TRE CLASSI DI COLORO CHE TENDONO ALLA PERFEZIONE

                   & nbsp;          16 settembre 1917
Quad. XIII, 19-21
16 Sett. 1917
Tre classi di tendenti alla Perfezione
In preparazione ai S. Esercizi
Un motivo speciale di fare quest'anno bene i Santi Esercizi ci sia, per renderci meglio idonei a calmare la collera di Dio, e di cooperare ef­ficacemente alla desiderata pace. Il Signore ascolterà i tanti che prega­no con fervore e studiano di santificarsi; tra costoro veda dal Paradiso questo Istituto. Impegno quindi in tutti...
Le persone che tendono alla perfezione si possono ridurre a tre classi.
1) La 1ª classe è di quelle che concepiscono grande idea della per­fezione, - ne conoscono la necessità, - e ne concepiscono anche molti desiderii. Si fermano qui e non si appigliano ai mezzi che conducono al­la perfezione. Altro è sapere altro l'esercizio; - altro vederne la necessi­tà, altro credersi per ciò già perfetti; - altro il desiderio ed altro il fatto. È vero che S. Teresa ci esorta a grandi desiderii, e nella S. Scrittura Da­niele venne chiamato dall'Angelo vir desideriorum, ma si parla di desi­deri efficaci. L'inferno è ripieno di gente di desideri, cioè di convertirsi poi - cras; è invece necessario l'hodie, nunc. Esaminiamoci.
In certe comunità si vedono individui, che sono sempre nello stesso grado di virtù, dall'entrata sino alla fine della vita. Avevano desiderii di perfezione nell'ingresso; - nel Noviziato; nella professione. Intanto sempre gli stessi difetti, di superbia, accidia, d'immortificazione. Non mai certamente d'esempio alla Comunità, la quale li sopporta, e non li piange quando n'escono o muoiono.
Costoro passano una vita piena di grazie senza approfittarne, ed alla fine si trovano colle mani vuote e con terribile rendiconto. Sono come il fico maledetto dal Signore, o come la terra che non produsse dopo le pioggie e le rugiade.
Felice quella Comunità che sa a tempo sbarazzarsene; se no accu­dendosi vengono più vecchi degli altri a sfacelo della disciplina e pace religiosa. - Ben questa è la storia di qualche Monastero a me noto; non sia mai del nostro Istituto.
2) La seconda classe è di coloro che non si contentano di semplici desideri; fanno qualche cosa, danno qualche passo nella via della perfe­zione; ma non plus ultra. Intendono perfezionarsi a loro modo, venen­do a patti con Dio; non sono generosi alle divine chiamate. Costoro non sacrificano certe inclinazioni, non sono indifferenti agli uffìzii, non si spogliano dell'attacco ai parenti sotto il pretesto di fare loro del bene, legati a piccoli commodi non hanno il coraggio di provare gli ef­fetti della povertà. Gesù, sposo da loro scelto non accetta queste mezze misure, e si ritira da loro. Quindi non godono vera pace in vita, e radu­nano materia pel Purgatorio. - Molti sono tali nelle Comunità... Esa­minatevi.
3) La 3ª classe è di quelli che non rifiutano alcun mezzo per farsi santi, e non ammettono dilazione; lottano senza riposo. S. Ignazio li definisce: Magno ac liberali animo totum studium et arbitrium suum offerunt suo Creatori, perché di essi disponga secondo il Suo beneplaci­to. Così si fanno i perfetti ed i santi, felici e contenti anche su questa terra. E pensare che ciò non è poi tanto difficile! Basta dare con corag­gio il primo passo (V. Borgo, Nov. S. Cuore).
Conchiudiamo: I primi sono malati che non vogliono prendere medicine; i secondi accettano solo le medicine dolci e gustose; i terzi nulla rifiutano di amaro per guarire (Bellecio - Pred. Tre classi).
Il mio pensiero si porta al vostro avvenire, e dico: apparterrete tut­ti e sempre alla 3 classe, o passeranno varii alla 2ª classe ed anche alla Iª? È questione di volontà ferma e costante.
P.P. Albertone, quad. VII, 57-59
Conf. del 17 (?) Settembre 1917
Vi ho portato un bel regalo: le reliquie del B. Cottolengo. E doppia; un pezzetto di ossa, ed i capelli: e la storia è questa: Quando ero sottopromotore della causa del B. Cottolengo il Promotore di Roma per tutto premio quando tutto fu finito, ha preso un pizzico di capelli, e ne ha fatto un regalo a quelli che avevano lavorato dieci anni con lui; ed io l'ho sempre tenuto chiuso fino adesso; e adesso l'ho portato al Padre lì al Cottolengo e lui ha aggiunto un pezzetto di reliquia tolto dalle ossa e ne ha fatte dodici di queste piccole reli­quie. Tenetelo come protettore vostro: è un santo torinese, quantunque nato a Bra. E stato patrono dell'Istituto prima ancora che nascesse. C'era più fede in lui, diceva il P. Fontana, che in tutta Torino. E il Padre Fontana era una per­sona ponderata: Certo ha dovuto avere fede, speranza, carità e fortezza per fare un'opera come quella. Mettete i vostri esercizi spirituali sotto la sua pro­tezione.
Quest'anno c'è un motivo particolare di metterci con impegno ed è che più ci santifichiamo e più ci rendiamo idonei a ricevere le grazie di Dio. Prepa­ratevi e invocate lo Spirito Santo: bisogna avere un vivo desiderio di farsi san­ti.
A S. Ignazio, tra le meditazioni che mi piacciono tanto vi è sempre quelle delle tre classi di uomini che tendono alla perfezione.
Non si parla inteso dei cattivi... solo quelli che tendono alla perfezione.
La prima classe è composta di quelli che concepiscono grande idea della perfezione, che cos'è la santità, ed anche della necessità che hanno di farsi santi e perfetti: estote perfecti; siamo qui per quello ... concepiscono anche molti desideri, ma, ma... altro è la notizia della cosa, altro è praticarla... Si credono santi perché conoscono la necessità della loro santificazione. Altro è conoscere, avere desideri, altro è fare: e questa è gente di desideri... ma poi:
cras, cras! Sapete quell'uccellaccio che grida! Non mai hodie! Invece dobbia­mo metterci subito: Hodie si vocem eius audieritis... Sono desideri inefficaci e non vogliono mai decidersi a fare qualche cosa. Da quando sono entrati nell'Istituto sono sempre i medesimi e hanno sempre i medesimi difetti. L'an­gelo che è apparso a Daniele gli ha detto: quia vir desideriorum es ecc... Ma erano desideri veri, non semplici velleità. Ciascuno esamini se stesso se si trova in questo stato. Avremo poi da rendere conto delle grazie ricevute. Questi sono infelici che il Signore spesso rigetta.La seconda classe è composta di quelli che non solo desiderano il bene, ma fanno anche qualche cosa; ma vengono tuttavia a patti col Signore: fin lì, sì; ma non poi farmi proprio un santone, non è necessario! Non si spogliano affatto, anche hanno qualche attacco; non sanno rinunziare a tante inclinazio­ni; sacrificano tanto, ma quello, no! si riservano qualche cosa per se stessi. E così non restano contenti loro, e non resta contento il Signore: non restano contenti loro, perché hanno sempre un rimorso interno, perché il Signore non si contenta che corrispondano solamente così! E questa è la maggior classe di quelli che vivono in comunità. Quelli che hanno paura di farsi troppo santi e troppo in fretta. E così non hanno pace, perché cui multum datum est... Cinque talenti hanno ricevuto, e il Signore non si contenta solo di due, ne vuol cinque! Qualche cosa fanno, ma mettono delle restrinzioni alla grazia. Quanto purgatorio hanno da fare!E invece la terza classe è di quelli che non rifiutano niente, di quelli che vedono la perfezione e vogliono usare i mezzi per farsi realmente santi. Magno ac liberali animo totum studium ac arbitrium offerunt suo Creatori. Perché il Signore faccia tutto quello che vuole. S. Francesco Zaverio stava ai piedi di Gesù e diceva: ecco il tuo schiavo.Danno tutto a Gesù: e questi sono quelli che sono più felici su questa ter­ra; godono e si danno tutti al servizio del Signore in mezzo a tutti i fastidi di questa terra, e così son sempre allegri; non è tanto difficile; tutto sta incomin­ciare. Il diavolo ci fa paura! Come, farti santo, tu? Viam mandatorum cucurri cum dilatasti cor meum!
E S. Ignazio conchiude: i primi che desiderano e non praticano mai sono da paragonarsi a quei malati che vogliono guarire e non prendono medicine.I secondi vogliono solo le medicine dolci e gustose e rifiutano tutte le altre medicine. I terzi prendono tutte le medicine necessarie: nulla rifiutano di amaro: de­vo guarire, devo farmi santo! Bisogna essere generosi col Signore; e lui inzuc­chera le medicine! Quando ho un po' di antipatia con quel compagno, devo andare ancor di più con lui, vincermi; vincere l'inerzia nello studio!
E noi siamo qui non solamente per farci buoni, ma per farci ottimi! ten­dere proprio alla perfezione. Estote perfecti... Dobbiamo arrivare fin là, e sic­come non arriveremo mai, dobbiamo sempre correre! Nessuno di voi deve es­sere della prima classe; e neppure della seconda! Tutti nella terza!
E così meriterete dal Signore la grazia della pace. Bisogna pregare affin­chè possano ritornare tutti a casa. Voi siete come tante parti di un corpo solo, e adesso una parte è via, un membro ammalato, soldato; se farete bene gli esercizi, la pace farà un passo avanti. Io spero che da questi vostri esercizi ne verrà un avvicinamento della pace.
Continuò parlando delle grandi ristrettezze presenti, delle economie ob­bligate, del caroviveri, del non trovarsi al presente più nulla in vendita... ecc. della necessità di contentarsi a tenore della conferenza di sopra.
Quando ero giovane in Seminario, avevamo una pagnotta a colazione, a pranzo minestra e un pugno di castagne, e ho passato quattro anni così; e i pa­renti pagavano tavola media; a 35 lire. E siccome eravamo due fratelli ci face­vano il ribasso di cinque lire e pagavamo 60 lire. E poi c'era da pagare ingres­so, letto, ecc.... e a Chieri 40 lire di ingresso... Benedite il Signore della Prov­videnza che vi fa. Contentatevi. E se una volta il Signor economo non avrà più pomi da darvi, vi darà pane solo. Ai miei tempi alle otto e mezzo ci gettavano una pagnotta sul letto, e basta; ed eravamo in Seminario; fu poi solo Mons. Gastaldi che ha fatto mettere il latte al mattino.
E accendere? Non c'era il calorifero e si accendeva solo alla vigilia della Concezione. E poi mi dicevano che prima di noi non si accendeva, e quando si aveva freddo, mi dicevano, e si vedevano ancora le macchie di bruciato sul banco, si portavano un vasetto con un po' di spirito, e l'accendevano durante lo studio, e così si scaldavano le mani. E un giorno ho domandato, e mi hanno detto che era così.
Parlò della cura da aversi alle scarpe, dell'interesse di risparmiare spese alla Comunità e di accettare i regali dai parenti a questo scopo. Le Suore a Ri­voli, coi permessi dei proprietari raccolsero 60 Miriagrammi di mele cadute.
Non fare come certa gente (suore) che chiaman sempre, ma se si offrono di dare, non rifiutare, specialmente adesso.
Alle volte che i parenti hanno piacere di dare qualche cosa, non sta a voialtri rifiutare, no! Si dice: «No, non mandare!» — Non bisogna dire così! E se è necessario diciamo anche una parola. Domandiamo un poco, e sicuro! aiutano un po' a mantenervi, ditelo! E poi quando viene qualche cosa dai pa­renti, si consegna e si mangerà a tempo e luogo. Una volta si mangiava qui tra tutti, adesso serve per pranzo, e si fa come si può!
Certa gente non vogliono accettare qualche cosa, perché non vogliono far vedere che i parenti vivono di queste cose... è anche superbia! Paura di far ve­dere che vivon di pomi! La so lunga, sapete!
Questa sera abbiamo detto molte cose: conclusione: Bisogna pregare fin
d'ora che il Signore non ci lasci mancare il necessario. E così si possa andare avanti finché passi questo periodo.
Così faremo di necessità virtù!!
Vogliamo farci santi! Generosi!
giuseppeallamano.consolata.org