CORPUS DOMINI

22 giugno 1916
Quad. XI, 40
Corpus Domini
 
Già vi ho chiamati con S. Filippo figli dello Sp. S., ora vi chiamo Sacramentini. Questo nome dovrebbe essere di tutti i cristiani, partico-larmente dei Religiosi e dei Sacerdoti. Non è infatti Gesù Sacramentato il centro attorno al quale continuamente ci aggiriamo...; da cui partono tutte le grazie per la casa e l'istituto; ed a Cui devono tutti rivolgersi i nostri pensieri ed affetti. Il Ven. Olier... In questi tempi, in cui è più ne­cessaria fazione cattolica e conviene con tante opere portarci al popolo che tenta sem. più allontanarsi da Dio; il Signore suscita più viva la di­vozione al SS. Sacramento. Quindi Istituzioni unicamente dedite a trat­tenersi davanti a Gesù Sacr. come i Sacramentini e le Sacramentine, e tra le divozioni l'Ora di Adorazione...
Non basta lavorare, bisogna più pregare, riparare... Es. Mosé sul Monte.
P.P. Albertone, quad. VII, 95-99
Conferenza nella Festa del Corpus Domini 1916
Siete stati contenti delle feste? (della Consolata). Se gli altri sono così en­tusiasti della nostra Consolata, che cosa deve essere di noi? Gli altri sono gelo­si del nostro nome. Hanno visto le suore che erano alla balaustra, ed hanno domandato: chi sono quelle suore? Sono le Missionarie della Consolata! Oh, è la loro festa! Basterebbe per voler bene alla Madonna sotto questo titolo, ba­sterebbe questa dimostrazione. (Al giovane Garrone) Tuo fratello era fuori di sé; diceva: fa perdere la testa! Quanta confusione! Sono stati fatti i compli­menti dei superiori, erano tutti contenti, sia di quelli che hanno servito, che di quelli che hanno aiutato. C'era il Teol. Baravalle che diceva: Fa piacere avere quelli dell'Istituto; si mandano, e vanno e vengono e fanno i loro affari, e in­vece gli altri si fermano a discorrere in tutti gli angoli. Due o tre sono stati ad aiutare fino alla fine. Il Teol. Baravalle diceva: Due o tre di questi, e si fa tutto quello che si vuole. Si trattava di un vescovo e due Cardinali: vi fu proprio la festa completa. Il Cardinale così deboluccio,... gli dicevo: il medico le ha dato poi il permesso? Ma, glielo ho dato volentieri il permesso, diceva il medico, perché ha bisogno di aiuto non solo materiale, fisico, ma anche di aiuto mora­le.
Congratuliamoci e gloriamoci di essere i figli prediletti della Consolata, e non aspettiamo, non lasciamo che gli altri portino via tutte le grazie. Tutto l'apparato esterno resterà ancora tutta l'ottava. Domenica, lunedì e martedì si farà un triduo secondo l'intenzione del S. Padre, e si pregherà per ottenere la pace. Vi sarà alle dieci Messa, e così si pregherà, e si farà un piacere al S. Pa­dre, che ci ha mandata quella pisside preziosa, appunto raccomandandosi alle preghiere dei divoti della Consolata. L'avete vista la pisside: è pesante sapete! e preziosa. (D. Dolza dice d'averla purificata lui). Oh! l'hai purificata tu? Ora è in mia camera, al sicuro. Può esserci anche dei buoni che la rubano per divo­zione, come facevano una volta alle reliquie dei santi. L'ho io in custodia, in riguardo, sotto chiave; un dono simile, è un momento ... che la gente...
Ringraziamo il Signore dell'impressione entusiastica; ringraziamolo di es­sere anche noi del numero di quelli che lodano la Madonna: beatam me dicent omnes generationes! tutte le generazioni fino alla fine dei secoli, la diranno beata! Conserviamo in noi la divozione ed il fervore nel lodare la Madonna, dobbiamo essere santamente superbi di appartenere alla Madonna, sotto questo titolo invidiato da tanti. E perciò dobbiamo corrispondere e portarlo de­gnamente in noi. E questa è la prima cosa. La seconda cosa poi... domani che festa è? E la festa del Ven. Cafasso: non si può fare la festa pubblica, perché non è ancora beato, ma siamo sicuri che è in paradiso, il «De profundis» non si può più dire, e dal momento che la chiesa non permette più che si facciano per lui dei suffragi, si è sicuri che è in Paradiso. Egli si era lasciato morendo che gli dicessero a Castelnuovo tutti i giorni il rosario e il De profundis per lui, ma appena uscì il decreto che era stato dichiarato Venerabile, l'ho subito man­dato dire per telegramma: sospendete il De profundis. Non possiamo fare una festa pubblica finché la Chiesa non l'abbia stabilito, ma privatamente possia­mo trattarlo com'è. Vedete, mi sono lasciato tirare dal cuore e vi ho portato la reliquia propria dei suoi capelli. Vedete, quando lavoravo nel processo del Ven. Cottolengo, alla fine, dopo anni e anni, sapete che regalo mi hanno fat­to? Adesso, ha detto il procuratore [ = Postulatore] bisogna fare un regalo a quelli che hanno lavorato nel processo: ed ha preso un piccolo pezzettino dei capelli del Ven. Cottolengo, l'ha messo in una carta, sigillato, e ce l'ha dato:
vedete? un pezzettino dei capelli! Ed io ve la regalo anche senza che abbiate la­vorato, perché non abbiate paura di domandare grazie, e anche un miracolo­ne. Se vedeste un morto per la strada, per Torino, e lo raccomandaste al Ven. Cafasso, e saltasse su! Due o tre di questi miracoli basterebbero. (Frattanto lui fu chiamato alla porta ed il Sig. Prefetto distribuì la reliquia, ed un foglietto con le intenzioni di ogni dì della settimana) — e questo foglietto? È quello che aveva mandato alla Contessa Casassa; sono norme di gran prudenza e santità. Dal paradiso guarda a suo nipote, e a voi che è vostro zio, vostro prozio; dico:
date a questa gente che domanda spirito ecclesiastico e religioso. Non pagnot­te, che per questo ci pensa la Madonna. Ma spirito: lui ch'era tanto pieno di spirito ecclesiastico, e anche religioso.
Ho ricevuto una lettera da un missionario dell'India che lo ringrazia di averlo... E un'altra dall'America, lo stesso. È lui che ha introdotto la S. In­fanzia in Torino, e solo sotto di lui si è fatto leggere in refettorio gli Annali, prima non si leggevano. Dunque fate bene la festa del nostro santo, e se non lo vedete, avete l'immagine!....
Ma veniamo ad altro: alla festa di quest'oggi: voi dovete essere sacramen-tini, non solo consolatini. Vi ho già detto l'altra volta che dovevamo essere fi­gli dello Spirito Santo: che dovevate raccomandarvi a lui con quelle belle gia­culatorie, Veni pater pauperum! noi siamo poveri di virtù, di scienza, di tutto, e perciò dobbiamo invocare lo Spirito Santo che ci dia tanto amore alla virtù, alla carità; e adesso bisogna continuare ad invocarlo, bisogna avere una divozione stabile allo Spirito Santo, non deve passare con la festa e con l'ottava.
Adesso veniamo al SS. Sacramento. Voi sarete anche Sacramentini. Sa­pete l'errore dei nostri giorni, si dice che è passato il tempo di stare chiusi a pregare, che ora bisogna operare, lavorare, questo è un errore dei modernisti, che lascerebbero il breviario, e dicono che è ora di uscire dalla sacrestia, quasi che fosse tempo perduto quello che si spende a pregare. Facciamo! perché tan­ti frati chiusi in un eremo? Perché saltar fuori i Sacramentini? È tempo perdu­to stare giorno e notte avanti a Gesù Sacramentato! No! No! ... Questi sono moderni, sono venuti appunto in questi tempi, in cui ci sono questi errori; così le Sacramentine, del secolo passato, le Figlie del S. Cuore, e le altre laggiù che hanno l'adorazione perpetua, tutte queste istituzioni moderne, la sbaglilano? No! Se Mosè ha voluto vincere, è stato là a comandare? No! ma ha messo uno a comandare e lui è salito a pregare, e quando era stanco e cessava di pregare allora perdevano e ha dovuto mettere uno che gli tenesse le braccia per poter continuare a pregare. E se adesso un missionario credesse di andare lontano, di qua e di là, e solo trafficare, no, si sbaglierebbe! No! Bisogna essere Sacra­mentini! Si fa più in un quarto d'ora dopo di aver pregato che in due ore senza preghiera. Tutte le nostre parole valgon niente se non c'è la grazia di Dio: co­me quella che malediceva il nostro padre Sales, che faceva? Niente! Valeva niente. Omnis sapientia a Domino Deo est! Tutta la vera sapienza viene dal Si­gnore! Quando si prega il Signore e la Madonna, Sedes Sapientiae! Non biso­gna certo lasciare di lavorare per poltroneria, ma certamente mai lasciare le preghiere semplicemente perché si ha da lavorare. In questi giorni, fa pena, molti soldati si credevano dispensati dal dire il breviario, semplicemente per­ché erano soldati. Ma è venuta la risposta, che per essere dispensati ci andava un motivo grave, e che semplicemente l'essere soldati non bastava. E questa è vera teologia. Ma non basta. Alcuni preti in Torino si sono radunati per fare una supplica perché si ottenesse la dispensa assoluta dal breviario: ma i preti di buon spirito non l'han voluta firmare. Quando non si può, s'intende, ma se uno ha mal di capo secco, è dispensato, ma in via regolare, dicevano alcuni:
abbiamo tempo a parlare di tutto, a parlare male dei superiori, e non abbiamo tempo a pregare! Bisogna darsi buon esempio a vicenda, siamo tutti preti, gli altri si edificano, non che si scandalizzano! Vedete? Si prega solo accidental­mente! Neque qui plantat, neque qui rigat est aliquid, sed qui incrementum dat Deus; non siamo noi che facciamo, ma è nostro Signore! Se N. Signore non benedice è tutto inutile! S. Alfonso scriveva di continuo, era Vescovo, su­periore di comunità, eppure se non si trovava il tempo se lo provvedeva, ma non lasciava di pregare. Fa pena sentire dire: non posso pregare, perché ho tanto da predicare! Predichi! e grida al vento! Se non c'è la pioggia della grazia di Dio è tutto inutile, e che fa? Domandate al Venerabile se ha lasciato qualche volta il breviario, il rosario, la meditazione perché aveva molto da fa­re! Se non aveva tempo di giorno, faceva di notte; e se ne accorgevan dal letto, che era solo stato disfatto per non farsene accorgere, i sacrestani lo vedevan sul coretto: quando andavan alla sera tardi a preparare, lo vedevano sempre là, sempre il lume acceso dal coretto. Allora sì che si componevano quelle bel­le preghiere a Gesù Sacramentato. Insomma, è tanto facile scambiare le cose: prima di tutto fare santi noi, e poi prima pregare e poi fare del bene agli altri, e non lavorare, lavorare, lavorare solo. Bisogna che comprendiate l'importanza di questo.
Mons. Gastaldi diceva: «Miei cari chierici: mi dicono che vi faccio prega­re troppo! Non è vero! Non pregate ancora abbastanza! Quelli che non vo­gliono pregare è perché temono la presenza di Dio, temono l'occhio del Signo­re che guarda nel cuore!». E questo sia detto in generale di tutte le preghiere, e in particolare della divozione e delle preghiere fatte a Gesù Sacramentato. In tutto il resto, va bene, bisogna fare tutto; ma lì, c'è proprio lui!
Quest'oggi la Chiesa vuole appunto farci mettere amore a Gesù Sacra­mentato. Bisogna che non andiamo mai alla Comunione con la nausea! s'in­tende poi, mai col peccato...! guai al primo sacrilegio! per questo ci sono altri mezzi. Per i peccati veniali poi, c'è tanti mezzi. L'acqua santa, ecc. E anche la Comunione che è detta appunto antidotum contro i peccati veniali. N. Signore vede che siamo dolenti delle nostre miserie, e mette tutto a posto. E sapete che riguardo a questo, riguardo alla comunione c'è libertà massima: mi piace tan­to l'ordine, ma qui voglio che ci sia il disordine; c'è il disordine solo per la co­munione. Non voglio mai che uno si accorga che un altro non è andato a fare la Comunione. Così le ostie, al sacrestano mai contare! Proibito, no! In que­sto c'è libertà! Quando non ce ne sono più ne mette delle altre senza contare. E così se uno si accorge che un altro non va, deve pensare, ma, forse al matti­no lavandosi, senza volerlo ha bevuto. Oppure ha mal di capo, per umiltà non vuole andare e vi sono tanti motivi per cui uno vuol lasciarla; e non si deve di­re: quel là ha un peccataccio! No! È più buono di te, e non va per umiltà. Certi santi, come S. Luigi, andavano una volta alla settimana, e ne impiegavano mezza per la preparazione e mezza per il ringraziamento: non so se poi la fa­cesse di più, ma da principio la faceva una volta alla settimana. Per me vorrei che la faceste anche di più: se il Papa mi manda una facoltà speciale, di la­sciarvi fare la Comunione due volte al giorno! Una signora mi diceva che invi­diava i sacerdoti perché hanno l'ostia più grande, e poi hanno anche il Sangue di N. Signore. Fanno la Comunione sotto tutte e due le specie. Io voglio sem­pre che le ostie siano grosse e fresche: e lo sanno già, che se vado in Sacrestia e ne trovo che non siano fresche, e che sian guaste, voglio che sian tutte intiere. Voglio che N. Signore si rispetti anche in questo. Ma tornando a noi: dobbia­mo essere sacramentini: qui e in Africa. Quando saremo là non avremo più un santuario, non avremo più tutto l'esterno, ma bisogna che abbiamo tanto più fede. E specialmente oggi in questo mistero, cercare di accrescere la nostra fe­de. N. Signore è là come lo vedremo in Paradiso: ipse dixit! è lui! proprio lui! Ci vuole fede e riverenza a Nostro Signore. E poi bisogna avere gran voglia, gran desiderio di ricevere nostro Signore: che non si vada alla Comunione con nausea. Ma andare a ricevere Nostro Signore con volontà risoluta di fare da parte nostra tutto quello che nostro Signore vuole per corrispondere alle sue grazie. E prima di tutto pregare, e pregare bene, e non credere perduto il tem­po che si impiega a pregare. E così dopo studiare volentieri e secondo l'ubbi­dienza. Ma è nella preghiera che il Signore ci dà la forza dei miracoli. S. Fran­cesco Zaverio quando non poteva di giorno si fermava a pregare di notte, e si contentava del riposo che poteva prendere sui gradini dell'altare. Così in mis­sione non bisogna credere che si vada solo per lavorare: là c'è la regola come qui, e c'è il tempo per tutto; e Monsignore guai se uno non fa tutto e va via prima di aver preso la sua messa, meditazione e ringraziamento: e non si de­morde nessun giorno dell'anno. Alle 11 c'è la visita a Gesù Sacramentato, l'esame, così alla sera. Affinchè con la scusa di voler fare più bene agli altri, non si faccia più né a noi, né agli altri. Preghiamo il Venerabile che ci dia un po' della sua vita di spirito, ma soprattutto riguardo a Gesù Sacramentato.
La S. Messa, la Comunione e la visita, non ho tempo a parlarvene ora in modo particolare, ma queste tre cose devono essere i nostri tre amori. Nella S. Messa bisogna che ci immaginiamo come dice l'Imitazione di Cristo e come è in realtà, Gesù sulla croce che muore. La Comunione riceverla con voglia. Nella visita poi quante grazie si ricevono! È qui che bisogna che diciamo a Ge­sù, rimproveratemi un poco: se son sempre maligno, tiepido, disubbidiente. In questo modo riusciremo a santificarci. Diceva P. Sales: quando ci sono dei fastidi, c'è la cappelletta, c'è Gesù che la rende più bella di tutto. Che sarebbe di S. Pietro in Roma, se non ci fosse il SS. Sacramento? Così in tutta l'ottava cercate di infiammarvi.
Qualcuno a riguardo dell'apparato della Consolata diceva: ci vuole tanto tempo a mettere tutto l'apparato, per un giorno! Ma sono saltato su: «Non c'è ancora apparato sufficiente! Abbiamo da lasciarlo rodere dai tarli?». C'era dubbio se mettere le candele tutte o no. — «Ma certo! si metta quello e di più!». C'era uno di questi giorni che mi suggeriva, uno buono, mi suggeriva: «Mettere le candele alla Madonna, candele di cera... ma...; e se fosse mettere la luce elettrica, è più pulito, è più semplice e costa meno». Ah, ci siamo! costa meno! Niente affatto! Finché ci sarò io voglio che alla Madonna si metta della cera vera, e non mili od altro, e quando non ci sarò più ci penserete voi. E se venissero a mancare i denari farò una colletta: costi finché vuole la cera, si deve fare così. Così noi dobbiamo essere tutte candele, che dapprima sono alte e poi van via consumando davanti a N. Signore. Così noi dobbiamo dire al Signore: Oh, se il mio cuore fosse consumato d'amore vostro! N. Signore si meriterebbe quello e più ancora.
La pisside del S. Padre ha 41 brillanti, di cui uno proprio grosso, eppure tutte queste pietre preziose, è mica sprecato! Anzi! La risposta che faceva N. Signore a Giuda: poterat enim istud venundari ecc., et dari pauperibus! — Ma nostro Signore che cosa ha detto? Pauperes semper habetis vobiscum! me autem non semper habetis.
Due medici prima di andar su, son venuti a pregarmi di dar loro una reli­quia del Ven. Cafasso, vedete? Agli altri non do che un pezzo di veste o di len­zuolo..., ma a voi!...
Quad. di anonimo, 2-3
V. 22-6-16 — Sotto i portici ore 6,45-7,45 pomeridiane Presenti Chierici e Studenti — Sommario
Festa della Consolata — Come alcuni in tale giorno ci invidiavano per il titolo di Consolatini — Dell'errore diffusosi tra alcuni sacerdoti-soldati tori­nesi di essere dispensati dalla recita del S. Breviario e loro suppliche di dispen­sa al S. Padre — Errore dei Modernisti nel dire che bisogna abbandonare la preghiera e la vita monastica per darsi all'attività e predicazione — Come noi per riparare dobbiamo anche essere Sacramentini — Le moderne congregazio­ni dei Sacramentini ed altre non perdono tempo avanti a Gesù Sacramentato, ma acquistano grazie numerose per sé e per gli altri — Senza preghiera in mis­sione non si può far del bene, ma solo del male a sé ed agli altri — Rigorosa osservanza della Regola regnante nella casa-madre nelle nostre Missioni, per mantenere vivo lo spirito religioso — Noi come Sacramentini, dobbiamo esse­re divoti a Gesù sotto tre aspetti: «Nella S. Messa, nella S. Comunione, nella visita a Gesù Sacramentato». Ardente amore del nostro Amat.mo Padre verso Gesù Sacramentato, come egli passando avanti l'immagine della Consolata e vedendo le candele a consumarsi bramava ardentemente che il suo cuore bru­ciasse e consumasse con loro d'amore a Gesù Sacramentato — Dono di una reliquia (capilli) del Venerabile Giuseppe Cafasso e regalo da Lui ricevuto nel processo del Ven. Cottolengo come compenso della sua cooperazione.
giuseppeallamano.consolata.org