CONSOLAZIONE NELLA LETTURA DELLA S. SCRITTURA

17 dicembre 1916
Quad. XII, 28-29
Le S. Scritture siano nostra Consolazione
(Ep. 2ª Dom. d'Avv.)
In questi tempi tanto dolorosi per tutti, ed anche per noi, a chi ci rivolgeremo per consolazione? Certamente a Gesù, che vive con noi e per nostra salute, e ricorriamovi continuamente in comune ed in priva­to. Ripetiamogli: Memento Dom. — Visita — Abbiamo Maria SS. Consolata, che nostra Patrona e Madre speciale ci consola... Ma poi al­la lettura delle S. Scritture. Rammentate ciò che sta scritto nel Libro I, cap. 12 dei Maccabei. A rio re degli Spartani scrivendo a donata S. Sa­cerdote per rinnovare l'antica alleanza del suo col popolo giudaico, of­friva le sue possessioni e gli armenti in soccorso, donata rispose quella bella risposta: Nos, quum nullo eorum indigeremus, habentes solatio sanctos libros, qui sunt in manibus nostris. Bastavano a consolarli le S. Scritture in mezzo a tante tribulazioni.
La stessa cosa ci ripete oggi S. Paolo (Dom. II d'Avv.) nell'Ep. ai Romani: Quaecumque scripta sunt, ad nostram doctrinam scripta sunt:
ut per patientiam et consolationem Scripturarum spem habeamus. E voleva dire che le letture delle S. Scritture fortificano la nostra speranza e ci consolano nelle tabulazioni della vita.
I Santi perciò dicevano: la S. Scrittura un arsenale di armi offensi­ve e difensive, un magazzino d'ogni sorta di rimedii..
S. Agostino: Non est animae morbus, qui non habeat in Scripturis medicamentum suum. E riferisce la 3 Beat.: Beati qui lugent alla cono­scenza della S. Scrittura. — S. Gerolamo: Quid potest esse vita sine scientia Scripturarum? — In esse, dice S. Gregorio M. conosci il buon cuore che ha Dio: Disce cor Dei in verbis Dei.
S. Carlo appellava la S. Scrittura il suo giardino e soleva leggerla a capo scoperto ed inginocchiato.
S. Agostino la chiamava sua casta delizia: Sint castae deliciae meae Scripturae tuae.
E venendo al particolare S. Paolo a Tim. scrive: Omnis Scriptura divinitus inspirata utilis est ad docendum, ad arguendum, ad corripien-dum, ad erudiendum in justitia. Ed altrove: Ut perfectus sit homo, ad omne opus bonum instructus, cioè perfetto per sé e capace di fare ogni sorta di bene. Lucerna pedibus meis verbum tuum.
La S. Scrittura ci scalda di amor di Dio: Ignitum eloquium tuum. Es. i discepoli di Emaus. In meditatione mea exhardescit ignis. Nisi quod lex... S. Gerolamo: Ama scientiam Scripturarum, et vitia carnis non amabis. È un Sacramentale...
Ma come usarla la S. Scrittura? Leggerla, stare attenti quando si legge, specialmente in Refettorio. Non basta: bisogna scrutarla. È N.S.G.C. che lo dice: Scrutamini Scripturas, ipsae testimonium perhibent de me. S. Agostino: Mira profunditas eloquiorum Dei! Le S. Scritture sono un puteus altus, cioè profondo, che esige fatica a tirare acqua; ma è fatica dolce e consolante. Si sbagliano quelli che non han­no sempre tra mani, o che credono di tosto tutto capire; solo ai semplici si rivela Dio, e si nasconde ai superbi. Per ben comprendere la S. Scrit­tura bisogna pregare e mantere gran purità di vita. Dice l'Imit. Qui vult piene et sapide Christi verba intelligere, oportet ut totam vitam suam stndeat lili conformare (L. I, c. 1).
Si potranno e si dovranno pure usare i criterii d'ermeneutica natu­rali e teologici, ma con moderazione e presi a sane fonti.
Noto in fine che quanto si disse sulla S. Scrittura, si deve dire se­condariamente delle letture spirituali e della S. Teologia, che sono i commenti della S. Scrittura, su cui devono fondarsi e di cui impolparsi. Anticamente non esistevano, e tutto lo studio era sulle S. Scritture.
P.V. Merlo Pich, quad. 341-349
17 Dicembre
Sulla S. Scrittura e Letture spirituali
Tutto il male non viene per nuocere. Vedete il Signore ci benedirà. (A D. Dolza): Cosa fa il governo di te? Tu sei buono per l'Istituto. E Carlo?! È solo per dargli importanza che lo fanno andar là, ma poi lo manderà di nuovo a ca­sa. Non siete voi che andrete a liberare il Trentino e Trieste.
E certo che i tempi son dolorosi, finché non abbiamo la pace, ed abbiamo bisogno di consolazione. E dove trovarla questa consolazione? Come si con­solavano i Santi dell'Antico Testamento e del Nuovo? Quali mezzi adoperava­no?
Nel primo libro dei Macabei al capo 12° si legge che il re Ario degli Spar­tani aveva fatto alleanza cogli Ebrei; e si avevano offerto a vicenda le loro possessioni, i loro armenti, in modo che se uno aveva bisogno della roba dell'altro se la davano: allora la facevano così l'alleanza.
Ebbene vedete, Gionata, che era allora il sommo Sacerdote e il principe della milizia, ed i suoi fratelli rispondendo al re Ario degli Spartani, dicevano così: «Nos, cum nullo horum indigeremus, habentes solatio sanctos libros qui sunt in manibus nostris» (1 Mac. 12,9). Noi non abbiamo bisogno della vostra alleanza e del vostro aiuto; a noi basta la consolazione dei santi libri che sono nelle nostre mani. Che bella cosa è mai questa! I poveri Ebrei erano sempre in guerra continua, eppure dicono che non hanno bisogno di aiuto, che la loro consolazione erano i santi libri: «habentes solatio sanctos libros»; e questi so­no i libri santi, è la S. Scrittura. Così dev'essere anche per noi: la S. Scrittura dev'essere la nostra consolazione.
Anche S. Paolo nell'Epistola di domenica diceva: «Quaecumque scripta sunt, ad nostram doctrinam scripta sunt». Tutto quello che è scritto, è stato scritto per nostro insegnamento, ed in particolare dice: «ut per patientiam et consolationem scripturarum spem habeamus». In particolare sono state scrit­te affinchè ci consolino col farci stare pazienti, e fermi nella speranza. La S. Scrittura ci consola, ci fortifica e ci sostiene nelle tribolazioni, affinchè stiamo fermi nella speranza. Tutta la S. Scrittura, sia l'Antico Testamento come il Nuovo dobbiamo leggerli per essere consolati.
Specialmente il libro di Giobbe, quel povero Giobbe, che in mezzo a tante disgrazie benediceva sempre il Signore. Così il resto: Chi si confida in Dio resta sempre consolato. Noi diamo troppo poco importanza a questo. La S. Scrittura ci consola. I libri dei Maccabei bisogna leggerli sovente quando ab­biamo qualche cosa per la testa, nelle tribolazioni, vedere ch'erano sempre in guerra da tutte le parti; eppure «habentes solatio sanctos libros» ne avevano basta; così deve essere anche per noi, «per consolationem scripturarum spem habeamus».
S. Agostino dice che queste tre beatitudini: «Beati qui esuriunt et sitiunt justitiam — Beati qui lugent — Beati qui persecutionem patiuntur, ... quo-niam ipsi consolabuntur» appartengono alla conoscenza della S. Scrittura; e dice che saranno consolati non solo in Paradiso, ma anche in questo mondo, leggendo la S. Scrittura. Vedete, S. Agostino mette la consolazione, la beatitu­dine promessa da N. Signore nella S. Scrittura; ed infatti dice che non vi è ma­le dell'anima che non trovi rimedio nella S. Scrittura: «Non est animae morbus qui non habeat in Scriptura medicamentum suum».
E poi tutti i Santi dicono che la S. Scrittura è un magazzino di ogni sorta di rimedii; è un arsenale pieno di armi offensive e difensive per combattere contro i nemici della nostra anima, il demonio ed il mondo...
S. Gregorio dice: «Disce cor Dei in verbis Dei». Impara a conoscere nelle parole di Dio, nella S. Scrittura, il cuore così buono di Dio.
E S. Girolamo: «Quid potest esse vita nostra sine scientia Scripturarum?». Che cosa può essere la nostra vita senza lo studio, senza la scienza della S. Scrittura? Resta una vita piena di miserie, non è più una vita ma è una morte.
E perciò S. Agostino dice: «Sint castae deliciae meae Scripturae tuae», o Signore: le tue Scritture sieno le mie delizie, le mie caste delizie.
Vedete quale importanza davano i Santi a leggere la S. Scrittura. Tutti i Santi trovavano nella S. Scrittura una fonte di consolazione e di vita. La paro­la di Dio penetra come una spada nell'anima e provvede a tutti i nostri biso­gni.
La S. Scrittura è un Sacramentale: e questo è certo perché è parola di Dio e perciò conferisce della grazia, infonde consolazione. E chi è che non ha biso­gno di consolazione?
E poi la S. Scrittura serve anche contro le tentazioni specialmente per conservare la bella virtù della castità. S. Girolamo diceva: «Ama scientiam Scripturarum et vitia carnis non amabis». Ama la scienza della S. Scrittura e non amerai i vizi della carne. La S. Scrittura serve contro il peccato; e con que­sto s'intende che la S. Scrittura è un mezzo per vincere le tentazioni, special­mente quelle contro la bella virtù. Tenetele bene a mente queste parole di S. Girolamo: «Ama scientiam Scripturarum et vitia carnis non amabis».
Inoltre la S. Scrittura, il leggere la S. Scrittura eccita nel nostro cuore l'amore di Dio, scalda il cuore. «Ignitum eloquium tuum. Domine»: Signore, le tue parole sono di fuoco, e se sono di fuoco scaldano. Vedete un poco i di­scepoli di Emmaus che venendo da Gerusalemme, accompagnando N. Signo­re, quando N. Signore si è unito a loro, e parlando con lui senza conoscerlo, dopo quando hanno conosciuto che era N. Signore dicevano poi: «Nonne cor nostrum ardens erat» mentre Lui ci parlava? Le sue parole ci scaldavano la mente: eppure non lo conoscevano ancora. Le parole di N. Signore sono di fuoco: «ignitum eloquium tuum. Domine».
Poi lo dice S. Paolo nell'Epistola a Timoteo. La S. Scrittura fa questo:
«Ut perfectus sit homo Dei, ad omne opus bonum instructus». La S. Scrittura rende perfetti coloro che la studiano, e li prepara a fare ogni opera buona; dà tutte le grazie, tutte le virtù, tutti i mezzi per santificarsi. È un vero tesoro, un magazzino di medicinali, un arsenale di armi, in cui possiamo trovare tutto quello di cui abbiamo bisogno in questi giorni.
Con questo non intendo solo di parlare della S. Scrittura propriamente detta, ma anche di tutti gli altri libri spirituali che sono come esplicazione, ap­plicazione della S. Scrittura; e quindi tutti i libri spirituali, le meditazioni, la lettura spirituale. Tutti i libri che sono di spiegazione, di commento ed appli­cazione della S. Scrittura è lettura spirituale, meditazione, e ci portano conso­lazione; e questa consolazione va al cuore, non quella consolazione che lascia il tempo che trova.
La S. Scrittura ci apporta questi beni. Vedete, quando uno ha qualche fa­stidio per la testa, è preoccupato dell'avvenire, legga un capo di S. Scrittura, e si troverà consolato. L'Antico Testamento parla sempre di guerra, perché c'è sempre stato il peccato che ne è l'origine, e con tutte le altre miserie: «A peste, fame et bello, libera nos, Domine». E applichiamo a noi, prendiamo per esempio i Salmi, ce ne sono tanti che sono facilmente applicabili a noi, come i Penitenziali. Io mi ricordo che in Seminario c'era un bravo chierico che si ave­va preso sei altri compagni a cui aveva dato un salmo penitenziale a ciascuno da recitare in modo che ogni giorno tutto il gruppo recitava tutti sette i Salmi penitenziali. Mi ricordo che a me capitò il Salmo: «Deus ne in furore tuo arguas me» e l'ho sempre recitato: ciascuno aveva il suo e lo recitava. Come fan­no i giovani adesso per il Rosario. Si potrebbe anche fare da voi: un nucleo prende i suoi sette salmi, un altro nucleo di nuovo, così... Adesso sarebbe pro­prio il tempo. Ma ad ogni modo non voglio moltiplicare le cose: ognuno può prenderselo per sé.
Andiamo avanti: non basta leggerla la S. Scrittura, ma bisogna scrutarla, andare a fondo. N. Signore non ha detto solo di leggerla, ma di scrutarla: «Scrutamini Scripturas» andate fino al fondo, maneggiatela, massime se si tratta di pietà; ed allora S. Agostino dice che possiamo tirarla a nostro modo, allora non c'è bisogno di tanta ermeneutica: per me fa bene quello, e va ben quelli. Ma anche scrutamini: non leggerla solo di passaggio, ma fermarsi so­pra; prendere per esempio tre versetti e fermarsi lì. Fortunati voi che la leggete a tavola! Bisogna stare attenti non solo al latino, ma anche alle traduzioni ed alle note.
E poi non solo far attenzione a quello che si legge così in comune, ma leg­gerla anche privatamente: se uno ha un po' più di tempo, andare a prendere per esempio i libri dei Paralipomeni, e dei Maccabei: lì sì che si vede la storia del genere umano, le miserie umane in punizione del peccato... Quella lì è la storia vera che ci fa del bene.
I Santi dicevano che la S. Scrittura è un pozzo profondo: «Puteus altus». Se misuriamo di sotto invece di profondo, resta alto. E S. Agostino diceva:
«Mira profunditas eloquiorum Domini» ammirabile profondità delle parole del Signore; e quindi esige un po' di fatica lo scrutarla come se avessimo da ti­rare su acqua da un pozzo profondo, ma poi è consolante e dolce.
E adesso vediamo un po': Quali sono le disposizioni per leggere bene la S. Scrittura? Prima di tutto è la purità della vita, e poi orazione: pregare mentre si legge la S. Scrittura che il Signore ci illumini; mettere in mezzo tante giacu­latorie; e poi la stessa S. Scrittura è già preghiera in sé. Bisogna leggerla con purità d'intenzione, non come certi dottoroni tedeschi che scrutano la S. Scrit­tura ma per trovare la prova dei loro errori. Tuttavia bisogna usare certi criteri d'ermeneutica, naturale e soprannaturale: naturale come studiate anche in al­tri libri, e soprannaturale specialmente per la Teologia. Ma soprattutto biso­gna leggerla con quello spirito con cui fu scritta, leggerla con riverenza, non voler penetrare più di quello che si può.
Leggerla con rispetto: S. Carlo Borromeo la leggeva sempre a capo sco­perto ed in ginocchio; la chiamava il suo giardino, e la leggeva sovente quan­tunque avesse molto da fare, sapete, aveva sempre da andare in visita alla dio­cesi: leggeva dopo il pranzo. Adesso non dico che facciate anche voi così: quando sarete ad una certa età, potrete fare anche quelli, si potrà anche scrive­re. Il Ven. Cafasso diceva che mangiava sempre in modo da poter subito dopo studiare.Da noi qualcheduno ha bisogno di mangiare prima di fare quelli. Conosco io un predicatore che aveva sempre bisogno di mangiare prima di predicare. Per certi predicatori è proprio così: noi invece se avessimo da predi­care subito dopo mangiato, perderemo subito il filo.
S. Carlo Borromeo diceva che la S. Scrittura era il suo giardino; e quando qualcuno lo invitava ad andare un po' a passeggio, ad andare un po' nel giardino, diceva che il giardino di un ecclesiastico è la S. Scrittura.
Se la leggiamo con queste disposizioni la S. Scrittura ci farà del bene: ec­citerà in noi l'amor di Dio, il desiderio della perfezione, e specialmente ci aiu­terà a conservare la santa purità. E questo non solo la S. Scrittura propria­mente detta, ma gradatamente e proporzionatamente tutti i libri spirituali.
Facciamo in questo modo ed il Signore ci consolerà noi ed i nostri cari.
... Adesso ho da fare: pregate il Signore che benedica la causa del Ven. D. Bosco. Io sono stato con lui fin dal 62: voi eravate ancora tutti in mente Dei: è stato mio confessore, ed è giusto che vada a deporre. Fanno giurare. Fanno giurare su tutto quello che si dice, e sotto pena di scomunica riservata al solo S. Padre, in articulo mortis... Si sta là dalle tre alle cinque. Ed è un affare sa­pete! Io mi scrivo sempre tutto prima...
Anche i Salesiani sono venuti per deporre per il nostro Ven. D. Cafasso, c'era venuto D. Rua, era stato suo confessore e maestro; e adesso bisogna che vada anch'io; ed in principio quasi mi mostravo offeso che non mi chiamasse­ro. Ma adesso è quasi alla fine. Noi il nostro è già finito da tre o quattro anni.
Bisogna godere del bene altrui. C'era D. Rua, qualcuno di voi l'ha cono­sciuto, ebbene egli godeva espressamente del bene del nostro Istituto, e diceva che appena gli arrivava il nostro periodico, lo leggeva con piacere dalla prima lettera all'ultima, e quando c'era qualche cosa di bene, mi diceva:Godo di questo, me ne congratulo. I Santi non erano gelosi.
Per questo non vado nemmeno più in coro, ne sono dispensato. Vedete l'importanza che dà la Chiesa a queste cose: dispensa dal Coro chi deve depor­re, e per tutto il giorno, anche che debba solo andare a deporre alla sera; e non solo chi deve andare a deporre ma tutto il tribunale: il Can. Sorasio, e poi tre altri sacerdoti che però non sono canonici, l'avvocato fiscale e poi chi è incari­cato di scrivere...
Noi andremo in Paradiso anche senza tutte queste cose ma tuttavia qual­cuno è necessario. Pregate, adesso mi hanno promesso che uscirà il decreto per il nostro Ven. D. Cafasso che ha praticato le virtù in grado eroico. Abbia­mo provato che le ha praticate tutte in grado eroico: ce n'era sapete: se ne è stampato spesso così. Il procuratore della Fede, quello che chiamano l'avvo­cato del diavolo mi diceva: Non s'inquieti per provare che ha praticato le virtù in grado eroico: ne ha!... Se lui che deve far contro dice che ne ha, possiamo stare sicuri. E poi ci saranno i miracoli. Il rettore del Seminario di Mondovì mi raccontava che aveva raccomandata un'inferma al S. Padre, e che il S. Padre aveva risposto che si raccomandasse al Ven. Cafasso: Si raccomandi al Ven. Cafasso, di cui mi sta tanto a cuore la beatificazione. L'altro Papa ne parlava sempre, e questo qui invece non sapeva; ma sono andato io e gli ho detto che si raccomandasse di affrettarla...
Bene, là. «Consolamini in verbis istis»: consoliamoci colla S. Scrittura. Nelle nostre angustie è vero che abbiamo già Gesù Sacramentato e la Madon­na, ma anche queste cose. La S. Scrittura, la storia ecclesiastica e riferitela a voi, la storia è maestra della vita: magistra vitae. Vedere attraverso agli anni, attraverso i tempi come il Signore guida tutto. Al giudizio universale vedremo chi avrà ragione e chi non avrà ragione. Allora diranno: «Nos insensati! Vitam illorum putabamus insaniam» credevamo che fosse stoltezza il lasciare i parenti per andare in Africa, invece: «Ecce quomodo computati sunt inter filios Dei».
Il nostro Professore di S. Scrittura, Ghiringhello, e cha poi era dottissimo in lingue orientali; è lui che ha scritto una vita di N. Signore Gesù Cristo con­tro quella scritta dal Renan, e che è veramente un capo d'opera stimatissima in Germania, e poi anche autore di altri libri di storia e di critica. Sono libri un po' duri ma profondi, ma siccome sono un po' duri non si leggono ai nostri giorni. Però il Professore di Padova Mons. [...] ha letto quella vita lì e poi mi domandava se non aveva anche scritto altre cose, e lo stimava molto; ma sono libri duri che la gente non ha voglia di leggere.
Questo Professore, quando ci faceva scuola, se capitava a prendere i libri dei Re, o dei Maccabei, perdeva il filo, ed andava avanti, non poteva più la­sciarli,... andava avanti senza accorgersi; finché quando se ne accorgeva ci chiamava poi scusa; ed allora noi che eravamo ben contenti gli dicevamo che continuasse.
Anche voi consolamini in tutte queste letture. De civitateDei come sareb­be bello leggerla: quella lì che è vera filosofia della storia. S. Agostino fa nota­re bene, fa vedere la Provvidenza di Dio che dirige tutto e che non permette nulla senza i suoi fini; e che anche da questo scompiglio saprà trarre i beni che vuole.
Dunque fate coraggio, anche quelli che stanno sulle spine per andare sot­to e poi anche tutti gli altri. C'è qui D. Ferrero che scrive che sta bene di salute e poi anche di morale. L'essenziale è di non prevenire, fare la volontà del Si­gnore e poi non andare là sbadatamente, certo, e poi il Signore aiuterà.
Come Negri che mi scrive. Sapete che l'hanno fatto abile. Dice che hanno disfatto l'ospedale ed adesso stanno sotto la tenda, e dice che è obbligato a stare con due esseri là, due studentucci e scrive che sono tanti... Non posso chiamarli con altro nome, dice, che con quello di porchi. Ma poi dice che gra­zie a Dio adesso c'è venuto con lui un bravo Sacerdote e se la fa buona con lui. Del resto chi vuol fare il suo dovere non teme di niente. Fa come S. Antonio che in mezzo a tutte quelle bestiacce rideva e diceva: Se poteste qualche cosa contro di me basterebbe una di voi contro di me; ma siccome venite in molte, è segno che non potete mangiarmi... Rideva lui...
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