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Scritto da Beato Giuseppe Allamano
16 gennaio
1916
Quad. XI,
20
(16 Genn. 1916)
Sul Vangelo dell'Andata di Gesù al
tempio
Nella
Domenica passata Gesù ci diede una lezione importantissima, specialmente a noi Religiosi e missionarii. Ci
insegnò e comandò una santa crudeltà verso i nostri parenti. Egli modello di tutte le virtù, e però anche della pietà figliale, di cui diede prova
luminosissima stando soggetto ed ubbidiente a Maria SS. ed a S.
Giuseppe sino ai trent'anni:
et erat subditus illis, questa volta si allontana da loro, senza dir loro nulla, ben sapendo il dolore che
loro avrebbe cagionato pel timore di averlo perduto per propria colpa. Per darci l'esempio di distacco e di santa durezza
verso i nostri parenti. E questo quando i parenti sono di ostacolo a seguire
la volontà di Dio e di tendere alla perfezione; ma anche quando come Maria e Giuseppe non vi
si opporrebbero. Il mondo non comprende questo mistero, ma è questo il precetto di Dio. Nei S. Comandamenti
c'è primo il comando: amerai..., e quarto: onora.
Certamente il primo predomina, e quando il secondo a quello si oppone si deve quello preferire. E ciò che
disse Gesù: Qui amat patrem... non est me dignus. E ciò è chiaro: perché se dobbiamo
riverire i parenti perché ci allevarono..., Dio è che ci creò, ci conservò ecc. La Madre dei
Maccabei: nate... Così operarono i martiri, come S. Ermenegildo, S. Tommaso Moro e quanti chiamati da
Dio resistettero alle lusinghe ed opposizioni dei parenti per entrare in Religione e farsi missionarii. I parenti
anche buoni, o per interesse o per troppo affetto umano talvolta si oppongono alla volontà di Dio, ed allora
dobbiamo rispondere come Gesù: In his, quae patris mei sunt oportet me esse: Magis oportet Deo obedire
quam hominibus. (Vedi lo stesso arg. 12 Genn. 1913. Quad. VIII, p. 16). L'ordine esige tale preferenza nel
conflitto.
Ma ho detto che Gesù ci domanda di
più. Egli proclamò che non venne a portar in terra la pace, ma la
guerra: veni separare... ; ed
altrove: qui non odit... non potest meus esse discipulus. Il seguire Gesù nella
perfezione religiosa vuole questa santa crudeltà; che siano da non
interpellare, da non consultare i parenti in cose che loro non
appartengono, non lasciarli entrare in ciò che Dio riserva ai superiori spirituali. Così Gesù fece con Maria e Giuseppe, con
Giovanni e Giacomo, che relictis retibus et patre, come pel giovane che
prima domandò di andar a sepel-lire il padre, cui rispose: sine mortuos mortuos sepelire. Es. la Chantal e
S. Francesco Zaverio, e S. Francesco d'Assisi. Santa crudeltà che pochi praticano, e solo gli amanti veri di Gesù
comprendono. Dio v'illumini.
P.P. Albertone, quad. VII, 57-59
16 Gennaio
Vi ho
portato delle lettere dell'Africa. C'è quella di Monsignore, il quale comincia già anche lui a farsi
corto; si capisce, ha tanto lavoro per le mani. Questa è segreta non posso
leggervela. Qui ce n'è un'altra di P. Sales, non l'ho ancora letta, ma credo che non vi sia niente di segreto,
perché è intitolata «La palatina»! Cominciamo a leggerla, se poi vi è qualche cosa la
lascieremo. Questa di Monsignore dice delle belle cose, consolanti. C'è la guerra anche là. Dice che ha già mandato tre padri come chirurghi, e sei Suore ad assistere gli
ammalati negli Ospedali...
Si legge la
lettera di P. Sales. Ad un punto questi dice: «Penso al dolore che avrà provato Vossignoria per la
mobilitazione di tanti suoi figli». Egli risponde:) Ve lo dico sinceramente!... Ringraziamo il Signore che
anche in Africa si può fare del bene. Intanto non voglio che lasciamo passare la sera senza prendere un buon
pensiero. E il buon pensiero è quello della settimana scorsa. Domenica io non ho potuto venire, ma ve lo dico
adesso. Quel bel Vangelo dello smarrimento di N. Signore, pieno di insegnamenti...! N. Signore quando aveva compiti
12 anni, lui con la Madonna e S. Giuseppe sono andati per le feste di Gerusalemme, e
quando sono stati là, ecco che N. Signore si smarrisce nel Tempio, senza che i parenti lo sapessero. Tutto questo voi lo sapete, veniamo alla conclusione. Quando la Madonna dopo averlo cercato lo
trovò là nel Tempio, gli ha detto: Fili, quid fecisti nobis sic? Ecce
Pater tuus et ego dolentes quaerebamus te... E l'altro che cosa ha risposi? —
Nesciebatis quia in his quae Patris mei sunt oportet me esse? E non sapevate che io debbo occuparmi delle cose che
riguardano il mio Padre Celeste? — A tutta prima pare una risposta un po' secca per la Madonna, ma precisa. N.
Signore era venuto su questa terra per fare la volontà del suo Eterno Padre,
ma naturalmente anche doveva ubbidire a Maria SS. e S. Giuseppe, tant'è vero che dopo è ritornato con essi a Nazaret, e là dice
l'Evangelista che «erat subditus illis», ubbidiva perfettamente, fino a 30 anni, in quei lavori minuti,
lavori manuali come voi, e si può dire che ha passato tutta la vita nell'ubbidienza. Eppure questa volta è
scappato in un momento, si è smarrito, senza aver detto niente. Certamente la Madonna e S. Giuseppe avranno pensato
che era per loro colpa. Ma N. Signore non aveva creduto bene di dir loro il motivo: mi fermo qui!...
Vedete, questo fatto del Vangelo è sempre una
lezione per noi. N. Signore sapeva distinguere bene le cose, quelle che sono del mondo e quelle che erano del suo Eterno
Padre. Così noi, bisogna che distinguiamo bene quello che riguarda Dio e quello che riguarda il mondo. Sapete,
abbiamo due comandamenti: Riguardo a Dio vi è il 1°: Amerai il Signore Iddio tuo sopra tutte le cose.
E poi vi è il 4° che riguarda i parenti. Dunque ne abbiamo due che ci
comandano di amare. E come fare? Bisogna distinguere: Se il rispetto ai parenti non ci impedisce il rispetto a Dio,
se questi due comandamenti insieme vanno d'accordo, tanto bene, amiamoli pure i parenti. Ma se non vanno d'accordo?
Quale dobbiamo scegliere? Senza dubbio prima Dio che ci ha creati. N. Signore quando si trattava solo di ubbidire a
Maria SS. e a S. Giuseppe, bene, lo faceva
subito; quando poi c'era da ubbidire a Dio, si smarrisce senza che essi lo sappiano. N. Signore non vuoi neppure che
domandiamo il permesso agli uomini in certe cose, e qui in questo caso l'Eterno Padre non voleva che Gesù
dicesse niente, perché si fermava a Gerusalemme. E per venire all'atto pratico, quando si tratta della
vocazione al Sacerdozio, quando uno si sente chiamato ad un Istituto religioso, per valore è più nobile la chiamata di Dio che ci vuole in quel dato
luogo, non il desiderio dei parenti che vorrebbero piuttosto che diventassimo semplici preti secolari. Il Signore in
queste cose non li ha messi a parte a fare di noi ciò che vogliono. «In his quae Patris mei sunt oportet me
esse». Il Signore vuole che ubbidiamo ai parenti, ma ha eccettuato quando si tratta della santificazione: in questo
non ha voluto che avessimo il consiglio dei parenti. È per accidens che essi qualche volta possono darci un buon
consiglio riguardo a questo. Quando ci sentiamo chiamati da Dio, dobbiamo ricorrere alla preghiera; domandare consiglio dal nostro Direttore Spirituale, o altre persone simili, ma non dai nostri
parenti. Tante volte essi dicono: «Si... fatti pure Chierico, fatti pure
Sacerdote, ma secolare, che bisogno di andarti a seppellire in un Istituto?...». Non voglio dire che dicono questo per aver poi una cascina, no, sarebbe troppo, ma c'è pericolo
perché uno vuol farsi religioso, che trovino ragioni per distorglielo, mentre non lo farebbero se fosse
semplice sacerdote. E N. Signore questi consigli dei parenti non li vuole. Tante
volte c'è una figlia che è l'idolo della famiglia, l'idolo dello sposo, che le piace, vorrebbe
prenderla, e N. Signore va a prendere quella per farla religiosa. Ce ne sono tante altre, invece sceglie quella là:
Voglio quella là, e la voglio perché la voglio; ve ne sono tanti di questi casi. N. Signore perché
è andato a scegliere la Chantal mentre ce ne erano tante altre donne a quei tempi? Essa almeno era una buona donna
che avrebbe saputo fare tanto bene nel mondo, allevare su bene la sua famiglia, e N. Signore non guarda a questo, voglio
quella là. Ed essa per seguire la volontà di Dio dover lasciar tutto,
saltar il figlio che si era coricato là davanti... Che coraggio!... crudele!... Si, lo dico anch'io, ma di
una crudeltà santa!... Ed era S. Francesco di Sales il quale ispirato da
Dio la consigliava a fare così. La conclusione è che N. Signore non vuole che per seguire la sua
vocazione domandiamo consiglio ai parenti. Leggiamo tante volte nel Vangelo le
parole di N. Signore che dice: Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me: ma non ne
facciamo guari caso:
bisogna venire all'atto pratico. E quello che
dicevamo nel Vangelo di ieri? Forse voi non avete avuto la Messa che dicevamo noi nella Diocesi, e applicandolo a S.
Maurizio, c'era quel Vangelo dove N. Signore dice: «Nolite arbitrari quia veni portare pacem in hunc mundum, sed
gladium». E poi continua: «Il padre si separerà dal figlio, il figlio dalla madre, tutto è
guerra. E il Signore che è venuto a portare questa santa guerra: i
parenti bisogna che si stacchino da noi. Essi sanno che il Signore ha diritto su di
noi, ma in pratica poi non fanno come dovrebbero. Essi ci hanno data la vita, e N. Signore ci ha creati. Sapete quello che
faceva la Madre dei Maccabei. Si era già visti sacrificare tutti gli altri figli per N. Signore, le rimaneva
solo più l'ultimo; lo invitava mica ad apostatare, anzi, perché non venisse meno, lo invitava a guardare il
premio in Paradiso. «Nate, respice caelum!»...
Se possiamo conciliare l'amore di Dio con l'amore dei parenti, tanto bene, se no, ci vuole una santa crudeltà. N. Signore vuole il merito del sacrificio dei parenti
e di noi; e in in questo ci vuole energia. Se no, N. Signore che ne fa di questa
gente, che non è capace ad avere un po' di coraggio per abbandonare i parenti, che non ha quest'energia?...
Bisogna fare come S. Paolo, che appena N. Signore l'ha convertito «Non
acquievi carni et sanguini», ma è subito andato a predicare il Vangelo. Questa santa crudeltà che io
vorrei che aveste.
Capisco che ora siete
qui, il sacrifizio lo avete già fatto, ma bisogna corrispondere; quanti non son stati capaci a perseverare
dopo che avevano già lasciato tutto!... Credete voi che quando S. Francesco Zaverio, mentre andava alle Indie, quando non ha voluto andare a vedere sua madre non abbia sentito? Oh, si, si, ma ha
detto: «voglio fare il sacrifizio!». Tutti esternamente dicevano: crudele! — e lo dico anch'io, ma
santa crudeltà. E intanto, adesso, sapete, lui è in Paradiso, e per
tutta l'eternità chissà quante anime lo ringrazieranno d'averle salvate facendo questo sacrifizio, e lui
stesso chissà quante grazie avrà ricevute durante il tempo che è
stato in Missione. Perché si può fare sacrifizio non solo quando si tratta di fare un bene, non solo in
questo caso vi è il merito, ma anche quando si tratta di preferire tra due beni. Sicuro, quando si tratta di fare
come ha fatto S. Ermenegildo, il quale voleva farsi cristiano, e suo padre non voleva. Visto che non poteva persuaderlo,
l'ha fatto mettere in prigione, e il giorno di Pasqua gli ha fatto portare la
Comunione dal Vescovo eretico. Ma egli non l'ha voluta, ha detto: «Non voglio la Comunione da un eretico».
Costui aveva il coraggio di S. Pietro, quando là davanti al Pretorio volevano che non predicasse più N.
Signore, ed egli ha rifiutato decisamente:
«Bisogna ubbidire
prima a Dio che agli uomini».
Ma non si tratta di questo ancora,
ma di fare semplicemente la volontà di Dio. Non ti voglio un semplice
Cristiano, ma prete, e non semplice prete, ma religioso; vedete, a queste cose bisogna che pensiamo un poco. Sentiamo
tante volte leggere nel Vangelo: Qui non renuntiat omnibus quae possidet, non potest meus esse discipulus. — Tutte
queste cose se non le consideriamo praticamente, è inutile.
E riguardo ai
parenti, sì, dobbiamo amarli. N. Signore per primo ce ne ha dato l'esempio, ed Egli la Madonna e S. Giuseppe li
amava con tutto il cuore. Ma poi perché perdere tanto tempo a scrivere tutti i momenti, si scrive quando è
necessario, e poi basta. Possiamo essere uniti facendo dei sacrifizi per essi. E il meglio è mettere tutto nelle
mani del Signore; Egli sa che noi siamo figli del tale e della tale, e poi non occupiamoci mai dei loro affari. Lasciamo
che i morti seppelliscano i loro morti. Ricordate il fatto di quello là che voleva mettersi alla sequela di N.
Signore, ma prima voleva che gli desse il permesso di andare a seppellire suo padre. Questi fatti bisogna meditarli: son
là per questo. Mentre N. Signore andava predicando, uno si è accostato a lui, e voleva unirsi a' suoi
discepoli. E N. Signore gli ha detto: Vieni pure! — Ma quel tale forse aveva suo padre che era morto allora, e ci
rincresceva lasciarlo là da seppellire, non più vederlo; e ha chiamato a N. Signore che lo lasciasse
andare a seppellirlo. E N. Signore gli ha risposto: Lascia che i morti seppelliscano i loro morti, tu vieni con me. E pare
che l'altro non l'abbia poi voluto seguire. A queeste cose bisogna che pensiamo
sovente. Quando leggiamo sul Breviario di S. Lorenzo Giustiniani, che è
tornato a Venezia per la sepoltura di sua madre, e durante tutto il tempo è
rimasto «Siccis oculis» senza versare una lacrima. La gente dicevano: Crudele!... Si, ma di una santa
crudeltà. E la Chiesa l'approva, e mette questo fatto sul Breviario, e lo loda. E non è stata una
santa crudeltà quella del nostro Santo Protettore di quest'anno, quando il
padre l'ha condotto davanti al Vescovo, e poi l'ha fatto spogliare di tutto. Ed egli si è lamentato?... ha detto:
«Ebbene, mi avete tolto tutto, ora potrò servire meglio il Signore». Pensate un po' a questo: Ha
rifiutato tutto. - D'ora in avanti potrò pregare con più confidenza il Signore. E vedete che la Chiesa
l'approva questa condotta, e se ne gloria. Queste cose io vorrei che consideraste bene, perciò bisogna che non
lasciamo passare qualsiasi occasione quando si tratta di compiere la volontà
di Dio. «In his quae Patris mei sunt oportet me esse».
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Pubblicato: Domenica, 11 Giugno 2006 23:00