S. FRANCESCO ZAVERIO

3 dicembre 1916
Quad. XII, 27-29
Festa di S. Francesco Zaverio
(3 Dic. 1916)
S. Francesco Zaverio come dopo S. Paolo, modello degli Apostoli e dei Missionari, ospedale nostro Protettore; lungo l'anno lo invochia­mo ogni giorno; oggi specialmente dobbiamo onorarlo e pregarlo.
Vediamo: la sua vocazione; la sua corrispondenza; i frutti di essa.
1. Venuto dalla Spagna per studiare a Parigi si dedicò talmente agli studi filosofici da divenirne maestro, e la insegnò con plauso. Venutovi pure S. Ignazio come compaesano procurò di avvicinarlo, ma da S. Francesco veniva disprezzato; questi tutto ben vestito alla spagnuola, e S. Ignazio vestito alla povera con sottana meschina. Ma poco a poco, anche procurandogli scolari, potè dirgli parole di salute, e gli andava ri­petendo: Francesco, quid prodest... Quid profuit ai dannati eorum su­perbia, quid divitiarum jactantia? (Chaignon). Lottò nel suo cuore buo­no e rotto, e finalmente cogli Esercizi Sp. li fatti di tutto cuore, nei quali stette quattro giorni senza prendere cibo e si legava strettamente mani e piedi davanti a Gesù, si diede tutto a S. Ignazio, che lo formasse alla maggior gloria di Dio.
2. Abbracciata la vocazione religiosa ed apostolica, si diede total­mente all'orazione ed alla mortificazione sotto l'obbedienza, a cui si votò, del suo Superiore S. Ignazio. Il mendicare di porta in porta, do­mandare alloggio negli Ospedali ed ivi applicarsi ai servizi più vili. Fat­to della piaga. Chiamato dal padre a casa, se ne liberò per mezzo d'una santa sorella monaca, e non vi si recò per aggiustare affari di famiglia, vi si recò S. Ignazio. Resistette alle preghiere ed alle minaccie del dome­stico Raverso, che si vedeva mancare un uffìzio lucroso. Il demonio, presagio del gran bene che avrebbe fatto, lo tentò anche cogli incentivi spirituali; mentre era in viaggio per Venezia gli fu presentata la carta di nomina ad un Canonicato di Pamplona: astuzia terribile di Satana!
Ubbidiente partì per le Indie e non volle visitare la madre vecchia, che certamente non avrebbe più veduta (V. Vita). Portava al collo un piccolo reliquiario contenente un assetto di S. Tommaso Ap., protetto­re dell'India, la firma di S. Ignazio, suo superiore, e la professione scritta di suo pugno. Desiderava e chiedeva a S. Ignazio che gli mandas­se confratelli per correggere i suoi sbagli. A S. Ignazio scriveva in gi­nocchio. Era sì affezionato alla Società di Gesù, che ne desiderava sa­pere i progressi, ne gioiva, e ripeteva: Si oblitus fuero tui, Societas Jesu, oblivioni detur dextera mea.
3. A 46 anni, dopo soli dieci di apostolato ha convertito (Brev.)... Desiderava dopo la Cina... (Vita). Dopo tante fatiche e persecuzioni di­ceva: plura, Domine, plura. E consolandolo il Signore: satis, Domine, satis.
Ecco il nostro modello; siamo generosi nell'imitarlo.
Quad. di anonimo, 31-39
XXV. 3 Dicembre 1916 — Studio Presenti gli Studenti
Quest'oggi avete la bocca chiusa, non è vero? E non avete paura che la lingua vi secchi? No, no, non secca, state sicuri; un po' di riposo non fa male, tenete un po' in riposo la lingua. Sempre parlare, sempre parlare con quella lingua in aria non va; anche un po' di silenzio; ma state sicuri che domani la lingua l'avrete di nuovo belle a posto. Fate silenzio perché fate ritiro mensile. E che cosa è il ritiro mensile? Lo sapete già, non ho bisogno di dirlo, ma lo di­co per voi più piccoli. Il ritiro mensile è il primo giorno di ogni mese: noi pren­diamo la prima Domenica di ogni mese, ma non importa; il ritiro mensile è un giorno nel quale ci esaminiamo del mese passato. Il mercante alla fine del me­se fa i suoi bilanci, calcola, guarda quanto gli è entrato, quanto è uscito, e fa la sottrazione per vedere se ha guadagnato o perduto: così facciamo coll'anima nostra. Però in questo ritiro mensile non dobbiamo solo esaminarci del mese passato, ma di tutto l'anno passato, del 1916, fare una meditazione di tutte le parti: considerare le virtù, i difetti, se ho fatto bene, se ho fatto male, e non solo di questo mese, ma di tutto l'anno. Invece di fare questo esame alla fine dell'anno, quando non avremmo più tempo, lo facciamo adesso, che c'è ancora un mese di tempo, prima che termini l'anno, e così esaminarci se ci tro­viamo a posto, se abbiamo fatto tutto bene, e se non ci troviamo a posto, biso­gna pensarci subito, mentre abbiamo ancora il tempo, e non aspettare fino al­lora. Se alla fine dell'anno uno non è a posto, bisogna che si aggiusti, perché bisognerà dar conto al Signore, di tutto l'anno, che è passato. Pensare in che cosa sono stato più biricchino, in che cosa ho mancato più sovente, e avanti!... subito a posto!
Perciò l'esame non deve estendersi solamente a questo mese, ma a tutti i mesi passati, e dovrebbe estendersi anche a tutta la vita, quando eravate anco­ra a casa, e pensare: Dove sono stato più biricchino, quali peccati ho commes­so di più? Ma ora questo non è necessario, per voi basta che torniate indietro fino agli Esercizi Spirituali. Perciò con buona voglia bisogna che vi esaminiate non solo del mese di Novembre, ma anche di tutti gli altri, fino agli Esercizi Spirituali, ed anche di qualche anno addietro. Adesso io non voglio parlarvi dei peccati già confessati, vi parlò invece delle virtù.
Ai peccati già confessati non pensate più, di questi vi siete già confessati, e via ... non ce n'è più bisogno; speriamo che ve ne foste confessati tutti bene; peccati grossi credo che qui ora se ne posson neppure fare, perciò voi dovete esaminarvi di tutti quei peccatuzzi piccoli, di quelle imperfezioni che vi capita­no ogni giorno, ai quali voi non pensate. Domandatevi un po': «Sono più vir­tuoso? sono più caritatevole coi miei compagni, di quanto lo era la prima do­menica del mese passato? Sono più ubbidiente verso i superiori? lo faccio per amor di Dio, o solo per forza?». Poi venite allo studio: «Nello studio sono sempre stato diligente? Ho fatto sempre bene il mio dovere? Ho mai perso neppur un minuto di tempo?». Un minuto sapete, proprio occupare minuto per minuto, lasciarne sfuggire neppur uno. Non te praetereat particula boni diei — Una particela, una minima parte, neppur un minuto. Momentum a quo pendet aeternitas. Pensate che con un solo minuto si può riacquistare la grazia di Dio, rifarsi amico col Signore, ricuperare il Paradiso. E poi dovete pensare che vi sono vicini gli esami, che presto giungeranno, e allora? Oportet studuisse, et non studere. Bisognava studiare allora quando si aveva il tempo, che invece si è perso, e non studiare adesso. Si capisce che si deve studiare an­che quando gli esami sono vicini, ma se non si ha studiato prima è inutile. Oportet studuisse.
Pensate poi ancora se la lingua l'avete sempre tenuta a posto. Quelli che hanno sempre la lingua in aria, sono sempre i più distratti, non possono mai correggersi dei loro difetti, e tutte le settimane debbono confessare gli stessi peccati. E quando si chiacchiera, non si fanno bene i lavori, non si sanno le le­zioni, non si lavora più con animo, con coraggio, si lascia abbattere dallo scoraggiamento. Vedete: S. Francesco Zaverio di cui facciamo oggi la festa, è so­lo vissuto 46 anni, e voi pensate quando avrete anche voi la barba bianca, lun­ga e farete poi del gran bene. Ebbene lui è solo vissuto 10 anni di Missione; e sapete quanto bene ha fatto. S. Francesco Zaverio quando fu chiamato dal Si­gnore a farsi Missionario, fu proprio testardo nel corrispondere alla sua voca­zione. Sapete ben che fu convertito in Spagna. Prima era a Parigi, studiava fi­losofia, insegnava ed era stato eletto Professore. Il suo nome girava sulla boc­ca di tutti, e sapeva godersela. In Spagna era riconosciuto da tutti, e pensava di tornarvi poi, ed avere grandi onori. Un giorno ci arriva un povero, mal ve­stito, è S. Ignazio, che viene a trovare il suo compagno, il suo compatriotta. Lui non osava avvicinarglisi, aveva paura di imbrattarsi, e si teneva in distan­za, quasi disgustato.
Dopo S. Ignazio gli andava sempre dietro e gli ripeteva: «Francesco, fai male! il tuo cuore non è fatto per questo!». L'altro non voleva sentirlo e non sapeva come fare a scappare, e quando S. Ignazio gli ripeteva: «Francesco, quid prodest?» egli rispondeva sempre: «Lasciamo stare, lasciamo stare!». S. Ignazio intanto, pregava il Signore senza cessare, perché sapeva che questo giovane, tutto fuoco, con una volontà di ferro, avrebbe fatto del gran bene. Ma un bel giorno finalmente, lo prende alle strette e gli dice: «Francesco: quid prodest homini si universum mundum lucretur, animae verso suae, detrimentum patiatur? quid prodest a sé tutte queste cose?». Allora l'altro, penetrando la grazia di Dio, a quelle parole cominciò a non esser più contento, vi medita sopra, poi pensa a mutar vita. Forse gli era venuto qualche cosa di contrario, aveva ricevuto qualche disgusto, forse, qualche affronto o altroché dagli altri professori, tutte queste miseriucce insomma che certe volte il Signore manda per tirare a sé quelli ch'Egli chiama. Allora S. Ignazio lo invita a farsi gesuita, e gettare con lui le prime fondamenta della nuova congregazione, che contava sei membri con S. Ignazio, e Francesco accettò. Pentito dei suoi falli vi si gettò con tanto fervore che stette quattro giorni senza mangiare, ed il Signore, vista la sua generosità, non tardò a consolarlo, e dargli l'aiuto che gli bisognava per fare un tale passo. E S. Francesco si legava mani e piedi, poi si poneva davanti al Crocifisso e diceva: «Mani e piedi. Signore, mani e piedi!». Il diavolo, ve­dendo che quel giovane avrebbe convertito mezzo mondo, non poteva darsi pace, lo tentava in tutti i modi, cercava d'ingannarlo, ma egli, sempre fermo diceva: pensando all'eternità dell'Inferno, ed ai dannati che ivi erano: — Quid profuit illis superbia? quid profuit bonorum subastantiae? — e si dava tutto al Signore. Se noi siamo generosi col Signore, Egli farà altrettanto con noi; se noi promettiamo uno, Egli ce ne dà quattro, Egli ricompensa ma bisogna ave­re generosità. Il Signore lo colmava, S. Francesco; e lui, vedendosi così conso­lato, diceva: «Satis Domine, satis! — Basta, o Signore, basta!». E poi ancora, aveva paura di progredire troppo poco, e dopo aver fatto quella risoluzione, diceva con S. Paolo: «Quid me vis tacere? — Che cosa vuoi che io faccia o Si­gnore?». E poi faceva: e non a parole, ma a fatti, con tutte le sue forze. Ma al­lora il diavolo, non potendo stare in pace, andò a tentarlo, e gli diceva: «Ma tu sei folle! come potrai resistere a quella vita lì? tu non puoi resistere, tu sei matto! vuoi ucciderti! puoi essere anche buon cristiano, vivendo nel mondo, vestendoti bene, senza fare una vita simile!». Ma lui ha sempre voluto fare la volontà di Dio. Quando i suoi hanno saputo queste cose, l'hanno subito pre­gato che venisse a casa, e sono andati a prenderlo per farlo andar via; ma una sorella si pose poi in mezzo a lui e suo padre, e gli disse: «Lascialo stare!» e il papa lo lasciò stare, non l'ha più cimentato. S. Francesco aveva poi ancora un servo, un Navarro, che lo piumava bene, e quando costui ha visto questo, è montato anche lui sulle furie, e pensava: «Costui non mi vuoi più adesso, non vuoi più che gli faccia toeletta, che gli stia sempre dietro, ed un bel giorno mi manda a spasso: allora sarei senza lavoro e farei di nuovo la vita di prima. Tutto irato va da S. Ignazio, poi sgrida S. Francesco, perché lo lasci cosi e lo mandi via. Ma S. Francesco lo tranquillizzò subito. Dopo tutto questo viene an­cora un altro fatto. Mentre tutto era pronto per la partenza, arriva da Pamplona, la notizia della sua elezione a canonico di Pamplona. Il demonio tenta­va ancora l'ultimo colpo. Per ottenere i suoi fini usa mica solo mezzi cattivi, ma anche mezzi buoni, come questa, di essere cioè eletto canonico di quella città: ma S. Francesco rispose subito: «Non posso, ho da fare altro io adesso!». Il diavolo si fa vedere in tanti modi, fa vedere tante cose buone, tut­to per ingannare; e diceva tra sé: «Se è canonico si ritira là, prega, e lascialo pregare; intanto non si fa tanto santo, non va in missione, ed un milione di anime mi cade nell'Inferno, ed io n'ho basta».
Ma niente di tutto questo! San Francesco va a Roma, ottiene il permesso, parte per l'India, ed ha fatto tutto quel che ha fatto, voi sapete come ha convertito l'India. Parlava una lingua che tutti capivano, a tutti pareva di udire la lingua del proprio paese: parlava forte, a qualunque distanza tutti lo sentiva­no, i più lontani lo sentivano come i più vicini, era sentito e capito da tutti. E il Signore faceva anche miracoli. Quando si fa quel che si può, il Signore aiuta Lui, e ben sovente si vedono quegli ingegni mediocri, riuscir poi meglio di certi altri che avevano tanto ingegno, perché pregano il Signore, e chi prega, il Signore l'aiuta sempre. Quando costa qualche cosa il vostro dovere, fatelo egualmente, di buona voglia, e poi vedrete che il Signore vi benedice. San Francesco ha fatto tutto quel che ha potuto per studiare, per imparare quelle lingue, cosi difficili, non s'è risparmiato, e se non c'è riuscito il Signore ha fat­to il resto, e faceva miracoli per lui. Voleva convertire tutta l'India, poi il Giappone, poi passare in Cina, di qui passare in Russia e venire in Europa, convertire tutti quei cattivi cristiani che vi erano; poi passare per l'Africa, con­vertire tutte quelle genti e ritornare a passare tutti quei luoghi convertiti. Il Si­gnore si contentò del suo zelo così grande, e gli diede solo 10 anni di apostola­to, eppure in dieci anni, quanto bene ha fatto! Ma egli quando vedeva innanzi a sé tante fatiche, tante anime da salvare, ripeteva sempre: «Plura, Domine, plura! — Signore, io voglio anime! dammi anime! Se vuoi qualche sacrifizio, lo faccio, ma dammi anime!».
È morto quasi abbandonato, là nella costa dell'India, sospirando ancora la conversione di tante anime, e gli Angeli soli lo assistevano. Aveva fatti tanti miracoli in vita, e quanti n'ha fatti dopo morto! Il suo corpo fu sepolto nella calce viva, che doveva bruciarlo tutto, invece quando fu trasportato era anco­ra quasi intatto. E poi nella città di... c'era la peste, ed appena il suo corpo fu sbarcato, appena entrò nella città, la peste cessò subito. Ancora molti altri mi­racoli si sono succeduti e si succedono; e tutto questo perché? tutto questo, tutto il suo gran bene, perché aveva ascoltato la voce di Dio. — quid prodest? — perché aveva seguito la sua vocazione, ma corrispondere sul serio, a corri­spondere con tutte le sue forze. Anche voi siete stati chiamati da Dio a seguire la sua vocazione; se siete costanti, se avete una volontà ferma, il Signore vi aiuterà e vi farà ancora tante grazie. Non fa bisogno di digiunare, far peniten­za, e questo e quello, basta che abbiate una volontà di ferro, energia, a com­piere bene i vostri doveri e seguir bene la volontà del Signore. Se S. Francesco si fosse ritirato là in un confessionale a confessare, avrebbe fatto anche del be­ne, ma non avrebbe fatto la volontà di Dio, ed il suo onore si sarebbe perduto con la sua memoria. Invece è tutt'altro. Passato poco tempo dopo la sua mor­te, tutto pareva scomparso dalla faccia della terra, invece allora appunto co­minciò il suo onore. Tutto su questa terra passa, ma S. Francesco non è passa­to, come non son passati tutti gli altri grandi santi, come S. Paolo, e sono sem­pre cari. S. Paolo è sempre ricordato, è sempre vivo. S. Francesco è sempre santo, tanto dedito prima agli onori del mondo, tanto dedito all'amor del Si­gnore.
Raccomandatevi perciò tutti i giorni a S. Francesco, che vi aiuti, vi forti­fichi nello spirito, a fare il bene, vi conservi nell'amor del Signore, e vi ottenga lui una buona volontà, una volontà forte come la sua.
Vedete: S. Bernardo dice che la volontà è come una sanguisuga. La san­guisuga cosa fa? Succhia via il sangue guasto, il sangue cattivo. Invece di fare un salasso, si mette una sanguisuga, e bisogna stare attenti a non lasciarla troppo, altrimenti, oltre il sangue cattivo, tira via anche il buono, e invece di far del bene fa del male.
Cosi fa la volontà maligna che guasta tutto il bene. Quando uno vuoi fare le cose di sua volontà, non le fa bene, la cattiva volontà guasta. Sarà magari una cosa buona in sé: Vorrei andare a studio a studiare, ed è il tempo di ricrea­zione! — Sono a studio e vorrei pregare invece di studiare, e questo non è be­ne, perché non fatto a suo tempo. Bisogna invece avere una volontà buona, che non guasti il bene, cedere sempre la nostra volontà a quella dei superiori;
togliere via tutti i capricci, e fare tutto bene quanto ci vien comandato.
Perciò pregatelo S. Francesco, pregatelo soprattutto che vi dia una volon­tà risoluta, una volontà di ferro, dura! un'energia pronta, di fuoco, a seguire la volontà di Dio, e la vostra vocazione! Allora siamo intesi: farete cosi, ed io vi do la mia benedizione...
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