PRESENTAZIONE DI MARIA SS.

19 novembre 1916
Quad. XII, 22- 24
Presentazione di Maria SS.
(19 Nov. 1916)
La Festa della Presentazione venne sempre celebrata in Oriente, dove la devozione alla SS. Vergine fu in ogni tempo fiorente, e tanti Santi Padri, come S.G. Damasceno la esplicarono. Anche in Occidente era venerata la SS. Vergine sotto questo mistero, ma quasi privatamen­te, e solo P. Sisto V la prescrisse per tutta la Chiesa (V. Monnia - Mater Admirabilis).
È questa festa delle anime pie e di vita interiore, specialmente reli­giose. Nei Monasteri della Visitazione in tale giorno si fa la rinnovazio­ne dei S. Voti. Il Ven. Olier... pose tutti i suoi Seminarii sotto la prote­zione della Presentazione. È molto conveniente che le Case Religiose siano divote di questo mistero; e noi avendo già per Patrona la Conso­lata, al Noviziato preponemmo la SS. Vergine sotto il titolo della Pre­sentazione; sotto il quale dovete specialmente onorarla ed imitarla voi del Noviziato. Maria SS. nel tratto della vita passata nel Tempio dai tre anni sino allo sposalizio con S. Giuseppe vi è modello di tutte le virtù proprie della formazione vostra. Oggi esaminiamo l'offerta che Maria fece a Dio di se stessa in unione coi Santi genitori Gioachino ed Anna, e ne trarremo utili ammaestramenti.
Maria si offrì al Tempio con offerta pronta, intiera ed irrevocabi­le.
A tre anni, avendo il pieno uso di ragione sin dalla Concezione vol­le lasciare i buoni genitori, che come figlia unica, perfettissima ed ama-tissima ne sentivano tutto il sacrifìcio. Maria pone l'occhio alla voce di Dio: Audi filia..., preferisce alle gioie della famiglia l'adempimento della vocazione e tuttoché più conferisce alla sua perfezione. — Essa si offre subito con tutta se stessa, anima e corpo e con tutte le forze «totis viribus»; — e ciò per essere sempre a Dio consacrata, e non venir mai meno con diminuzione di volontà e fervore. — E noi siamo stati e sia­mo pronti e costanti nel corrispondere alla nostra vocazione religiosa? Vi ci applichiamo con tutti noi stessi? Non sono in noi frequenti inter­ruzioni, scoraggiamenti e tiepidezze? (V. Hamon — Pres. I Med.).Qui cito dat, bis dat.
L'occasione mi porta a parlarvi dei segni per conoscere la vocazio­ne religiosa, e quale sia in ciò la potestà dei genitori.
La vocazione religiosa è in generale data dal Signore a chi fornito delle doti idonee alla Regione ed a qualcuno in particolare, si senta mosso ad abbracciarla. S. Francesco di Sales, riportato da S. Alfonso, dice: Per sapere se Dio vuole che uno sia religioso non bisogna aspetta­re che Dio stesso gli parli e gli mandi un Angelo dal Cielo a significargli la sua volontà; ma per avere un segno di buona vocazione basta un pri­mo moto dell'ispirazione nella parte superiore dello spirito, anche sen­za costanza sensibile, anche in seguito vi senta ripugnanze e raffredda­menti sensibili; basta che la volontà resti costante in non abbandonare la divina chiamata, e basta ben anche che vi rimanga qualche affezione verso di quella. (V. Opusc. sullo stato relig. p. 390).
S. Alfonso (I.e. p. 400) scrive: Tre sono i mezzi per conservare la vocazione: segretezza, orazione e raccoglimento (v.l.c.).
Bisogna solamente consultarsi col padre spirituale, non qualsiasi, ma pio, dotto e prudente. S. Franc. di Sales dice, non bisognare un esa­me di dieci dottori per vedere se la vocazione debba eseguirsi o no (l.c.). E S. Alfonso: È meraviglia che anche dalla bocca di Sacerdoti, e finan­che da Religiosi ai poveri giovani chiamati allo stato religioso si dica, che in ogni parte anche nel mondo si può servire a Dio. Costoro, sog­giunge il Santo, o si saranno fatti religiosi senza vocazione, o non san­no che voglia dire vocazione (l.c. 400). Sì signore, in ogni luogo si può servire a Dio, chi non è chiamato alla religione, ma non chi vi è chiama­to e vuol restarsi nel mondo per suo capriccio; costui difficilmente farà buona vita e servirà a Dio
Vi sarà obbligo o convenienza di ubbidire in ciò ai parenti, di do­mandar loro consiglio, di ottenerne la licenza?
Lutero disse che i figli peccano entrando in Religione senza il con­senso dei genitori; ma ciò non è vero. Varii Concilii dicono il contrario (S. Alf. Op. 400).
I Santi Padri ed i Dottori della Chiesa sono unanimi nel dire che i figli non sono tenuti obbedire ai parenti in materia di vocazione religio­sa. S. Tommaso: Non tenentur filii parentibus obedire de virginitate servanda, vel de aliquo alio hujusmodi. E ne dà la ragione: Frequenter amici carnales adversantur profectui spirituali. E S. Bernardo: Malunt nos perire cum eis, quam regnare sine eis. Già lo disse Gesù: inimici hominis domestici ejus.
Si dovrà almeno domandare consiglio ai genitori? No, risponde S. Alfonso, sarebbe un grande errore chiedere il consiglio dei genitori, e ne adduce le ragioni (l.c. 401). L'unico consiglio è quello, come si disse, del Direttore Sp. le. Se ne dovrà aspettare la licenza? Risponde lo stesso S. Alfonso: Se sarebbe un grande errore richieder il consiglio dei geni­tori, maggior errore sarebbe aspettarne la licenza; e quindi il chiederla;
come fecero S. Tommaso, S. Franc. Zaverio, S. Stanislao Kostka, S. Chiara e tanti altri.
Per ragione tuttavia dei cattivi tempi, se vi è probabilità di ottenere questa licenza, sarà bene chiamarla, anche per togliere noie alle Comu­nità, e perché diano la dote necessaria. Bisognerà però essere fermi alle loro prove di severità o di bontà e di lacrime. Se si tratta di vocazioni comuni, come di matrimonio, sono tutti solleciti anche per le spese, se di farsi religiosi, no; ma inventano ogni impossibilità, e senza cuore di madri hanno il coraggio di lasciare partire sprovvisti i figli, come il padre di S. Francesco di Sales per impedirgli la Missione del Chiablese.
Tutto questo vale anche più quando si tratta delle Missioni e di Sa­cerdoti. Allora non per affetto, ma per interesse pongono i parenti ogni ostacolo, e sovente hanno cooperatori Sacerdoti di poco spirito, i quali dicono esservi anche qui del bene da fare senza esporsi a tanti sacrifìzi ecc.
P.P. Albertone, quad. VII, 169; 178-182
Conferenza del 19 Novembre
(Si sta leggendo una lettera del Ch. Baldi mentre entra, e la fa continuare)... Già, c'è anche D. Chiomio che è postino. Si vede che è uno di fiducia, perché è un ufficio di confidenza, di fiducia... Anche D. Spinello ha scritto che sta bene... E Deo gratias!... Bene!... Solo ieri abbiamo spedito lo­ro... quante lettere abbiamo spedito? (al Sig. Prefetto)... siamo in continuo carteggio con loro e questo fa del bene anche a noi... Majorem non habeo gratiam quam ut audeam filios meos carissimos in veritate ambulare... Preghia­mo per loro e vedremo che dalle tentazioni che devono sopportare, usciranno ancor più forti...: dicono che non tutto il male viene per nuocere. Intanto noi continuiamo qui nel nostro spirito, a godere del bene, dell'utilità di questa santa casa...
Ma veniamo a noi: quest'oggi voglio dirvi due parole sulla festa della Pre­sentazione della Madonna che celebreremo martedì. Questa festa si è comin­ciato a celebrarla per tempo. Anticamente in Oriente si è sempre celebrata; e infatti S. Giovanni Damasceno e S. Giovanni Crisostomo ne parlano già. In Occidente invece si celebrava solo privatamente possiamo dire così; finché Pa­pa [...] ha stabilito che fosse obbligatoria per tutta la Chiesa. E certamente ha una grande importanza, specialmente per la vita interna, e per coloro che vi­vono in comunità... Già in passato, il Ven. Olier l'ha introdotta in Francia, per mezzo della sua Congregazione fatta per i Seminari, che ha fatto tanto del bene in Francia. Questa Congregazione si occupa dei Seminari in modo che hanno tutti i superiori, economi e professori interni e danno le disposizioni necessarie per il clero diocesano. Questo è stato ai tempi di S. Vincenzo de Paoli, e ce n'era bisogno... e si prefiggeva l'educazione del clero e la santifica­zione del clero. E per ottenere questo scopo aveva due intenzioni in mente: la prima era di farli devoti del SS. Sacramento: era sicuro che se riusciva a fare dei sacerdoti divoti del SS. Sacramento, avrebbe fatto dei sacerdoti santi... E allora era appunto il tempo dei Giansenisti, i quali tentavano di rendere i ta­bernacoli spogli e ne allontanavano la gente dalla Comunione, rendendola troppo difficile perché richiedevano somme disposizioni, pretendevano che fossero tutti santi; e quindi veniva via via raffreddandosi, e spegnendosi la di­vozione al SS. Sacramento. Per questo anche noi abbiamo il Convitto, che è appunto stato stabilito per distruggere il Giansenismo in Torino, e per promuovere la divozione al SS. Sacramento.
Ma veniamo a noi. Il Ven. Olier, oltre a questo mezzo della divozione a Gesù Sacramentato, metteva anche quella della divozione alla Madonna. Egli fin da ragazzo aveva una divozione grandissima alla Madonna, e poi l'ha sem­pre propagata fra il clero, e ne istillava la venerazione e l'amore. E quindi ha messo sotto la protezione della Madonna tutti i Seminari, e non sotto un titolo qualunque, ma sotto il titolo della Presentazione. E quindi tutti i Seminari da lui fondati li ha messi tutti sotto la protezione della Presentazione della Ma­donna, come ho già notato altre volte.
Ed infatti, in qualunque altro punto della sua vita, la Madonna non ha maggiore somiglianza coi seminaristi, con noi. La Madonna là nel tempio si preparava a divenire Madre di Dio: era andata là nel tempio fin dall'età di tre anni...: il Signore la chiamava a sé, ed Essa è andata. Ma era andata là mica per stare lì... Là erano veri seminaristi e vere educande che ubbidivano ai su­periori continuamente, e quindi pregavano, studiavano, lavoravano, serviva­no al tempio...: queste due istituzioni erano proprio due educandati, veri se­minarii... E per questo il Ven. Olier ha messo tutti i seminari sotto il titolo del­la Presentazione della Madonna. E anche adesso in tanti posti, come per esempio alla Visitazione fanno questa festa.
Noi abbiamo già la Consolata e non possiamo mettere tutto l'Istituto sot­to il titolo della Presentazione; ma almeno il noviziato è bene che sia sotto questo titolo della Presentazione della Madonna. Adesso aspettiamo che qual­che pittore abbia potuto fare questo quadro... ha già presentato le bozze, sa­pete (allude al quadro della Presentazione che sta pitturando il Sudd. Calan­dri)... E poi adesso non si è ancora potuto, ma col tempo un po' di festa la sta­biliremo anche per voi.
Questo mistero è molto fatto per noi. E adesso vediamo un po': Come si presentò al tempio la Madonna? Accompagnata dai suoi vecchi genitori, andò a Gerusalemme; e presentandosi alle autorità spirituali là del tempio, e fece l'offerta di sé la quale fu pronta, intera, irrevocabile. Consideriamo un po' questi tre punti. E prima di tutto fu pronta: aveva solo tre anni; poteva starse­ne ancora un poco a casa, a godersela un poco, immaginatevi a tre anni, e do­veva portare molto affetto ai suoi genitori. E quindi è certamente una pena per una bambina lasciare i genitori, e non poteva mica avere sovente il parla­torio perché da Nazaret a Gerusalemme c'era un bel pezzo, e non si poteva ve­nire con facilità... E neppure non possiamo dubitare che non avesse tutta la cognizione; perché fin dal primo momento ha subito avuto la cognizione pie­na, e soprattutto sapeva quello che voleva fare... E quindi anche la nostra of­ferta al Signore dev'essere pronta; non aspettare, tardare; ma dire subito al Signore: Ecce adsum! E dopo entrata, non vi stava mica per forza, sapete; ma era sempre piena di volontà, di perfezionarsi, manteneva questa intiera dedi­cazione, offerta al Signore. Certamente la Madonna era sempre la prima all'ubbidienza, la prima al lavoro, la prima allo studio, faceva tutto quasi so­prannaturalmente, senza rompere mai una regola, tutto perfettamente: ha fat­to intiera la sua offerta.
Ma non solo la Madonna ha fatto un'offerta pronta ed intiera, ma anche irrevocabile. Non come quei lì che cominciano, negli esercizi fanno dei grandi proponimenti, e continuano per un poco, ma dopo... No! Bisogna che la no­stra offerta sia irrevocabile... andare avanti con nessuna fermata. Non è tanto il cadere che fa, ma è il non sollevarsi, invece bisogna sempre cominciare di nuovo, non stancarsi... Noi non ci conosciamo abbastanza, no, cominciare di nuovo, non stancarsi. Io credo che quando facciamo la nostra offerta, non andiamo fino a fondo; non consideriamo quanto basta, non ci conosciamo. Il male nostro è proprio che non ci conosciamo; con tanti lumi, con tante illu­strazioni, pare siamo sempre i medesimi: è perché non ci conosciamo, non an­diamo a fondo, e quindi non facciamo l'offerta di tutti noi stessi a Dio... Di­ciamo al Signore: Domine ut videam ! Signore voglio vedere, che io veda... In questo non c'è da fare esame, cominciare subito. Non dire: Questo qui non voglio darlo... No, no, no! non bisogna escludere nulla. La Madonna ha fatto la sua offerta intera ed irrevocabile; e ci insegna a fare così anche per la sua vocazione religiosa: Signore, voglio farmi buono! Anche quelli che finora si son ancora tenuti qualcosa, sono stati un poco... adesso è fatto, facciamola adesso la nostra offerta intera...
E parlando dei due vecchi, S. Gioachino e S. Anna, quale dolore avrà lo­ro cagionato la separazione della loro figlia diletta; ma pure da generosi l'han­no fatto volentieri, non come quei parenti che impediscono la vocazione dei loro figli. Essi capivano che la loro figlia aveva una vocazione straordinaria, e le dicevano quelle parole: «Audi, filia et vide et inclina aurem tuam et obliviscere populum tuum et domum patris tui...». E a nostro riguardo ci insegna come dobbiamo regolarci per la nostra vocazione; e se non ci servirà più per noi, perché ormai siamo sicuri, ci servirà per gli altri...
E prima di tutto per essere sicuri della nostra vocazione, dobbiamo do­mandare consiglio a dieci o dodici preti?... Ecco quello che dice S. Alfonso... Ma prima ancora vediamo un po': I parenti hanno qualche diritto sui loro fi­gli? Lutero sì diceva che i figli devono obbedire ai loro parenti anche per ri­guardo alla loro vocazione... Ma S. Alfonso dice con tutti i SS. Padri che filii (in questa vocazione) non tenentur obedire parentibus ... Non tenentur filii parentibus obedire de virginitate servanda vel de aliquo alio statu eligendo -
Non sono tenuti ad obbedire...
E tante volte nel mondo costa... si farebbe qualunque altra cosa piuttosto che lasciare andare un figlio a farsi missionario, religioso; ma i figli non tenentur obedire; e S. Bernardo dice di certi parenti: «Malunt filios perire cum eis, quam regnare sine eis» preferiscono che i loro figli periscano con loro, piutto­sto che regnino in Paradiso senza di loro... Ebbene, a questi parenti, obedire a loro non tenentur i figli, qualunque cosa si dica... Altre volte invece i parenti vogliono solo conoscere la volontà di Dio, e poi la lasciano seguire volentieri; ma sono rari questi casi... E naturalmente anche questo lo fanno sotto specie di provvedere meglio alla loro vocazione... ma in verità pensano a loro stessi e sperano da loro tante cose...
Invece non bisogna guardare a loro, basta conoscere la volontà di Dio, e poi seguirla senz'altro... E come si conosce questa volontà di Dio? S. Alfonso dice che ci sono molti modi di conoscerla anche da noi, direttamente, nei ritiri spirituali, colla preghiera... e poi tenere il silenzio... Ma se bisogna attendere la vocazione dal Signore, non bisogna aspettare che ci mandi un angelo, nep­pure bisogna aspettare un segno straordinario, neppure bisogna aspettare una regola certa; il Signore certe volte lo fa, ma ordinariamente si serve solo di mezzi ordinari. Per esempio S. Francesco d'Assisi in una predica che ha senti­to si è sentito chiamato ed ha lasciato il mondo e si è fatto religioso. Invece S. Francesco di Sales ha sentito un moto soprannaturale che lo chiamava a Dio.
E quindi ecco come definisce S. Francesco di Sales la vocazione al Sacer­dozio, alla vocazione religiosa: «È un moto soprannaturale per cui uno si sen­te eccitato, si sente dal Signore attirato a servirlo in uno stato più sublime». Certe volte si sente anche ripugnanza, ma quello è per infermità umana e non è niente. Per esempio uno si sente inclinazione a farsi Certosino: certamente che si sente un po' di ripugnanza; ma è un momento e poi si va avanti: queste ripugnanze non togliono la vocazione. Certo che bisogna avere le attitudini necessarie; e poi questa ripugnanza con la grazia di Dio si vince...
Noi abbiamo sentito tutti questa inclinazione; e abbiamo fatto questo senza pericolo di sbagliare. Abbiamo tutte le qualità per venire missionari; sia­mo venuti per motivi superiori, non semplicemente naturali. Tuttavia se uno si sentisse in dubbio, lo dica ai superiori e poi si esamini davanti a Dio e dica: Io voglio fare la volontà di Dio e poi veda se c'è pericolo di vocazione falsa... non c'è nulla d'impossibile.
Ma andiamo un po' avanti. Non si deve chiamare proprio niente di consi­glio? Un po' sì, si può chiamare, ma non a tanti, e non a qualunque. Vedete, ci son certuni che vogliono mandare tutti nei Sacramentini, altri tutti Carmeli­tani. Bisogna andare da uomini di Dio, da preti di prudenza e di dottrina, da uomini di spirito, che non facciano spropositi. S. Alfonso dice: «E [...] per certi sacerdoti e finanche dei sacerdoti religiosi di dire a poveri giovani chia­mati allo stato religioso che anche nel mondo si può servire a Dio...». E con­chiude così: «Costoro o si son fatti religiosi senza vocazione, o non hanno mai saputo che cosa sia la vocazione...». «Perché farti missionario ? — dicono — C'è tanto bene da fare qui!». Quasi che mancassero i preti qui. E ancora che adesso ce ne sono tanti soldati. Come diceva il Vicario Generale: E di tutti questi che cosa ne faremo?... Guardi adesso quanti sono soldati!... E tutti quei lì quando ritornino lì manderemo tutti missionari!... Ed io gli ho detto: La Comunità adesso è di 60 e camminano tutti avanti lo stesso senza badare a quello che avviene fuori e senza lasciarsi turbare...
Ma è proprio vero che certi preti e anche religiosi fanno come dice S. Al­fonso, proprio... non si bada... Compatisco i secolari, ma i preti, i religiosi! Non sanno il male che fanno! Un ragazzo che senta quel lì lascia stare...
Dunque consigli pochi, e poi stare tranquilli... C'era una ragazza che vo­leva farsi sacramentina... l'ho esaminata bene; e poi va dalla famiglia e dice: «Vado a farmi Sacramentina...». Allora dicevano che non aveva salute. Ebbe­ne, è andata lo stesso ed ha continuato, ed è venuta vecchia, vecchia, ed è an­cora viva adesso... Questo è anche capitato ad un'altra che voleva farsi suora della Visitazione... ed è stata una suora eccellente...: Suor Serafina, se volete che ve lo dica. Così anche un'altra che adesso è una Sacramentina, una santa superiora. Voleva farsi suora, ma le mancava la dote, e sperava ancora sempre in un suo zio che le aveva promesso che gliela procurerebbe, e intanto prega­va... Intanto suo zio è morto, ed allora ha perso tutte le speranze, ma pure continuava sempre a pregare: voleva farsi Sacramentina. Finché l'è venuta l'ispirazione di passare dalla superiora e ha detto che era nipote di D. Cafasso. Allora la superiora le ha detto: «Se è nipote di D. Cafasso è già bella accetta­ta». Perché D. Cafasso le aveva già detto: Verrà mia nipote, così e così... Non c'è bisogno della dote, non ha che da venire!...
Qualche volta il Signore fa dei miracoli, ma non è necessario quelli... Ma veniamo a noi. Dunque consigli pochi e da persone illuminate... Si prega e poi si fa silenzio. Non che tutto il paese lo sappia... altrimenti capita a star solo un giorno, un mese e poi tornare a casa, ed allora!...
La seconda cosa che dobbiamo vedere è questa: se dobbiamo domandare il permesso ai parenti per venire via. E S. Alfonso dice: No! Essi partono per lo più da principi materiali, pensano all'interesse: Se un figlio va a matrimo­nio, porterà ricchezza e onore alla famiglia; ma se entra in un convento, lo perdiamo; a farlo studiare ci perdiamo... Non succede questo?... I parenti non sono buoni consiglieri, sono interessati. Tanti che sono andati nelle parrocchie,e si son presi con loro dei parenti, si sono poi sempre pentiti. Partendo di qua, mi venivano a domandare consiglio per la parrocchia; ed io ho sempre dato questo di non prendersi dei parenti insieme; e chi ne aveva si è sempre pentito. Poco tempo fa c'era uno che non veniva più a trovarmi. Finché è poi venuto ed io gli ho chiamato il perché che non era più venuto a trovarmi; ed ha dovuto confessarmi che non era più venuto perché io gli avevo detto di non prendersi dei parenti insieme, e lui ne aveva presi, e quindi aveva paura che io lo interrogassi su quelli. Io allora gli ho detto che non l'avevo obbligato, che era solo un consiglio, se voleva metterlo in pratica. Io per me sono neutro, non ho nessun interesse, si dà un consiglio...
I parenti non sono consiglieri. Ma se non dobbiamo domandare la licen­za, dobbiamo scappare?... S. Alfonso dice così: Se è un grand'errore doman­dare consiglio ai parenti, sarebbe maggior errore aspettare la loro licenza. Quindi se è probabile chiedendola di ottenerla, allora pazienza; altrimenti no... Tanti Santi hanno fatto così. S. Francesco Saverio, S. Stanislao Kostka, S. Tommaso d'Aquino... hanno lasciato tutto per la loro vocazione. Dunque non si deve domandare consiglio ai parenti, e neppure aspettare la loro licen­za.
Questa è la dottrina cattolica e tenuta dai Santi. E se per ora noi facciamo altrimenti e richiediamo il consenso dei genitori per i giovani, lo facciamo per non avere dei fastidi. Quando c'era più fede non c'era bisogno di quello, e si poteva anche scappare di casa. Vedete, sono i Dottori della Chiesa che dicono così che i figli non sono obbligati ad obbedire ai parenti in questo... Si dice nel mondo: Crudele! Abbandonare così i parenti! Crudele! Un figlio! I parenti ne hanno bisogno. E se fosse morto ne farebbero senza! E poi a certa età l'Istitu­to non li prende più. Io so di una che voleva farsi suora; ma ha dovuto stare a casa a curare il padre. Adesso lasciamo stare in certi casi si è obbligati, anzi in certi casi si dovrebbe persino uscire dal convento, quando ce ne fosse bisogno. Ebbene adesso il padre è morto, ed essa non può più farsi suora perché non l'accettano più; ed è obbligata a convivere col cognato; e sapete che cosa vuol dire lo stare coi cognati; c'è sempre delle questioni... Vedete che pasticci! Ed io adesso la consolo dicendole che non era obbligata... sebbene avrebbe potu­to... Ma lasciamo stare!...
Quindi non bisogna consigliarsi da loro; e non chiacchierare... Non sta da loro il fare e distruggere le vocazioni. Neppure non si deve domandare loro la licenza; e non c'entrano nemmeno un filo loro.
Il lasciare i parenti non toglie l'affetto: si amano sempre... Ma essi han paura: e se andaste in bocca ad un leone!... E quindi certi parenti, certi amici, certi consiglieri direbbero di lasciare in pace quei poveri selvaggi... Ma se pensassero alla dignità del missionario!... S. Tommaso dice che il Signore manda un angelo a battezzare in punto di morte quegli infedeli che sono vissu­ti bene... Ebbene, questi angeli siamo noi... E quindi non badare a tanti consi­gli; non solo prete così secolare, ma religioso e missionario... Quando si han­no le qualità debite se uno fosse sordo, zoppo, quelli non si può mandare in Africa.
Una volta i parenti fissavano già loro quale dovesse farsi prete e via. Sa­pete che S. Luigi aveva già disposto il Padre... Quindi ad uno dicevano «Que­sto deve darsi alla milizia»; e così lasciavano denaro al primo. L'altro lo desti­navano abate di un monastero; e quindi succedeva che sovente non avevano la vocazione ... Altri scelgono subito i ragazzi che piacciono di più secondo loro, e quei lì li destinano al mondo; gli altri invece che sono un po' tardi d'ingegno, o via, quei lì bisogna toglierli di casa...
Quando si tratta di fare un matrimonio, la dote si cerca, non manca mai;
ma se ha da farsi religiosa allora non si trova!... Se è per un matrimonio sacri­ficano tutto quello che hanno; se vuol farsi suora invece no! Si danno pochi stracci, col patto che ci pensi la beneficenza pubblica...
Così abbiamo visto i doveri che abbiamo verso i parenti; e come dev'esse­re la nostra offerta a Dio: neh? Dev'essere pronta, intiera ed irrevocabile, co­me quella della Madonna...
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