PER LA MORTE DEL P. LORENZO MEINERI

 29 ottobre 1915
Quad. XI, 7-8
In morte di D. Meineri (28 Ott. 1915)
Dopo la sepoltura.
Stamattina nella S. Messa avete udite le parole che S. Paolo rivol­geva ai Cristiani di Tessalonica; parole che la Chiesa ripete a noi. Fra­telli, non contristatevi per la morte del vostro confratello, non fate co­me coloro che non hanno fede e speranza nella vita futura. È giusto il vostro dolore, ma mitigatelo nel pensiero che egli andò in Paradiso, do­ve andrete anche voi un giorno; et sic semper cum Domino erimus.
Piuttosto che parlarvi mi sentirei di tacere e piangere con voi, miei cari figli; ma già ci siamo addolorati, ed abbiamo pregato molto. Con­soliamoci nella speranza di averlo protettore in Paradiso. I giudizi di Dio sono imprescrutabili (sic), ma sempre a nostro maggior bene. Co­me un giorno il Signore chiamò a sé in Africa il più giovane dei nostri sacerdoti missionari, P. Manzon, così ora chiamò da Torino il più gio­vane sacerdote della casa; quegli perché fosse rappresentante presso il trono di Dio del Kenia; questi del Kaffa. E veramente il caro D. Meineri sin dal principio della sua malattia si offrì vittima pel Kaffa, affinchè i nostri missionari vi possano penetrare e farvi del bene stabilmente. Ciò dichiarò a D. Dolza; ed il buon Dio ne accettò l'offerta; segno che gli sforzi dei nostri missionari contro i demoni di quella regione riusciran­no a vittoria. Vedete: le nazioni mandano i loro rappresentanti presso le altre nazioni perché ne sostengano le ragioni; e si chiamano amba­sciatori. Così le Congregazioni Religiose tengono dei procuratori a Ro­ma presso la S. Sede, perché colà facciano le loro parti, i loro interessi;
e membri vivi di esse implorino dal Papa tante grazie. Così di noi presso Dio in cielo, i nostri cari Manzon e Meineri ci rappresenteranno pres­so il trono di Dio; e per l'affetto che in loro è divenuto più vivo e perfet­to dell'istituto e delle Missioni ci otterranno i favori di cui abbisognamo per compiere il nostro fine; come Gesù e con Gesù semper vivunt ad interpellandum pro nobis. E non è questa per noi una grande consola­zione, un celeste favore? Se abbiamo perduto in terra un caro confra­tello, abbiamo acquistato un protettore in Cielo; un intercessore poten­te, che ben conoscendo i nostri bisogni ci assisterà ed ajuterà in questi tempi così cattivi. Pregherà pei nostri poveri soldati, pei fratelli d'Afri­ca e per tutti noi, ch'egli tutti amava, e per cui tanto si occupava nello spirituale e nel temporale. Egli d'indole mite, e pio si faceva amare da tutti; non di grande ingegno si applicò con ardore agli studii e vi riuscì bene a giudizio dei professori, e per inclinazione speciale applicato dall'ubbidienza a dirigere il materiale della casa vi riusciva mirabilmen­te ecc. Già lo speriamo giunto in Paradiso, anche per le molte preghiere che abbiamo fatte jeri, stanotte e stamattina. Continueremo tuttavia a suffragarlo.
Ben mi diceva jeri il fratello di lui sacerdote Salesiano: come con­viene morire in Comunità religiosa. Lungi dai disturbi umani tutto è or­dinato ad aiutare lo spirituale, a ben prepararci a morir santamente, e dopo la morte molti sono i suffragi pei confratelli.
Sì; noi abbiamo al caro D. Meineri usate tutte le cure fraterne du­rante la malattia, assistenza corporale e spirituale sino alla morte, e do­po quanto abbiam pregato! Ma pregheremo ancora e sempre; per ogni confratello le Costituzioni stabiliscono tante Messe, Comunioni, Rosa­rii, e poi ogni giorno deprofundis coll'Oremus: Deus veniae largitor. E ciò in avvenire sempre; facendo partecipe ognuno di tutto il bene che si opererà in Casa- Madre e nelle Missioni sino alla fine del mondo. E sì perché il nostro istituto avendo per fine di convertire i pagani e quanti sono fuori della S. Chiesa, deve durare sinché vi sia un solo ovile sotto un sol Pastore, ed allora solo finirà questo mondo.
Passeranno anni ed anni, e nessuno di noi sopravviverà, e forse non ci ricorderanno più fisicamente, ma il nostro nome starà scritto nel Martirologio dell'Istituto e più ancora nella ricordanza in Dio. Come son belle le preghiere di S. Bernardo: moritur fiducius, purgatur citius. praemiatur copiosius.
I primitivi cristiani alla morte, per lo più di martirio, dei fratelli fa­cevano festa, ed elargivano pane ai poveri; pensavano cogli occhi al Cielo, e godevano che quelli già fossero giunti alla patria. Noi almeno tergiamo il pianto, e colle nostre virtù ed opere buone meritiamoci che ci protegga ed ajuti a riuscire degni chierici, santi sacerdoti e veri mis­sionarii. Consolamini in verbis istis, come conchiuse stamane la S. Chiesa, e procuriamo di preparare anche a noi una santa morte.
P.P. Albertone, quad. VII, 23-27
29 Ottobre 1915
(Per la morte di D. Lorenzo Meineri avvenuta il giovedì 28)
Cosa vi dirò, eh? Il Signore per la prima volta si è preso qua a Torino un fiore per trapiantarlo in Paradiso! Voi avete capito che se è necessario avere una santa tristezza questa deve essere santa. S. Paolo nell'epistola di quest'og­gi ci dice consolamini, consolatevi, sì, ci rattristiamo ma solo un poco, e non sicut caeteri qui spem non habent. Non come quelli che non hanno fede, non hanno speranza, non hanno amor di Dio.
Ci ha fatto pena che ci è scomparso il nostro bravo D. Meineri, un po' in fretta, e quasi non abbiamo avuto tempo a prepararci; si era alzato solo il dì prima... giudizio di Dio! Fa quello che ha decretato da tutta l'eternità per il bene di tutti. Ci deve far pena! Era un Sacerdote allevato qui: era qui da tanti anni, era venuto qui chierico, sempre buono, e ci fu sempre esempio in tutto col suo carattere mite. Anche preposto ai vari lavori della casa sempre seppe tenere la sua calma, il suo spirito religioso, il suo amor di Dio, e non tocca a me il dirvelo.
E adesso che cominciava a interessarsi direttamente di tutta la comunità, adorno di tutte le virtù, pareva che il Signore non dovesse prendercelo, ora che cominciava a vedere i vari bisogni della Casa, attento a tutte le più piccole co­se, per cui aveva attenzioni minute. Considerando bassamente le cose è una di­sgrazia, ma non bisogna che noi ragioniamo così, bisogna che alziamo gli oc­chi al cielo nelle viste di Dio. Il Signore non fa le cose comunque secondo la nostra prudenza, ma secondo la sua scienza e bontà, non secondo il nostro or­dine di idee, Egli l'ha collocato in Paradiso, perché intercedesse per la sua co­munità, così bisogna pensare.
Avevamo già in Africa un bravo sacerdote e se l'è preso, ora ne voleva uno per la Casa Madre: a nostro modo di dire, sia un pegno di amore per la Casa. Affinchè egli fosse là a perorare per noi, a domandare per noi. A Roma le case religiose del mondo tutto devono avere un procuratore, un rappresen­tante presso il Papa, presso le varie congregazioni di Roma; così egli là in Pa­radiso presso il Signore, capisce i vari bisogni della comunità, ed è sempre là attorno a domandare grazia. P. Manzon era per l'Africa, ma per l'Istituto non l'avevamo ancora, e se pensiamo bene dobbiamo quasi rallegrarci; più che pensare e parlare non si può che dell'Istituto; ha potuto capirli egli i biso­gni della Casa ora che era a capo dei lavori nella Comunità; e cosi domanderà grazie spirituali e temporali, e son persuaso che ora saremo benedetti molto di più, perché è incaricato di fare il rappresentante dell'Istituto.
Ma non solo, vedete, sarà rappresentante dell'Istituto, ma sarà in modo specialissimo rappresentante del Kaffa. Quando è morto l'altro caro Padre Manzon il Kaffa non c'era ancora, e così ora abbiamo un protettore, perché è ancora sempre molto difficile questa causa, e il nostro caro D. Meineri fin dal principio della malattia si è offerto al Signore per il Kaffa, si era offerto alla volontà di Dio, per ottenere, e può dirlo il nostro caro D. Dolza, che la missio­ne del Kaffa potesse camminare e prosperare.
Quando gli fu riferito che era stato scelto S. Michele per protettore del Kaffa e perché scacciasse di là il demonio, e vincessse tutti gli ostacoli, egli si è offerto al Signore per il Kaffa, e così certo che appena arrivato in Paradiso si sarà presentato al Signore, alla Madonna, e a S. Michele per la nostra causa del Kaffa. Consolamini in verbis istis, non è morto, ma è andato ad interpella­re pro nobis, e quante grazie ci otterrà certamente.
Ve lo dico: non era di grande ingegno, e da principio era un po' indietro, ma si faceva coraggio, e col tempo... vedete, non perdeva tempo niente! e ne­gli ultimi anni il Prof. De Matteis diceva che non riconosceva più in lui il Ch. Meineri. Il Signore ha benedetto i suoi sforzi, e se la cava bene ed è umile... Così voi non scoraggiatevi, occupate bene il tempo. Raccomandatevi al nostro caro fratello, che come lui è riuscito cosi aiuti anche voi. Lui sarà un protetto­re della casa e di tutti voialtri, e voi potete domandargli tutte le altre grazie di cui avete bisogno. Lui capiva tutti i bisogni della Casa, le spese del pane, ecc. e lui saprà dal Paradiso domandare per noi tante grazie.
Ancora un'altra cosa: Egli ha ancora un altro fratello che è sacerdote da D. Bosco, era direttore spirituale, lì; un bravo prete, ma è anche deboluccio anche lui, è di carattere della famiglia... e ha dovuto ritirarsi, il P. Albera ha dovuto mandarlo ad Avigliana, e lì fa quello che può di lavori materiali, e il Superiore generale dei Salesiani mi diceva: abbiamo dovuto mandarlo ad Avigliana, e non speriamo più di rimetterlo. E così è un po' in inazione; ma è tan­to buono e sta tranquillo; è venuto giù adesso e mi diceva: «O come siamo for­tunati noi di essere in comunità, noi abbiamo qui tanti benefici, non siamo di­sturbati, non abbiamo che da prepararci quando viene la nostra ora, i superio­ri e tutti non ci ingannano, ma ci consolano; nel mondo invece ci sono distra­zioni fino all'ultimo momento, si muore santamente in comunità! Nel mondo piangono e poi non pregano; in comunità si prega e si pensa per mesi e mesi a pregare e per le messe e per tutto. Nel mondo l'ultima campana... e poi è fini­to tutto, tutto fatto, un ricordo e poi... non parlatemene più che mi fa troppo pena. E cercano a tutti i costi di dimenticarsene; si godono volentieri quel che resta e via. Noi non godiamo niente, godiamo del suo buon spirito, pensiamo a lui, preghiamo per lui; e quando era ammalato tutti i giorni poteva avere la Messa e fare la sua Comunione, chi è che in tutta Torino possa avere questa comodità? Pochi, pochissimi che possano avere il privilegio dell'oratorio pri­vato, e ancora se possono avere il prete. E invece lui dal suo letto poteva assi­stere alla S. Messa, vedere il Sacerdote, aveva Gesù Sacramentato proprio so­pra il suo letto giorno e notte per avere la grazia di soffrire pazientemente, per consolarlo in quelle tristezze che il Signore gli permise per suo maggior merito. E dopo morte? Vedete, le suore hanno passato per turno di tre o quattro tutta la notte a pregare per lui, e voi ieri e stamattina, e poi le dodici messe, quella presente cadavere, poi quella di trigesima... così per i parenti, quando muore il padre di uno, quella in Africa sa ancora niente ed ha già detta la Messa per suo padre. In comunità si fa subito, subito. E così se aveva qualche cosa può essere presto purificato perché in Paradiso nihil inquinatum. Tanto più si do­vrà andare in su, tanto più ci vuol purificazione. E anche dei santi furono in purgatorio. Il ven. Colombier si ha da rivelazioni pie credendae, che è stato in purgatorio fino al tempo della sepoltura. Tanti sono stati in purgatorio anche dei santi che ora sono sugli altari. Perché agli occhi di Dio ci vuole una limpi­dezza di anima! Ad ogni modo sono sante anime del purgatorio e possono ot­tenerci delle grazie anche di là presso il Signore e pregare per noi anche dal Purgatorio. Vedete! Fu semplice, cordiale, mite, con un'apertura di cuore coi superiori. Ciò che è no, no; si, si; non parlo di bugie, ma neppure non pastic­ciava le cose, era contento che i superiori sapessero tutto, cuore semplice non doppio, paura di che cosa? I superiori si edificano, v'incoraggiano, vi aiuta­no. Impariamo da lui, la sua grande semplicità coi superiori, dire le cose come sono, come le pensiamo; ad ogni modo continuiamo a pregare per lui, e se lui non ne ha bisogno le applicherà a qualche altra anima che ne abbia bisogno. Così pregherà per i nostri cristiani, pregherà massime per il Kaffa, applicherà a tutti i missionari che sono in purgatorio, e noi preghiamo. Suo fratello mi diceva: È una vera consolazione che in Comunità pregano subito e poi sem­pre. Nel mondo invece passato quel po' di tempo, grazie se fanno l'anniversa­rio e poi tutto si perde. Quante promesse fanno prima! Ma poi si consolano del poco che resta e tutto fatto. Ma non i religiosi. Negli Istituti si continua sempre a pregare per i defunti. Tutti i giorni il De profundis, il Deus veniae largitor..., ut nostrae congregationis fratres... e poi quando si dice i Retribuere, dignare. Domine, omnibus nobis bona facientibus! Era più che benefatto­re, era dell'Istituto, ha lavorato per l'Istituto. E così tutto quello che si fa in comunità aumenta sempre la loro gloria accidentale, anche dopo 50 o 100 an­ni, finché dura la comunità, e la nostra durerà sempre, finché ci sono anime da salvare, e quando non ce ne sarà più allora verrà la fine del mondo, questo è di fede, e perciò possiamo dire che il nostro Istituto durerà fino alla fine del mondo. Si, perché deve durare fino a che tutti siano convertiti, e allora verrà la fine del mondo; vedete la perpetuità del nostro Istituto. E così finché dura il nostro istituto crescerà sempre la loro gloria accidentale, e si faranno sempre preghiere per i defunti; verrà il tempo in cui forse tra 200 o 300 anni che nessu­no più si ricorderà di noi, e saremo tutti partiti per il Paradiso, nessuno più ne ricorderà il nome, è vero che si leggerà ogni anno il martirologio alla vigilia, ma sia pure che venga il tempo in cui ve ne sia una turbam magnam, i loro no­mi saranno sempre compresi, anche che i loro nomi si confondano, Iddio non confonde. Vedete che consolazione, bisogna che vi imbeviate di queste idee giuste e vere. Se egli è giunto in paradiso, cur non ego? Perché io non faccio la sua strada? Questo è il pensiero che ha fatto santo S. Agostino. Se essi hanno saputo fare sacrifizi per il Signore, perché non posso farli anch'io? il suo esempio ci faccia sentire che colla grazia di Dio non è impossibile farci santi. Il nostro buon D. Meineri dal Paradiso vi aiuterà. Fate così: consolamini in verbis istis!
Non so se ve l'ho già raccontato, un giorno in un paese c'era morto uno, e gli altri hanno dato un pranzo in regola; io ero chierico mi dispiaceva: mi pare ... bisogna fare, pensavo... là, per mio zio, quando è morto avevo detto: il fuoco quest'oggi non si accende! E persin quello del Turibolo siamo andati a prenderlo altrove; e per quelli che erano venuti, quel giorno si mangiò alla buona pane e salame, e fuoco spento. Pareva che ripugnasse sentire odore di mangiare poco dopo che uno è morto. Eppure quei là vedete facevan così, e ho detto: Ma perché fate un pranzo dopo che uno è morto? Ma ... e, si faceva così; adesso non si fa più perché io li ho sfolgorati! Ma se si facesse questo spi­ritualmente non sarebbe mica una cattiva cosa. Ai primi tempi della Chiesa si facevano le agapi, si radunavano assieme a mangiare; manducare panem. An­che questo di dare ai poveri, di fare come si fa in certi paesi, chi muore lascia un tanto per dare il pane ai poveri, è anche un'opera di carità che serve. In questo l'idea è giusta, ma ora è lo spirito che manca. Se si facesse come si deve e non solo materialmente. Noi faremo altre opere buone, noi non possiamo dare ai poveri, perché siamo anche noi poveri, non possiamo fare opere buone in denari, faremo altre opere buone, cioè faremo dei piccoli sacrifizi, piccoli sacrifizi in suffragio del nostro caro defunto. Ecco il modo di trarre profitto per l'anima nostra.
Un bel giorno verrà anche l'ora nostra; il più giovane missionario in Afri­ca ed il più giovane sacerdote qui, sono andati in Paradiso, la morte non guar­da l'età, alle volte è un vecchio, alle volte è un giovane. Il Ven.Cafasso diceva: il Sig. fa una preferenza, vi sono tanti carichi di meriti ed il Signore preferisce me che ho ancor fatto pochi meriti, per darmi il premio. I Santi parlano così. S. Luigi, S. Stanislao Kostka, S. Gabriele dell'Addolorata sono esempi, ma che noi ci facciamo santi. Ora poi un prete giovane ... non sappiamo quando sia la nostra ora, sappiamo solo che sarà quando non ce lo immaginiamo, quando non ci pensiamo e perciò bisogna sempre stare preparati, farci santi ora, e qui. Questa è una lezione per noi che ci manteniamo sempre con volontà perfetta, che ci scuotiamo per amor di Dio, unicamente per questo. E allora egli ci darà benedizioni sui nostri studi, cominciamo subito, così al momento della morte potremo dire come un santo sacerdote: Ecce, Domine, adsum! bi­sogna dire al Signore che venga: Veni, Domine Jesu! sospirare: Veni! Et noli tardare!
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