EPIFANIA — FORMAZIONE MISSIONARIA

      6 gennaio 1917
Quad. XII, 29-30
Epifania
L'Erri. Card. Arcivescovo stamane nella Metropolitana teneva l'Omelia in preparazione alla rinnovazione dei Voti Battesimali, pratica che rimonta a S. Massimo Arcivescovo di Torino. Cominciò col fatto di S. Gerolamo ben percosso pel suo soverchio amore ai Classici latini... Ciceronianus es tu.
A quanti cristiani dei nostri tempi potrebbe dirsi che non sono cri­stiani, ed offendendosi per tale affermazione, risponderemo che sono bensì cristiani di nome perché battezzati da bambini, forse ancora cri­stiani perché conservano alcune pratiche del cristiano, come della Mes­sa festiva, della Pasqua; ma non si dimostrano veri cristiani praticanti nei pensieri, nelle parole e nelle loro azioni. Sta scritto: Qui spiritum Christi non habet, hic non est Ejus; — qui loquitur, quasi sermones Dei; — opera quae facio, ipsa testimonium perhibent de me; — qui confitebitur me coram hominibus...; qui erubuerit me... Ora quanti dei cristiani odierni si regolano così? Ma io pensava a voi durante la predi­ca ed applicava a' missionarii tali considerazioni. Siete voi non Cicero­niani, non cristiani, ma missionari, e veramente aspiranti all'Apostola­to? Siete tali cogitatione, verbo et opere? Sono degni di missionarii i pensieri che nel giorno nutrite nella vostra testa, cioè desideri di farvi santi per rendervi idonei al presente a cooperare alla salute delle anime infedeli colle vostre sante intenzioni, allontanando dalla vostra mente e dal vostro cuore ogni peccato, ogni fine non retto e non ruminando co­se umane e mondane; empirsi dello spirito di N. S. G. C. il sensum Chri­sti... E le vostre parole, i vostri discorsi, sono di Dio e di cose che con­ducano a Dio? Nelle ricreazioni dovreste sempre parlare di cose spiri­tuali e di studio; invece sovente si parla di mondo e di nullità...
Quanto alle opere, esaminatevi sovente come doveste renderne subito conto al Tribunale di Dio. Conchiudiamo interrogandoci sovente: Son io missionario?
P.P. Albertone,quad. VII, 3-9
Conf. del 6 Gennaio 1916 (sic)
(Ai chierici tutti, e agli studenti)
(Rivolgendosi ai soldati). Se venivano tutti facevamo una festona, ma non sono venuti tutti...; mettevamo in aria tutta la casa, ma cosa mai! sono solo pochi, e sono contenti che noi non facciamo nulla... siamo come gli Ebrei in Babilonia, e non possiamo suonare e cantare cose allegre. Sta a voi tutti af­frettare questo giorno colle vostre preghiere. Ma tuttavia festa è sempre festa, e ... avete già sentito il nostro bravo D. Ferrero stamattina (Sacerdote soldato, che aveva predicato al mattino), ma c'è qui un pezzo scritto da D. Reffo sull'Epifania, e bisogna che lo leggiamo... Eh, Sales sei buono a leggerlo?
Ecco qui dice che la stella comparve solo a quei tre lì, ma la voce comune dice che comparve a tutti, solo che tutti gli altri non ne fecero caso. Fatto sta che sia i sacerdoti, sia quelli di Gerusalemme non se ne sono curati, e si sareb­bero vergognati di vedere un bambino nella stalla, e lì da quel bambino studiar le virtù.
Questa mattina il Cardinale ha fatto l'omelia in Duomo. Perché qui non si fa al primo giorno dell'anno la rinnovazione dei voti battesimali, ma si fa all'Epifania, dopo l'omelia del Cardinale, e questo si fa sino dai tempi di S. Massimo; e diceva: «Un grand'uomo, di molta dottrina, che si chiamava Gerolamo, S. Girolamo, s'era innamorato talmente dei libri dei classici, dei poeti e scrittori latini, e della lor lingua, che trovava insulsa la S. Scrittura. E un giorno, cioè una notte, gli apparve un tale che lo battè di santa ragione, e lui non sapeva darsene la spiegazione. E allora quel tale gli domandò: Chi sei tu? — E S. Gerolamo rispose: Io sono cristiano! — E l'altro: «No, Ciceronianus es tu! — Non è vero che sei cristiano, ma sei ciceroniano»... e giù botte da or­bo! ciceronianus es tu! Perché trovava tutto il suo gusto nei libri di Cicerone, invece di studiare la S. Scrittura! E così l'ha battuto finché S. Girolamo ha chiamato perdono, e poi, quando si è svegliato, ha veduto che era mica un so­gno quello, ma era veramente tutto ammaccato e pesto. E allora sì che si è messo a leggere la S. Scrittura di buona voglia! E ha subito lasciato i classici e si è messo a leggere la S. Scrittura con spirito e allora ha visto che la S. Scrittu­ra non era più insulsa.
E voi che studiate i classici guardate di non preferirli alla S. Scrittura, bi­sogna studiarli sì, quando e come ve li fanno studiare, ma non trovare noiosa la S. Scrittura quando ve la fanno studiare. Non bisogna preferire i classici al­le lettere di S. Paolo, e se vi trovate poco gusto, cattivo segno!
Ma diceva il Cardinale, «se a certa gente dei nostri tempi si dovesse fare la domanda: Tu quis es? — chi sei tu! — quanti dovrebbero rispondere, non ci­ceroniano, perché ne studian poco, ma epicureus es tu... tu sei epicureo — E se dicessero: sono cristiano, sono stato battezzato!... Eh, basta avere il batte­simo per essere cristiani? sei cristiano di nome, ma sei anche cristiano di pen­sieri, di azioni? no! no! no! vivi come un maomettano, bestemmii il nome del Signore, sei stato battezzato nel nome del Signore, e poi lo bestemmi? La mas­sima parte dei cristiani lo sono solo di nome, ma non di fatto.
E che cosa è necessario per essere cristiano? Per essere veramente cristia­no è necessario avere le idee di N. Signore, bisogna avere la lingua che la lin­gua che parli come N. Signore, quasi sermones Dei, avere le opere veramente cristiane... E così ha fatto una bellissima omelia su questo, e poi si son fatte le rinnovazioni dei voti battesimali.
Ed io la applico a voi ed a me. Sei tu un missionario della Consolata? E sì! sei sempre lì! sei sempre nell'Istituto, e anche i nostri cari che sono lontani sono tuttavia sempre dell'Istituto, sono sempre uniti a noi... sono sempre at­taccati all'albero... — ebbene, se ci facessero questa domanda, chi sei tu? — Uno studente della Consolata! ... questo, sì! ma sei un vero studente, un vero aspirante alle missioni? Sei sempre qui, ma qui ci sono anche i gatti, che abita­no qui nell'Istituto!... Basta essere qui per essere un aspirante alle missioni? No! non basta; neppure insuperbirsene!
Il N. Venerabile diceva ai sacerdoti del Convitto che andando per la città, non facessero niente che fosse disdicevole a un sacerdote, perché vi so dire che vi conoscono: sanno che siete del Convitto di S. Francesco! Se è un prete di campagna, e via! ma se è uno di voi, uno del convitto si scandalizzano, che un Padre di S. Francesco abbia quello spirito! E certo la gente doveva scandaliz­zarsi, perché era sotto un santo, un sant'uomo come D. Cafasso, quantunque lui non volesse dire quello!
Per voi non basta interrogare se siete cristiani, ma se siete veri aspiranti alle missioni, perché avete delle obbligazioni maggiori; perché se i cristiani debbono avere lo spirito di N. Signore, perché se non hanno lo spirito di N. Si­gnore, non gli appartengono, hic non est eius, non è neppure cristiano, si quis non habet spiritum Christi, hic non est eius! non è più dei discepoli di N. Si­gnore, e voi tanto più dovete avere lo spirito di N. Signore per le obbligazioni maggiori che avete, di perfezionarvi, come aspiranti alle missioni.
E così se uno vi chiama: sei cristiano? — dovete offendervi! Sono missio­nario! — come se uno interrogasse me: sei cristiano? Come! Sono sacerdote, non solo cristiano! e la troverei un'offesa! Perché l'essere sacerdote aggiunge molto. Così pure voi, non solo dovete avere lo spirito di N. Signore; ma dove­te avere i pensieri, le parole, le azioni di N. Signore. Voi dovete essere missionari nella testa, nella bocca e nel cuore. Pensateci! Queste camere, questi am­bienti sono pei missionari, tutta Torino è pei cristiani, qui invece solo pei missionari, e perciò chi non ha l'intenzione di esserlo e di usare tutti i mezzi per riuscire bene non deve stare qui.
Dobbiamo fare di tanto in tanto come S. Bernardo nell'eremo: Bernarde, ad quid venisti? O Bernardo, per qual motivo sei qui? per godere? oh no! Massime lui che era trappista, non era andato là per godere! Ma per fare peni­tenza, col digiuno, cilicio e lavoro. Sei venuto qui per farti santo, un santo monaco, e non solo un santo qualunque.
Perciò non solo non devo essere un epicureo, ma neppure non mi basta essere cristiano, ma missionario; e devo avere questa intenzione, e non basta volerlo, ma devo averne lo spirito. Qui spiritum Christi, di apostolo, del re­dentore, se non abbiamo questo spirito di farci santi a questo modo, hic non est eius. Saremo ombre, ma non veri missionari. Adunque, quali debbono es­sere i pensieri di un missionario: posso avere qualunque pensiero? No, ma de­vo avere il pensiero di salvare tante anime, di mandarle in paradiso col battesi­mo come P. Ciravegna che ne ha battezzato 600 all'Ospedale.
E così anche i nostri hanno fatto gli apostoli coll'andare a salvare tante anime in quegli ospedali: quanto bene hanno fatto! E anche voi in questi ospe­dali di qui, quanto bene potete fare solamente col buon esempio! pregando per quei poveri infelici che bestemmiano e che parlan male!
I nostri missionari laggiù sono tanto apprezzati, e invece qui, in certi po­sti di qui sono tanto maltrattati, ingiurati! Ma voi, potete essere missionari in ispirito anche così! Il Signore vuol cavare del bene anche dal male. Mentre sa­rete obbligati a stare in mezzo a questo mondo cattivo, il Signore vi farà raf­forzare tanto più nella vostra vocazione, e poi potrete fare anche del bene: ba­sta il contegno stesso!
Ma venendo a noi; i nostri pensieri sono veramente tutti degni dei missio­nari; studio di buona voglia, senza perdere tempo, mentre che questo mi servirà a salvare le anime. Costi quel che vuole, è mio dovere di studiare... Ma per­do niente di tempo? Così non essere prepotenti, ma lasciarci formare,... tutto questo produce tutto frutto di anime. Il Sacerdote non è solo fatto per sé, ma anche per gli altri, e tanto più il missionario, deve essere veramente per le ani­me. E perciò dobbiam dire come S. Francesco: da mihi animas, coetera tolle! questo!
Quest'oggi il nostro esame deve essere questo: N. Signore venendo su questo mondo ha portato la grazia, e noi siamo i mezzi, gli strumenti di N. Si­gnore per introdurre la fede tra i gentili, per chiamarli in seno alla Chiesa e farli cristiani. E perciò saremo missionari, studenti, solo di nome? No, io vo­glio essere un missionario vero, di sostanza. Voglio farmi santo, dotto, per le missioni, per essere un buon missionario, un S. Francesco: voglio salire in questo più che posso: questi sono i pensieri che dobbiamo avere... ad quid ve­nisti? Joseph, Paule, Jacobe, ad quid venisti? eh, più o meno a studiare, ecc.? — No, no, no! Bisogna pensarci che qui dentro si deve essere solo colla mira, coll'idea di farsi un buon missionario e di salvare molte anime.
E nelle parole? Se i cristiani devono già avere delle parole degne di loro, si quis loquitur, quasi sermones Dei, in modo che le parole di Nostro Signore dovremmo poterle sempre sentire in bocca di un cristiano, e le nostre? Fa così pena sentire certi cristiani che parlano così...! oh, che fa pena. Fosse un turco parlerebbe lo stesso.
Un giorno si parlava di un soldato valdese, di un superiore, che era più contegnoso di altri cristiani, parla meglio e pretende dai suoi soldati che fac­ciano il loro dovere, e guai se li sente a bestemmiare, e fa più che non certi cri­stiani! e si avvicinava un giorno di festa, e ha detto: ricordatevi che è poi festa, e c'è il dovere di santificarla, bisogna andare alla Messa. Oh, possibile! Un valdese! Se fosse stato un altro cristiano sarebbe andato contro...
Bisogna che i nostri discorsi siano un po' sugosi, si fanno alle volte dei di­scorsi che hanno né senso né coda! Facciamo di questo un sacrificio per le ani­me. Mi ricordo che quando ero in seminario, lo dicevamo tra di noi, c'era il Mons... Vesc. di Casale, quello che fu poi vescovo di Novara, quello di Geno­va, e lo dicevamo: quando si parla insieme nessuno osa fare il primo! Si tengo­no tutti discorsi proprio insulsi, e se uno osa mettere fuori discorsi un po' reli­giosi, lo guardano tutti stupiti: «Guarda che vuol insegnare»! — Eppure c'era il Can. Soldati e Mons. Gastaldi che parlavano sempre di pietà anche in ricrea­zione, e non si dicevan storie! E noi anche che siamo qui, dobbiamo parlare di cose utili, non di cose scipite... non parlare di mio padre, dei miei parenti ecc... parlate per aiutarvi!...
Quando vedete uno che è un po' deboluccio nella scuola; certo non si deve dire: «L'hai poi capito quello che ha spiegato il professore?» no, perché of­fende il compagno; ma si può dire «questa mattina ho trovata un po' difficile la spiegazione, se vuoi diamo una ripassatina, rivediamo un momento insie­me!», non far vedere che l'aiutiamo per non umiliare il compagno. Facendoci ignorante con gli ignoranti... per carità! Oppure: stamattina la meditazione... non ricordo il soggetto* come l'hai svolta? Che pensieri ti sono venuti in te­sta? È così, alle volte nessuno osa cominciare... tutti sarebbero contenti...! Fate così: non solo discorsi degni di cristiani, ma di missionarii.
O le opere? Non bastano opere da buon cristiano, ma opere da buon mis­sionario: se un cristiano deve ubbidire, tanto più deve essere obbediente un missionario! Se un cristiano non deve cercare tutte le comodità, tanto più non deve cercarle un missionario, ma contentarsi del puro necessario, e se ritarda­no un momento a suonare la campana del mezzodì non deve essere impazien­te, ma continuare a studiare senza pensarci, tranquillamente senza idea di ave­re appetito; così che s'impara a venire missionarii. Non è che adesso dobbiate usare strapazzi senza l'ubbidienza, ma se dovete venire missionari bisogna usare i mezzi, che sono di abituarsi fin d'ora alle privazioni. Quando sarete in Africa che dovrete dormire per terra, nelle carovane, o sotto la tenda... sotto la tenda, P. Ciravegna avrà mica il letto tanto molle...! eppure dopo tanto tempo che è lì dorme ancora sotto la tenda. E credete che abbia un letto come il vostro? Oh! c'è qualche cosa, e basta! Bisogna imparare fin d'ora... alle vol­te ci sarà da dormire per terra e si alzeranno colle ossa indolenzite! Bisogna avvezzarsi: e voglio mica che facciate tutto adesso: ma prima di partire per l'Africa cominciano ad avvezzarsi! Mons. Perlo un anno prima di partire per l'Africa, ha cominciato a mangiare senza bere; non dico vino, s'intende que­sto; in Africa non ce n'è; ma senza bere anche acqua; e diceva che lo faceva per abituarsi, perché non sapeva se dell'acqua avrebbe sempre potuto trovar­ne. E così adesso non trova nessuna difficoltà, perché ha provato tutto; non voglio che facciate senza ubbidienza, ma invece di due o tre bicchieri d'ac­qua, accontentatevi di uno. E invece di fare una smorfia, accontentatevi. Ecco sono tutte cose che si ripetono. Volete essere missionari gaudenti? No!
Vedete come adesso il governo ha ridotto l'uso della carne!... E il pane! Come l'ha ridotto ai soldati! L'altra sera ce n'ha portata una pagnotta a casa, ma non è mica bianco come il vostro! Così qualche volta starete senza fare merenda! È così! il governo non li mantiene mica...! Bisogna che impariate a fare sacrifizi! La colazione è solo un aiuto per arrivare al pranzo: non bisogna scambiare la colazione col pranzo e colla cena, e così la cena deve essere modi­ca: altrimenti si fanno tutta la notte dei sogni spaventosi e al mattino vi alzate stanchi come S. Girolamo quando era stato battuto dal demonio! Mons. Gastaldi diceva che la gioventù in generale mangia sempre più di quello che ha bi­sogno. Non dico che non mangiate: ma per esempio, ai soldati danno cinque noci per colazione, e non mica delle più belle, erano noci che facevan pietà! Li ho visti a fare gli esercizi: poveretti, facevano pietà; mettevano le mani in tasca pel freddo... e dopo di aver mangiato poche noci per colazione. O due pomi, di quelli che noi getteremmo via! due pomi piccoli o uno uh po' più grosso! E poi per la minestra si può dire che contano i cucchiai! Si direbbe: al­meno i soldati! eppure no! due volte sole alla settimana hanno la carne. E cer­to non posson mica nutrirsi a sufficienza! Voi non dico mica di non mangiare, ma ringraziare il Signore disposti a fare qualche sacrifizio qualche volta! Biso­gna mangiare per vivere e non vivere per mangiare.
Fate un po' di esame su questo: non voglio, essere un ciceroniano, ma es­sere un cristiano di fatto e non solo di nome; anzi un missionario di fatto e non solo di nome. Bisogna che fin d'ora acquistiate le virtù, se no non avete più tempo.
E... faccio sempre come S. Giovanni evangelista: era già vecchio e dove­vano portarlo nelle adunanze: e i discepoli volevano che dicesse loro qualche cosa, e lui diceva sempre: Figliolini miei, amatevi l'un l'altro. E sempre quel­lo, e tutte le volte sempre così! e allora i cristiani glielo hanno detto: ma possi­bile che tu non abbia più altro da dirci? e lui ha risposto: «se farete questo, questo basta! questo è il precetto del Signore, e se osserverete questo: si hoc fiat, hoc sufficit!».
In sintesi, se quest'oggi avessimo ricavato a sempre battere per divenire buoni missionari avremmo fatto molto; perché quest'oggi è la festa dei missionari e dobbiamo rinnovare il proposito di usare tutti i mezzi per farci vera­mente buoni missionari.
giuseppeallamano.consolata.org