zione, il pretendere che il Signore ci faccia andare su senza che noi corrispon­diamo. E S. Teresa dice: Dio ama le anime generose purché siano umili e diffi­dino di se stesse. Sapete di S. Filippo che andava per le vie di Roma gridando: Son disperato, son disperato! E la gente gli diceva: Ma, padre, non va bene di­sperarsi! Che dite? — E allora lui diceva: Son disperato di me, ma confido tut­to in Dio. Ecco così bisogna che i nostri desideri siano costanti.
Questi sono tre ostacoli che si frappongono alla nostra santità.
E come fare a coltivare questo desiderio e tenerlo vivo nei nostri cuori? Ci vuole il fuoco dell'amor di Dio, Gesù nel SS. Sacramento. Ma per venire ad altri particolari, sono la lettura dei libri santi o scritti da santi. Leggere qua­lunque libro di santi fa più impressione che qualunque altro. Leggere questi li­bri si sente che infondono il fuoco dell'amor di Dio e sono come sacramentali. Quando si legge un libro uno si accorge subito se è di un'anima santa o no. Uno è arido e l'altro infonde il fuoco dell'amor di Dio e ci fa santi.
Così la conversazione dei buoni ci aiuta a farci santi: S. Francesco di Sa-les dice di aver guadagnato molto dalle conferenze che ebbe con S. Vincenzo de' Paoli, e S. Maria dell'Incarnazione. Di certe anime sante basta la presen­za, basta la conversazione, le conferenze, per esserne infiammati; così voi nel­le ricreazioni aiutatevi vicendevolmente, abbiate questo spirito e questo desi­derio costante di farci santi. Essere contenti di non lasciar passare tante grazie che il Signore ci manda ogni ora, ogni minuto della nostra vita. E poi essere umili, più montare e più credere di non essere umili. Dobbiamo volere a tutti i costi farci santi: questo deve essere il nostro proponimento di quest'oggi: il Si­gnore non sappiamo a quale grado voglia innalzarci e perciò dobbiamo fare tutto il possibile per montare più che si può. E se faremo così il Signore ci aiu­terà.
Savino scrive all'Istituto; non vede l'ora di poter ritornare fra di noi. Diac. Mauro e Garrone sperano di venire una ventina di giorni a Torino. Così dall'Africa buone notizie. Del Kaffa sappiamo più niente. Facciamoci anche santi perché il Signore sia costretto a piegarsi alle nostre preghiere di santi.
giuseppeallamano.consolata.org