POVERTÀ — VISITA AL SS. SACRAMENTO

2 gennaio 1916
P.P. Albertone, quad. VII, 52-54
2 Gennaio 1916
Avete letto sul periodico di questo mese come anche i Principini là in Africa fanno il loro passeggio, ricreazione, refettorio, tutto come noi. Vedete anche come scrivono bene!... (Fa vedere una lettera scritta da loro ad un Be­nefattore). Io ho scritto ai Seminaristi una lettera in latino; quando la riceve­ranno al vedere la mia scrittura, diranno: «Oh! come scrive male quel Patri monene là...». E voi dovrete dire loro: «Oh, non sapete che gli uomini celebri scrivono tutti male?». Ma essi mi compatiranno e diranno: È già vecchio, avrà già le mani che tremano!
(Dice a D. Ferrero che è in licenza per un mese, tenendo in mano una let­tera di un altro confratello mobilizzato). Leggiamo volentieri le loro lettere, come prima leggevamo le tue; buona parte le avete lette anche voi. Fate bene a scrivere, è così che si fa; voi potete vivere di loro, e loro della casa; così si ri­torna poi a testa alta, e non si avrà poi bisogno, come vi ho già detto, né dei suffumigi, né della quarantena. (Il Ch. Occelli nella lettera parla che il Vicario gli ha fatto delle dimostrazioni di affetto per Natale). È quel Vicario che vi vo­leva tanto bene? Alla fine della guerra lo inviterai poi a venire a Torino, venire a vederci e lo tratteremo bene. L'ha mica mai visto il Santuario? (È solo stato a Venezia). È mica necessario girare tanto, l'essenziale è che si sia bravi preti. Lo inviterai a venire, è mica tanto vecchio da non sopportare il viaggio? (Ha 71 anno). Oh ben, può ancora venire, tanto più se è in buona salute e lo tratte­remo bene, lo merita.
Bene, Deo gratias!... Ieri ho detto due parole sulla povertà in generale, ma resta ancora a parlare della povertà come voto religioso, e questo faremo tutto poco per volta. Stassera ci contenteremo di dire che S. Francesco di Assi­si chiamava la povertà la sua signora, la sua diletta, ed ha voluto che la carat­teristica dell'ordine Francescano fosse quella di poverelli, e basta vederli come sono poveri, colla testa in giù. E questo per imitazione di N. Signore, come abbiamo in quel detto: «Erat pauper in Nativitate, pauperior in vita, pauperrimus in Cruce».
   
Questi pensieri dobbiamo tenerli a mente. Pauper in Nativitate: — non erat eis locus in diversorio. Perciò hanno dovuto rifugiarsi in una capanna, in mezzo a bestie; se ci fosse stato un luogo più brutto N. Signore sarebbe andato a prenderlo, e perché in Paradiso non c'è un luogo da poter soffrire, è venuto a cercarlo su questa terra. Cum esset dives, è disceso su questa terra per amore di questa virtù. Quando pensiamo al Bambino in questi giorni, ricordiamo questo. Per ora domandiamo al Signore la grazia di poter comprendere l'ec­cellenza, l'importanza di questa virtù, di amarla, e poi praticamente, guarde­remo di conoscerla bene, sia come virtù, sia come voto. Perché è tanto facile lasciarsi andare a questo riguardo, e fa pena vedere che tanti religiosi manca­no continuamente a questo voto. Sapete che una Suora che si credeva già in Paradiso, è comparsa dopo morte e ha detto che era in Purgatorio a soffrire per aver mancato di povertà. E diceva: Qui in Purgatorio ve ne sono molte che soffrono per mancanza di povertà! E le hanno domandato: «Nell'inferno ve ne sono anche per mancanza a questa virtù?». Ed essa ha risposto: «Nell'in­ferno ve ne sono molte per aver mancato di povertà!»... E poi è scomparsa perché non poteva dire di più. Finché una comunità si tiene nello spirito di po­vertà, farà del gran bene, guai invece se manca!... quando qualcuno comincia a mancare, va tutto perduto!...
Adesso per il nuovo anno comincerete per la visita al SS. Sacramento a leggere quelle che aveva raccolte P. Sales prima di partire per l'Africa. Ne ave­te una per ciascun giorno dell'anno, e sono tutte tratte dalle opere dei Santi o quasi Santi. Così non c'è più pericolo che le sentiate ripetere così sovente come prima quelle di S. Alfonso. Credo che vadano bene, lunghe come sono, perché non vorrei che tenessero tutto il quarto d'ora. Devono solo servire a dare qualche buon pensiero; qualche pensiero così cambiato ogni volta aiuta a passare bene la Visita; e potete poi anche ricordarlo per la Messa e la Comunione del giorno dopo. Io ho tratto dal libro di S. Alfonso «La Messa strapazzata» tanti punti, e li ho ridotti a trenta meditazioncelle, una per ogni giorno del mese, ne leggo una tutte le mattine e trovo che aiuta molto nel preparamento della Messa. Fan tanto del bene e questi pensieri servono poi anche per la predicazione, alle volte non si ricorderà poi più dove si son presi, ma vengono in mente. E quelle visite che avete voi sono belle. Si trattava di farle stampare, se avessimo avuto la tipografia, ma ormai l'avete già lì incassata sotto i portici. Sarebbero anche desiderate di fuori, perché non se ne trovano di questo genere. Ce n'è uno intitolato «Cento Visite», ma non ve ne sono per tutto l'anno, e poi vi so­lo cose così aeree, che fa andar via la voglia di leggerle. La Libreria del S. Cuore s'incaricherebbe essa di farlo stampare, ma poi vuol essa sola lo smer­cio. E dice che sarebbe sicuro di spargerle bene e presto, va bene, ma un certo numero di copie vogliamo averle noi. Così l'Istituto progredisce poco per vol­ta, e voi giovani verrete su e godrete di quello che hanno già fatto gli altri pri­ma.
Bisogna che preghiamo per tutte queste miserie che capitano a questi tem­pi. Ricordatevi quello che vi ho già detto che diceva a noi Mons. Gastaldi: «Mi dicono che vi faccio pregare troppo!... No, miei cari Chierici, vi faccio pregar troppo poco! Quelli che dicono questo non sanno quello che dicono. Dite loro che vadano a pregare davanti a N. Signore!... Non vanno, non osano parlare col Signore, hanno paura che Gesù Sacramentato veda nel fondo del loro cuo­re, che non è puro...». Il mondo non è ancora convertito. Mi contava stamat­tina un signore che è in un ufficio a Genova che uno non si può immaginare le bestemmie che si dicono ancora. Non si fa un passo, si ha da prendere un pez­zo di carta, e giù... una bestemmia, proprio senza nessun motivo. Pare che siano invasati dal demonio.
Oggi è anche la festa del Nome di Gesù, perciò facciamo atti di riparazio­ne a N. Signore delle tante bestemmie che si dicono. È anche per questo che il Signore non ritira questo castigo della guerra. E tutti non possono fare a meno di riconoscerlo che è un castigo. È vero che sono puniti anche i [buoni], ma pazienza; vuol dire che si fanno dei meriti. Il più è che un castigo simile non si sa dove vada a finire. Un po' di rinsavimento c'è, ma vorrei un po' vedere se finisse tutto domani... non so se si convertirebbero tutti sul serio... C'è da pre­gare.
giuseppeallamano.consolata.org