45° DI ORDINAZIONE SACERDOTALE

    20 settembre 1918
Quad. di anonimo, Fogli allegati
20 Settembre 1918
Sapete cosa voglio dirvi stassera? Voglio farvi il panegirico mio. Sapete che cosa vuol dire lodarsi, ma a gloria del Signore si può anche far questo. Co­sa è per me, quest'oggi? Sono 45 anni che sono ordinato Sacerote! Voi allora non c'eravate ancora nessuno, eravate ancora tutti in mente Dei, quando io sono stato ordinato Sacerdote, il 20 Settembre 1873. Nessuno allora pensava a voi, neppure vostro padre e vostra madre, uno solo pensava a voi. Dio. «In charitate perpetua dilexi te, ideo attraxi te, miserans tui». Queste parole an­drebbero scritte a caratteri d'oro. Il Signore dice: ti ho amato da tutta l'eterni­tà, con amore perpetuo, in charitate perpetua, quando nessuno ancora ti amava neppure i parenti, e perché ti amava da tutta l'eternità ti trassi dal nul­la, ideo attraxi te, ti ho creato, e perché? miserans tui, per pura mia misericor­dia perché prima di esistere nessuno può meritare qualcosa. Se il Signore ti avesse creato una capra o una pietra, era già qualche cosa, invece ti ha creato uomo. Meditate poi un poco su queste parole: in charitate perpetua ... ecc..
Dunque torniamo a noi. Da 45 anni sono Sacerdote, vuol dire che da 45 anni dico Messa: ho cominciato come fosse domani, mi ricordo che era la fe­sta dell'Addolorata, la terza Domenica di Settembre. Chi di voi è buon mate­matico? Faccia il conto quante Messe ho detto da allora. Su, uno di voi faccia il calcolo, conta gli anni come fossero tutti di 365 giorni, quante ce ne sono? -16.425 - Ebbene, da queste possiamo toglierne un centinaio: un mese della mia malattia, poi alcune volte l'ho lasciata per l'emicrania, o qualche altro motivo; poi bisogna togliere quei giorni in cui non si dice nella Settimana San­ta. Al Giovedì Santo adesso la canto, e va bene, al Sabato anche la canto; an­che al Venerdì tocca a me, ma quella lì non è una vera Messa dunque in tutto dal calcolo potete toglierne un centinaio, e le altre ci sono tutte.
Tanti Santi non l'hanno mai lasciata la Messa; fortunati loro! Vedete quante ne ho già celebrate? E voi verrete a dirne tante? ... E spero di dirne an­cora altre e poi in Paradiso sarà una Messa continua. Questo per le Messe... E poi tutte le Confessioni, tutti i Sacramenti che ho amministrato in questi 45 anni? Vi so dire che stamattina nella meditazione, e non solo stamattina, ma in questi pochi giorni di ritiro che ho fatto, mi sentivo vivamente riconoscente al Signore per la vocazione che mi ha dato. Vorrei trasfondere in voi questa ri­conoscenza. Il Signore non solo ci ha fatto creature ragionevoli, ma ci ha fatto suoi amici «vos autem dixi amicos» e vuole che dove è lui sia pure il suo mini­stro. Apprezzate voi la grazia del Sacerdote? Non credete che sia una grazia comunque. Se un Re chiamasse un suo ministro al suo palazzo per servirlo e questo ministro non fosse riconoscente al Re? Non vi pare che farebbe male? Riflettiamo troppo poco che cosa vuol dire essere Sacerdote; crediamo che sia solo una cosa lì così. N. Signore non poteva fare altro di più a una creatura che farla Sacerdote. Non stiamo a dire che in certo modo il Sacerdote ha un grado più alto che gli Angeli e Maria SS.; ma certo che in Paradiso avremo da ammirare la Bontà di Dio di averci fatto Sacerdoti. E questa dignità non si può accettare o non accettare. Io penso che quando andavo alle scuole ele­mentari c'erano tanti bravi ragazzi, e nessuno di essi il Signore ha chiamato a farsi Sacerdote. Il Signore ha fatto con me come a Davide: passavano davanti a Samuele tutti i fratelli, e diceva: «non hunc elegit Dominus!». Finché passati tutti, viene Davide l'ultimo, e fu eletto. Lo stesso fu in Collegio: su tanti che eravamo, quanti pochi si fecero Sacerdoti? E in Seminario? In sette anni che ci sono stato, varii andarono o furono mandati via, cosicché al tempo dell'ordi­nazione eravamo appena una trentina. E pensare che era un corso numerosis­simo il nostro; adesso siamo ancora otto vivi; vecchi naturalmente.
E tutto il resto? — Certo ho potuto far del bene come Direttore in Semi­nario per quattro anni, poi alla Consolata, e sono già trentotto anni che ci so­no alla Consolata, dal 1880; voi eravate ancora tutti in mente Dei: io cammino a cifre grosse. Con questo sapere già come il mio panegirico si conclude: Da parte mia riconoscenza al Signore per i benefizi che mi ha fatto. Se io ho corri­sposto a queste grazie... di questo tocca a me a pensarci, e me ne intendo io so­lo col Signore. Certo che ce ne dà tante grazie; pensateci, e guardate di corri­spondere. Voi specialmente che vestirete l'abito adesso dopo gli Esercizi, fis­satevi ben in mente: Voglio divenire un Santo Sacerdote!... Io faccio tutti gli anni l'anniversario della mia vestizione Chiericale, alla 2ª Domenica di Otto­bre, festa della Maternità di Maria SS. Voi dovete ringraziare per me il Signo­re, che «non fecit taliter omni nationi» oppure «singulariter sum ego». Il Si­gnore mi ha trattato in modo affatto singolare, e mi ha dato tante grazie, a formare prima i Chierici per quattro anni in Seminario, poi i Sacerdoti alla Consolata.
Credetemi, c'è niente di più consolante e tranquillo che aver fatta la vo­lontà di Dio, manifestata dai Superiori. Sono così persuaso di aver sempre fatta la volontà di Dio, perché nei miei Superiori ho sempre avuto confidenza, e fatto quello che mi dicevano, cominciando dai nostri Arcivescovi.
Voi ringraziate il Signore per me, perché tutto quello che è mio è anche vostro, e se un padre è ricco, i figli sono anche ricchi, e se invece il padre è solo un «pouraciun» anche i figli. Pensate un po'. Ho detto tante Messe, poi alla Consolata si sono fatte tante funzioni, amministrati tanti Sacramenti; questa è tutta roba vostra, perché io in Paradiso non ne farò più niente, e le darò a voi, e il Signore ve le manderà per far piacere a me.
E che cosa farete stassera? Direte al Signore qualche parola per me. Reci­terete tre Pater, Ave e Gloria per ringraziare la SS. Trinità di avermi fatto Sa­cerdote, e domandate che faccia anche voi, ma bisogna che lo desideriate, per­ché al Signore non piace chi non ha desiderio. Dunque il mio panegirico è fat­to. Mai più credeva di giungere a questa età, perché da giovane avevo meno salute che adesso, sapete. Ricordando quando ero giovane come voi, la mia più grande consolazione è di aver sempre fatto il possibile per seguire la voca­zione che il Signore mi aveva data. Io da giovane aveva due fratelli; uno stu­diava medicina e l'altro legge: e volevano che studiassi anch'io come loro. Ma ho risposto; No, io voglio essere Sacerdote!... Volevano almeno che prendessi la licenza liceale, e Mons. Gastaldi non era contrario. Ho guardato un poco i loro libri, e poi mi sono stuccato e ho detto: Ma che licenza!... anche senza li­cenza posso farmi Sacerdote! Ed ho fatto gli studi in Seminario, e sono ben contento.
Dunque il mio panegirico è finito: pregate il Signore per me, e preparatevi quando toccherà a voi.
giuseppeallamano.consolata.org