CARITÀ FRATERNA

1 agosto 1916
Quad. XII, 1-3
Carità fraterna
(1 Agosto 1916)
Quando le nostre buone mamme venivano a Torino o si recavano a qualche fiera, noi piccolini le aspettavamo con ansietà nel desiderio di ricevere qualche regaluccio... Così voi cari giovani vi aspetterete da me al mio ritorno da S. Ignazio qualche cosa. Che cosa poteva portarvi di materiale? Aria buona e fresca? Ve ne mandai dall'Angelo Custode, e so che qualche volta un pò ' di pioggia giunse a rinfrescarvi durante i vostri esami... Sì, vi portai qualche regalo spirituale, un pò del bene che provvidi per me e per voi; alcuni pensieri delle prediche che mi fece­ro più impressione. Volete sapere quali sono i soggetti di predicazione che più mi piacciono? Sul SS. Sacramento, sulla Madonna, sulla bella virtù; e poi sulla carità fraterna; sulla tiepidezza e sul peccato veniale. Negli Esercizi si predicano i novissimi per iscuotere i peccatori e tenere i buoni col timore sulla retta via. Ma le persone pie meditano queste veri­tà quasi come non fatte per loro e non è vero. Invece chi non fa peccati veniali, chi non si lascia talora andare alla tiepidezza, chi non manca di carità in comunità!
Ecco i regali che vi portai da S. Ignazio; e sin da stassera vi dirò poche cose sulla carità verso il nostro prossimo, e lasciando le teorie e tutto il detto dal predicatore mi restringo ai modi con cui si esercita questa carità. Essi sono quattro secondo le parole di N.S.G.C, presso S. Luca al capo 6: Nolite judicare, et non judicabimini; — nolite condemnare et non condemnabimini; — dimittite et dimittemini; — date et dabitur vobis. Vuol dire che dobbiamo amarci di mente, di lingua, di cuore e di opere.
1) Colla mente, non facendo giudizi temerari. Siamo così propensi al male che nei compagni vediamo subito il male vero o supposto; invece di vedere il bene che hanno. Non faceva così S. Antonio quando... Giudichiamo le stesse intenzioni, che solo Dio può giudicare: Deus in-tuetur cor. Che il tale abbia fatto la tale cosa per malignità, per super­bia. E poi: quid ad te? Quis te constituit judicem. Quel compagno sarà più buono di te; se ha qualche difetto forse non se ne accorge e non ne ha colpa; tu invece ne hai dei maggiori e forse con maggiori grazie e se non hai quelle è grazia di Dio. Disse Gesù: eadem mensura... Dunque via da noi i giudizi temerari. Facciamo come le api...
2) Colla lingua, non mormorando del prossimo; eppure questo è un vizio troppo comune anche nei religiosi. Se non ci fosse la lingua quanti peccati di meno. Diceva S. Giacomo: qui non offendit in ore, hic perfectus est vir. Come poi riparare al mal fatto colle nostre mor­morazioni? Mi racconti qualcuno il caso di S. Filippo colla penitente... È impossibile rimediarvi; e talora il confessore disobbligano (sic) dal di­sdire per timore che succeda maggior male e ricordando il detto si rin­novi o s'imprima di più il male detto. Attenti adunque a non mormora­re.
3) Col cuore, perdonando e di cuore le offese ricevute. Si può dis­sentire dai compagni con S. Paolo e S. Barnaba, ma non offendersi e conservare il broncio per certe miserie. Dice alcuno che gli vuol tempo a mettersi a posto: perdi tante grazie che Dio ti avrebbe concesse se fossi più generoso. Esaminate ciò che dice il S. Vangelo: Se il tuo fratello ha... Non dice che tu abbia qualcosa contro di lui; ma Egli contro di te ...; eppure tu e non lui devi lasciare... È falso il detto: io perdono, ma non dimentico; vuol dire che non perdoni di cuore. Guai ai vendicativi, possono anche per castigo perdere la fede. Fatto di Niceforo e Saprizio;
del B. Valfrè (Pater).
4) Colle opere, e che cosa potete dare voi, che siete poveri, avete niente, e siete proibiti di dare ai compagni senza permesso. Eppure le opere di misericordia sono anche comandate a voi secondo la vostra possibilità, specialmente le spirituali. È in vostro potere dare un consi­glio retto, una parola di consolazione, un incoraggiamento, e soprat­tutto pregare pei vostri compagni. Si, pregare perché il Signore dia al compagno ferma volontà, un pò d'ingegno per seguire bene i suoi stu­di...
Ecco, miei cari un regalo che vi portai da S. Ignazio, tenetelo prezioso, ricordatelo sovente, e con S. Paolo conchiudo: amor fraternitatis maneat vobiscum (P. Giaccardi).
P.P. Albertone, quad. VII, 110-112
1 Agosto 1916
Ebbene che cosa vi ho portato? Quando tua Mamma andava a Varallo, non faceva così? Che cosa mi hai portato? Non è così? Io facevo così; quando la mia mamma veniva giù, quando ritornava, guardavamo subito se era cari­ca. E se aveva qualche cosa domandavamo subito che cosa ci aveva portato in regalo. Voi non facevate così? Ebbene, vi ho anch'io portato il regalo. Vi ho portato aria buona in abbondanza, acqua fresca, sapete, ce n'è molta; dirò agli angeli custodi che ne portino giù un'altra volta; quando pioveva dicevo al Signore che ne mandasse anche un pochino a voi, per darvi un po' di frescura. Frutta ce n'è niente lassù... Vi ho portato dello spirito, un deposito di spirito, e sapete che cos'è? Qualche buon pensiero che a me ha fatto più impressione e lo porto a voi. Ho fatto anch'io gli esercizi: tra i due esercizi, le due mute, quella dei preti e quella dei secolari, io li unisco assieme, e ne ho fatto un buon esercizio anche per me, per non dare sempre solo agli altri, come le campane, sapete, le campane chiamano gli altri alla chiesa, ed esse stanno sempre fuori. E così, nelle prediche, meditazioni, esami, con tutto insomma, pensava facen­domi buono io, pensava anche a voi. Per voi e per me. Perché non voglio esse­re solo canale, ma anche conca; S. Bernardo, sapete? dice che dobbiamo esse­re non solo canali, ma anche conche. I canali lasciano passare tutto, e non ten­gono niente, invece le conche, prima si riempiono loro, poi versano agli altri. Danno solo il soprappiù, prima si riempiono loro e la rigurgitanza la danno via. Invece i canali lasciano passare tutto. Io voglio essere una conca, tenere anche per me, e anche un canale. Così i buoni pensieri, prima per me, e poi an­che penso a voi. I buoni pensieri che hanno fatto effetto a me, lo facciano an­che a voi.
Sapete quali sono le prediche che piacciono di più a me? Sai dirmi?... La predica sul SS. Sacramento, la predica sulla bella virtù, sulla castità; s'intende la predica sulla Madonna quando c'è; e poi mi piacciono molto la predica sui peccati veniali e sulla tiepidezza, e qualcun'altra. Queste sono le prediche che mi piacciono di più, che mi fanno più effetto. Se si trattasse di peccatoracci, allora quelle che fanno più effetto sono le prediche del giudizio, dell'inferno, ma trattandosi di persone religiose, di persone pie, in generale le prediche che fanno più effetto, perché in generale si abbomina già il peccato; ma la tiepi­dezza, dei peccati veniali, ne abbiamo tutti, chi non ne ha? Ed è bene conside­rare spesso la facilità con cui si cade, l'orrore che devono produrre, i mezzi per non cadere; là! tiepido chi non l'è? Se non abitualmente almeno per alcune ore, giorni, settimane?
Ma vi è ancora un'altra predica che mi piace molto e che mi fa effetto di più: è la carità. La carità, la predica sulla carità fa bene a tutti, ma specialmen­te alle persone di comunità. La carità fraterna, la carità del prossimo, vedete, se si ha c'è tutto. Di tante cosette che ho sentite, tanti pensieri di questi eserci­zi, questa sera vi porto solo il regalo di S. Ignazio, sulla carità vicendevole.
In quanti modi si può mancare alla carità vicendevole? N. Signore nel Vangelo di S. Luca al capo VI dice: nolite judicare et non judicabimini; nolite condemnare et non condemnabimini, dimittite et dimittemini, e poi l'altro... l'altro... son quattro cose... nolite judicare, nolite condemnare, dimittite et dimittemini,... e l'altro... sono quattro cose insomma dell'amore vicendevole, di mente, di lingua, di cuore e di opere. Sia per i preti che per i laici questa pre­dica sulla carità è tutto. E questa è compresa in questi testi; nolite judicare, nolite condemnare, dimittite, et... ah! date, date et dabitur vobis, carità nelle opere. Quattro cose.
Prima non fare giudizi, e giudizi temerari. Non bisogna che appena uno ha fatto qualche cosa pensiamo subito male; quel mio compagno ha detto una parola e pensiamo subito che l'abbia detta per invidia, per malignità. E così tante buone qualità passano, e invece un piccolo difetto lo notiamo, lo vedia­mo subito. E invece di vedere le cose buone vediamo solo il male. Non faccia­mo come S. Antonio nel deserto: lui girava a trovare tutti gli altri monaci, e la­sciava tutti i difetti e pigliava solo le virtù. Uno era umile, l'altro penitente, l'altro un'altra virtù, lui vedeva solo le virtù e non vedeva i difetti. Così voi non dovete vedere i difetti, ma vedere solo le buone qualità. E se ha qualche difetto, lasciatelo stare, ci penserà il Signore, che cosa importa a te? Il Signore l'ha detto: eadem mensura qua... con la stessa misura sarà rimisurato a voi. E quando vengono questi giudizi scacciamoli; quid ad te? Che cosa importa a te? Che ti riguarda che il tale lo faccia per superbia, o per farsi vedere, ci pen­sino i superiori. Forse quel compagno che giudichi cosi è più buono di te, e se l'avessi io quel difetto che giudico, che ha il mio compagno, forse farei peg­gio. Il Signore in questo mi aiuta di più. Dunque, prima cosa, via i giudizi te­merari.
E nella lingua? Nolite condemnare, et non condemnabimini. Non fare delle mormorazioni. Evitare la mormorazione. E la mormorazione si può fare in tanti modi, anche coi segni. Ah, se non ci fosse quella lingua! quanti peccati di meno! Le mormorazioni?... sapete il fatto di S. Filippo... che ha data quel­la penitenza a quella signora... chi sa contarmelo? lo sai tu? contamelo un po'!... — (Racconta st. Prina N.). E così, vedete... a spargere, a parlare male si fa presto; ma andate a raccogliere, se potete. Non si può più. Alle volte vi sono dei confessori che sono poi obbligati a dire: Non dica più nulla, non stia a disdire, se no si imprime ancor di più. Vedete! Non si può più disdire. Si vor­rebbe, ma è peggio. Fanno ancor più attenzione, e quello che si è detto si im­prime di più. Finché si tratta di parlar male del prossimo si fa presto: ma rime­diare «fa caud»! Ricordate il fatto di S. Filippo. Ah, quella lingua! S. Giaco­mo dice che chi non offende il prossimo colle parole è un uomo perfetto: si quis non offendit in verbo hic perfectus est vir. È uomo perfetto. Dunque, via le mormorazioni. Questa è la seconda cosa che dobbiamo procurare.
La terza è il cuore. Dimittite et dimittemini. Perdonare e di cuore. Non dire: io sono l'offeso, e tocca a lui a venire a chiedere scusa! — Il Vangelo non dice se hai qualcosa contro tuo fratello, ma dice: se sai che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia la tua offerta all'altare, e va a riconciliarti con tuo fratello. Non bisogna dire: sono io l'offeso, e fare il brutto... e: impari lui, un'altra volta! — Il Signore vuole di più, vuole che andiamo noi stessi a chie­dere scusa al nostro fratello. E così se avviene qualche cosuccia, qualche sto­riella, non offendersi e peggio, non conservare l'offesa. Alcuni dicono: «A me ci vuole molto tempo a mettermi a posto». Oh! bella! mettiti subito! — Perdi tante grazie dal Signore per voler star lì col muso lungo. Sapete il fatto di S. Saprizio e Niceforo? È troppo lungo, fatevelo raccontare dal Sig. Prefetto. Io adesso non ho tempo a raccontarvelo, ve lo racconterà lui, è troppo lungo. So­lo per dire che per non perdonare si perde persino la fede. Quella era già vicino al martirio, ed è caduto per non voler perdonare al suo nemico. Ah, non per­donare! sempre perdonare.
Quarto: date et dabitur vobis. Dare; e che cosa dare? siete poveri, avete niente, siete proibiti di dare, senza permesso. Si può dare moralmente, un con­siglio, un aiuto morale, una consolazione, un incoraggiamento, e sopratutto la preghiera. Pregare per il compagno, che il Signore lo benedica, lo aiuti, non essere contenti che l'esame sia andato un po' più male a quel là che a me. Ah, che vergogna. Se non potete dare il materiale, date almeno le cose spirituali.
Ecco i quattro modi con cui praticare la carità del prossimo. E questo è il regalo che vi porto di questi esercizi: non un cavalluccio, non un trastullo, ma un buon pensiero. Amor fraternitatis maneat in vobis. Sia per mezzo delle parole, per mezzo del non fare giudizi, via le mormorazioni, e poi cercherete di perdonare le minuzie che capitano tra di voi. Perdonare tutte quelle storielle e perdonare subito, e poi cercherete di fare del bene ai vostri fratelli, ai vostri compagni. Ecco che bel regalo vi faccio io!
Stassera cominciano i primi Vespri della Madonna degli angeli, in cui si può ricevere l'indulgenza della porziuncola, da oggi a tutto domani. Indulgen­za toties quoties, tutte le volte che andate in chiesa potete acquistare un'indul­genza plenaria. Potete andare anche da voi. Dite tre Pater, Ave, Gloria cogli atti di fede, o cinque Pater ecc. E guardiamo di farlo tutti in suffragio delle anime dei poveri soldati morti in guerra. Di questi poveri giovani che forse un atto di contrizione li ha salvati, nell'ultimo momento, pure qualche cosa da scontare possono averlo avuto. Dunque pregate tanto per i soldati caduti.
Domani poi è la festa di S. Alfonso de Liguori. Noi abbiamo un protetto­re dell'anno: chi è? ebbene, prendetene anche uno per i mesi, e in questo mese prendete S. Alfonso. E tanto grande per i suoi due amori, amore al SS. Sacra­mento e amore a Maria SS. E così voi prendetelo per protettore del mese, per ottenere la divozione al SS. Sacramento e a Maria SS. con la sua intercessione. In questi esercizi si fa sempre una lettura spirituale, verso le undici e ..., e nel primo giorno faccio sempre leggere l'introduzione alle visite a Gesù Sacra­mentato di S. Alfonso. Sempre tutti gli anni. Così bello! Chi legge, quello s'in­namora a Gesù Sacramentato: faccio sempre leggere. E capiscono la cosa. E così anche quando c'è ritiro, o ricreazione, vedeste, quanti vanno a visitare Gesù S., e vanno in chiesa, vanno a mettere in pratica quello che si legge, fa effetto. Cominciano a metterlo in pratica per quella settimana e poi speriamo che continuino.
Un'altra notizia. Quest'anno andiamo a S. Ignazio. La settimana ventura partirete, andrete là, c'è buona acqua. Vedete, quest'anno sono andato anch'io a fare passeggiate. Venendo vecchio si viene più arzillo. Sono 36 anni che vado a S. Ignazio, 36 volte che faccio gli esercizi, eppure mi sono sempre accontentato di vedere la croce da lontano, da S. Ignazio. Preso il mio dome­stico e ho detto: ah! andiamo, faccio la passeggiata alla croce. E sono andato proprio fino là. Sono partito alle otto e sono arrivato verso mezzogiorno. E l'altra volta che dopo il passeggio ho trovato il Sig. Prefetto, e sono andato fi­no a Lanzo, e poi fino a Torino, e il giorno dopo sono ritornato su. L'indoma­ni ero già di nuovo a Lanzo. Se uno si sloga un poco! anche sgranchirsi un po'! Santa pace! eh! uno si rafforza un po'. E l'ho fatto e mi sono mica penti­to d'averlo fatto. Adesso vedremo voi altri che cosa sapete fare.
Quad. di anonimo, 8
IX. 3 Agosto 1916 - 7,15-7,45 — Sotto i portici
Presenti Chierici e Studenti
Come le madri da un lungo viaggio portano quafche regalo ai loro figli, così Egli ci porta come regalo dagli Esercizi di Sant'Ignazio i pensieri che mag­giormente l'impressionarono — A me, così si esprime, piacciono in modo spe­ciale quattro prediche 1° sulla purità, 2° sul SS. Sacramento, 3° sui peccati ve­niali, 4° sulla tiepidezza. — Trattando della carità verso il prossimo dice che bisogna osservare i quattro precetti del Salvatore: Nolite condennare et non condemnabimi, nolite judicare et non judicabimini, dimittite et dimittemini, date et dabitur vobis. — Parlando in modo particolare della mormorazione, racconta il fatto di una signora mormoratrice penitente di S. Filippo Neri, che ricevette per espiare le sue mormorazioni, la penitenza di spiumare una gallina per la città e poi di nuovo raccogliere le penne.
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