FESTA DI S. TERESA

15 ottobre 1916
Quad. XII, 14- 15
S. Teresa
(15 Ott. 1916)
È bene che oggi ammiriamo S. Teresa. È una gran Santa, esempio non solamente alle donne, ma anche agli uomini. Ebbe una mente ed un cuore virile, che nelle mani di Dio fu stromento della Riforma delle Monache Carmelitane e degli stessi Frati del Carmelo, i quali la onora­no come Santa Madre. — Il carattere della Santa fu l'amore; e di essa può dirsi come dell'antica S. Maddalena dilexit multum. Ora che cosa importa il vero amore? Risponde S. Tommaso: Amor facit sustinere infaticabiliter; — amor facit operari indesinenter; — amor facit languore utiliter. Ecco le qualità del vero e sodo amore, che ben riscontriamo nell'amore verso Dio di S. Teresa.
S. Teresa ebbe un amore forte che le fece sostenere ogni sorta di pene e di travagli sino al desiderio del martirio. A sette anni... Nella vi­ta dura del chiostro sebbene delicata e nobile resta ferma, e si propose di perseverare con costanza anche avesse da sopportare nel chiostro le pene del Purgatorio e dell'Inferno (Laselve-Annus Apost. vol. IX).
S. Teresa ebbe un amore operativo, senza requie. S. Bernardo scri­ve: Amor si vere est amor magna operatur; si vero non operatur non est amor. La Santa corde, lingua, manu semper fuit in motu (l. cit.): per acquistare tutte le virtù e nel modo più perfetto sino a fare il voto del più perfetto e della maggior gloria di Dio. Scrisse tanto da essere a pari dei Dottori della Chiesa. Principalmente faticò per la Riforma del Car­melo, cosa difficile, anche per gli uomini, e potè fondare trentadue mo­nasteri povera e senza umani ajuti, anzi in mezzo a tante contrarietà. Soleva dire: In aeternum cum Christo gaudere... Nullus labor, nullus dolor, nulla sanguinis profusio pro hac aeternitate est detrectanda (l. cit.).
La Santa ripiena di amor di Dio ne ardeva come fornace, solo desi­derosa di amarlo e di farlo amare, nulla stimando in questa vita se non Lui e patire per Lui. È celebre il detto: patire o morire, pati, aut mori. Il di lei cuore venne trafìtto da un Serafino... E Gesù rispondendo amo­re ad amore, disse un giorno che se non avesse creato il mondo, l'avreb­be anche creato solo per piacere a lei. Ed una volta si fé' vedere bambi­no nel portico del Monastero, e le fece quella cara interrogazione: Chi sei tu? Io sono Teresa di Gesù; ed io sono Gesù di Teresa.
Ecco il premio di chi ama veramente Dio, ma di amore infaticabi­le, operoso e totale.
P.P. Albertone, quad. VII, 157-159
Conferenza del 15-10-1916
... Io amo i più piccoli, ho un po' di attacco in particolare ai più piccoli. S. Francesco di Sales dice che i vecchi vanno con piacere con i piccoli, perché si sentono più sapienti; i vecchi sono noiosi e nessuno li vuole, e invece i bam­bini li interrogano, li ascoltano, hanno pazienza di udirli... è come anche quando vi sono due vecchi assieme, si contano tutte le loro avventure, uno con l'altro se la contano lunga e stanno volentieri assieme.
Abbiamo per tanto tempo non dico dimenticato, no, ma in certo qual modo messo da parte un poco, i nostri missionari per i soldati. Ma unum oportet facere et aliud non omittere. Bisogna che leggiamo anche qualche cosa dei nostri missionari; adesso hanno l'ordine di scrivere di rado, e solo più una pagina, ma vanno fino a due, vedete... poi scriverete anche voi a loro...; che non dicano che non scriviamo noi... È una lettera di P. Bolla, sei buono a leg­gerla? Dovrebbe essere al fronte e invece è là ad un altro fronte...
Bene, vedete, queste cosette... si può scrivere poco, ma Mons. Perlo ha ottenuto che non ci aprissero nessuna lettera; e così vengono tutte sotto la sua responsabilità e vengono tutte senza censura. Ringraziamo N. Signore che an­che gli ospedali vanno avanti... Sono cinque negli ospedali...
Vedete, c'è una suora che dice: Ah, se sapessi parlare inglese; la tale sa e può parlare, io invece non lo so e alle volte sono mortificata davanti a costoro; se sapessi potrei... E questo che cosa vuol dire? Vuol dire che non basta stu­diare la grammatica, ma bisogna anche esercitarsi a parlarlo... Il latino? Tutti lo sappiamo, eppure mettetevi a parlarlo se siete buoni! Quando noi ci prepa­riamo per andare agli esami di laurea, è sempre il solito, eppure bisogna che prima prendiamo un libro... che mi svincoli un poco, se no, non si sa! Altri­menti si arriva là...! S'intende che dopo due o tre ore si ha un po' più di dispo­sizione, e dovendo interrogare mezz'ora caduno la necessità fa...! ma questo è perché non si ha più l'abitudine del latino! Tanto per non dire di quei marroni che... non è più da dottore di collegio!
Così voi bisogna che vi esercitiate a parlare, a fare questo sacrificio... Studiate almeno quello che è stabilito per l'Inglese, Francese e Ghekoio... sa­rete poi contenti... Mi ricordo che in Seminario ci avevano messo un quarto d'ora da parlare latino, e da principio si dicevano degli spropositi, e quando non sapevamo le parole le facevamo... ma poi veniva abbastanza! E questo perché c'è l'uso... Bisogna studiare, e solo la grammatica non basta, ci vuole ancora l'esercizio delle lingue... Io certe cose non ho potuto ed adesso non le so,... ma non mi metto più, mi metto poi in Paradiso a studiare!
Ebbene? che cosa diciamo? Bisogna che diciamo qualche parola su S. Teresa, è una festa non solo per le donne, ma anche per noi uomini; perché era uomo; aveva veramente spirito virile; ha riformato anche gli uomini, e non solo le donne... e difatti i Carmelitani scalzi, la chiamano: la nostra santa Madre. Ha riformati trentadue monasteri e poi eretti tanti monasteri sia di suore che di frati. Lei, sola, povera, solo coll'aiuto del suo S. Giuseppe... S'è servita anche dell'opera di S. Giovanni della Croce...
Vedete qual'è il carattere principale, il vero carattere della santa; è in quelle parole che disse N. Signore: dilexit multum! Come a S. Maria Madd. Non si perdonarono a lei le colpe come a S. Maria Madd., ma tuttavia dilexit multum!
E qui voglio farvi osservare che generalmente quando parliamo di amore andiamo un po' alla leggera. Quando sentiamo il cuore tenero, pieno... ci pare amare; ma non è questo l'amore vero che dobbiamo portare a N. Signore; non è tutto qui. Ecco che cosa dice S. Tommaso del vero amor di Dio: Amor cit sustinere infaticabiliter; facit operari indesinenter; facit languore utiliter. Amore fa sopportare, sustinere, infaticabilmente; l'amore fa operare, lavorare indesinenter, senza posa; e ci fa languire utilmente. Questa è la definizione dell'amore, che non consiste solo in sentimenti, si può essere freddi come il ghiaccio, eppure amare il Signore... Come S. Teresa; per diciotto o venti anni andava domandando un po' di rugiada al Signore, perché si sentiva ari­da... e diceva... Sapete quell'orologio che c'è a S. Ignazio, del Ven. Cafasso, la clessidra, in cui la sabbia passa per quel buco adagio, ed essa diceva che scuoteva la clessidra affinchè andasse più in fretta, e tuttavia continuava ad andare adagio... Sentiva volontà di amare il Signore, ma gusti nessuno!... Ep­pure era santa anche allora; anzi era allora che il Signore la santificava!
E guardiamo un po' l'amore di S. Teresa se aveva questi caratteri... E pri­ma di tutto: amor facit sustinere infaticabiliter! L'amore ci fa sostenere qua­lunque fatica! E S. Teresa ha fatto così? Oh, sì certamente: a soli sette anni partì con quel suo fratellino, perché desiderava il martirio e voleva andare a convertire i mori! È scappata di casa col suo fratellino, e via di corsa per non essere sorpresi, ma lo zio se ne avvede, e li ha fatti tornare a casa. Vedete? già fin da quell'età lì! Volevano andare a salvare le anime, a guadagnare il marti­rio! Questo è il principio dell'operosità di questa donna! E poi entrata in reli­gione, sebbene essa avesse la regola stretta, severa, tuttavia proposuit constanter perseverare quamvis purgatorii et inferni poenae fuissent in claustro perferendae. E questo per la sua vocazione: propose di perseverare, sebbene avesse avuto da sopportare le pene dell'inferno e del purgatorio stando nel chiostro. Era veramente una donna di proposito: proposuit asperrima et durissima tolerare. S'era fatta Suora Carmelitana, e voleva fare veramente la Carmelitana... quamvis purgatorii poenae ipsi essent perferendae. E questo non l'ha detto so­lo a parole, ma l'ha veramente fatto! Vedete dunque come l'amore fa soppor­tare qualunque fatica, qualunque travaglio; come essa ha sopportato pur di farsi suora Carmelitana, e santa Carmelitana!
Amor facit operar! indesinenter... l'amore ci fa operare senza posa: non bisogna essere di quelli che un poco fanno, e poi lasciano andare, si lasciano scoraggiare... S. Bernardo dice: Amor si non operatur non est amor. L'amore che resta ozioso non è amore! È solo una apparenza, un'ombra di amore, non è vero amore: amor qui non operatur non est amor! Questo è di S. Bernardo. E S. Teresa diceva: Ad aeternum cum Christo gaudium, nullus labor, nullus dolor, nulla sanguinis profusio est detrectanda. Per poter godere in eterno con Nostro Signore, neppure lo spargimento del sangue-sanguinis profusio, est de­trectanda! Vedete, come è forte quest'amore, questa donna! Non si sarebbe ti­rata indietro né per dolori, né pena, niente; avrebbe dato anche il sangue! Avrebbe lavorato continuamente; sopportato tutto per farsi santa. E molto ebbe davvero da soffrire nel ridurre le suore e i frati carmelitani alla prima os­servanza, da cui erano scaduti. Sì, perché è più difficile riformare che fabbri­care; e il Signore l'aveva chiamata per questa strada. E poi per questo ebbe grandi opposizioni; fu chiamata novatrice, ecc. «Eh, che cosa si crede costei!?», «Una donna!». Eppure una donna fra quattro mura, fece tanto! E fu chiamata fino all'inquisizione perché desse ragione presso i vescovi... E fu chiamata esagerata, illusa, che voleva troppo, che pretendeva l'ottimo! Essa naturalmente ha tolto le scarpe ed ha rimesso i sandali! I primi hanno le scarpe e si dicono calzati, e invece quelli riformati da S. Teresa sono chiamati scalzi. E vi so dire che ha avuto da sopportare opposizioni! Non io vi so dire; ma si legge nella sua vita quante furono le opposizioni che ella ebbe. Ma essa sop­portava e operava indesinenter, sapeva che il Signore voleva quello, e che sa­rebbe riuscita. E così ha riformati tanti monasteri e ne ha costruiti tanti nuovi; e plerumque centra adversarios, noi avremmo detto: Ma s'aggiustino, se non voglion riformarsi!
E ancora ha sempre occupato benissimo il tempo, ha scritto tanti volumi da essere come un vero padre della Chiesa: lettere, e via! quello che il Signore domandava da lei. Un autore dice di S. Teresa, che: corde, lingua, manu, semper fuit in motu. O col cuore o colle parole o coll'opera, fu sempre in moto. Non sostava mai il suo cuore, o le sue mani. Sempre in aria, sempre attiva, sempre in moto. Questo è operare indesinenter.
Terza cosa: amor facit languere utiliter. L'amore fa languire utilmente:
Un amore tale che fa desiderare, bramare di fare molto, continuamente, uni­camente per piacere al Signore. E S. Teresa era così piena di questo amore da proprio languire per amor del Signore, e difatti è morta d'amor di Dio, come la Madonna che non è morta di nessuna malattia ma solo di amore di Dio. Co­sì S. Teresa era continuamente ammalata, e non si sapeva che cosa fosse, era amor di Dio. Così la Madonna. E S. Filippo tanto amava il Signore e ne aveva pieno il cuore da non poter più stare entro, e il cuore gli veniva grosso anche sensibilmente, finché gli ruppe due costole. Era pieno di amor di Dio. E quan­do è morto gli hanno trovate le due costole rotte. Ah, se noi avessimo tanto amor di Dio da far sollevare le costole... non ci piglierebbero soldati. E S. Te­resa veramente languiva di amore di Dio: e un giorno fu ferita da un cherubi­no nel cuore e dice che in quel punto aveva sentito tanto dolore, e tanto amore che pareva le strappassero il cuore; e intanto aveva provata tanta gioia che non poteva esprimerla. Aveva tanto amore per il Signore che un giorno il Si­gnore le disse che se non avesse creato il mondo l'avrebbe creato per lei.
E una volta ha veduto nel convento un bambino: un bambino dentro la clausura! E S. Teresa gli ha domandato subito: chi sei tu? Ed il bambino ha ri­sposto: «E chi sei tu?» — «Io sono Teresa di Gesù!» — «Ed io sono Gesù di Teresa!». Questo farebbe piacere anche a noi, ma c'insuperbiremmo. Ma se fossimo a quel punto lì, non ci insuperbiremmo più.
Questi sono i costitutivi dell'amore; non espansioni... Sustinere infaticabiliter, soffrire infaticabilmente, senza stancarsi; operari indesinenter, conti­nuamente, senza fine; languire utiliter, utilmente. Non languire fantastica­mente; ma utiliter, che porti frutto. Pati aut mori, diceva S. Teresa, non vole­va che patire per N. Signore, e se non trovava da patire, voleva morire; un al­tro avrebbe detto: godere!
Vedete che tipo di S. Religiosa, e fu anche missionaria, missionaria di de­siderio. Tutte le sue penitenze ed i suoi sacrifici li faceva sempre per la conver­sione dei peccatori e degli infedeli, era una vera missionaria nel chiostro. Que­sta è l'idea da farsi; non una vita soave, ma una vita di indesinenter lavoro; non bisogna accontentarsi di poco, bisogna andar su! Vedete, essa ha corri­sposto quanto poteva e quanto doveva e il Signore non ha fatto tutto lui. Era tentata di scoraggiarsi, ma ha tenuto fermo con la grazia di Dio, ha vinto se stessa, con le sue passioni nell'esercizio di tutte le virtù. Con vero eroismo si è fatta una delle più gran sante. È una protettrice delle suore (nostre); noi abbia­mo dei patroni; ma tuttavia questa santa si merita tutta la nostra imitazione, e bisogna raccomandarle in modo specialissimo la nostra vocazione. Essa era carmelitana, e noi dobbiamo essere ancora più forti. E voi avete anche un po' di relazione, perché siete tutti della compagnia del Carmelo, del privilegio sa­batino... In Torino ve ne sono parecchi Monasteri di Carmelitane; in Val S. Martino, a Moncalieri, in via della Zecca... Bene, raccomandatevi che vi fac­cia eseguire queste tre cose quest'anno; soprattutto operare indesinenter.
Queste tre espressioni dovete tenerle bene a memoria: infaticabiliter, in­desinenter, utiliter! Bisogna che le mettiamo in pratica insieme, massime nei tempi in cui siamo; in pochi fare molto! Tutte le scuole, lasciar niente! Sta­mattina avete incominciata la ginnastica; bisogna lasciar niente; mi fa piacere che avete incominciato l'esercizio dell'inglese! Tutto deve camminare! Che i nostri ritornando possano dire: senza di noi hanno fatto tutto lo stesso! No, non abbiamo fatto lo stesso; un po' di malinconia c'è sempre di continuo, ma abbiamo tirato avanti lo stesso!
In seminario di Torino sono 16 teologi; vi sono più professori a momenti! E noi in Convitto!? ... Non apriamo neppure il convitto! Ho detto a S. Em.:
Che cosa faremo del Convitto? — Ma, non saprei! Ve ne sono tre del secondo anno: Uno bisogna toglierlo, perché me lo son tenuto — (parole di S. Em.); l'altro è vicecurato in una parrocchia lassù... Resta un Convittore! È del pri­mo corso: la nota era di sette: Uno è assistente, l'altro Segretario del Cardina­le; ancor cinque; uno di questi, dice, non può durare neppure un giorno e per­ciò rimane a casa. Ancor quattro: uno è venuto ad offrirsi. Ben inteso che bi­sogna fare domanda: il Convitto è per tutto il regno subalpino, e perciò può venire un savoiardo, un sardo o uno di No- vara; basta fare domanda. E una volta bisognava farla prima perché v'erano sessanta posti e una volta i Convit­tori arrivarono fino a settantadue. Li avevano messi sotto la biblioteca sopra la chiesa; perché non c'era più posto e se non facevano domanda in fretta non potevano più venire. Ora sono quattro: uno ha la testa per traverso e non è il caso di riceverlo; uno non potrà venire; uno s'è presentato per qualche giorno; e uno è vicecurato a Ceres. In tutto il complesso il Convitto si estende a uno; e noi per tutto questo lasciamo stare. Ho detto al Cardinale: mi rincresce, vorrei tenere il fuoco acceso, che non si debba dire che dopo cento anni si è rotto per un anno. Ma tuttavia si farà un po' di scuola, e quelli che possono verranno, quelli che possono solo qualche giorno, verranno solo qualche giorno... e Mons. Castrale dice: Verrò, e quando ci sarà da fare scuola la faremo, altri­menti avrò fatto un po' di passeggio, una visita alla Consolata.
Vedete, noi c'è da ringraziare la Consolata, voi siete ancora un bel nume­ro, voi siete di più. E intanto aspettiamo la beatam spem! E il Signore ci bene­dirà col mandarci tutti i nostri che sono soldati, e allora aumenteremo il nu­mero dei nostri sacerdoti, chierici e coadiutori, e la casa sarà piena.
Vedete come si fa cogli amici: si dice tutto il bene come il male.
giuseppeallamano.consolata.org