VITA DI FAMIGLIA

10 Agosto 1916
P.P. Albertone, quad. VII, 128-130
(P.V. Merlo Pich, quad. 258-262)
Conf. del 10 Agosto 1916
Tutti qui? ... (cinque chierici più il Sig. Prefetto). Siete pochi, ma siete ancora più di quel che dovreste essere. Gli altri scrivono da S. Ignazio, dicono che stanno tutti bene; anche i piccolini, dice che sono contenti come pasque, già, dicono proprio quella frase lì: contenti come tante pasque.
Quest'oggi è la festa di S. Lorenzo, nessuno di voi che si chiama Lorenzo. C'era P. Sales, e l'altr'anno ci ha ancora detto messa la buona anima di D. Meineri. Già stamattina nella Messa ho fatto un Memento speciale per tutti quelli che si chiamavano Lorenzo, e in qualche maniera mi appartenevano, sia che li ricordassi o no; e tra gli altri m'è venuto in mente il nome di Sales, ma non quello di D. Meineri; io ho sempre quella abitudine lì: nella Messa, sia nel Memento dei vivi che in quello dei morti, ricordo sempre quelle persone che hanno il nome del santo del giorno e che in qualsiasi modo mi appartengano. Così questa mattina mi sono ricordato di un vecchietto che avevo conosciuto a Castelnuovo il quale mi voleva molto bene. Così pure si chiamava Lorenzo un mio cugino, nipote anche lui del Ven. Cafasso.
Di S. Lorenzo facciamo memoria tutti i giorni, noi sacerdoti siamo obbli­gati tutti i giorni nel ringraziamento della Messa a dire l'Oremus di S. Loren­zo. Prima della S. Messa si dice l'Oremus... e poi dopo la Messa si dice quello di S. Lorenzo. Quell'Oremus che dice: da nobis... vitiorum nostrorum flammas exstinguere, qui beato Laurentio tribuisti tormentorum suorum incendia superare. Perciò io stamattina ho pregato questo santo che vi desse la grazia di crescere nell'amore di Dio e superare i vizi, e l'ho domandato per me e per voi. C'è l'antifona che diciamo al Magnificat che è bella! Dice così: Beatus Laurentius dum superpositus in graticula ureretur, ad impiissimum tyrannum dixit: Versa et manduca, assatum est jam, nam facultates Ecclesiae quas requiris, in coelestes thesauros, manus pauperum deportaverunt. Vedete come è bella! Anche là sulla graticola che bruciava aveva ancora l'allegria. Certo che il Signore gli dava una grazia speciale; perché non è possibile che in mezzo a tanti tormenti fossero così allegri naturalmente. Sappiamo che certi santi tre­mavano al momento della morte e anche di certi martiri che piangevano men­tre li facevano soffrire, e questo non vuol mica dire niente: Non sono più mar­tiri perché piangevano? Così si dice della B. Giovanna d'Arco, che mentre gli Inglesi la mettevano sul rogo piangeva!... Noi avremmo voluto che fosse an­data avanti con baldanza!... Non c'è bisogno di questo! Anzi il Signore li la­sciava soffrire in mezzo a tutti i tormenti, mentre altri sentivano niente e can­tavano, e certo non si potrebbe mica spiegare come tante vergini potessero sopportare tanto senza un aiuto speciale, per cui il Signore non lasciava che sentissero i patimenti. E di S. Lorenzo, S. Leone dice che era tanto ripieno del fuoco dell'amor di Dio internamente che non sentiva più il fuoco materiale all'esterno. Le lezioni del Breviario di quest'oggi sono di S. Leone Magno; so­no tanto belle. Qualcuno però dice che S. Lorenzo abbia sofferto un pochino in principio e poi non abbia sofferto più. Ma io non so dove abbia trovato questo. Le lezioni del breviario non lo dicono. Potrebbe anche essere...
Quand'io ero in Seminario c'era Mons. Gastaldi che si chiamava Loren­zo, allora facevamo la novena all'Eremo tutti i giorni, poi al giorno della festa si faceva proprio con solennità. Mi ricordo che si cantava l'antifona musicata dal Palestrina, e lì si faceva un coro... che filava! Come era bello! Mons. Gastaldi, gli piaceva tanto quell'antifona, e per quello la cantavamo tutti gli an­ni.
Se vedeste quest'oggi Torino è tutta imbandierata, perché hanno presa Gorizia. Ho parlato con un Cappellano militare che viene di lassù dove c'è Giacomino. Ha portato nuove di Giacomino. Dice che sta bene; che sentono loro là i cannoni, ma per loro non c'è ancora pericolo. Costui diceva che non è tanto Gorizia che importa, ma più che è... bisogna prendere i due monti che sono vicini, S. Michele e Sabbotino. E questo ora si annunzia che li hanno pre­si. Speriamo che questo sia una spinta a fare in fretta la pace. Perché vedendo­si spinti da una parte e dall'altra, gli Austriaci, sono poi costretti a ritirarsi. Dicono che abbiano fatto dieci mila prigionieri i nostri, solo questa volta; e i Russi dall'altra parte vincono a gran forza; e adesso che prendono di qua e di là bisogna ben che vengano alla fine. I francesi dicono che hanno fatto prigio­nieri dei vecchi e dei ragazzi. Quindi in Germania devono aver già chiamato tutti. E anche per i materiali dicono che in Germania hanno requisito tutta quella roba delle porte, per farle fondere, perché non hanno più bronzo. In Austria hanno già preso le campane delle chiese, come al tempo di Napoleone, le campane di tutte queste chiese le avevano raccolte tutte.
Dappertutto fanno anche festa per quel Battisti che ha tradito gli Austria­ci andando a combattere contro di loro. Si dice che anche quando era già morto, lo abbiano strangolato pubblicamente, e adesso tutta l'Italia... Qua a Forino gli hanno già persin dedicata un pezzo di via. Sebbene una volta non si costumava a dare il nome di uno alla via se non dopo dieci anni dopo la morte, ma per costui, subito...! E dicono che costui ha fatto male... ma è il governo che ha fatto male a lasciarlo combattere... non avrebbe dovuto lasciarlo andare a combattere. È come là in Africa quel colonnello Galliano (?) che è stato fatto prigioniero da Menelik; fu messo in libertà col patto che non andasse più a combattere contro di lui, ma l'altro è andato lo stesso e allora gli hanno fat­to la festa.
Così parlavo stamattina con un Salesiano e mi diceva che uno dei loro dà da fare ai Superiori; è uno che era a Trieste ed è passato in Italia ed ora è sol­dato nell'esercito italiano. E di là dall'Austria hanno già messo su di lui una taglia; quindi ha un premio a chi lo prende. E questo compromette un poco i Salesiani, perciò i superiori l'hanno un po' a male, e gli hanno già ordinato di ritirarsi, ma pare che non voglia ascoltare. Questo può compromettere tutti, perché i Salesiani hanno varie Case in Austria, nell'Ungheria, e se costui fa co­sì, oltreché ha sopra di sé una taglia, supposto che vincessimo noi, l'Imperato­re d'Austria è poi capace di mandare via tutti i Salesiani dal suo regno.
Invece Mons. Perlo in Africa ha fatto diversamente. Ha mandato i nostri Missionari negli ospedali di guerra, ma solo per i neri, i quali non combattono e sono solo portatori. Finché è stato per questo ha accettato, ma quando han­no aperto un altro ospedale civile a Nairobi per i bianchi, e l'hanno invitato a mandare anche là dei missionari, allora lui ha detto subito: No, finché è per i neri che non combattono sulla linea del fronte, sì, ma di più no, perché altri­menti sembra che noi aiutiamo gli Inglesi contro i Tedeschi. Va bene che cu­riamo i neri che fanno da portatori, e se non ci fossero i portatori sarebbe me­glio per gli altri, ma là... noi aiutiamo solo indirettamente.
E i Tedeschi hanno ancora questo che essi vogliono solo Tedeschi, cosic­ché per curare i Tedeschi lassù bisogna che i sacerdoti vengano dalla Germa­nia? Gli Inglesi invece si contentano anche degli altri. Quindi non fa male che ci sia anche qualcuno di voi che sappia il Tedesco. Ne abbiamo già uno che è austriaco, P. Panelatti; ma ormai quasi non l'è più.
L'ho già detto al Sig. Prefetto e adesso lo dico anche a voi che hanno fat­to il Teol. Baravalle Canonico della Metropolitana. L'abbiamo eletto ad una­nimità, non siamo neppur stati lì a dare il voto. Uno si è alzato e ha detto: Se qualcuno ha qualcosa da dire diamo il voto. «Ma che voto! Siamo tutti d'ac­cordo lo eleggiamo tutti». Allora siamo andati a presentarlo al Cardinale per­ché lo eleggesse lui: tocca una volta ciascuno a eleggere i canonici: una volta
il Cardinale, una volta noi. L'abbiamo presentato al Cardinale e abbiamo det­to: «Noi l'abbiamo proposto, adesso sta a Vostra Eminenza ad eleggerlo.» Il Cardinale ha detto: «Si, si, eleggetelo pure, io vi do la facoltà». Io ci ho detto: Ma se lo elegge Vostra Eminenza resta un doppio onore. Il Cardinale s'è ac­corto che volevamo farlo eleggere da lui, e diceva: «Oh fatelo voi». Ma poi non ha più insistito e l'ha eletto lui. Questo è stato anche un po' di furbizia, perché se lo eleggeva lui, un'altra volta toccherà poi di nuovo a noi. E difatti si diceva la verità; si capisce si parlava ad mentem.
Il Teologo Baravalle certo che se lo meritava quest'onore; io prima non l'aveva mai conosciuto. Lui era assistente al Regio Parco, e aveva sempre stu­diato da sé; perciò il Cardinale una volta mi ha detto che sarebbe stato bene che venisse anche un po' al Convitto per sentire le conferenze di Morale. Ed è venuto. Poi c'era bisogno di uno che stesse lì alla Consolata; e l'ho chiamato al Cardinale. Lui mi ha subito detto: Sì, sì prendilo pure. E mi sembra che il Teologo Baravalle andrebbe bene per quell'ufficio: sa t'asmia piitlu pura. Per me, ho detto, fa lo stesso, e l'ho preso, e adesso è da quattordici anni, ed è an­cora lì. E neppure andrà mica via. Lui stesso ha detto: «Se è per ancora stare qui, accetto, se no non accetto».
Voi non avete bisogno di tanti canonicati: lo sarete poi tutti nel Kenya; e poi canonico non vuol dire altro che regolare, e voi regolari lo siete già senza essere canonici veri. Una volta i Canonici erano tutti Regolari: lo dice S. Eusebio in una lettera che dall'Oriente ha scritto a Vercelli, e dice: Tot canonicos quot regulares.
(A Don Maletto). So quel che fai; e dice che la ginnastica che hai impara­to qui ti vien in taglio; non ti sgrida mai perché fai male, invece gli altri dice che li prende persino per la giubba. Vedete, tutto vien in taglio, tutto serve. Anche il Ch. Re scrive che fa lui la minestra e che il Capitano va a prendere da lui la minestra ed il caffè. Bisogna che la faccia bene più degli altri, perché va a prenderne persino il Capitano. Vedete, chi lo avrebbe detto che anche quel po' di cucina che aveva imparato gli avrebbe poi servito? Così è di tutto.
E quando vi destineranno? Forse in un ospedale di provincia stareste ancor meglio che qui; c'è un vicecurato che è ad Aosta e dice che sta tanto bene. Ma noi ti vogliamo qui a Torino. Avete un tenente che è una birba. Dice che tratta i soldati come se fossero niente. Per esempio il regolamento dice di dar del voi ai soldati e lui da sempre del tu. «Bisogna essere più liberi, io quando ero studente ne facevo di tutti i colori». È una vera nefandezza.
Oh, bravo Michele! Tu hai le ali di S. Michele e devi passare davanti a tutti, farti più santo di tutti, bagnare il naso a questi qui. Non dire: «Sono ancora piccolo, aspetterò quando sia più alto»; per farsi santo, non si inco­mincia mai troppo presto. Vieni sovente alla Consolata, non è vero? E qual­che volta vai anche a trovare la Madonna? Questa mattina sono uscito e lui era là seduto sul carretto che mangiava tranquillo la sua colazione con una pa­gnotta in mano. Era là tutto solo, tranquillo, si vedeva che aveva l'anima in pace. Io sono passato là e gli ho detto: Va entro, che ad un Missionario un po' di latte il Convitto lo dà.
Quest'anno gli Esercizi a S. Ignazio sono andati molto bene, sia quelli dei Sacerdoti, sia quelli dei secolari. Anche i predicatori erano quelli che ci anda­vano. P. Giaccardi per i secolari ha detto tutte cose appropriate per loro, sape­va adattarsi magnificamente all'ambiente, diceva le cose chiare con uno stile scolastico in modo che si possono ricordare. Anche per i Sacerdoti D. Paleari, e lui si capisce, faceva le prediche tutte scolasticamente; era preparato. Per i Sacerdoti ci vuole quello. Invece quello delle meditazioni, il Rettore degli Arti­gianelli, eh... non era preparato. Io l'avevo avvisato prima, perché quando si è preparato, allora fa delle belle prediche, ma quando non è preparato... Adesso gliel'ho detto: «Guardi, poco tempo fa lei ha fatto le Quarantore a S. Barbara, ed io ho mandato a sentirlo, ma là non era preparato e batteva l'aria;
adesso per i Sacerdoti tutta roba così la sanno già». Ma si... è venuto su, e non era preparato...
Una cosa che ho notato specialmente negli esercizi dei Sacerdoti, come osservavano il silenzio: quest'anno proprio in modo perfetto. Per i secolari in­vece l'affare cambia: per loro il silenzio è ancora un x. C'era una figlia che alla fine della settimana è venuta a prendere il padre, e sentivo che gli diceva: «E bin l'osto faie dabin gli esercisi?» — «Guarda, l'hai faie tan da bin, che a j'era un ca parlava, e 'i Retur a l'a mandami mi a diie ca feisa silensio» — «Ma a lelu peui nen perché 't parlavi trop ti?». Ed io là vicino sorridevo. Era proprio come diceva la figlia. Quel tale non c'era nessuno buono a fargli fare silenzio, ed io una volta che ce n'era un altro che parlava, gli ho detto: «Ca 'uarda, ca vada 'n po' a die a cui óm là ca fasa silensio». E lui è andato tutto contento, credendo che l'avessi mandato perché lui osservava tanto il silenzio.
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