LA PRESENZA DI DIO

9 aprile 1916
Quad. XI, 29- 31
2 Aprile 1916
La presenza di Dio
(V. 1907 pag. 1)
Abbiamo parlato in varie volte delle pratiche quotidiane di pietà che si fanno in comune. Esercizi di pietà che ci preservano dai peccati e ci aiutano come mezzi a conseguire la perfezione. Qui una domanda:
Come va che dopo tanti giorni, mesi ed anni che compiamo tali esercizi, siamo ancor sempre pieni di difetti, e così lontani dalla perfezione? La risposta non può essere che questa: o non li facciamo bene, o non pro­curiamo di farne frutto. In un campo, in una vigna non basta seminare e piantare bene e roba buona; ma bisogna poi accudire il seminato e le viti sino al raccolto. Così dei nostri esercizi di pietà. Fatte a dovere la Meditazione, le letture, la S. Comunione, la visita al SS. Sacramento, gli esami di coscienza, ben ascoltata la S. Messa, dopo non ci pensiamo più, o leggermente; e non avvenga che ci sentiamo quasi sgravati da un peso. Ecco il vero motivo del poco frutto delle nostre pratiche di pietà. Dobbiamo invece uscire da ciascun esercizio come da un giardino, dove abbiamo raccolto un mazzo di fuori [= fiori] per odorarli lungo il gior­no.
Dobbiamo uscirvi come tanti vasi pieni di prezioso liquore, che ba­diamo di non versare (S. Fr. di S.).
Ricordare e risentire le impressioni provate, le ispirazioni avute e praticare i proponimenti fatti.
Ma dirà qualcuno: io non li ricordo lungo il giorno, o raramente. Bisogna ricordarsene; e per ciò ottenere conviene vivere raccolti, evi­tando la dissipazione e tenendoci alla presenza di Dio.
La dissipazione è come il vento che porta via ogni cosa. Già il Pro­feta Geremia si lamentava a' suoi tempi che desolatione desolata est omnis terra, quia nemo est qui recogitet corde: notate non dice cogitet, che pensi, ma recogitet, cioè ripensi e ritorni sopra colla mente e col cuore al pensato. Gesù si lamentava con S. Teresa, che avrebbe voluto parlare a tante anime, ma esse non gli davano ascolto, pensavano ad al­tro, distratte dal pensiero di Dio. È il timore di S. Agostino che temeva Jesum transeuntem.
Evitando la dissipazione lungo la giornata ci troveremo alla pre­senza di Dio. Vediamo l'utilità di questa presenza, e varii modi di prati­carla.
I. 1) Ci fa fuggire i peccati. S. Tommaso scrive: Si Dominum prae-sentem cogitaremus, vix aut munquam peccaremus. Es. di Susanna (V. La perfezione Cristiana). 2) Ci fa esercitare le virtù sino alla perfezione. Dio disse ad Abramo: Ambula coram me, et esto perfectus. Di Enoc e Noè sta scritto: Ambulavit coram Domino. 3) Ci distacca dalle creatu­re, ci dà la pace tra le vicende della vita, — e ci anticipa il Paradiso. Sta scritto: Semper cum Domino erimus; — Angeli semper vident faciem Patris; — Quaerite faciem Ejus semper (Vedi Vanni: Esercizio della Presenza di Dio).
II. Indico tre modi, fondati sulla realtà, con cui praticarla.
1) Dio immenso, in quo vivimus, movemur et sumus. S. Bernardo:
Deus extra, Deus intra; Deus ubique est. (La perf. cr.).
2) Gesù Sacramentato nella Cappella, vivente per noi; nelle altre chiese passandovi vicino. Così i missionari in viaggio. Una pia persona passa ogni giorno della settimana e del mese in ogni Stazione d'Africa.
3) Dio dentro di noi. Un autore lo dice mezzo più perfetto (La Perfez. cr.). S. Paolo: nescitis quia templum Dei estis; — Spiritus Dei habi­tat in vobis. Es. S. Agostino, S. Teresa e S. Caterina da S. (Vanni l.c.). Specialmente in chi si comunica (Vedi Pred. anno 1907).
Scegliere il metodo che pare più consentaneo alla vostra indole e più facile; e se non vi va, provatene un altro. Come conclusione vivete alla presenza di Dio sempre, secondo il detto del salmista: Providebam Dominum in conspectu meo semper: - Oculi mei semper ad Dominum.
P.P. Albertone, quad. VII, 81-83
9 Aprile 1916
Sapete che c'è già una suora che vuol andare in Paradiso... Preghiamo il Signore che la santifichi ancora bene adesso..., non aveva ancor fatti i voti e ne aveva tanto desiderio, e desiderava tanto morire con i voti e ieri li ha fatti, era un'anima umile e pia, e rincresce... non che mi rincresce che vada in Para­diso... ma che... Desidera solo di compiere il purgatorio su questa terra, pre­ghiamo anche noi che il Signore faccia quello che è meglio per lei. Anche loro hanno bisogno di qualche rappresentante in Paradiso, come noi che abbiamo D. Meineri, ora loro una suora. Sono venute qui, come anche voi altri... pri­ma cosa farci santi, seconda cosa salvare i neri. Non c'è che da piegare la testa alla santa volontà di Dio.
Abbiamo parlato tante volte delle pratiche di pietà, dei comuni esercizi di pietà quotidiani, la meditazione, le preghiere, le visite, la lettura spirituale ecc. ecc., e ne viene quindi spontanea una domanda: come va che con tanti mezzi di santificazione quotidiani, eppure siamo sempre pieni di difetti, non ci per­fezioniamo mai, e questo non lo diciamo solo per umiltà, ma per verità. O che questi esercizi non si fanno abbastanza bene... eppure ci pare di fare quello che possiamo, e tuttavia lungo la giornata capita che si manca di carità, e non solo un momento, ma si sta lì... e poi si manca di ubbidienza, e d'altro ancora... ecc. e tanti altri difetti che non sono solo i septies cadit justus... Co­me va? io credo, e non solo io, ma i maestri di spirito dicono: ci sono di quelli che fanno bene, ma una volta fatto, fatto! non resta più nulla. Sarà la medita­zione, si sono bensì presi i proponimenti lungo il dì, ma una cosa pro forma, ma poi... così per altre pratiche, è difficile che si prendano veramente dei pro­positi efficaci, davvero ... e così con tanti mezzi siam sempre lì!... Quest'oggi mi son dimenticato di tutto e non so neppure più l'argomento della meditazio­ne,... e così è vero di tutte le altre pratiche. Posto che anche li facciamo bene, con impegno, non dico con fervore sensibile, che non è necessario, tuttavia non basta, se lungo il dì non li ricordiamo e non ne facciamo frutto. Vedete, è come chi va in un giardino, ove vi son tanti bei fiori, e lui ha il permesso di sce­gliere e di cogliere, e ne coglie e li porta fuori, e via; credete che li lasci lì in un angolo? No! ma li mette al fresco e non li trascura mica dopo raccolti, ma li porta con sé per profumare tutta la casa, per utilizzarli. Così queste pratiche di pietà sono tanti giardini, e bisogna portar via. Questo è lo scopo. Bisogna portar via, come dice S. Francesco di Sales, da ognuna un piccolo bocchetto, per poterli odorare tutta la giornata. Noi invece non facciamo così. Non direi di mettere allo stesso livello la meditazione col mangiare e col bere... ma, di­rei, che si potrebbe fare proprio bene tutto per il Signore... e mettere proprio tutto questo a livello della meditazione. Per esempio si dice che vi sono dei Sa­cerdoti che dicono che il breviario è un peso. Ma questi, vedete, son quelli che aspettano sempre all'ultima ora a recitare il breviario; e questo non è bene. Quando alla sera si ha ancora da recitare mattutino, certo che è un peso! E si dice tanto per finirlo...! Non bisogna fare, tanto per sbrigarsi della meditazio­ne, della lettura spirituale, ecc. E poi c'è la dissipazione che porta via ogni co­sa, porta via tutta la giornata. E perciò bisogna essere raccolti se si vuole fare frutto. Certo che ci vuole del tempo per acquistare l'abito del raccoglimento. Ma in missione è ancor più difficile... si ha poi da fare, da girare... Il raccogli­mento è assolutamente necessario per poter trarre frutto da quello che si fa, altrimenti ci restano quelle specie di oasi che sono le pratiche spirituali, ma fuori di quello resta tutto arido.
Quindi il primo mezzo è quello di allontanare la dissipazione e di abituar­si all'esercizio della presenza di Dio. Sapete quello che diceva il profeta Isaia: desolatione desolata est omnis terra, quia nullus est qui recogitet corde! tutta la terra è desolata perché non c'è nessuno che recogitet... bisogna ricordare, ripensare col cuore, corde! E S. Teresa, riporta quello che udì dal Signore: Io parlerei a tante anime, ma son troppo dissipate e non mi ascoltano. C'è la dis­sipazione che impedisce di fare frutto. E S. Agostino diceva: Timeo Jesum transeuntem! Temo Gesù che passa. N. Signore vuole farsi sentire, ma passa, e se noi siamo ingolfati, egli passa e non lascia nulla. Questo è quello che fa vedere quanto è necessario avvezzarci alla presenza di Dio.
Serve già molto avvezzarci a fissare le ore, i quarti d'ora nei quali recitare alcune giaculatorie, non è difficile questo, ma bisognerebbe che vivessimo del­la presenza di Dio.
Dirò due parole sull'utilità e necessità della presenza di Dio, e quindi dei vari modi di praticare questa presenza di Dio.
E prima di tutto coloro che sono avvezzi all'esercizio della presenza di Dio non cadono in peccati,... qualche cosetta ma involontaria; la casta Susan-na, fatta condannare da quei vecchioni,..., è così bello quel pezzo! essa pensa­va: sono alla presenza di Dio, e non temeva; fino a che Daniele ha saputo sco­prire la trama di quei vecchioni, e così il Signore l'ha liberata. Nel libro dei Maccabei si legge di quel sant'uomo a cui volevan far mangiare la carne proi­bita... e gli dicevano che non mangiasse la carne proibita, ma che figurasse solo di mangiarla; ma egli rispose: Questo no! non voglio dare scandalo ai più giovani col mio esempio; e cosa direbbero i più giovani se sapessero che io alla mia età ho trasgredito la legge? Anche che io scappi alla giustizia degli uomini, non scappo certo alla giustizia di Dio. Questi sono fatti! Quegli che sta alla presenza di Dio sta attento a tutto. Chi usa della presenza di Dio, dice S. Tommaso, si Deum praesentem cogitaremus, vix aut nunquam peccaremus! Si ve­de che è un teologo che parla con stile teologico: non dice subito nunquam, ma dice vix, difficilmente; può scappar qualche cosa, ma conchiude poi con dire nunquam: vix aut nunquam!
Ma non solo la presenza di Dio fa fuggire il peccato, ma in secondo luogo aiuta a praticare la virtù. Ambula coram me et esto perfectus! Cammina alla mia presenza e sarai, esto, perfetto: e sarai perfetto! Arriverai alla perfezione. Si legge nella Sacra Scrittura di Enoch e di Noè: ambulavi! coram Domino: camminò alla presenza del Signore. Che bell'elogio! tutti i passi loro li faceva­no avanti il Signore: ambulavit coram Domino. Questo è proprio necessario per farci santi, perché il Signore ci aiuta e ci ispira.
Oltre a questo la presenza di Dio ancora ci distacca da questo mondo, dalle creature. Sordescit tellus dum coelum aspicio! diceva S. Ignazio. Sordescit la terra quando guardo il cielo; il Paradiso, e il Signore che è presente a me. Sordescit tellus! Così dicevano i Santi, quelli che sono alla presenza di Dio, e così essi godono la pace; il Signore da loro la pace anche in questa terra. Quid hoc ad aeternitatem? Anche solo dai tetti in giù, direi, la presenza di Dio ci dà la pace, e ci dà la certezza del Paradiso. Certi animi sono così contenti di Lui, di Dio, che godono già fin d'ora un paradiso anticipato. Gli angeli sono in Paradiso perché semper vident faciem Patris mei, e noi anche senza proprio vederlo, se siamo abituati a stare alla presenza di Dio, anche non godiamo un vero paradiso tuttavia godiamo. Il Signore è il Paradiso stesso.
Ecco i motivi principali per praticare la presenza di Dio. Vengono ora i modi di praticarla. Come si può praticare la presenza di Dio? Accenno a tre modi principali:
Il primo modo è l'immensità di Dio.
Il secondo modo è Gesù Sacramentato presente in tutte le chiese.
Il terzo modo, che è il più perfetto secondo alcuni, è Dio presente in noi, Dio vivente in noi.
Queste sono tutte e tre cose reali; che N. Signore sia dappertutto è di fede, e noi siamo come atomi sparsi nell'immensità di Dio. Dice S. Paolo: «in quo vivimus, movemur et sumus». Iddio nella sua immensità ci comprende tutti e noi ci muoviamo nella sua immensità, in Dio; e uno può servirsi di questo pen­siero per tenersi alla presenza di Dio. E in tutto quello che faccio c'è Dio. S. Bernardo dice: Deus extra, Deus intra, Deus ubique. Ecco Iddio è dentro, e fuori di noi, Iddio è dappertutto, e molti si servono di questo metodo e lo tro­vano facile: è un fatto che Dio è dappertutto, e che noi siamo come atomi in Lui, come stelle nel firmamento.
Il secondo metodo è quello di considerare Gesù nelle chiese: oh sono tan­te! Qui sopra poi è tutto per noi. Tutto per noi e non per altri. Quando i nostri missionari partivano da Torino e non potevano più fare la visita a Gesù Sacra­mentato, che facevano? Pensavano: da quella parte lì c'è Malta, e perciò c'è Gesù Sacramentato in qualche chiesa, e così facevano la visita. Questa non è una cosa immaginaria, perché Gesù è realmente presente nelle Chiese, e la di­stanza per lui non conta. Qualche volta è bello fare il giro di tutte le chiese di Torino... sono tante. Secondo modo di unirci a N. Signore è di tenerci alla presenza di Dio. Una signora mi contava, e mi diceva che essa lungo il giorno faceva il giro di tutte le nostre stazioni di Missione, e che perciò voleva che le dicessi, aveva bisogno di sapere quante erano le stazioni in cui c'era Gesù Sa­cramentato. E diceva: Passo a Limuru, faccio anche una visitina a S. Giusep­pe, poi a Tusu, e così via, faccio il giro nella giornata. E voleva la carta. Que­ste sono!...
Gesù sta nel SS. Sacramento con la sua reale presenza, e reale è la presen­za nostra davanti a Gesù perché la distanza per lui non fa nulla. Anche mentre mangiamo... con questo sì, se uno si avvezza a questo staremo raccolti. Abitu­dine famigliare con nostro Signore!
Il terzo metodo è l'altro, che secondo alcuni autori è il più perfetto. Cia­scuno poi come vuole. Ed è nel considerare Iddio entro di noi. Nescitis quia templum Dei estis? Noi siamo veramente tempio di Dio. Questo metodo fu praticato da S. Agostino, S. Teresa, S. Caterina da Siena, praticarono questo terzo modo. Questi santi si formarono nel cuore un ritiro nel quale considera­vano Gesù ed io, io e Gesù. Così disse il Signore di S. Geltrude: chi vuole cer­carmi mi cerchi nel cuore di Geltrude, qui sto bene; e la Chiesa dice nell'ore­mus di S. Geltrude: O Signore, che nel cuore di S. Geltrude quondam mansionem praeparasti... Questo metodo adunque fu praticato dai santi medesimi. Ma aggiungiamo per questo metodo una cosa importante. Sebbene dopo la comunione, una volta consumate le specie N. Signore non ci sia più col suo corpo, tuttavia c'è ancora in qualche modo, e S. Bonaventura dice che N. Si­gnore dopo la comunione, dopo consumate le specie sacramentali, c'è in qual­che modo superiore che in quelle anime che sono semplicemente in grazia di Dio; in quelle che hanno ricevuto N. Signore, rimane in modo particolare che non è solo quello col quale rimane in quelle che sono in grazia di Dio. Perché Nostro Signore dice che quelli che fanno la Comunione, in me manet et ego in illo. Dunque c'è in modo particolare, altrimenti basterebbe la grazia di Dio, e invece c'è una promessa speciale. Se no potremmo dire: che cosa ci dà di più? No! Egli rimane, e c'è una mansione maggiore. Ci sono quelli che sono in gra­zia diDio, poi quelli che ricevono allora la Comunione, e in quelli che l'hanno ricevuta è un qualche cosa di mezzo; così spiega S. Teresa nella spiegazione del Pater noster. C'è un qualche cosa di più: che S. Bonaventura dice: per animam. Come è bello! dire a N. Signore: Signore, intendiamoci: starete nel mio cuore fino a domani mattina. C'era una persona ammalata che poteva solo ri­cevere la Comunione una volta al mese, ed io le ho detto: s'intenda con lui, che rimanga in lei anche dopo la Comunione, e poi ci pensi sempre come se ci fosse e lui starà davvero, per animam. Questo è un metodo che piace tanto ai santi e col quale possiamo avere Gesù vicino. Riveriamolo di frequente e pen­siamo che siamo come vasi che portano Gesù.
La Madonna quando andava a Betlemme chi sa quanti atti di amor di Dio avrà fatti: Era un vaso ripieno di liquore dolcissimo, così pure noi pensando che il Signore c'è in maggior modo che comunemente. Deus in medio mei, dux meus, ipse dominabitur mei. Diciamoglielo: Dominare Domine in medio mei, di qui partono tutte le mie parole, pensieri, opere e vadano qui di nuovo. Il sangue, lo sapete, se non sbaglio, parte dal cuore per mezzo delle arterie e ri­torna al cuore per mezzo delle vene; voi ne sapete più di me, è ben così? Fac­ciamo così: N. Signore è nel cuore, diriga tutto di lì, e noi pure indirizziamo tutto lì. Egli ci dà la benedizione e noi ritorniamo a lui tutto.
Vedete se non sarebbe un Paradiso. Provate e vedrete; oculi mei semper ad Dominum. Providebam Domino in conspectu meo semper, semper. Procu­rava che fossi sempre alla presenza di nostro Signore, lui davanti a me, ed io alla presenza sua. Queste cose bisogna tenerle vive, perché noi siamo un po' materiali. Come è tanto bello dire frequenti giaculatorie, se ancora troviamo un mezzo più intimo, tutto il resto si fa insieme. Siamo alla presenza di Dio; mai dimenticarlo, si può fare tutti i nostri doveri bene; si fa l'uno e l'altro. Bi­sogna che ci diamo tutti ai nostri doveri e tutto a Dio. Ciascuno provi e prenda quello che per lui è più confacente. Quoniam a dextris est mihi ne commovear. Può accadermi niente se non quello che vuole il Signore. Ed il Signore trarrà del bene da tutto. Ricordatevi per vivificare tutte le opere quotidiane c'è biso­gno di usare questi mezzi. Queste cose ci colpiscono, sono gustose, e quando si ha da andare in chiesa si va volentieri. Si va così avanti bene, fino in Paradiso: là, semper cum Domino erimus, sempre alla presenza di Dio, e questa visione beatifica di Dio sarà la nostra felicità eterna, là!...
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