CONFESSIONE SETTIMANALE

7 maggio 1916
Quad. XI, 34
Confessione settimanale
(7 Maggio 1916)
Prima tra le pratiche di pietà d'ogni settimana le nostre Costituzio­ni pongono la Confessione. S.Agostino scrive: si amas sanitatem, pul-critudinem, sanctitatem, ama confessionem, cioè della sanità... dell'anima.
Non intendo parlarvi della confessione dei peccati mortali, i quali, come sapete, non vengono rimessi che pel Sacramento della Penitenza in re o nel voto ecc.
Parlando della confessione dei peccati veniali; non è assolutamen­te necessaria per la loro remissione la Confessione Sacramentale. Vi so­no varii altri mezzi per averne il perdono, come i Sacramentali, purché vi sia sempre il dolore.
La confessione però è sempre il mezzo primo e principale per mon­darsi dai peccati veniali. Sanguis J.C. emundat nos ab omni peccato; ed il Sacramento è istituito pei peccati tutti; — desso opera ex opere ope­rato, ed è frutto speciale del sangue di N.S. Gesù Cristo (Bruno p. 174). S. Tommaso aggiunge: Gratia sacramentalis semper aliquid addit ad gratiam communiter dictam.
Veniamo a ragioni particolari. Il Sacramento 1) fa avere maggior orrore al peccato e forza per non ricadervi. Dice il Dubóis: nulla giova meglio a distruggere i peccati che confessarsi spesso colle dovute dispo­sizioni. 2) Conferma nel bene e nella purità di coscienza. Dice lo Scara­melli: Non vi è ranno che meglio ci pulisca i pannilini sucidi, quanto la confessione monda le anime nostre da ogni lordura; e non solo monda, ma conferma nel bene. Soggiunge: l'esperienza dimostra che confessati siamo più pronti ed attenti nel bene, e questo frutto per lo più dura tre o quattro giorni. P. Bruno: ecco il gran mezzo per acquistare sempre maggior bellezza all'anima nostra; per riuscire alla nostra santificazio­ne.
3) Per acquistare tutte le virtù, come dice S. Francesco di Sales, e secondo il Dubois, a perfezionarle (Santo Prete).
4) Per avere lo spirito di N. S. Gesù Cristo. Lo disse Gesù stesso a S. Brigida, che per acquistare e conservare il Suo spirito conveniva confessarsi spesso dei peccati, negligenze ed imperfezioni.
5. Aggiunge P. Bruno: confessarsi senza bisogno per non averne mai bisogno. Che consolazione dopo dieci... 50 anni non aver mai avu­to bisogno di confessarsi, cioè non aver malfatto peccati mortali, e ciò per essersi confessati spesso dei veniali.
L'esempio dei Santi, di cui varii si confessavano ogni giorno (V.P. Bruno e Scaram.).
P.P. Albertone, quad. VII, 87-89
7 Maggio 1916
(parlando di D. Cavallo in licenza). Congratulatevi con lui; era il più desi­derato; perché gli altri più o meno sono già ritornati tutti, invece lui... è già? quanto tempo è già che sei via? (da principio della guerra). Hai veduto S. Mar­co: S. Marco è un protettore dell'Africa, perché fu Vescovo di Alessandria, e quando si è fatto il calendario, l'ufficio, si è pensato a tutti i patroni dell'Afri­ca; e c'era anche lui... hanno conosciuta l'Africa. Eh? Venezia è tutta sui ge­neris... qui è tutto piano, e invece là... ogni cento metri c'è un ponte. Quando sono andato a Roma sono passato di lì, siamo andati all'albergo per acqua, e poi siamo usciti per terra. Andavo a dire Messa nella Chiesa di S. Mosè,... c'è l'isola degli armeni ... dicevo che volevo andare una volta tanto... e poi non avrei più girato l'Italia.
Ricevuta una lettera di P. Prina.
P. Perlo Luigi scrive che ha ricevuto tutto, ma non ancora il vino, solo la macchina e il grano ecc. furono esenti dalla dogana, se l'è svignata.
(Le suore degli ospedali milit. d'Africa scrivono che il direttore li favori­va della automobile). Così, qui son mai andate in automobile e vanno in Africa; è una graziosità del Governatore dell'Africa e fa piacere, si vede che fanno del bene.
Due parole oggi, giorno di ritiro mensile, anche ad onore del nuovo venu­to, che è tanto tempo che non sente più. Finora abbiamo parlato delle tre pra­tiche quotidiane, e adesso vengono da parlare delle pratiche settimanali: e la prima pratica settimanale del regolamento è la confessione settimanale. Su questo argomento non voglio parlare come teologo perché quello lo studiate già. E neppure come è sul catechismo. Voglio parlarvi specie della confessio­ne dei peccati veniali; le qualità della confessione le sapete, io vi parlo delle confessioni usuali, e spero, (siano) sempre di peccati veniali.
I peccati veniali non sono materia necessaria della confessione, ma quan­do non ce n'è altra bisogna deporre o qualche peccato veniale, o qualche cosa di notabile della vita passata: questi peccati veniali si possono rimettere in altri modi, ma però ci vuole sempre il dolore: anche quando uno piglia l'acqua be­nedetta, ci vuole il dolore, altrimenti è inutile per questo. Se dò uno schiaffo ad uno e non sono pentito, come può essere perdonato?
Sebbene dunque si possano rimettere in tanti altri modi, e qualche volta anche i mortali, sebbene resti l'obbligo di confessarli, tuttavia è meglio con­fessarli, perché la grazia sacramentale è sempre aliquid additum ad gratiam communiter dictam. Perciò quantunque si possano rimettere in altri modi questi peccati, tuttavia è sempre meglio sottometterli al potere delle chiavi per mezzo della confessione. Perché sapete che i Sacramenti operano ex opere operato, e perciò è sempre una grazia distinta. Specie per i mortali, ed è richie­sto, ma poi anche per gli altri. Solo se si depongono o no, ci vuole sempre il dolore, ma se si depongono il sangue di Gesù serve per tutti: e questo non per scrupolo, ma è sempre meglio confessarli. Dunque per sé i peccati veniali, non è d'obbligo confessarli, ma è sempre molto meglio, molto buona cosa confes­sarli.
E riguardo soltanto a questi peccati veniali, per che motivo è meglio con­fessarli? Prima di tutto, perché restano perdonati in modo più certo, e con più grazia, e dunque è meglio. «Non vi è un ranno che pulisca meglio i pannilini sudici quanto la confessione». Monda l'anima nostra; emundat nos a peccatis nostris, dai peccati di tutti i giorni, perché in multis offendimus omnes, e dice­va dei peccati veniali e delle fragilità; qui dicit peccatum non habere mendax est et in eo veritas non est. Cadiamo in tante imperfezioni, e tante volte anche non solo nelle imperfezioni, che septies cadit... ma anche in tante cose con de­liberata volontà con vero peccato. E perciò in queste cose in cui c'è peccato, deliberato, tenerle a memoria negli esami giornalieri, per il sabato, quantunque sian veniali. Sapete che basta anche un solo peccato veniale fatto in vita per confessarsene anche tutti i momenti e per tutta la vita. S. Ignazio si confes­sava una volta al giorno e S.... [Leonardo] da Porto Maurizio due volte al giorno. E se non ne avevano? confessavano il passato. Basta aver fatto un peccatuccio una volta tanto in vita per poter ottenere l'assoluzione sempre che si vuole.
La confessione dei peccati anche veniali, la confessione frequente, con­ferma nel bene, e nella purità di coscienza. L'esperienza prova che quando ci confessiamo di frequente, stiamo lì, vivi, attenti a se medesimi. E dopo invece non c'è più tanta delicatezza. Ed è perciò che in tante comunità si confessano due volte alla settimana, come alla Visitazione, non è obbligatorio, ma ... e i Filippini? tre volte alla settimana: ter in hebdomada. Così nelle nostre antiche Costituzioni, in Africa c'era di confessarsi due volte, potendolo, alla settima­na. È perciò che uno sta più attento i tre o quattro giorni dopo la confessione, e poi uno va via scemando e non ci pensiamo più e uno viene al sabato che sia­mo freddi, e abbiamo di nuovo bisogno di scuoterci. Dunque la confessione non solo ci dà più grazia, ma ci conferma nel bene; sentiamo maggior orrore al peccato, e maggior volontà di stare attenti. E questo è un orrore che dobbia­mo sentirlo. È un segno di buona confessione e di utile confessione.
Vedete, l'esame di coscienza, dice un autore, ci procura la candidezza del­lo spirito e del cuore, ma la confessione ci dà maggior speditezza nel bene, e ci conduce più immediatamente e più con frutto per la via della perfezione.
3°. Come ci conferma nell'orrore del peccato e ci dà forza contro le insi­die del demonio, così ci dà più orrore contro i mancamenti anche piccoli, ci rende più attenti anche a non cadere nelle cose piccole. Dubois dice che nulla giova più a distruggere il peccato che la confessione fatta bene e colle debite disposizioni.
In quarto luogo poi la confessione giova per farci esercitare tutte le virtù. Nella confessione si esercita la fede, la speranza, con lo sperare il perdono, la carità, la mortificazione, l'umiltà, e tutte le virtù insomma.
In quinto luogo è necessaria, è utile, e quasi necessaria per ottenere il vero spirito di N. Signore. N. Signore è apparso a S. Brigida e le ha detto che per conservare bene lo spirito si confessasse bene dei peccati e delle sue imperfe­zioni. L'anima che si confessa di frequente è più idonea alla grazia del Signore e al suo spirito. E noi dobbiamo averlo questo spirito, e chi non l'ha non est ejus. Dunque ci aiuta a conservare lo spirito.
In sesto luogo poi fa sì che non abbiamo bisogno di confessarci dei mor­tali. Il P. Bruno diceva di confessarsi senza bisogno per non averne mai il bi­sogno. È una cosa orribile nei sacerdoti aver bisogno di confessarsi, poiché è solo dei peccati mortali che c'è la vera necessità di confessarli. E perciò diceva lui, ci confessiamo per non averne mai bisogno. Che consolazione, dice, dopo dieci, venti, cinquant'anni non aver mai avuto bisogno di confessarsi! E come fare per aver questo? Confessarsi sovente. Questo santo sacerdote filippino diceva che è un fatto che non avremo mai bisogno della confessione se ci con­fesseremo di frequente. E un po' drolu, ma è giusta la cosa. E un autore dice:
si amas sanitatem, pulchritudinem, sanctitatem, ama confessionem, non so di chi è, un autore.
Questi adunque sono i sei motivi che abbiamo di amare la confessione:
Primo per mondarci dei peccati.
Secondo per confermarci nel bene.
Terzo, per aver orrore del peccato, anche piccolo.
Quarto, per acquistare tutte le virtù.
Quinto, per conservare lo spirito di N. Signore.
Sesto, dobbiamo confessarci per non aver mai bisogno di confessarci.
Sono cosette da tenersi a mente. Prima della confessione alle volte non avrei voglia di confessarmi e dopo mi confesserei di nuovo. E non bisogna di­re: Oh! c'è di nuovo Sabato! di nuovo confessarci! Tutto quello che è bene ci costa e si sente: ma più si ritarda e più si ritarderebbe. Alle volte qualcuno, sembrano ancor buona gente... «e come mai quarant'anni!?» — Cosa mai!... un giorno dopo l'altro! più aspettavo e più c'era difficoltà a venire! — Una persona buona era tutti i giorni alla Consolata, a messa, e andava solo a Pa­squa a confessarsi... — Ma venga qualche volta di più!... — Ah, io... son fat­to così: ah, io faccio solo Pasqua! — E ... faceva il suo dovere, ma nulla di più; quel galantuomo! — E così: più si sta e più si starebbe. Più si va e più si andrebbe. S. Gregorio dice che qui capita il contrario delle cose materiali.
Questo è tanto per animarci ad ottenere maggior frutto possibile dalle no­stre confessioni. Alle volte non è tanto pericoloso quando ci sono dei mortali perché si sente e si muove. Ma quando si hanno dei veniali, è tanto facile non dico a fare delle confessioni sacrileghe, ma nulle. Mi confesso, per esempio di non aver amato Dio come se lo merita. E ... non c'è materia! sono cose aeree che non son peccati! è tanto facile! E chi è che ama Dio come se lo merita? Ah, è tanto facile alle volte con tutta la buona volontà confessarci senza mate­ria o senza dolore. E allora certo la confessione non è sacrilega, ma può essere nulla.
Ringraziamo il Signore che ci abbia dato questo rimedio. Certo la Ma­donna non si è mai confessata. Perché la Madonna non aveva nessun peccato, e perciò non aveva la materia del Sacramento. Neppure il peccato originale aveva. Ha fatta la Comunione tante volte, ma non si è mai confessata. E neppure noi non andiamo a confessare il peccato originale... uno che dicesse: ho commesso il peccato originale! ... e invece la Madonna nessuno! Faceva la co­munione tutti i giorni, ma a confessarsi mai, non aveva materia. Essa che era Immacolata ci ottenga di farla bene, e col maggior frutto possibile, e ci fortifi­chi.
D. Cafasso diceva: non sarà mai un buon confessore colui che non è un buon penitente. Massime nelle anime pie alle volte si trova più parole che so­stanza, e non si fissano su quello che è necessario e fanno un guazzabuglio, e invece si deve per quanto si può dire due e due fan quattro. C'era uno che di­ceva sempre così: il demonio mi ha tentato! e... — la gallina ha fatto cadere quel là e mi ha fatto fare un atto di impazienza; e così via. E attribuiva tutto agli altri e nulla a se stesso! là!
giuseppeallamano.consolata.org