ROGAZIONI

28 maggio 1916
Quad. XI, 36- 38
(28 Maggio 1916)
Sulle Rogazioni (a tutti)
1. Le S. Rogazioni o supplicazioni si chiamano in greco Litanie. Esse si fanno 1) ut Deus peccatis populi sui propitietur, et ab eo flagella irae suae avertere dignetur; — 2) ut pacem et aeris serenitatem concedat; — 3) ut fructus terrae dare et conservare dignetur; 4) Omnibusque necessitatibus suorum fidelium benigne prospiciat. (De Herdt e Quarti). Rogamus sanctos, ut interecedant.
2) Si distinguono in Maggiori e Minori secondo la maggiore o mi­nore solennità con cui si celebrano; ed anche perché la prima ebbe ori­gine Romae, loco majori, a majore, scilicet Papa Gregorio M., et pro magno et gravissimo morbo, la pestilenza. Le seconde quia in minori loco, Viennae in Delfinato, a minori idest Episcopo e pei terremoti ed infestazione di lupi ecc. (Durando, Gavanto e Merati).
Le minori sono più antiche, sotto l'Imperatore Zenone; la maggiore più tardi sotto l'Imperatore Maurizio.
La Maggiore incominciata sotto Papa Pelagio, che vi morì in quel­la pestilenza venne estesa e comandata a tutta la Chiesa da S. Gregario M., perciò detta anche Gregoriana o Romana. Le seconde fondate da S. Mamerto Vescovo di Vienna vennero poi estese a tutta la Chiesa. — La prima si celebra nel giorno di S. Marco, e non si trasporta mai, ec­cetto capiti il 25 nella Festa di Pasqua, che si trasporta alla seguente Fe­ria terza. — Le altre si fanno nei tre giorni che precedono l'Ascensione.
3. In questi tre giorni la Chiesa c'invita a far penitenza e pregare. Ed è quanto mai conveniente farlo colle Processioni di Penitenza. Così operavano i cristiani d'una volta, come durante la battaglia di Lepanto. Al presente almeno nelle Città vennero proibite tutte le Processioni, mentre ne avremo tanto bisogno per ottenere la pace. Suppliamo noi facendolo nel nostro recinto; il buon Dio ci guarderà dal Cielo, e gradi­rà le nostre suppliche d'espiazione.
Intanto la Chiesa in questi giorni insiste che preghiamo molto. In­fatti fin da jeri sera (sabato) all'Antifona del Magnificat ci fa dire le pa­role di Gesù: Usquemodo non petistis quidquam in nomine meo: petite et accipietis. Ciò ripete oggi al Benedictus delle Lodi. Al Magnificat pu­re d'oggi: Petite et accipietis, ut gaudium vestrum sit plenum: ipse enim Pater amat vos, quia vos me amastis et credidistis. Ancor oggi tutta la S. Messa parla della preghiera; il bel Vangelo dell'amico importuno, ed il Communio, che ci ripete con insistenza e giurando: Amen, amen... si quid petieritis... Nei tre giorni poi delle Rogazioni la Messa de tempore che si canta e ripete nelle Cattedrali è tutta per animare a pregare: In­troito — Epistola — Vangelo e Communio. Così l'Antifona alle Lodi.
4. Quale sarà dal fin qui detto la nostra conclusione? Di pregare molto in questi giorni, più del solito, ravvivare in noi l'amore e lo spiri­to di preghiera. Pregare e pregare bene. Ora stampatevi in mente tre magnifiche sentenze di S. Agostino sul perché le nostre preghiere con tanti inviti di Gesù non ottengono le grazie desiderate. Dice questo San­to che ciò proviene da noi perché mala petimus, o male petimus, o mali petimus. (Spiegazione). Noi invece facciamo al contrario: bona peti­mus, bene petimus, boni petimus (Spieg.). A questo modo le nostre preghiere saranno efficaci.
P.P. Albertone, quad. VII, 93-94; 112-113
28 Maggio 1916
Bene! C'è una lettera dei principini che scrivono in risposta alla mia, e si vede che l'hanno proprio scritta loro, sia anche dalla calligrafia. Facciam leg­gere? ... È per fare un po' d'esame, e perciò questo è segno che non l'hanno corretta...; avete trovato che va tutto bene? Non c'è nessun errore? qui? ... andiamo avanti... Sareste capaci di scrivere una lettera così?, eh? Là, sono sei, che sono veri Seminaristi, e sedici che sono solo ancora aspiranti. Quei là scri­vono un po' più male (gli aspiranti), come qualcuno di voi. L'hanno scritta lo­ro, e non l'hanno corretta, forse P. Cagnolo l'ha letta, e poi via, senz'altro. Vedete, anche là si studia. Ho mandato loro l'immagine di S. Paolo, e sotto scritta una sentenza di S. Paolo, perché sono neri, non fa niente, possono ave­re l'anima pulita come la nostra e più che la nostra.
Basta, diciamo qualche cosa di utile. Domani dopo la S. Messa, farete le rogazioni. Sapete come si fanno le rogazioni? Sapete che in Torino hanno proibite tutte le processioni, ma fuori, quando si vuole si fa; quei di Rivoli l'hanno fatta per quanto i socialisti strepitassero. Comunque, in Torino non si possono fare processioni, e perciò si fanno tutte entro chiesa. E noi la faremo entro la Casa; desidero che entro la casa la facciate. C'è bisogno straordinario di pregare; tocca a noi, mentre gli altri lavorano a combattere. Vi sono quelli che combattono e quelli che pregano. E non solo vi sono quelli che pregano per sé, ma anche per gli altri. E perciò desidero che lo facciate proprio con ve­ro spirito. Si chiamano litanie, dal greco. E vi sono le litanie maggiori e le lita­nie minori. Per la festa di S. Marco si fanno le rogazioni, nei tre giorni che precedono la sua festa, e queste rogazioni si chiamano maggiori. Le maggiori sono quelle di S. Marco, e si chiamano maggiori perché si fanno con maggiore solennità; e furono stabilite da S. Gregorio Magno, prima per Roma, e poi per tutta la chiesa. Le minori invece non vengono da Roma, ma furono stabilite da un certo Santo Mamerto, e dopo piacquero e si estesero a tutta la Chiesa. Non solo a Vienna, ma a tutta la Chiesa. Onde l'ordine della Chiesa è di cele­brare sia le maggiori come anche le minori. In Torino si parla solo della Me­tropolitana, ma sono obbligati a intervenire tutti i canonici e i parroci, e così un giorno si va verso una parte, un altro verso un'altra parte di Torino. Nei paesi credo che si continuino a fare perché pensano alla benedizione delle campagne.
E queste rogazioni si fanno per quattro fini: Ut Deus peccatis populi sui propitietur, et flagella irae suae avertat. Che abbia la bontà di deviare i flagelli della sua giusta collera. Ecco il primo fine. 2° Pacem et aeris serenitatem con­cedati Pace, e di pace ne abbiamo bisogno molto!... 3° Ut fructus terrae dare et conservare dignetur. È il tempo in cui le campagne sono più in pericolo. Ci sono prima le piogge, e poi comincia la grandine; e perciò preghiamo il Signo­re che si degni di benedire la campagna, e darci i frutti della terra. 4° Omnibusque necessatatibus suorum fidelium prospiciat. Ecco, questi sono i quattro motivi per cui si fanno le rogazioni. Insomma, perché Dio ci perdoni i peccati, propter peccata veniunt adversa. Il secondo motivo è per aver la pace, e perciò dobbiamo farlo bene in questo tempo perché il Signore ci dia veramente la pa­ce. Perché poi ci dia e ci conservi i frutti della terra... il pane..., anche un po' più duro, grazie averlo. E non so se l'avremo fino al fine. I soldati mandano a dire che hanno tagliata la razione, e anche il soprappiù di stipendio di guerra che avevano prima. Tutto costa!... e così tutti gli altri. A questo scopo perciò si cantano, o si recitano le litanie dei santi, e invocando alcuni santi, intendia­mo di invocarli tutti. Se ne invochiamo alcuni, e poi si dice: omnes sancti et sanctae Dei... ecc.
E poi bisogna fare tutte queste invocazioni con unzione, e pensare a quel­lo che si dice. Perché una volta facendo queste rogazioni si andava vestiti di sacco e di cenere, e qualche volta si digiunava fino a mezzogiorno. Una vera processione di preghiere e di penitenze. E perciò anche i sacerdoti che non vanno in processione, in questi giorni sono obbligati a recitare le litanie dei santi. E quando la festa di S. Marco fosse trasportata, tuttavia restano le lita­nie, eccetto se fosse a Pasqua. Anche se non si facesse la festa di S. Marco. Ai tempi di S. Gregorio Magno era terribile; vi era quella peste per cui nello ster­nuto morivano, e fu per quello che egli stabilì che si dicesse quel bel saluto cri­stiano: Ave! e adesso l'uso profano vorrebbe non più fare quest'atto. Fu allo­ra stabilito quello implorando che lo starnutire non facesse più male. Fu una pestilenza gravissima, e lui stesso è morto di questa pestilenza. Cosi S. Mamerto, era per il terremoto, per devastazioni avvenute, distruzioni di quel tem­po. Questo è per sapere l'origine. Ora l'importanza. Le minori sono le più an­tiche, perché furono stabilite già al tempo di Papa Zenone. Le maggiori ven­nero più tardi. Più importante è sapere il modo e lo spirito di esse. Lo spirito con cui dovete farle. Dopo la S. Messa discenderete in processione e santifi­cherete tutta la casa. Caccerete i demoni da questa casa, che è un luogo santo, e le farete con vero spirito.
Poi un'altra cosa. In questo tempo voi non avete osservato? La Chiesa insiste tanto sulla preghiera. Cominciando da ieri sera la chiesa comincia a dir­ci che preghiamo. E ne insegna il modo: petite et accipietis! Quaerite et invenietis, pulsate et aperietur vobis! Sono parole di N. Signore agli apostoli. Do­mandate et accipietis, finora non avete domandato nulla in nome mio, do­mandate e riceverete, è l'antifona del Magnificat. L'antifona rappresenta lo spirito. Stamattina le stesse cose alle lodi, e di nuovo stassera al Magnificat: Domandate e riceverete. Perché riceverete tutto quello che desiderate. Lo stes­so Padre vi ama, perché voi avete amato me. Due volte vi dico quello: doman­date e riceverete. E nel Vangelo? Tutta preghiera. E non basta, vedete: doma­ni la messa de Feria è tutta ispirata a questo pensiero, in tutti i tre giorni pri­ma, tutte le antifone del Benedictus: petite et accipietis, quaerite et invenietis... batte e ribatte sempre sullo stesso pensiero della preghiera. E non basta: nella S. Messa per tre giorni l'introito epistola, vangelo e communio, pregare, pregare, pregare!... E racconta il fatto di quella che va da un amico a farsi imprestare il pane, e quell'amico dice: Ma, sono a letto, non posso scen­dere! Disturbo tutti! Eppure l'altro, continua e batte, batte, batte,... e l'altro:
«Ma, lasciami»! — «No, scendi!» — E allora colui, più perché era importuna­to, che per volere suo, scese, e gli diede quello che era necessario. E così N. Si­gnore, saltem, per l'importunità; ma bisogna che noi non ci stanchiamo, e che siamo noiosi.
Ebbene, che cosa vuol dire questo? Miei cari?! La chiesa vuole che pre­ghiamo, preghiamo, preghiamo! Questo indica il bisogno che abbiamo di pre­gare; e non solo pregare individualmente, ma in corpo. Sono le preghiere pub­bliche che sono esaudite più facilmente: ubi sunt duo vel tres congregati in no­mine meo ibi sum in medio eorum. Tanto più quando c'è una moltitudine, quando c'è tutta la chiesa. Tutti devono dire. I nostri missionari si uniranno, e tutta la chiesa in corpo prega per ottenere grazie che lungo l'anno non si otten­gono. Tutti i sacerdoti recitano le litanie dei santi, tutto il mondo prega, e così facciamo forza al Signore. Ma ci vuole spirito di preghiera. Perciò spero che farete questo ed il Signore ci benedirà, e daremo al Signore tutto quello che possiamo affinchè ci faccia tutte le grazie per cui queste rogazioni sono stabili­te.
Ma sapete perché quando domandiamo, e non otteniamo? Lo dice S. Agostino: Petimus mala, petimus male, petimus mali. Che diversità c'è lì? Che cosa è? (ad un giovane): «Dimmi un po' il caso»? — Sì! Petimus mala: dimmi un po' il caso? — e male? — un avverbio! — mali? che cos'è? Vedete che S. Agostino dice le cose con precisione. O che domandiamo cose cattive, o che domandiamo malamente, o che noi siamo cattivi che domandiamo. Dun­que, ve lo ripeto. Petimus... Quando pregate fate un po' di analisi: peto mala? male? malamente? con distrazione? Populus hic labiis me honorat, cor autem eorum longe est a me. Questo popolo mi prega solo colle labbra, molto forte, ma il cuore non c'è; sì! Che gliene importa al Signore di quella preghiera, lui voleva il cuore! Ci vuole l'uno e l'altro. Non posso vedere quelle comunità, in cui sono uno o due che pregano forte, e gli altri, dicono, pregano mentalmen­te; e perché mentalmente? Se cantate il «Tantum ergo», cantatelo tutti; le lita­nie, tutti! E così tutto il resto. Anche in coro, vedete, tutti devono cantare, e se non cantano!? e così il breviario si deve recitare, e se non si recita, non solo non si fa bene, ma si fa male.
Petimus mala? È chiaro: se domando di divenire milionario, perdo la vo­cazione... e s'intende! Chi domanda di studiare bene, solo per superare un al­tro, il Signore deve ascoltare? Un ragazzo che domanda a sua madre il coltel­lo, e la madre non glielo dà; e lui s'ammattisce, e lo lascia ammattire, e così quando domandiamo cose che non sono conformi al nostro spirito. Bisogna che le cose che domandiamo siano sempre in ordine alla salute eterna. Se non può darci quella, vedete, il Signore ce ne darà un'altra, ma quelle che sono contrarie alla salute eterna non ce le da. Certo nessuna parola non va perduta. Il Signore non ci da uno scorpione. Ci dà un pesce; non ci dà una pietra, ma un uovo.
Petimus male: Non dico apertamente male: con distrazioni volontarie, no, certo; ma chi ha sempre la testa in aria, e non si prepara già alla preghiera salendo per le scale, ante orationem praepara animam tuam, chi tiene la testa piena di quello che è succeduto in ricreazione, prende l'acqua santa, e non sa fare come diceva S. Bernardo: pensieri estranei, fuori, fuori della porta... Bi­sogna prepararsi per istrada; e allora entrate e potete pregare bene, e le distra­zioni non sono imputabili.
E poi, mali petimus: noi che siamo cattivi domandiamo. Bisogna che sia­mo in grazia di Dio; o almeno un peccatore che si penta e desideri di convertirsi, ma bisogna che siamo amici di nostro Signore, e non dirgli: ascoltatemi in questo; e poi tanti peccati veniali, tanti schiaffi a N. Signore; ripetete un po'... petimus... lo ricorderete adesso? lui, ha un trattato su quella preghiera lì!
Noi invece bona petimus, e se non sono buone, se le tenga lui. Certo è buona la nostra santificazione, e perciò bisogna domandare la grazia di farsi santi. Bene petimus, et boni petimus ecc.; facciamo tutto al contrario, insom­ma. Là, bravi, il Signore ci aiuta affinchè possiamo corrispondere alle grazie di Dio; e avere lo spirito della chiesa tutto l'anno.
Non fare come facevano che ci vedevano andare in giro per le rogazioni, in Torino, pochi parroci vecchi, pochi canonici vecchi, e la gente si domanda­va: che cosa fanno quei là? E dicevo: facciamo le cose in regola: non tre o quattro preti del Seminario, ma che tutti vengano, e tutte le chiese mandino; se no pareva che vestiti così, andassimo un poco a passeggio! e così il Signore ha permesso che fossero tolte. L'ho detto ai canonici: le facevamo troppo ma­le, una cosa indecorosa.
Ma voi fatele con spirito: e siccome non si fanno in Torino, non so dove si facciano in Torino; domani il Signore durante le rogazioni guarderà solo qui! Petite et accipietis! Là!
Quad. di anonimo, 1
II. 28-5-16. Sotto i portici — ore 6,30-7,30 pomeridiane — presente Chierici e Studenti — Sommario.
Lettura della lettera latina dei seminaristi — Alcune parole generali sulle rogazioni — Litanie maggiori (S. Marco) — Litanie minori (p. dell'Ascensio­ne). Origine di ambedue — Fine delle rogazioni — Poco valore della preghiera privata — grande potenza della comune — Perché non siamo sempre esauditi. Mala petimus, male petimus, mali petimus. Noi invece dobbiamo «Bona petere, bene petere, boni petere».
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